The Project Gutenberg EBook of I Puritani di Scozia, vol. 1, by Walter Scott

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Title: I Puritani di Scozia, vol. 1

Author: Walter Scott

Translator: Gaetano Barbieri

Release Date: August 13, 2013 [EBook #43458]

Language: Italian

Character set encoding: UTF-8

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Giostra del Pappagallo

I PURITANI
DI SCOZIA

ROMANZO STORICO

DI

WALTER SCOTT

VOLGARIZZATO

DAL PROFESSORE

GAETANO BARBIERI

TOMO I.

FIRENZE

TIPOGRAFIA COEN E COMP.

All'insegna della Minerva

MDCCCXXVII.

INDICE

Introduzione dell'autore inglese
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Note


[5]

INTRODUZIONE DELL'AUTORE INGLESE

Posso presumere senza vanità che il nome posto in fronte a quest'opera[1] e la natura della medesima bastino a conciliarle dalle persone sagge e amiche del meditare (e a queste sole il mio lavoro è dedicato) quel grado di attenzione, di cui l'opera stessa è meritevole; laonde non m'interterrò ad accendere una lampada in pien meriggio col far gli elogi di cosa che col suo titolo solo si raccomanda abbastanza.

Però non celo a me medesimo, che l'invidia è ognor presta a latrar contra il merito, e che non mancheranno persone, le quali [6] anche non negandomi un corredo di scienze e buoni principj, bisbiglieran sotto voce, che la condizione del mio vivere a Gander-Cleugh non è tale da potermi fornire molte nozioni pratiche sulle cose della Scozia alla nostra età più vicine. La presente introduzione pertanto non ha altro scopo che di rispondere a questi scettici.

E incomincerò dal dir loro, che Gander-Cleugh è il punto centrale della Scozia, e se così mi è lecito esprimermi, il suo ombelico: d'onde avviene che tutti coloro i quali cercano Edimburgo o Glascow sono obbligati a passar di lì, e sovente vi dimorano tutta la notte. Ora non v'è scettico anche fra' più pervicaci non pronto a convenire di ciò, che io da quarant'anni in poi ho passate tutte le mie serate seduto ad un seggiolone a bracciuoli coperto di cuoio, e posto a mano manca del cammin di cucina nell'osteria dell'Armi di Wallace, e che ho vedute quivi tante persone come se mi fossi staccato correndo per lungo e per traverso tutta Inghilterra.

Aggiugnerò ancora che se il Greco, il più celebre per sua saggezza, dovette ai viaggi la sua rinomanza, io non gli cedo a tale proposito. Due volte sono stato a Edimburgo, tre volte a Glascow, e debbo a queste gite, se, reduce dalle medesime, mi hanno considerato come oracolo di Gander-Cleugh e de' suoi dintorni.

[7] E se ciò non basta a far tacere quei critici, chiuderò ad essi con una sola parola, la bocca, col protestare che io Jedeiah Cleishbotham, non sono nè l'autore nè il compilatore dei Racconti del mio Ostiere, e che per conseguenza non ho l'obbligo di farmi mallevadore nemmen per un iota del loro contenuto.

»Ma qual cosa sono essi adunque tali racconti che ne spacciate? Mi si chiederà: d'onde vengano? chi ne è l'autore?» A ciò pure risponderò quanto adeguatamente mi sarà possibile il farlo.

Nessuno ignora che il mio ostiere, l'ostiere dell'albergo dell'Armi di Wallace, era un uomo fornito ad un tempo d'ingegno e di curiosità. Egli avea dunque la virtù di scavar dai suoi ospiti tutte le cose che volea sapere senza far vista d'interrogarli. Quindi altri non v'era che meglio di lui fosse istrutto nella storia passata e presente della Scozia, e la memoria di questo uomo era un pozzo, nel quale non si potea veder fondo. Cercata erane la compagnia pei fattarelli che sempre condivano i suoi discorsi, amato quindi da tutto il paese di Gander-Cleugh, eccetto il feudatario, il ricevitore delle dogane, e tutti coloro ai quali non volea far credenza.

Il feudatario lo accusava di tener mano agli scorridori di quelle foreste comperando da essi le salvaggine e vendendole nella propria osteria, in contravvenzione delle leggi [8] del regno; poichè queste leggi vogliono tal derrata essere privativa dei potenti della terra, i quali trovano grande diletto nel distruggere gli animali colle proprie mani, benchè io d'un tal diletto non sappia formarmi un'idea. Ma con tutto il rispetto dovuto a Milord, mi prenderò la libertà di sdebitare il mio amico defunto da questa colpa, perchè quanto ei vendea per lepri in cotesta osteria erano conigli della sua domestica conigliera, ed erano colombi della sua colombaia i volatili che vi si mangiavano come pernici.

Il ricevitore delle dogane allegava dal canto suo, che il mio ostiere favoriva i contrabbandi comperando l'acquavite da chi ne facea vendite clandestine. Posso accertare che non ne ho mai veduto vendere una stilla alle Armi di Wallace. Egli è ben vero, che vi si bevea un liquore spiritoso, chiamato dallo stesso ostiere rugiada delle montagne; ma qual è la legge che proibisce sì fatto commercio? Mi si mostri, e saprò dire se il mio amico le abbia contravvenuto.

Quanto a coloro, che si presentavano a lui stremi per la sete, e che non poteano cattivarselo per mancanza di denaro contante e di credito, confesso d'essermi trovato presente a tali casi e di averne avuto travagliato l'animo come se io fossi stato il paziente. Ma debbo anche dire di non avere scorta nel mio ostiere tanta durezza verso [9] quelli che si morivan di sete da non dare ad essi da bere fino al prezzo che poteano valere il loro orologio, la loro scatola, ed anche i loro vestimenti, salvo quelli che coprivano la parte inferiore del corpo; perchè stimava tanto il decoro della propria casa, che ha sempre ricusato simili pegni. E per rendere compiuta giustizia alla liberalità del mio ostiere, debbo aggiugnere non avermi egli mai chiesto un obolo pel boccale di vino e pel bicchiere di rugiada delle montagne ch'io beveva tutte le sere da lui. Gli è vero per altra parte ch'io insegnava a leggere e a scrivere, e l'ortografia e l'aritmetica e persino la latinità a cinque suoi ragazzi, e il canto fermo alla figlia; onde vi era una specie di compenso nelle partite.

Credo per altro, che la ragion principale onde l'amico ostiere derogava per mio riguardo alla consuetudine ingenita in lui di farsi pagare il suo conto, stesse nel diletto che dal conversar meco ei ritraeva, perchè il mio discorso, comunque grave ed edificante, potea paragonarsi ad un palagio architettato con tutte le regole atte a dargli consistenza, senza dimenticare ad un tempo la cura degli ornamenti esteriori. I nostri colloqui offerivano incredibile vezzo a quelli che gli ascoltavano, soliti a dire che questo diletto valeva un boccale di vino, benchè il mio ostiere non abbia mai posto un tale articolo in lista.

[10] Oh Dio! questo caro ostiere, egli è morto, l'ho pianto che non lo avrei pianto di più se fosse stato uno della mia discendenza. I suoi figli, miei discepoli, m'incaricarono di esaminarne le carte, e vi trovai un numero ragguardevole di storie, ognuna delle quali era più importante dell'altra, e di cui fanno parte le due che verranno. Io volea pubblicarle tutte in una volta, ma il libraio omiciattolo gioviale, scherzevole, e malizioso anzichè no, mi disse che intanto bastava presentare il pubblico di sole due. Aspetterò dunque che lo stesso libraio venga a chiedermi l'altre.

Dopo tali premesse; ognuno vedrà quanta ingiustizia sarebbe il sentenziarmi d'incapacità nello scrivere fondando il giudizio su i Racconti del mio Ostiere. Credo aver date prove che avrei saputo scrivergli se avessi voluto, ma non essendo in questo modo la cosa, tutta la critica dee cader sull'ostiere, se i racconti non piacciano; che se poi piacessero tutto l'elogio è dovuto a me perchè senza di me non si sarebbero conosciuti.

Jedediah Cleishbotham.

[11]

I PURITANI

DI SCOZIA

CAPITOLO PRIMO.

»Della rôcca alle porte in l'ora bruna

»Stian cento prodi, nè un di lor rallenti

»Le briglie al corridor pria d'un mio cenno.

Douglas.

Sotto il regno degli ultimi Stuardi, il regio Consiglio privato adoperava tutti i modi posti in sua facoltà per abbattere lo spirito di puritanismo, che formò, può dirsi, il carattere del governo precedente; ed era ad un tempo sollecito di far rigermogliare quelle feudali instituzioni, che unendo al signore il vassallo, poteano come il Consiglio sperava, collegare e questo e quello più saldamente alla corona. I magistrati ordinavano frequenti rassegne, esercizi militari, talvolta giuochi e passatempi. La qual ultima provvisione nelle circostanze che correvano era per lo meno sbagliata in politica; perchè la gioventù d'entrambi i sessi, a cui in tutti [12] altri tempi il flauto e il tamburino, se parlisi dell'Inghilterra, la cornamusa quanto alla Scozia, avrebbero offerto una tentazione invincibile, allora trovava un vezzo anche maggiore nel resistere agli ordini delle magistrature che le prescrivevano di ballare. La gioia fugge laddove è comandata, ma una cagion più possente si frammetteva, perchè queste feste non si adempissero colla regolarità desiderata da chi le volea.

Il rigorismo de' Calvinisti aumentava in proporzione del desiderio, che il governo manifestava di vederlo allentare. L'osservanza giudaica della domenica, il divieto de' piaceri, fossero anche i più innocenti, erano le massime professate dai più zelanti d'ostentare una straordinaria santità; ed essendo costoro inimici del Governo, non omettevano sforzi intesi a far sì, che tutte le persone, sull'animo delle quali preponderavano si astenessero dall'obbedire ai bandi di adunata della contea, ogni qualvolta il feudatario dovea mostrarsi a capo degli armigeri ch'ei dovea fornire alla corona in numero proporzionato alla natura del feudo tenuto da esso. I Puritani, detti ancora Presbiteriani[2] abborrivano tanto più sì fatte [13] assemblee, perchè i Lordi luogo-tenenti e i seriffi aveano ordinato si rendessero dilettevoli alla gioventù che vi conveniva col far succedere all'armeggiare della mattina il sollazzarsi dopo il meriggio. Que' predicatori, sempre armati di qualche citazione della bibbia, e gli entusiastici loro proseliti, non risparmiavano nè avvisi, nè prediche per diminuire a tali adunanze il numero dei concorrenti. Conoscevano essere un buono espediente a frenare la forza del governo, l'impedire che si dilatasse quello spirito di corporazione, solito ad allignare fra giovani che abbiano sovente occasione di trovarsi insieme o per esercizi militari o per prove di destrezza. Nè all'ingegno di tai fanatici fecondo in astuzie mancavano scuse da suggerire a chi voleva ascoltare i loro consigli, e a norma d'essi sottrarsi alla dovuta subordinazione. Non tutti però i compartecipi delle costoro massime riuscivano a deludere gli ordini superiori, perchè il Consiglio privato, nelle cui mani era il potere esecutivo sulla Scozia, puniva a tutto rigor di legge coloro, che senza un ben provato motivo disobbedivano alle chiamate de' bandi della contea. Il timore pertanto del castigo costringeva molti e molti anche de' più infervorati nel Puritanismo a mandare i propri figli ne' luoghi assegnati a tali unioni. Per vero dire comandavano ad essi di tornare alle lor case, appena seguita la rassegna; [14] ma spesso accadeva che que' giovani non potessero resistere alla tentazione de' passatempi vespertini, il che i Presbiteriani chiamavano: partecipare alle abbominazioni di Babilonia.

Il seriffo della contea di Lanark avea convocata la gente del distretto di Clydesdale per la mattina de' cinque maggio 1679. Teneasi l'adunata in una grande pianura presso una piccola città, il cui nome non è gran fatto essenziale nella nostra storia. Com'è da credersi, le signore dei dintorni si fecero sollecite di assistere a tal cerimonia, tranne quelle, che schiave delle rigide puritane leggi, avrebbero temuto macchiare d'un delitto la propria coscienza, partecipando ai delitti de' figli di Belial. Non si conoscevano allora nè i birocci, nè i calessi, nè tutte quelle diverse maniere di cocchi che il lusso ha inventati dappoi. Il lord luogotenente soltanto veniva trasportato entro di una carrozza, la cui pesante armatura non mal somigliava alle vecchie e cattive stampe dell'arca di Noè. Otto grossi cavalli fiamminghi si spossavano nel trarre questo greve carro trionfale carico di diciotto persone. Nell'interna parte di esso stavano il duca e la sposa del medesimo e i due loro figli, tenendo i lati delle portiere lo scudiere ed il cappellano. Tre postiglioni coperti di parrucche a tre code, armati di sciable e di pistole, e d'un moschettone attaccato alla [15] sella, guidavano i cavalli, mentre ne tenea da stare in cassetta le briglie un cocchiere vestito alla foggia stessa de' postiglioni; nella parte posteriore di questa casa ambulante vedeansi in piedi e in triplice schiera sei servitori in livrea, armati eglino pure perfino ai denti. Le altre persone di riguardo, uomini e donne, giovani e vecchi stavano a cavallo, ognun seguìto da' suoi servi e dai suoi vassalli. Scelto era anzichè numeroso un tale corteggio, e il leggitore ne conosce già la cagione.

Veniva immediatamente dopo la carrozza, di cui ci siamo studiati presentare l'abbozzo, lady Margherita Bellenden, che pretendea la mano su di tutta la nobiltà invitata a tale spettacolo. Ella vestia stretto lutto, che non dimise mai sin d'allora che il marito di lei fu qual partigiano reale condannato e decollato sotto il protettorato di Cromwell.

Pronipote di questa matrona, e primo scopo a lei di tenerissimo affetto miss Editta, soprannominata Editta dalle belle chiome, era da tutti riguardata siccome la più avvenente fra le persone del suo sesso in quella contea. Montata sopra un picciolo cavallo di Spagna, che conducea con indicibile grazia e leggiadria, sembrava a canto dell'ava, la primavera posta in vicinanza del verno. Dolcezza spiravano que' lineamenti, ma vi si scorgeva nel tempo medesimo una tale vivacità, che la preservava da quella specie [16] di stupidezza, taccia solita a darsi alle donne fornite di bionde chiome e d'occhi azzurrini; laonde i vezzi di questa giovinetta attraevano maggiormente gli sguardi che non l'eleganza delle vesti e la preziosità delle gemme di cui paravasi.

Due soli servi a cavallo seguivano queste due dame, corteggio a quanto parea di gran lunga inferiore al lor grado e alla loro nascita. Ma gli è da sapersi che la buona lady Margherita avea dovuto impiegare diversamente le altre persone di sua famiglia, per essersi trovata nell'impossibilità di compiere esattamente il contingente d'armigeri ch'ella dovea fornire a quella rassegna. Per nessuna cosa al mondo ella non avrebbe voluto mancare ai suoi obblighi a tale proposito, e quindi trasformò i propri servi in militari. Il suo vecchio intendente che dalla testa ai piedi armato di tutto punto, conduceva la truppa della feudataria, avea, proprie espressioni di lui, sudato sangue e acqua, per indurre alcuni vassalli a comparire alla rassegna, ma non vi riuscì. Le minacce non ebbero effetto migliore delle parole. Che far doveva in tal circostanza? Egli potea, per vero dire, denunziarli al consiglio privato, che avrebbe gittata un'ammenda su i refrattari, e messo presidio in lor casa per costringerli a pagarla. Ma ciò sarebbe stato tutt'uno che introdurre cacciatori e cani in un giardino per ammazzarvi una lepre.

[17] »Non son troppo ricchi, diceva Harrison fra se medesimo, e se gli abiti rossi vengono a spogliarli del poco ancor che possedono, come pagheranno le loro onoranze il giorno della Candelaia? — Senza questo di più si fa abbastanza fatica ad ottenerne la riscossione.»

Tai sensate considerazioni furono il motivo, per cui si diede passata alla mala voglia de' recalcitranti; ed Harrison trasse fuori quant'armi e armature occorrevano dall'arsenal del castello per vestirne il coppiere, il falconiere, i servi a piedi, il giardiniere, e reclutando in oltre due o tre bracchieri compiè in tal guisa il contingente che spettava a lady Bellenden, qual proprietaria della baronia di Tillietudlem.

Ma accadde in oltre, che in quella mattina medesima, prima di partire dal castello della baronessa, e stando Harrison a passare in rassegna la sua truppa dinanzi alla porta della torre, gli si fe' incontro Mausa, madre di Cuddy, il giardiniere, donna, la cui testa era invasa dalle massime le più ardentemente fanatiche dei Puritani. Or dunque costei che tenea in mano l'armatura mandatale, perchè la consegnasse al suo figlio, dall'intendente, la gittò sprezzatamente a' piedi del medesimo, soggiugnendo: »Il mio Cuddy, sicuramente per un castigo del Signore che disapprova un tal genere d'adunanze, è stato preso questa [18] notte da gagliardissima febbre, nè gli è possibile abbandonare il suo letto.» Ben si praticò una visita entro la casa della giardiniera, ma Cuddy, a quanto appariva, non era in istato di rispondere a nessuna interrogazione, nè a trargli una parola di bocca valevano o le minacce o le preghiere.

Un vecchio cantiniere, che era nel novero di questa truppa di prodi, e avea militato sotto sir Riccardo Bellenden, trovò tosto un felice espediente; »Perchè non prendere Gibby? sclamò egli: sotto Montrose ho veduto combattere tai soldati che non valevan Gibby.»

Era Gibby un povero giovinotto, piccolo di statura come di spirito, incaricato di guardare la polleria del cortile, sotto gli ordini d'una vecchia, che n'era la sopraintendente. Iti a cercarlo in un campo ove stava dietro alle oche, gli addossarono tosto una sarcotta d'acciaio, della quale appena potea sopportare il peso: cacciò le sue corte gambe entro due enormi stivaloni; l'elmo gli copriva pressochè sino al mento la testa; e gli fu attaccata al fianco una grande sciabola, se non è meglio detto ch'ei fu attaccato alla sciabola. In tale acconciatura, il cantiniere Gudyil lo mise di peso sul più mansueto fra i cavalli che gli riuscì di trovare, cavalcatura che Gibby sperimentava per la prima volta in sua vita. Pur passò il suo torno di rassegna al [19] pari degli altri, perchè, gli è anche da dirsi, il seriffo non credette doverla guardare tanto per il sottile nell'ispezione del contingente, fornito da una dama sì affezionata alla parte reale, come lo era lady Bellenden.

Tale si è la cagione che costrinse questa matrona a mostrarsi in pubblico col corteggio sol di due servi, cosa di cui avrebbe arrossito in qualunque altra circostanza; ma non eravi sagrifizio, compreso quello del suo amor proprio, al quale non si fosse ella prestata di buon grado per la causa della monarchia. Gli è vero ch'ella avea perduto il marito e due figli nelle guerre civili, cui dieder luogo quelle stagioni malaugorose; ma n'ebbe un compenso lusinghiero oltre ogni dire alla sua vanità. Allor quando Carlo II attraversava il ponente della Scozia per marciare incontro a Cromwell, fermatosi al castello di Tillietudlem, accettò ivi una colezione; avvenimento che formava epoca importante ne' fasti di lady Margherita Bellenden. Quindi accadea ben di rado che trascorresse un sol giorno, senza ch'ella trovasse occasione di citare qualche circostanza della visita, onde fu onorata dal re, e di rimembrare come Sua Maestà si degnò baciarla su le due guance, dimenticando però che il grazioso sovrano avea conceduto egual favore, e con maggior intensione, a due avvenenti [20] cameriere, che Milady per quel giorno trasformò in due damigelle d'onore.

Un tanto onore, senza dubbio avrebbe bastato a lady Margherita per farle abbracciare in perpetuo la parte degli Stuardi; ma senza di ciò la sua nascita, la sua educazione, l'odio suo per la fazione opposta, l'aveano già irrevocabilmente collegata alla fortuna di questa dinastia, che in quei giorni avea il sopravvento. Tutta compresa di gioia in contemplando schierata alla rassegna una forza militare capace di sostenere gl'interessi della corona, divorava in segreto l'amarezza di vedersi abbandonata da una parte dei suoi vassalli.

Avuta in molto onore da tutte le antiche famiglie della contea, non vi fu capo di esse presente a quella rassegna che non si affrettasse di renderle omaggio, nè vi erano giovani ragguardevoli, che raddirizzandosi sul proprio palafreno, e fermi sulle loro staffe non venissero a caracollare dinanzi a miss Editta per conciliarsene l'attenzione. Ma tali cure andavano a vuoto. Gli occhi della giovinetta erano chiusi alle grazie, di cui pompeggiavano quei cavalieri, come gli orecchi di lei ai complimenti che le indirigevano, benchè avessero a tal'uopo spirate quante cortesi espressioni si trovano ne' romanzi di La Calprenede, e di Scudery, romanzi la cui lettura era in grand'uso nel secolo di cui facciamo menzione: ma scritto [21] era nei destini, che miss Bellenden non conserverebbe la medesima indifferenza nell'andante corso di quella giornata.

[22]

CAPITOLO II.

»Il cavalier, cui tolse ogni vigore

»La pesante armadura, alfin stramazza,

»E si trascina seco il corridore.»

I piaceri della speranza.

Dopo gli esercizi militari, che vennero eseguiti quel meglio che poteva aspettarsi da uomini novizi nell'armi, e da cavalli non addestrati, molte grida annunziarono aperto l'arringo per meritare il premio del Pappagallo. È questo un uccello di legno, ornato di penne a più colori, che viene collocato all'estremità d'una picca. Il merito della gara sta in atterrarlo con un tiro d'archibuso carico a palla, e tenendosegli ad una distanza di sessanta passi all'incirca. Il vincitore porta nel rimanente della giornata il glorioso titolo di Capitano del Pappagallo, e vien condotto in trionfo ad una vicina osteria, ove ha il privilegio di far banchetto agli emuli stati meno avventurosi di lui. Avvicinatisi per tanto i competitori al bersaglio, riportarono chi risa, chi applausi dagli spettatori, in proporzione di maggiore o minore destrezza manifestata. Niuno avea toccato ancora quel simulacro, allorquando fu veduto accostarsi un giovine in abito [23] verde, di fisonomia che si conciliava benevolenza, e messo con semplicità non disgiunta da eleganza, cose tutte che ne additavano non volgare la condizione. Sorse immantinente un confuso bisbiglio, che non sarebbe stato così facile il giudicare se fosse un contrassegno di pubblico favore.

»È egli possibile, dicean fra loro alcuni di que' più zelanti Puritani non venuti che a proprio malgrado a quell'adunata e nei cui cuori era più invelenito l'astio contra la monarchia, è egli possibile, che il figlio di un tal padre si frammetta in sollazzi sì riprovevoli?» Altri, ed era questa la maggior parte, auguravano successo onorevole al figlio d'un capo antico de' Presbiteriani, senza perdersi nell'indagare se gli convenisse o no disputare un tal premio.

I voti di questi furono esauditi, perchè il giovane mandò a terra il pappagallo in mezzo ad applausi pressocchè universali. Ma il trionfo di lui non era tuttavia assicurato perchè in prima facea mestieri, si avventurassero allo stesso cimento tutti quelli che non avevano per anche scaricato il proprio archibuso. Collocato nuovamente sulla picca il finto augello, due altri concorrenti pervennero ad abbatterlo. L'un d'essi apparteneva evidentemente all'infima classe, avvolto in grande mantello, e studiosissimo di nascondere il volto con esso. L'altro era un giovin signore, che terminata la rassegna [24] non si era mai dipartito dal fianco di lady Margherita e di miss Bellenden. Avendo la prima d'esse manifestato rincrescimento che non si presentasse a quella gara verun campione chiaro per fasti gentilizi, lord Evandale prese il primo archibuso che gli si offerse ed a sua volta atterrò il pappagallo.

Niun'altro essendosi offerto a contendere il premio, s'aperse novellamente la lizza fra i tre rivali felici, il che avvivò vieppiù la curiosità dei circostanti. La pesante carrozza del duca venne, non senza difficoltà posta in moto, ed avvicinata al luogo che serviva d'arena a que' lottatori. Le signore si posero in cerchio a qualche distanza, e gli occhi d'ognuno fisavansi su i concorrenti, e sulla meta proposta alla loro bravura.

Il caso che doveva risolvere quale degli emuli avrebbe la preferenza del tiro, favorì il giovine contadino, che voltosi all'altro vestito di verde: »In coscienza mia, gli disse, sig. Enrico, se ci trovassimo in tutt'altra circostanza mi studierei di fallire il bersaglio per lasciare a voi questo onore, ma Ienny Dennison sta osservandoci, e non posso dispensarmi dal fare tutto quel meglio che so.»

L'effetto però non corrispose al buon desiderio del villanello, e solamente la palla uscita del suo archibuso trascorse rasente sì al pappagallo, che ne portò via alcune penne. [25] Immantinente abbassando gli occhi, e come uom che tema di esser riconosciuto, si ritirò.

Venne la sua volta al giovane dall'abito verde, che avvicinatosi atterrò nuovamente il pappagallo, onde più numerosi e forti applausi gli derivarono dal mezzo di quella folla. »Egli è veramente figlio di suo padre. Viva la buona causa in eterno.»

I Reali in udir tali esclamazioni aggrottavan le ciglia, ma preser coraggio in veggendo lo stesso buon successo ottenersi da lord Evandale.

Allora Enrico montando a cavallo, e avuta cura di ben assicurarne la sella, si diede al galoppo, e passando innanzi al bersaglio trasse e lo abbattè per la terza volta. Tutti quelli che stavano intorno a lord Evandale gli dipinsero la condotta tenuta dall'altro siccome una innovazione alle antiche consuetudini, nè quindi esservi alcun obbligo d'imitarla. Diverso però d'avviso il giovane cavaliere, volle seguir l'esempio additatogli dal competitore; ma intanto che egli scaricava l'arme mancò un piede al suo cavallo, onde la palla non giunse allo scopo.

Se prima meritò lodi dovute alla sua destrezza il giovine vestito di verde, in quel momento si fece ammirar per cortesia; poichè movendo verso lord Evandale, gli manifestò le proprie intenzioni, di non vantaggiare di un caso accaduto a Milord per [26] colpa del suo cavallo, e gli propose un secondo cimento a piedi.

»Lo accetterei più volentieri a cavallo, se al pari di voi avessi un palafreno bene addestrato.»

»Volete voi farmi l'onor di salirvi e di prestare a me il vostro?» rispose il giovine.

Lord Evandale vergognava quasi di accettare simile offerta, che gli avrebbe scemato il merito della vittoria, quando anche l'avesse riportata. Per altra parte desiderava ricuperare la fama della propria bravura. Rispose quindi al cortese emulo, cedergli ei di buon grado la gloria della giornata, su di cui avea dimessa qualsisia pretensione, ma accettar volentieri il partito d'un nuovo cimento, cui s'avvierebbero, ciascun ad onore della sovrana del proprio cuore.

Così favellando, lanciò uno sguardo appassionato sopra miss Bellenden, e porta la tradizione, che gli sguardi del giovine antagonista prendessero la stessa dirittura. Ma la conchiusione di questa ultima prova non fu diversa dalla precedente. Lord Evandale, lungi dal mostrare quella gelosia, che suol essere l'appannaggio delle picciole anime, si congratulò egli stesso col suo vincitore. »Vi ringrazio, gli disse, d'aver restituito nella buona opinione ch'io n'ebbi il mio palafreno. Stava per dargli colpa di quanto mal mi tornò; vedo ora di non dovere accusar che me stesso.» Dette le quali cose, rimontò a cavallo allontanandosi dall'assemblea.

[27] Giusta il costume, solito in tai circostanze, coloro stessi che erano propensi a lord Evandale, divennero larghi d'applausi al suo fortunato rivale, verso di cui finalmente l'intera attenzione de' circostanti fu volta.

»Chi è egli? come si chiama?» si domandavano l'uno all'altro coloro che nol conoscevano. Ma il suo nome non rimase ignoto gran tempo; e appena si seppe appartenere egli a tal'ordine di società, cui le alte persone poteano usare riguardi senza troppo abbassarsi, quattro amici del duca vennero invitandolo a presentarsegli innanzi. Nell'andar con essi che il colmavano di congratulazioni ed attraversando la folla, si trovò un istante rimpetto a lady Bellenden. Le guance gli si tinsero d'un vermiglio più carico nel salutare miss Editta, la quale non arrossì meno di lui nel restituirgli il saluto.

»Voi dunque conoscete quel giovine?» disse lady Margherita alla nipote.

»Io..... sì..... L'ho veduto in casa di mio zio, e..... anche in altri luoghi..... qualche volta..... a caso.»

»Il suo cognome, a quanto ascolto è Milnwood.»

»Sì: (soggiunse allora sir Gilbert Cleugh che stava a cavallo presso lady Margherita). Egli è figlio del defunto colonnello Morton di Milnwood, che alla giornata di Dunbar comandava un reggimento di cavalleria in difesa del re.»

[28] »E che ha combattuto contro di lui nelle giornate di Marston-Moor e di Philiphaugh (soggiunse lady Margherita, mettendo un caricato sospiro): fu in quest'ultima battaglia che mio marito perdè la vita».

»La vostra memoria vi serve bene, o Milady, ma in questo momento è meglio dimenticare il passato.»

»Non se ne dovea però dimenticare quel giovine, sir Gilbert! e avrebbe fatto bene a non mettersi nella società di persone, alle quali il suo nome può destare sgradevoli rimembranze.»

»Ma non pensate, o Milady, ch'è qui, perchè il dovere vel chiama? egli fa parte del contingente prescritto a suo zio. Vorrei bene che il mio contingente fosse composto di giovani pari a lui.»

»Lo zio di questo Milnwood, sarà mi figuro un presbiteriano, come lo è stato lungo tempo suo padre!»

»Lo zio di questo Milnwood non è altra cosa se non se un vecchio avaro, che per una moneta d'oro cambierebbe d'opinioni politiche tutti i giorni. Anzi sarebbe una quistione difficile da risolvere, s'egli abbia mandato il nipote per una conseguenza delle presenti sue massime, o per timore di pagare un'ammenda. Io direi pel secondo motivo. Ma comunque siasi è stata per quel giovane una circostanza felice onde sottrarsi un dì almeno alla noia di stare in quel [29] vecchio castello di Milnwood, ove non vede altra compagnia fuor di quella d'un zio ipocondriaco e d'una vecchia donna di casa.»

»Sapete voi a quanti uomini ammonti il contingente di cui è tassata la terra di Milnwood?»

»A quattro cavalieri armati di tutto punto.»

»La signoria di Tillietudlem (soggiunse lady Margherita, rizzandosi con aria di dignità) ne ha sempre forniti dodici, e spesse volte lo zelo de' proprietarj ha triplicato un tal numero. Mi ricordo che sua maestà, il re Carlo II, quando mi fece l'onore di accettare una colezione in mia casa, s'informò d'una maniera affatto particolare...»

»La carrozza del duca s'incammina, o Milady (s'affrettò ad interromperla sir Gilbert, partecipando in quel momento del brivido che prendea tutti gli amici di lady Margherita ogni qualvolta le correva alla lingua quella benedetta visita del re a Tillietudlem) ell'è ora di prendere il luogo che vi compete fra le persone del corteggio. Mi permetterete di scortarvi sino a casa vostra? Perchè diverse bande di Presbiteriani sono sparse per la campagna e si dice che insultino i Reali.»

»Vi ringrazio, sir Gilbert, rispose lady Bellenden; ma la scorta de' miei lancieri ne protegge abbastanza. Piuttosto vorreste avere [30] la compiacenza di dire ad Harrison che faccia marciar più presto la sua brigata? Par che accompagni un funerale!»

Harrison tenea le sue buone ragioni per non credere troppo salutare un tal ordine, ma lo aveva ricevuto, e gli fu forza adempirlo. Si mise dunque ad un leggiero galoppo, seguito dal bellicoso cantiniere, il quale sul suo palafreno, stavasi in atteggiamento d'uomo che avea militato sotto Montrose, e pompeggiava d'una fierezza fatta in esso maggior dai fumi dell'acquavite, chè la sua parte ne aveva egli tracannata tra una fazione e l'altra, or facendo brindisi al re, or bevendo all'esterminio di tutti i Presbiteriani. Sfortunatamente questa dose di refrigerio un po' caricata lo fe' dimentico di tener l'occhio sopra Gibby che gli stava a fianco, e a cui per lo innanzi fu soccorrevole di avvenimenti, risparmiandogli molti sinistri incontri che facea temere la goffaggine del guardiano dell'oche, trasformato in armigero. Appena il cavallo di questo tapino ebbe preso il galoppo, sentì la molestia degli stivaloni che gli battevano aspramente i fianchi, tanto più perchè i ridetti stivali erano armati di buoni speroni le cui punture misero finalmente a tal prova la pazienza della povera bestia, che tolta la mano al cavaliere, lo trasse fuor delle file, e ben presto lo portò ad urtare nella [31] enorme carrozza del duca, avvenimento di cui non poco risero le circostanti brigate.

Il nostro Gibby, poco avvezzo a scosse di simil natura, erasi attaccato colle mani alla criniera del cavallo, talchè vi era, può dirsi, coricato sopra, positura che diede una situazione quasi orizzontale alla picca, di cui non sapea più di essere armato, e la quale sporgea in tal dirittura fuor della testa del corridore. Quest'arme così collocata stava dunque per entrar nella carrozza fracassando i cristalli ed una portiera, allorchè le acute grida delle persone di dentro, portaron nuovo spavento al palafreno, che con un ultimo sbalzo fe' perder l'arcione al mal'abile cavaliere, gettato di lì a pochi passi sull'erba.

Il peggio di tutto si fu che giugneva a quella volta lady Bellenden, la quale ignorava tuttavia essere un de' suoi guerrieri quel gramo, che facea tal mostra di sè all'adunata; e giugneva Milady in quell'istante che avendo costui perduto l'elmo per la forza della caduta, ella dovè ravvisare nello scavallato armigero il suo custode dei polli, Guddy; metamorfosi di cui nessuno l'aveva innanzi avvertita. L'intendente e il cantiniere ben si sfiatavano a spiegarle i motivi che rendettero necessario un tale espediente, ma non quindi ne calmarono lo sdegno. Ella si tolse di lì imprecando contra gli audaci che osavano ridere sopra [32] sventura accaduta a uno de' suoi lancieri, e ardente d'ira, e giurando vendicarsi in modo esemplare contra il refrattario giardiniere che l'aveva avventurata ad affronto sì rilevante.

[33]

CAPITOLO III.

»Correa le fiere colla piva, e il vanto

»Di piacer sempre ottenne. Ov'è a' dì nostri

»Canterina che dir possa cotanto?

Separatasi quella calca, le persone di cui era composta, nell'andare a casa, facean serbo nelle proprie menti della catastrofe avvenuta al povero Gibby per trarne il lor passatempo della serata; ma i competitori del Pappagallo, postisi la maggior parte attorno al giovine Milnwood, gli fecero corteggio accompagnandolo in trionfo, com'era l'uso, alla più rinomata fra le osterie della vicina città, ove si dovevano imbriacare a spese del vincitore.

A capo della cavalcata marciava Niel, il più famoso suonatore di cornamusa che si trovasse in que' dintorni, sfoggiandola col suo strumento ornato di più nastri, che non avrebbero bisognato a mettere in pompa sei sgualdrinelle di quel villaggio. Era costui grande, gagliardo, magro, secco, montato su due trampali, e con tale sua abilità fattosi ricco d'un campo non men esteso d'un acro. E, mercè questo suo merito, era pure stato promosso alla rilevante carica di suonatore di cornamusa della città, impiego che gli fruttava tutti gli anni un abito nuovo a titolo di salario, ed altre prerogative, tra le [34] quali la speranza di ottenere dal sindaco annuale, all'atto che veniva eletto, la mancia d'un dollaro, semprechè però questo rispettabile magistrato avesse volontà e potere di fare tale spesa. All'aprirsi d'ogni primavera godeva in oltre del privilegio di andare a dar serenate alla porta di tutte le case le più cospicue della città, ottenendone un compenso in birra o in granaglie.

A sì preziosi vantaggi il nostro Niel aveva saputo accoppiarne un altro non dispregevole; poichè ebbe il segreto di conquistare il cuore e d'ottenere la mano d'una vedova, padrona della principale osteria di quella piccola città, nel cui circondario ei dava fiato alla sua piva. Il primo marito di cotesta donna era un rigido presbiteriano, onde per vero dire i più teneri di questa setta gravemente si scandalizzarono, che ad uom sì virtuoso ella avesse dato per successore un ciurmadore, sol dedito a studj mondani. Ma siccome non v'era chi al pari di lei vendesse buona birra in tutta la città, o chi men di lei battezzasse l'acquavite, serbossi in fama, e la sua casa divenne ospizio di tutte le fazioni diverse. Aggiungasi che l'indole del nuovo marito era oltre ogni dire maneggevole, ed avea la sapienza di governare il timone della sua barchetta con tanto ingegno che le ondate delle sette non giugnessero ad affondarla. Sempre d'allegro umore, fornito d'una buona dose di accorgimento e malizia, e pensando [35] sopra tutte le cose al proprio interesse, non si prendea grande fastidio delle dispute che dilaceravano la chiesa e il governo. Ma più adeguatamente faremo noto al leggitore il temperamento del nostro ostiere suonatore col presentargli un abbozzo delle istruzioni, che tornando a casa egli diede alla sua figlia Jenny, intantochè la turba de' confratelli del Pappagallo sedeasi intorno ad una grande tavola, che teneva il mezzo della sala principale dell'osteria. Jenny toccava il suo anno decimosettimo, nè erano anche tre mesi dacchè la madre di lei aveva abbandonata la casa per trasferirsi, o a parlare più aggiustatamente, per essere trasferita in quel tranquillo soggiorno, d'onde nessuno è per anche tornato addietro. Jenny adunque incominciava a tener luogo della madre nel dar opera a quegli ufizi, che con tanta lode adempiea la defunta.

»Jenny! (le diceva Niel, tantochè la giovinetta lo aiutava a sbarazzarsi della sua cornamusa); Questo, come vedi, è un giorno che ne conduce molti avventori. Ti stia sempre dinanzi agli occhi l'esempio della tua povera madre. Ella era affabile e cortese con tutto il mondo, e co' piccoli e coi grandi, e co' Presbiteriani e co' Reali. Qualunque cosa domandi il sig. Enrico Milnwood, abbi cura che gli venga fornita: farà molta spesa, ne son sicuro. Capitano del Pappagallo, non vorrà stogliersi dalle vecchie usanze. [36] Forse non pagherà; anzi lo prevedo che non pagherà, perchè ha un vecchio zio che tiene stretti assai assai i cordoni della sua borsa. Ma ciò non ti dia fastidio; saprò ben io cavar denari da quel vecchio avaro, col farlo arrossir d'un tal debito — Quel che vedi là è il nostro ministro spirituale che giuoca ai dadi col tenente Graham; sii civile e manierosa verso di tutti. Ne' tempi in cui viviamo è buona cosa l'aver amici e fra le sottane nere e fra gli abiti rossi. — Se i dragoni gridano per aver birra, non conviene lasciarsene chieder due volte. È vero che non pagano sempre, ma viene il momento che pagano. Tu sta' attenta a notare tutto quello che prendono. — Ah! ah! ecco là il sergente Bothwell! scommetto che non van via di tavola prima d'essersi bevute le dieci lire di Scozia, prezzo della vacca che mi vendettero.»

»Ma padre mio! soggiunse Jenny, vi è chi pretende che abbiano tolta questa vacca ad una povera donna, unicamente perchè nella trascorsa domenica era stata ad ascoltare un ministro presbiteriano che predicava in mezzo d'un campo.»

»Tu sei sciocca! le disse il padre, abbiam noi forse bisogno di sapere d'onde venga il bestiame che ne viene venduto? Ci pensi la coscienza de' venditori! — Ma Jenny! fa attenzione a quell'uomo che ha l'aria cupa e accigliata, e sta seduto solo ad una tavola [37] volgendo le spalle a tutti, quasi avesse paura d'essere riconosciuto.»

»Egli è arrivato poc'anzi, rispose Jenny, sopra un cavallo tutto coperto di spuma e sudore, e credo che solamente, per dargli tempo di riposare, siasi fermato nella nostra osteria.»

»Ciò a noi poco importa. È però verissimo, ora ci penso, che gli ho veduto fare un moto come di sorpresa quando entrarono qui gli abiti rossi. Dagli quel che domanda, ma astienti dal farlo ciarlare che potresti eccitare l'attenzion de' soldati sopra di lui. Unicamente, se volesse dormire qui, non gli assegnare una stanza a parte, affinchè se fosse mai che la giustizia il cercasse, non venga detto che noi volevamo nasconderlo. — Quanto a te, Jenny, te lo ripeto, sii cortese con tutto il mondo. Non ti mettere fastidio delle cose che qualche giovanotto potesse dirti. Nella nostra condizione fa d'uopo sapere ascoltar tutto, e la tua brava madre avea ad ognora pronta la sua risposta per le rime. Non permettere però che si prendano libertà colle mani, e se t'abbattessi in qualche sfacciato, non indugiare a chiamarmi. — Quando la birra incomincerà a fermentare nelle teste dei bevitori, osserverai che si mettono a parlare del governo e della chiesa; poi si riscaldano, poi attaccano briga. Lasciali fare, Jenny! Non v'è [38] alcuna cosa che dia tanta sete come la collera: più litigheranno, più beveranno. Allora però sarà bene che tu metta in giro la mezza birra, bevanda rinfrescativa per essi, e già non se ne accorgeranno.»

»Ma, e se venissero alle mani com'è accaduto da poco tempo, non dovrò venire ad avvertirvi?»

»Non far mai simile pazzia! Chi vuol frammettersi nelle baruffe, ne ha spesso mercede di botte. Se son soldati che sguainino la sciabola, chiama la guardia. Se dei nostri, che dessero di mano alla paletta e alle molle da fuoco, manda ad avvertire il bailo e le guardie di polizia; ma non incomodarmi. Sono dilombato a furia di perdere il fiato tutt'oggi, e voglio desinare in santa pace. — Oh osserva! il signore... cioè l'ex-signore di Lickiput, che mangia una aringa affumata e beve una foglietta di mezza birra. Tiralo per la manica, e digli che lo prego venire a pranzo con me. In altri tempi fu un buon avventore, e non gli mancano che i modi per esserlo tuttavia. Beve ancora volentieri come quando era ricco. Se vedi qualche povero diavolo, privo di denaro, e che abbia bisogno di bere per una volta, dagli un bicchiere di birra: è una piccola spesa e serve a far buona riputazione al negozio. — Da brava la mia figliuola! fa che tutti sieno contenti di te. Ma prima d'ogni altra cosa imbandisci il [39] mio desinare, e portami due boccali di buona birra, e una misura d'acquavite.»

Dopo avere in tal guisa date le opportune istruzioni al suo primo ministro, Niel e l'ex-signore, cui in allora non parea vero d'essere commensale dell'ostiere, entrarono in un gabinetto appartato per passare insieme tranquillamente quanto rimanea di serata.

Vedeasi in quel momento gran moto nella gala cui presedeva Jenny. I cavalieri del Pappagallo aveano già portato il brindisi al lor capitano, il quale nel pensare a sè prendeasi parimente a cuore che nulla mancasse ai suoi convitati. Ma a poco a poco il numero di questi diminuiva, e i cinque o sei che rimanevano ancora, incominciavano a pensare alla ritirata, cosa che il giovine Milnwood aspettava con molta impazienza.

Stavano ad un'altra tavola poco distante da questa il sergente e il caporale, de' quali Niel aveva parlato, e che appartenevano al reggimento delle guardie di Claverhouse; reggimento instituito a un dipresso alla foggia de' moschettieri di Francia, i quali allorchè uscivano del lor corpo, venivano posti come ufiziali in altri reggimenti. Vi erano giovani spettanti a buone famiglie, circostanza onde superbivano gl'individui del corpo medesimo, e crescevano in quel tuono d'arroganza ch'era in essi caratteristico. [40] Il sergente or menzionato offeriva una segnalata prova di ciò.

Egli era generalmente conosciuto nel proprio corpo sotto il nome di Bothwell, ma il suo nome di nascita era Francesco Stuardo. Discendea in retta linea da Francesco Stuardo, conte di Bothwell, rinomato per lo spirito suo turbolento, e per la parte presa da lui a tutte le querele che avendo funestato il regno di Giacomo VI re di Scozia, fruttarono allo stesso conte l'esilio, in cui terminò fra lo squallore dell'indigenza i suoi giorni. Il pronipote di questo, dopo avere servito come semplice soldato ne' paesi stranieri e nella Inghilterra, e dopo essere soggiaciuto a tutte le vicissitudini della fortuna, si vide costretto a contentarsi d'un grado di sergente nel reggimento delle guardie; nè gli giovò a trovare maggiori riguardi l'appartenere egli stesso alla famiglia reale, perchè il padre di Francesco Stuardo era figlio naturale di Giacomo VI. Una forza di corpo, in esso più che ordinaria, molta destrezza nel maneggio dell'armi, e la circostanza rilevante della sua nascita, gli aveano per vero dire conciliato l'animo degli ufiziali, ma l'indole sua naturale corrispondeva molto alla licenza e alla brutalità degli altri suoi compagni, che dalla consuetudine di far pagare le ammende e le tasse imposte su i Presbiteriani refrattari si erano formati un animo propenso [41] all'oppressione e alla tirannide. Essi erano sì fattamente avvezzi ad incaricarsi di tali odievoli spedizioni, che credevano a sè lecita qualunque azione, nè conosceano altre leggi fuorchè gli ordini de' loro capi. In qualsivoglia impresa di tal natura, Bothwell fu sempre il primo a segnalarsi.

Se non lo avesse rattenuto un riguardo di rispetto verso il suo capitano, che in quella sala medesima giuocava ai dadi col ministro ecclesiastico, egli è probabile che non sarebbe rimasto sì lungo tempo senza farne alcuna delle sue; ma appena Graham si fu tolto di lì, non tardò Bothwell a sturbar la pace del rimanente di quell'assemblea, e a dare a divedere com'ei la sprezzasse.

»Holliday (disse volgendosi a un dragone venuto a sedersi presso la tavola ove stava Bothwell) non è cosa da trasecolare che questi sbarbatelli abbian qui passata a sbevazzare tutta la sera senza curarsi, nemmeno per immaginazione, di portare un brindisi ad onore del re.»

»V'ingannate! ho udito io l'abito verde, quando ha proposto agli altri di bere ad onore di sua maestà.»

»Sarà. Ebbene dunque! che bevano ora alla salute dell'arcivescovo di S. Andrea!»

»Ottima idea! soggiunse Inglis, e se qualcheduno ricusa, lo condurremo al corpo di guardia, e fattolo cavalcare il cavallo [42] di legno, gli attaccheremo a ciascun piede una dozzina di carabine per tenervelo in equilibrio.»

»Bravo! riprese a dire Bothwell. Anzi, per procedere con buon ordine, voglio cominciare il mio invito da quel mingherlino, vera faccia da forca che innamora, postosi là solo in un angolo, come se credesse appestati tutti gli altri della compagnia.»

Alzatosi immantinente, e postosi la sua sciabola sotto al braccio per proteggere la prepotenza che ei meditava, si collocò rimpetto allo straniero che Niel avea sospettato essere un Presbiteriano refrattario, ed assumendo il tuono d'un predicatore Puritano: »Mio caro fratello, gli disse, ho una piccola istanza da presentarvi, ed è di empire il bicchier vostro di questa bevanda, che i profani chiamano acquavite e votarlo alla salute dell'arcivescovo di sant'Andrea, il degno primate di Scozia.»

Ciascuno stava impaziente della risposta che avrebbe data lo straniero. I lineamenti scabri e feroci di cotesto uomo; l'espressione torva de' suoi occhi, il vigor di nervi e di muscoli che al sol guardarlo manifestava, annunziavano in lui un uomo poco propenso a prestarsi agli scherzi, e molto meno a soffrire impunemente un insulto.

»E, se non faccio ragione alla vostra audacissima istanza, gli disse guardandolo di traverso, che cosa ne seguirà?»

[43] »Ne seguirà, mio amatissimo; che per la salute dell'anima tua ti darò alcuni buffetti sul naso, piattonate sulla schiena quante ne potrai sopportare, e ti taglierò in appresso le orecchie.»

»Davvero? (disse lo straniero colmando la sua tazza). Beviamo dunque (soggiunse indi con ironico tuono, e componendo ad espressione affatto singolare la propria fisonomia). Porto un brindisi all'arcivescovo di sant'Andrea, ben meritevole della sede che occupa in tal momento. Possano tutti i prelati della Scozia ottenere al par di lui sollecito guiderdone, conforme ai lor meriti!»

»Ebbene! disse Holliday in aria di trionfo, ha ubbidito.»

»Nelle frasi del brindisi, soggiunse Bothwell, v'è qualche cosa che non mi garba; non so bene ciò che siasi inteso dire questo cane di Puritano.»

»Signori, si fece udire in allora Morton Milnwood, che incominciò ad impazientirsi della costoro insolenza. Noi siam qui tutti fedeli sudditi del re, e abbiamo diritto a sperare che non verremo d'ora innanzi frastornati con propositi di tal natura.»

Stava Bothwell per rispondergli con qualche nuova impertinenza, ma Holliday gli rammentò sotto voce, come la truppa avesse ricevute istruzioni le più precise di non insultare veruno di coloro, che conformandosi [44] agli ordini del Consiglio si fossero presentati alla rassegna. Non potè nondimeno Bothwell ristarsi tanto da non fissare in volto Morton e dal dirgli:

»Avete ragione, Sig. Capitano, non voglio turbare il vostro regno, che finisce, credo, alla prossima mezzanotte. Non è per altro da ridere, Holliday, soggiunse indi volgendosi al camerata, che questi borghesi facciano tanto gli smargiassi per sapere tirare a segno? Non v'è donna o fanciullo, che addestrandosi a tale virtù sole ventiquattr'ore non ne facesse altrettanto. Se il Sig. Capitano Pappagallo, o alcuno del suo battaglione, volessero solamente provarsi colla sciabola o colla spada a disputar meco al primo sangue una moneta d'oro, tanto non ci sarebbe male! ma tutta questa gente (e dicendo ciò urtava col piede nella punta della spada di Morton) portano armi che non ardirebbero di toccare. Però!... se gli piacesse anche lottar meco a' pugni, la faccenda sarebbe per me indifferente.»

Venuta a stremo la pazienza di Morton, si alzò, e dopo avere lanciato un torvo guardo sopra Bothwell, mettea già mano alla spada, allorchè lo straniero si pose fra essi.

»Un momento! diss'egli a Morton. Io fui il primo insultato, e a nome della buona causa, intendo terminar io tale contesa.» [45] Poi voltosi a Bothwell: »Voi parlate di battervi a' pugni; volete lottare contro di me?»

»Volentieri, eletto figlio, replicò Bothwell: ma tu non tarderai a baciare la terra.»

»La mia forza deriva da lui che ne è la sorgente, disse quest'uomo, cui il fervor di setta cresceva coraggio. Tu stai per servire d'esempio ai celiatori di cattiva scuola.»

In un istante ciascun de' due ebbe levati gli abiti; e si fece attorno ad essi il restante della brigata. Il vantaggio sulle prime parea del sergente, ma scorgevasi ad un tempo che questi avea spiegata tutta intera la sua gagliardia, mentre l'antagonista si mostrava economo della propria. Finalmente lo straniero, giunto a stringere fortemente Bothwell, lo alzò da terra, buttandolo indi con sì mal colpo sul pavimento, che vi rimase sbalordito per qualche minuto.

»Voi avete ucciso il mio sergente, sclamò Inglis, sfoderando la sciabola, e me ne darete soddisfazione.»

»Adagio! entrò di mezzo Morton, tutto è proceduto giusta le regole, e il vostro camerata ha trovato quel che cercava.»

»Gli è vero, disse Bothwell, alzandosi allora da terra. Inglis, rimettete nel fodero il vostro arnese. Non mi sarei mai creduto [46] che un sergente del reggimento delle guardie fosse gettato sul pavimento d'una miserabile bettola da un cialtrone di Puritano!» indi stringendo con forza la mano allo straniero: »amico, gli disse, ci troveremo qualch'altra volta, e giuocheremo giuoco più serio.»

»E quando questa qualche volta verrà (rispose lo straniero stringendogli parimente e colla stessa forza la mano) vi prometto che se giungo a rinversarvi, non vi alzerete da terra sì facilmente.»

»A maraviglia! rispose Bothwell. Se tu sei un Puritano, non manchi almeno nè di forza nè di coraggio! Ti auguro ogni sorte di felicità; ma se mi credi, spacciati da questo luogo prima che il nostro ufiziale venga qui in ronda, perchè egli ha fatto arrestare più d'un furfante che avea cera meno sospetta della tua.»

Convien credere che tale avvertimento non sembrasse da disprezzarsi allo straniero poichè pagò il suo conto; e correndo alla scuderia, sellò egli stesso il proprio cavallo, e immantinente vi montò sopra. Nell'uscire si scontrò in Morton, che si congedava dai compagni in atto egli pur di partire.

»Mi trasferisco alla volta di Milnwood gli diss'egli; volete permettere ch'io profitti della vostra compagnia lungo il cammino?»

[47] »Volentieri!» rispose Morton, benchè trovasse nella fisonomia dell'offertosegli compagno di viaggio qualche cosa che infinitamente spiacevagli.

Intanto che essi proseguivano per la loro strada, si udì dalla parte della piccola città d'onde uscivano strepitar di tamburi e squillar di trombe, che chiamava a raccolta la compagnia del reggimento delle guardie postavi in guernigione, la quale ben presto si trovò schierata sulla piazza del mercato. Il tenente Graham entrò nell'osteria di Niel accompagnato dal sindaco della città. »Ebbene! Bothwell, esclamò, non avete udito la chiamata? Perchè siete ancor qui?»

»Egli stava per tornare a quartiere, o mio tenente, disse Holliday; ma ha fatto or ora una mala caduta.»

»In una lite senz'altro! soggiunse Graham. Bothwell, se trascurate così il dovere, il vostro sangue reale non vi esenterà dai gastighi.»

»E come ho io trascurato i doveri?»

»Voi dovevate trovarvi in quartiere al primo suon di tamburo. La carrozza dell'arcivescovo di Sant'Andrea è stata fermata questa mattina da una masnada di ribelli Puritani, che lo hanno assassinato presso la città della sua diocesi. Vi è una taglia di cento zecchini a favore di chiunque [48] arresterà uno degli uccisori di questo prelato.

»Corpo del demonio! sclamò Bothwell. Il brindisi!... quell'aria misteriosa!... Intendo ora quel che voleva dire! Ah! perchè non l'abbiamo arrestato subito? A cavallo, Holliday, a cavallo! — Mio tenente, un di questi assassini non sarebbe già un uomo nerboruto all'aspetto, che ha un naso a becco di falcone?...»

»Un momento! disse Graham. Ho qui i connotati di tutti costoro. Leggiamo. Haxton di Rathillet, grande, magro, capelli neri...»

»No; non è il mio uomo» interruppe Bothwell.

»Iohn Balfour di Burley, mezzana statura, naso aquilino, sguardo feroce, capelli rossi....»

»È desso, è desso!» sclamò Bothwell. Intanto Graham continuava la sua lettura montato sopra un cavallo nero di grande criniera....»

»Non occorr'altro! Non è un quarto d'ora che costui era qui.»

Alcune nuove informazioni terminarono alfin di convincerli, che quel sì misterioso straniero era di fatto Balfour da Burley, capo della banda di assassini, che mossi da furore presbiteriano, uccisero l'infelice primate di Scozia. Avendolo incontrato a caso, [49] il fanatismo li persuase essere questa una vittima che la Provvidenza abbandonava nelle loro mani, onde a sangue freddo lo trucidarono.

»A cavallo, amici miei! lesti a cavallo! sclamò Graham. Inseguiamo l'assassino. La testa di costui vale quant'oro ella pesa.»

[50]

CAPITOLO IV.

»Va', gli stendardi tuoi raggiugni, vola

»Ove t'invita onor. Favellò il cielo,

»E sola hai scelta fra vittoria e morte.»

James Duff.

Morton e il suo compagno aveano già corso qualche tratto di strada senza dirsi l'uno all'altro nessuna cosa. Non so che di ributtante nella fisonomia dello straniero stoglieva il giovine Morton dall'indirigergli la parola, nè l'altro per vero dire mostrava grande propensione a legare conversazione con lui. Finalmente dopo mezz'ora di cammino questi ruppe d'improvviso il silenzio. »Com'è mai che il figlio del colonnello Morton si è trovato a questa rassegna?»

»Adempisco i miei doveri come lo deve un suddito fedele» la quale risposta fu pronunziata col tuono di chi non si cura di continuare un colloquio.

»È egli forse vostro dovere, giovane incauto, è egli dovere d'un cristiano il portar l'armi a favore di coloro, che perseguiscono i veri credenti, che versarono il sangue de' santi? Quegli che tutto può è finalmente arrivato, e ben ei saprà sceverare il grano buono dal loglio.»

[51] »Comprendo dai vostri discorsi, essere voi nel novero di coloro che pensano fare opera meritoria nel ribellarsi contra il governo. Dovreste però essere più riserbato nei detti, nè parlare in simil guisa alla presenza d'uno che non conoscete. Anzi ragion di prudenza comanderebbe a me pure di non ascoltarvi.»

»Gli è forza che tu m'ascolti! Il tuo signore ha le sue mire sopra di te, e quando ti chiamerà, converrà bene che tu lo segua. Se ti fosse toccato in sorte l'udire qualche buon predicatore, saresti a quest'ora tal qual devi essere un giorno.»

»Noi siamo Presbiteriani al pari di voi.»

Di fatto il castello di Milnwood andava fornito d'un ministro Presbiteriano, di quelli però, come parecchi ve n'avea, che si erano sottomessi al governo, e ne ottennero in compenso la permissione di compire gli ufizi del proprio ministero. Da tale patto di religiosa tolleranza era nato uno scisma di setta, perchè i Puritani, se lo erano a tutto rigore di termine, censuravano severamente quei lor fratelli Presbiteriani, che non eran d'avviso di mettersi in lotta aperta contra le vigenti leggi.

»Sutterfugio! miserabile sutterfugio! sclamò lo straniero. Non v'ha mezzo termine fra la salute e la dannazione, fra i principj mondani e i precetti dell'Evangelio.»

[52] »Mio zio crede che noi godiamo d'una ragionevole libertà di coscienza, e a me sembra....»

»Vostro zio sagrificherebbe tutte le greggie della cristianità per salvare un agnello sol del suo ovile. Avrebbe, cred'io, adorato il vitello d'oro. Oh! il padre vostro era ben tutt'altra cosa!»

»Mio padre certamente era un uomo rispettabile e pieno d'onore, ma dovreste rammentarvi ch'ei combattè in difesa della famiglia reale, per la quale m'avete veduto portar l'armi questa mattina.»

»Pur troppo lo so! Le più belle fiaccole d'Israello si spengono qualche volta. Ma s'egli avesse veduto i tempi a' quali viviamo, avrebbe maledetta l'ora in cui trasse la spada per una tal causa. Però ne parleremo altra volta, perchè, o giovane, ancor tel ripeto, sonerà la tua ora e ti verranno a mente le mie predizioni — Addio. La mia strada è di qui.»

In questa, gli mostrò un sentiero, che guidava alla volta di aride e deserte montagne, e già stava abbandonando la strada maestra per prendere quella via, allor quando gli si affacciò una donna avvolta in rosso mantello, che seduta dianzi sull'orlo del cammino, al vederlo si alzò, e avvicinatasi a lui, in misterioso tuono gli disse.

»Guai a voi se vi avviate per questo sentiero! Sta il lione nelle montagne, e [53] cerca divorare le povere nostre agnelle smarrite.»

»Dio avrà cura della sua greggia, rispose lo straniero. Ma ove sono Hamilton e Rathillet?»

»Nelle foreste di Drake-Moss con sessanta o settanta uomini fra pedoni e cavalieri, ma sforniti d'armi, di viveri, di munizioni.»

»Procurerò unirmi ad essi.»

»Dio vi liberi dal tentarlo in tal sera! Tutti i passi son guerniti dai nostri persecutori. Piuttosto cercatevi qualche nascondiglio insin che dura la notte; domani mattina vi sarà più facile il potergli raggiugnere.»

»Dimorate voi in queste vicinanze? Potete darmi ricovero in casa vostra?»

»La mia capanna non è distante che un miglio, ma quattro figli di Belial, quattro dragoni vi si sono posti di guernigione, e devastano quel poco ch'io possiedo per punirmi di non aver voluto assistere alla predica del nostro ministro, che non è nel numero de' veri credenti.»

»Sofferite e sperate, buona donna. Addio. Vi ringrazio. Ma (soggiunse, appena fu partita la vecchia) e dove troverò io un'asilo per questa notte?»

»Se avesse una casa mia propria, disse Merton, a costo d'affrontare qualunque rischio vi darei un ricetto, anzichè lasciarvi [54] in balìa ai pericoli da cui sembrate or minacciato; ma mio zio dopo le ammende e le pene pronunziate contra coloro che hanno lega co' Presbiteriani refrattari al governo, è stato preso da tale spavento, che ha proibito rigorosamente a tutti della sua casa d'avere alcuna sorte di comunicazione coi medesimi.»

»A ciò mi aspettava, lo straniero soggiunse. Per altro poteste ricevermi senza ch'ei lo sapesse. Un granaio, una scuderia, un fenile bastano a mio ricovero.»

»Vi accerto che mi è impossibile il farvi entrare in Milnwood senza il consenso di mio zio, e quand'anche il potessi, avrei scrupolo di coscienza nell'avventurarlo a quel pericolo che più di tutti ei paventa.»

»Non mi resta a dirvi che una sola parola. Vostro padre vi ha egli parlato mai di Iohn Balfour di Burley?»

»Che gli salvò la vita a rischio della propria nella giornata di Marston-Moor? Sì certamente, e spesso me ne ha parlato.»

»Ebbene, o giovane, vedi questo uomo dinanzi a te. Pensa, se vuoi commettere a morte sicura chi salvò i giorni del tuo genitore.»

Mille ricordanze allora si offersero alla mente di Morton, tenerissimo quasi all'idolatria della memoria del padre: riandava fra se medesimo quante volte questi gli avea fatto parola dell'importante servigio [55] prestatogli da Balfour di Burley, e quant'altre espresse il proprio rincrescimento sulle guerre civili della Scozia, che non gli permettevano mostrarsegli grato; perchè fin d'allora che la Scozia si divise fra i Partigiani della repubblica e que' di Carlo II, figlio dell'infelice Stuardo perito sopra d'un palco, l'ardente fanatismo di Bothwell spinse costui nella prima delle due fazioni, nè il padre di Morton più lo rivide.

Il giovane di Milnwood stava tuttavia ondeggiando fra tali idee, allorchè un rumor di tamburo uditosi da lontano lo fece risolvere.

»Questi è senza dubbio Claverhouse col restante del suo reggimento, esclamò. Se proseguite il cammino, cadete inevitabilmente nelle sue mani; se volgete i passi ver la città rischiate d'incontrarvi nel colonnello Graham. Le gole delle montagne son custodite. Non posso abbandonare in tale pericolo chi salvò la vita a mio padre. Venite a Milnwood. Se siamo scoperti, farò in modo che la punizione della giustizia cada sopra di me, senza avvolgere nella mia rovina uno zio....»

Burley ascoltò tale discorso senza mostrar grande commozione, indi si fece a seguire chetamente Morton.

Il castello di Milnwood fabbricato dal padre di chi n'era a quei giorni proprietario noveravasi fra i più belli, ridotto però in [56] uno stato di grande scadimento per la niuna sollecitudine datasi dal presente padrone a restaurarlo. Una breccia aperta nel muro di cinta dava ingresso nel cortile della scuderia, e fu per questa che venne introdotto Burley.

»Gli è d'uopo che vi lasci qui un momento, gli disse, fintantochè io vada in casa per procurarvi un letto.»

»Qual bisogno ne ho io? rispose Burley. Sono trent'anni dacchè la mia testa si adagia più spesso sulla nuda terra che su i cuscini. Oltrechè voi poi non potete farmi entrare in casa senza ammettere alla confidenza del mio segreto qualcuno, e sarebbe ciò un aumentarmi il pericolo di venire scoperto.»

Timore che parve fondatissimo a Morton, il quale fece entrare il compagno nella scuderia, ove collocarono i loro cavalli, e Burley si fece letto di alcuni fasci di paglia.

»Tornerò fra brevi istanti, gli disse Morton, e vi porterò que' reficiamenti che a tale ora mi sarà possibile procacciarmi.»

E per vero dire ei non era poco impacciato a serbare questa promessa: perchè la speranza di ottenere da cena tutta era posta nel trovare di buon'umore la sola persona alla quale il signor del castello dava l'intera sua confidenza, la vecchia governante. Se questa donna fosse andata a letto, o corrucciata per avere aspettato il [57] suo giovane padrone oltre la mezza notte, vi era grande probabilità per l'ospite di dover dormire a digiuno.

Inoltratosi adunque Morton alla porta di casa, picchiò modestamente com'era solito praticare tutte le volte quando avvenivagli di tornare dopo l'ora in cui suo zio aveva uso di ritirarsi. Così assumea l'aria di chi confessa una colpa e ne chiede remissione, e sollecitava anzichè chiedere di essere ammesso. Ripetè due volte quel picchio, e la governante, lasciando il cantone del fuoco, presso cui stava seduta, e mettendosi attorno al collo un secondo fazzoletto per ripararsi dal freddo, trasse il catenaccio, abbassò una stanga di ferro, e la porta fu aperta.

»Bell'ora di tornare a casa, signor Enrico! (gli disse con quel tuono che d'ordinario prendono le fantesche viziate dall'indulgenza del loro padrone) bell'ora da disturbare il riposo d'una casa tranquilla, e da obbligarmi a vegliare alzata aspettandovi ad onta d'un ostinato raffreddore che provo!»

E per mostrare di non avere detto bugia tossì due o tre volte.

»Vi ringrazio, Alison, vi ringrazio di tutto cuore!»

»Mio Dio! sig. Enrico, siete ben divenuto un gran signore! Tutti mi dicono mistress Wilson. Il sig. Milnwood solamente mi chiama Alison, ma non sempre. Spesse [58] volte mi nomina mistress Wilson anche egli.»

»Ebbene, mistress Wilson, io sono dunque mortificatissimo d'avervi fatto aspettar tanto tempo.»

»Or dunque che state a fare? prendete una candela e andate a coricarvi — Soprattutto, abbiate attenzione di non lasciarla sgocciolare nell'attraversare i corritoi; perchè qui c'è sempre da pulire, e tutte le faccende vengono addosso a me.»

»Ma la mia cara Alison, vorrei veramente cenare prima di mettermi a letto.»

»Cenare! Lo dite per celia, signor Enrico? Come se non sapessimo che siete stato eletto capitano del Pappagallo, e che avete condotti tutti gli sfaccendati della contea all'osteria del suonatore di cornamusa, di Niel, banchettandogli, a spese sicuramente di vostro zio; perchè dove avreste trovato voi di che pagare un tal conto? datemi ora ad intendere che avete bisogno di cena!»

»Vi assicuro, mia buona mistress Wilson, che muoio di fame e di sete e so che avete troppa cortesia per non lasciarmi pregare invano.»

»Ah sig. Enrico! come sapete far bene per conciliarvi le donne! Pazienza se non saranno che vecchie! non correrete pericolo, ma tenetevi lontano dalle giovani — Ebbene! son per darvi una prova di non avervi [59] dimenticato. Lo so anch'io che non bisogna mettere i giovinetti al caso di andare a letto a stomaco vuoto.»

E dobbiamo a tale proposito rendere giustizia a mistress Wilson, che era un'eccellente donna, ed amava grandemente Enrico siccome quella che lo aveva veduto nascere. Tutte le cose da lei dette sin qui erano intese soltanto ad ostentare un tal qual tuono di superiorità, ma ella avea preparato entro un canestro tutto quanto occorreva alla cena del suo giovine padrone.

»Andate, figlio mio, gli diss'ella riguardandolo con occhio di compiacenza. Portatevi con voi le vostre vettovaglie. Le troverete buone, almeno quanto i cibi che v'avran potuto apprestare nell'osteria di Niel. La moglie di Niel sì era una brava donna; però quanto al saper fare cucina, non poteva ancora competere con una governante d'una casa signorile. Sua figlia poi povera creatura! è tutta un'altra cosa. Non pensa che all'acconciatura. Domenica scorsa l'ho veduta alla chiesa con una cuffia tutta a nastri. Tanta pompa non finirà bene. Ma andate, figlio mio, non posso più tenere gli occhi aperti. Non fate le cose in troppa fretta, e abbiate riguardo nello spegnere la candela. Voi troverete un boccale d'ala, e una picciola ampolla di ratafiat fior d'aranci. Non ne do a tutti, e lo tengo in serbo pe' mali di stomaco cui vado [60] soggetta; ma vi gioverà meglio che l'acquavite. È una bevanda pregiudizievole alla gioventù. Buona notte, sig. Enrico! Badate bene alla candela.»

Morton l'accertò che avrebbe prese tutte le necessarie cautele, e le disse di non prender tema, se lo udiva discendere, e di ciò addusse in iscusa il bisogno di tornare a visitare nella scuderia il proprio cavallo, promettendole che avrebbe avuta la massima cura di chiuder bene la porta. Egli volea tosto correre, raggiugnere il suo ospite, allorchè voltosi addietro vide mistress Wilson che mettea fuori la testa dalla porta socchiusa, e che raccomandava di bel nuovo: »Tenete più diritta la vostra candela, o cattivello.»

[61]

CAPITOLO V.

»Sull'aggrottata fronte in note ultrici

»Scritto è col sangue: morte ai miei nemici!

Per sottrarsi alla vigilanza della buona donna di casa, Morton andò per poco nella propria stanza. Munito d'una lanterna sorda ei s'accigneva a portare a Burley la preparatagli cena, quando udì il calpestio di una banda di cavalleria, lontana solamente due passi dalla casa. Ed era quella stessa di cui gli sonarono all'orecchio i tamburi dietro la strada. Giunta la banda dinanzi alla porta del castello, udì l'ufiziale comandante del distaccamento gridare con distinte note: alto là! Nascosto con tutta accuratezza il lume, si avvicinò alla finestra, schiarita per buona sorte dai raggi di bellissima luna, onde potè scorgere le cose che a mano a mano accadettero.

»A chi appartiene questa casa?» gridò una voce con tuono autorevole.

»A sir David Milnwood, mio colonnello» gli fu risposto.

»È egli per la buona causa?» replicò la voce di prima.

»Un Presbiteriano, ma ei si vale d'un ministro spirituale tollerato dal governo, nè mai si mostrò recalcitrante alle leggi.»

[62] »Ipocrisia! forse maschera che tanti san prendere solo per non avere coraggio di mostrare a chiaro di giorno i sentimenti interni dell'animo loro! Son tentato di visitare la casa. Chi sa non vi si nasconda qualcuno fra gli scellerati di cui siamo in traccia?»

»V'assicuro, mio colonnello (si udì una terza voce prima ancora che Morton avesse avuto il tempo di riaversi dal concetto spavento) vi assicuro che è una briga inutile e tempo perduto. Milnwood è un vecchio avaro: non pensa nè poco nè assai a politica, e fuori del proprio denaro non si cura d'altra cosa su questa terra. Suo nipote era alla rassegna stamane, ed anzi sortì capitano del Pappagallo: su di lui dunque non può cadere sospetto di fanatismo. Mi fo mallevadore io, che da lungo tempo tutti dormono in questa casa, e metterla in trambusto a tal'ora sarebbe un ammazzar di paura quel povero vecchio. Ne prenderebbe tutti per una banda di ladri venuti ad impossessarsi del suo tesoro.»

»Se la cosa è così noi perderemmo un tempo che si può meglio impiegare. Reggimento guardie! Attenti! Marciare in avanti! Marche!»

Si udì nuovamente lo strepito dei tamburi e lo squillo delle trombe, e allorquando Morton vide allontanati i soldati, scese [63] per trasferirsi laddove stava il suo ospite. Lo trovò in piedi colla sciabola nuda al fianco, e tenendo una pistola a ciascuna mano. Al debole lume della sua lanterna, fu sorpreso della raddoppiata ferocia, che su i lineamenti d'esso egli scorse, e dai quali trapelava ad un tempo tutto l'entusiasmo del fanatismo.

»Giacchè, come ben me n'accorgo, udiste lo strepito della cavalleria, comprenderete il motivo che mi ha impedito di venir più presto da voi.»

»Che monta ciò? disse Burley; la mia ora non ha ancora sonato. Quando giugnerà, andrò ad unirmi cogli altri martiri della buona causa. Ma fintantochè io potrò sulla terra farmi strumento alle volontà del mio padrone, camminerò diritto dinanzi a me.»

»Ecco di che ristorarvi. Io vi consiglio partire domani all'alba, onde sottrarvi più facilmente alle indagini di chi vi persegue.»

»Giovane, voi siete già stanco di me! Il sareste ben maggiormente, se vi fosse nota l'opera, che non ha guari ho compiuta. Ma non mi fa maraviglia che siate stanco di me. Vi ha tai momenti che lo sono io di me stesso. Credete voi che non sia penoso incarico il sentirsi chiamato ad eseguire i tremendi ma giusti decreti del cielo? il dovere imporre silenzio a quell'involontario sentimento che fa fremere l'uomo [64] quando bagna le sue mani nel sangue de' propri simili? Pensate forse che dopo aver ferito un colpevole, il feritore nel vederlo cadere non porti un guardo atterrito sopra se stesso? Ch'ei talvolta non dubiti persino se veramente egli avea missione a punirlo?»

»Non mi trovo assai dotto, signor Balfour per discutere sopra tali argomenti con voi; ma non crederò mai che il cielo possa inspirare atti contrari alla umanità, sentimento di cui lo stesso cielo ne ha fatto un precetto.»

Burley sembrò confuso alquanto a tai detti, ma riprendendo lena, freddamente rispose. »Ella è cosa naturale che pensiate così. Voi giacete tuttavia immerso in una oscurità più profonda di quella che regnava nel carcere ove gettato fu Geremia. Pure l'impronta della luce brilla nel vostro fronte. No; il figlio di colui che fe' sventolare sulle nostre montagne la bandiera della giustizia non rimarrà sepolto in tenebre eterne; e giugnerete a riconoscere, che quando siamo chiamati, dobbiamo ubbidire senza discernere, nè vicini, nè congiunti, nè amici.»

»Sentimenti tali siccome i vostri, sclamò con enfasi Morton, scusano sino ad un certo punto le provvisioni crudeli, che i membri del Consiglio privato hanno prese contro di voi. Essi dicono che vi spacciate [65] forniti d'interne rivelazioni e che scotete il giogo delle leggi e dell'umanità, ogni qualvolta queste si trovano in contradizione con ciò che chiamate vostro spirito illuminatore

»Essi pronunziano giudizio ingiusto sopra di noi. Sono eglino quegli spergiuri, che calpestando tutte le autorità divine ed umane, ne perseguono perchè ci teniamo strettamente alle leggi promulgate dopo la morte di Carlo I, a quelle leggi di cui giurarono l'esecuzione al pari di noi.»

»Vi replico, Sig. Balfour, che a me non piace entrare in tal controversia. Ho voluto pagare un debito di mio padre col darvi un asilo, ma non è mia mente nè di servire la vostra causa, nè di prendere parte alle vostre discussioni. Vi lascio dunque, e porto meco un sincero rincrescimento di non potervi prestare maggiori servigi.»

»Spero però rivedervi domani prima che io parta. Quando ho posto mano all'impresa ho detto addio a tutte le affezioni terrene; pur sento che il figlio del colonnello Morton mi è grandemente caro. Ogni volta ch'io fiso gli occhi sopra di lui, mi prende un fermo convincimento che lo vedrò un giorno sguainare la spada in difesa di quella santa causa per cui suo padre ha combattuto.»

Morton gli promise rivederlo sul far del giorno e si ritirò.

[66] Non passò egli una notte molto tranquilla. La sua immaginazione, turbata dagli avvenimenti della giornata, gli presentò sogni i più bizzarri ed i più incoerenti. Ora gli si dipingeano innanzi spaventevoli scene, il cui autore principale era Burley. Ora vedea dinanzi a sè Editta Bellenden, pallida e cogli occhi pregni di lagrime che da lui implorava soccorso, intantochè barriere insuperabili ne lo disgiugnevano. Si trovava indi sopra un campo di battaglia, in mezzo alla mischia, e fra l'orror delle stragi; finalmente era fatto prigioniere e condannato a perire. Già sorgeva l'aurora, quand'ei fu sciolto da sogno sì tormentoso.

»Ho dormito troppo, esclamò; proteggiam la partenza di questo misero fuggitivo.»

Corse alla scuderia, e lo trovò che ancora dormiva. Gli battè sulla spalla, e Burley scosso a quel colpo, ma tuttavia tra il sonno e la veglia, sclamò »Un sacerdote, voi dite? sì, un sacerdote di Belial. Fate quel che volete di me, non negherò già quello a cui una forza invincibile mi costrinse. — Ah siete voi! (riconobbe Morton in quell'istante). Sì, gli è d'uopo partire. Ma non mi accompagnerete almeno alla distanza d'un tiro d'archibuso dalle montagne?»

Avendo Morton acconsentito, salirono a cavallo, e partirono insieme. Fecero un miglio circa di sentiero ombreggiato da grandi [67] alberi, d'onde alla parte alpestre si perveniva; e per tutto questo tratto di cammino tacquero entrambi. Burley volgendosi d'improvviso a Morton sì gli parlò: »Ebbene, quanto vi dissi la scorsa notte ha fatto frutto nel vostro animo? volete mettere mano all'opera?»

»Non mi rimovo dalla mia opinione, Morton rispose; che è una brama di conciliare i doveri di cristiano con quelli di suddito fedele.»

»Ossia in altri termini, soggiunse amaramente sorridendo Burley, volete servire ad un tempo Baal e il Dio d'Israello. Volete che le vostre labbra un dì professino la verità, e che il dì dopo il vostro braccio versi il sangue di chi ha giurato difenderla. Credete voi dunque poter toccare la pece senza lordarne le vostre mani? vivere tra le file de' reprobi e non somigliare ad essi? No; il cielo formò altri divisamenti sopra di voi. La vostra ora scoccherà, o giovane: m'intendete? La vostra ora scoccherà! Addio. Noi ci rivedremo.»

Così favellando fe' galoppare il cavallo e s'addentrò in una gola che separava due monti.

»Addio, selvaggio entusiasta, Morton sclamò in veggendolo allontanare. Oh come la compagnia d'un tal uomo mi diverrebbe pericolosa in alcuni momenti! Certamente il fanatismo delle sue massime religiose e [68] le atroci conseguenze ch'ei ne ritrae, non mi permetteranno mai di pensare alla sua maniera; ma per altra parte è egli possibile che un uomo, che uno Scozzese veda a sangue freddo il sistema di persecuzione abbracciato in questo sfortunato paese? Non è tal sistema che ha poste l'armi in mano a tante sensate persone, le quali non avrebbero sognato a ribellarsi giammai? Non è per la causa della libertà religiosa e civile che il padre mio combattè? dovrò io restarmene in un indifferente ozio? ovvero parteggiare pei persecutori, o non piuttosto per le vittime dell'oppressione? Però chi mi sa dir se coloro, le cui voci entusiastiche non sonano ora che libertà, giunti a riportare vittoria non divenissero più crudeli de' presenti loro oppressori? qual moderazione può aspettarsi da un Burley, e da coloro che hanno comunione di sentimenti con lui? Quai cose scorgo io attorno di me? Il furore e la violenza che assumono maschera, or di civile autorità, or di zelo religioso! E perchè rimanere in un paese dilaniato sì crudelmente? Vi son io schiavo? non posso io impugnare la spada del padre mio, e girmene a cercare in un altro regno la gloria o una morte onorevole?»

Ultima idea che si fe' dominante dell'animo di Morton. Deliberato quindi a seguirla, pensò appena fosse arrivato a casa, parlarne per prima cosa a suo zio.

[69] »Un solo sguardo di Editta, diceva egli fra se medesimo, una sola parola di lei farebbe dileguare tutte le mie risoluzioni. Conviene adunque fare un passo che non mi permetta il tornare addietro, e se la rivedo sia solamente per darle l'ultimo addio.»

Con tal mira pertanto entrò nella sala, ove trovò lo zio seduto ad un grande seggiolone a bracciuoli, e che avea dinanzi a sè un piatto colmo di polenta d'orzo, solita sua colezione. La favorita governante teneasi dietro a lui appoggiata al seggiolone, e in tal positura che senza derogare al rispetto la mostrava avanzata nell'animo del padrone. Era egli stato d'alta statura in sua giovinezza, il qual pregio però nè manco gli rimanea, essendosi curvato il suo dorso che parea una vera superfice curvilinea; onde accadde che nell'assemblea di una vicina parrocchia trattandosi di costruire un ponte ad un picciolo fiume, e discutendosi sulla curvatura da darsi all'arco, un bizzarro ingegno mise il partito di comperare la schiena del signor Milnwood, che ei certamente avrebbe ceduta, perchè non v'era cosa ch'ei non fosse pronto a cedere per denaro. Avea piedi di smisurata grandezza, mani scarne altrettanto quant'eran lunghe, guernite d'unghie che l'acciaio toccava di rado; guancie incavate, volto raggrinzato e lungo a proporzione della sua [70] persona; piccioli occhi turchini, che si avvivavano solamente allorquando intendeva ad affari che gli potessero arrecare qualche profitto; tale era la seducente presenza di sir David Milnwood. La natura avrebbe mostrato poco discernimento, se dentro cotale invoglia avesse collocato un animo liberale e benefico. Nè ella commise per vero dire un tal fallo, perchè cotest'uomo era un perfetto modello di abbiezione, d'avarizia e di sordido amor proprio.

Non appena questo amabile personaggio vide entrare il nipote, innanzi volgergli la parola, si affrettò a portare alla bocca il primo cucchiaio di polenta, che non avea per anche toccata. E siccome scottava assai, e la trangugiò senza badarvi, il dolore che ne risentì aumentò in esso la preesistente voglia di brontolare.

»Vada al diavolo chi ha preparato questa polenta!» sclamò tutto adirato.

»Per altro è buona, soggiunse mistress Wilson, l'ho fatta io colle mie mani. Ma perchè affrettarvi tanto? Vedete che cosa vuol dire non aver pazienza!»

»State zitta, Alison! Gli è con mio nipote che ho da far conti. — Ebbene, signorino! bella vita che si conduce! Voi non tornaste a casa che a mezzanotte.»

»In circa, signore!»

»In circa, signore! bella risposta! E perchè non venire subito terminata la rassegna?»

[71] »Credo che ne sappiate il motivo. Ebbi la fortuna di essere il miglior tiratore, e fui costretto a rimanere per offerire qualche reficiamento agli altri giovani miei colleghi.»

»Reficiamenti! diavolo! E stimo che avete il coraggio di dirmelo in faccia! Aver le pretensioni di far banchetti agli altri, e non avreste da mangiare per voi, se non vi tenessi per carità in casa mia, io che ho con fatica quanto mi basta per vivere! Ma se mi siete stato cagione di spese, è tempo che mi compensiate colla vostra fatica. E non vedo perchè non potreste voi condurmi il mio aratro. Anzi son rimasto senza bifolco; e questa professione vi starebbe assai meglio del portare gli abitini verdi che non avete il comodo di pagare, e dello spendere i miei denari in polvere e piombo. In fine poi il mestiere dell'agricoltore è un onesto mestiere e vi guadagnereste il vostro pane senza essere a carico di nessuno.»

»È un mestiere, o signore, che non conosco, e che non sono niente curioso di conoscere. Sappiate però che io veniva in questo punto a farvi noto un mio divisamento, non meno acconcio a liberarvi dalla spesa che fate per me.»

»Un vostro divisamento! sarà qualche cosa di vago! Si può sapere qual sia questo bel divisamento?»

[72] »Vel dico in due parole, o signore. Ho fatto disegno di abbandonare la Scozia, e prender servigio in qualche terra straniera, come lo fece mio padre prima delle turbolenze che desolarono la nostra patria. Forse il suo nome non è per anco dimenticato ne' paesi ov'egli ha servito, e varrà a suo figlio il vantaggio d'esservi ricevuto almeno come soldato.»

»Dio ci assista! sclamò la governante. Il Sig. Enrico andar via! Oh no, no! questa cosa non è possibile. Voi non ci abbandonerete sicuramente.»

Sir David non avea in sostanza nessuna voglia di lasciar partire un nipote, che gli era utilissimo in molte occasioni; onde fu per lui come un colpo di fulmine l'udir questo giovane, dianzi soggetto al menomo dei suoi voleri, e che ora mostravasi vago d'uno stato d'independenza.

»E chi vi darà i modi per mettere a termine un sì stravagante disegno, o signore? Non io. Pensateci bene. A quel che vedo, voi vorreste seguire le pedate di vostro padre, sposare una miserabile, farvi ammazzare, e lasciarmi alle spalle una nidiata di figli che volerebbero come voi, appena fatte le ali!»

»Non ho alcuna idea di ammogliarmi» rispose Enrico.

»Che bei propositi! disse la governante. È una cosa che fa compassione l'udire i [73] giovani parlare in tal modo! Non si sa che ai loro anni bisogna, o che si maritino, o che facciano peggio?»

»Zitta, Alison! il padrone interruppe. E voi, Enrico, toglietevi questa fantasia dalla mente. Ve l'ha fatta nascere la soldatesca che vedeste ieri. Ma anche qui ci vorrebbero denari, e voi, figliuol mio, non ne avete.»

»Non mi bisogna gran cosa, o signore, e se voleste sol darmi la catenella d'oro, che il Margravio regalò a mio padre dopo la battaglia di Lutzen...»

»La catenella d'oro!» sclamò sir David.

»La catenella d'oro! ripetè mistress Wilson; misericordia!» Indi ammutolirono entrambi, tanta fu la sorpresa prodotta in essi da cotale proposta.

»Ne conserverò alcune anella, qual ricordanza de' meriti di mio padre rimunerati con questo dono; il rimanente mi fornirà i modi di seguire quella carriera, ove lo stesso padre mio si acquistò tanta gloria.»

»Mio Dio! Sig. Enrico, non sapete forse che il mio padrone porta tutte le domeniche questa catenella?»

»E tutte le volte che mi metto il mio abito di velluto nero! soggiunse sir David. E poi ho sempre inteso dire che tal genere di proprietà non si trasmette per linea diretta di successione, ma appartiene al capo della famiglia. Sapete voi che ha tremila [74] anella? Ne son certo, perchè le avrò contate mille volte. Vale trecento lire sterline.»

»È più di quanto mi occorre, signore. Se volete darmi il terzo di tale somma e cinque anella della catena, il di più sarà un lieve compenso della spesa che sino ad ora avete fatta per me.»

»Questo giovine ha il cervello guasto del tutto, sclamò sir David. Mio Dio! Che cosa diverrà la catena di Milnwood quand'io sarò morto? questo prodigo venderebbe, se fosse sua, la corona di Scozia.»

»Ascoltatemi, o signore, disse con sommessa voce al padrone la governante. Un po' di colpa ce l'avete anche voi. Lo legate troppo corto. Per esempio la spesa che ha fatta all'osteria di Niel, questa bisogna pagarla.»

»Se passa i due dollari, Alison, non voglio che nessun me ne parli.»

»Accomoderò io un tal conto con Niel, la prima volta che andrò alla città, e a miglior mercato che non potreste far voi o sir Enrico.» Indi postasi all'orecchio di Morton »Non lo tormentate di più, e siate savio. Pagherò tutto io col ricavato della prima partita di burro che venderò.» Indi alzando la voce e volgendosi al padrone »Però non tenete più a sir Enrico il proposito di guidare l'aratro. Non mancano poveri sgraziati nel paese, che si prenderanno [75] questo assunto per una boccata di pane. Son ben fatti a ciò più che un giovine della sua qualità.»

»Eh! Alison, se vi basta l'animo di trovarne uno che non pretenda salario in contante, sia pur così! — Orsù Enrico, fate colezione, poi levatevi l'abito verde, e mettete la vostra casacca grigia. È un colore che mi s'affà meglio alla vista.»

Morton dopo avere fatta colezione si ritirò nella sua camera, ben convinto che non era quello il momento da sperare buon esito ai concetti divisamenti. Forse però non fu molto afflitto in suo cuore di ostacoli, che gl'impedivano allontanarsi dalle vicinanze a lui predilette di Tillietudlem.

La buona massaia il seguì battendogli dolcemente la spalla e raccomandandogli d'esser savio, e di far conto del suo abito nuovo. »Lo porto meco, soggiunse, insieme al vostro cappello per iscoparlo. Ma avvertite bene di non parlar più d'andarvene o di vendere la catenella d'oro. Vostro zio trova egual soddisfazione in contarne le anella e in vedervi. In fine poi sapete che i vecchi non durano sempre. E catenella, e castello e terre, tutto questo un giorno sarà roba vostra. Voi sposerete qualche giovane signorina di vostro genio, metterete su buona casa a Milnwood, perchè vi è quanto occorre per farlo. Son cose, figlio mio, che vagliono bene l'incomodo di avere pazienza un pochino.»

[76] V'era qualche cosa nella conclusione di un tale discorso, che non sonava male all'orecchio di Morton. Strinse ei la mano di Alison, la ringraziò dell'avviso e le promise di pensarvi sopra un'altra volta prima di abbracciare nessun partito.

[77]

CAPITOLO VI.

»Varcava il second'anno dopo i tre lustri allora

»Che m'offerse ricetto quest'ospital dimora.

»Son già corsi due volte altri sei lustri, e il rio

»Destin che mi persegue vuol ch'io le dica addio.

»Oh! lieve è a' giovinetti calle tentar novello:

»Nuovo calle ai vegliardi non v'è fuor dell'avello.

Come vi piacerà.

Gli è tempo d'introdurre i nostri leggitori nel castello di Tillietudlem, ove lady Bellenden era rientrata di mal'umore contro d'ognuno, ed incapace di digerire l'affronto, ad avviso di lei indelebile, cui le arrecò la inettezza di Gibby.

Per vero dire l'intendente aveva avuta l'avvertenza di raccomandare allo sgraziato scudiere che sfuggisse quanto potea ogni occasione di comparire agli occhi di lady Margherita, sintantochè fossero ben sopiti in lei gl'impeti della collera, cui poteva ridestare più fortemente la vista di chi ne fu la cagione. Ma questo sdegno non era principalmente volto contro Gibby.

La prima sollecitudine di lady Bellenden, giugnendo al castello, fu d'instituire un solenne atto inquisitoriale, al quale presiedette ella in persona, sulla condotta del giardiniere Cuddy, che esimendosi dall'obbedire [78] agli ordini che lo volevano alla rassegna, obbligò il comandante del contingente a valersi di quel malaugurio sostituito. Harrison e il cantiniere furono ascoltati quai testimoni; indi Milady deliberò trasferirsi ella stessa ad interrogare il colpevole, non che la madre di esso caduta in sospetto di aver soccorso e spinto alla ribellione il proprio figlio, per poi discacciare e l'uno e l'altra dal castello e dalle pertinenze di Tillietudlem, se la signora nella sua saviezza non avesse trovato il caso degno di grazia.

Miss Bellenden fu la sola persona che osò mettere alcune parole a favore degli accusati, ma queste che sarebbero state in tutt'altra occasione efficacissime, non furono questa volta a motivo di una precedente combinazione. Allorchè la giovinetta seppe che Gibby non si era fatto male cadendo, succedè in essa al sentimento della compassione una potentissima voglia di ridere, cui sfortunatamente non seppe resistere; la qual cosa irritò oltre ogni dire lady Margherita, che non parlò più alla pronipote, se non se per rampognarla amaramente quando furon tornate, d'essersi dimostrata sì indifferente all'onore della propria famiglia.

Per dare aspetto più dignitoso all'atto di severità cui accigneasi, lady Margherita sostituì al bastone con pomo d'avorio, che le era ordinario sostegno, una grossa e lunga [79] canna col pomo d'oro, ereditata dal padre suo, il conte di Jorvood, e della quale solamente valevasi nelle cerimonie le più solenni. Reggendosi pertanto a questa specie di bastone del comando, entrò gravemente nella capanna abitata dal giardiniere.

Mausa, madre del giardiniere, che sentivasi colpevole in propria coscienza, provava l'imbarazzo d'un accusato, che trovandosi al cospetto del giudice pensa al modo di negare il fallo, e allontanarne l'imputazione da se. Questa, com'avea sempre costume, non si diffuse in espressioni di gratitudine sull'onore compartitole, venendo in casa di lei, da lady Bellenden. Rimase muta, immobile, colle braccia incrocicchiate, sicchè il volto suo offeriva un singolare miscuglio di rispetto e d'ostinazione. Fece nullameno una grande reverenza, e avanzò il seggiolone, ove lady Margherita degnava sedersi quando talvolta si prendea spasso di venire a far cianciare questa donna sulle notizie del villaggio e de' dintorni. Ma la padrona corrucciata avea ben tutta altra idea in quel momento che di compartirle sì fatto onore. Contentandosi di indicarle con un gesto di mano che non voleva sedere, e alzando in tuono maestoso la testa, incominciò il suo interrogatorio concetto in modo da intimorirla fin sull'esordio.

[80] »È egli vero, o Mausa, come ne sono stata informata da Harrison, da Gudyil e da altri della mia famiglia, che mancando alla fede da voi dovuta a Dio, al re ed a me medesima, vostra signora e padrona, abbiate proibito al figlio vostro di trovarsi all'assemblea convocata dal seriffo, e che impedendogli d'addossar l'armi le abbiate portate addietro sin fuor di tempo per trovargli un convenevole sostituto, la qual cosa ha avventurata la baronia di Tillietudlem e la mia persona ad un affronto, nuovo affatto nella mia famiglia?»

Quel rispetto d'abito ch'era in Mausa verso la sua padrona fe' si trovasse grandemente impacciata nel volersi difendere. Rispose quindi, tossendo ad ogni parola. »Certamente, Milady... sì certamente sono mortificata... mortificatissima... d'essere incorsa nella vostra disgrazia; ma, Milady; fu... fu la malattia di mio figlio che...»

»Non mi parlate di malattia. Se fosse stato veramente malato, sareste venuta al castello in cerca di qualche rimedio. Sapete già che ho rimedi per tutti i mali. Ma voi siete una mentitrice sfrontata.»

»Milady!... non mi ha mai detto altrettanto, Milady!... a me che sono nata nella baronia di Tillietudlem!... Ci hanno calunniati, o Milady, se vi possono aver detto che Cuddy ed io non fossimo pronti a versare tutto il nostro sangue per voi, [81] Milady, per miss Editta e pel vecchio castello. Vorrei piuttosto vedere in sepoltura i miei figli, che sapergli mancanti ai loro doveri verso di voi. Ma in quanto spetta a tutte queste rassegne, Milady.... scusate Milady... ma mi sembra che sia ben altra cosa.»

»Ben altra cosa? Non sapete voi dunque che siete obbligata ad ubbidirmi in tutto quanto vi comando? Non mi servite mica per grazia. Credo pagarvi bene per esser servita. Pochi de' miei vassalli hanno avute prove di mia bontà al pari di voi, e per un giorno che il servigio di vostro figlio m'è necessario, voi stessa lo incoraggiate a mancare!»

»No, Milady; non è questo, Milady; ma non si possono servire due padroni alla volta, Milady. E ve n'è uno cui bisogna ubbidire innanzi agli altri; e quando lo spirito ha parlato Milady!...»

»Che cosa intende dire questa vecchia imbecille? sclamò lady Margherita. Vi comando io forse nessuna cosa contro la vostra coscienza?»

»Non è quello ch'io voglio dire, Milady. Ma voi avete la vostra coscienza, ed io ho la mia. Vorrei piuttosto perdere tutte le cose di questo mondo che sostenere, o vedere i miei figli sostenere una causa cattiva.»

[82] »Chiamate causa cattiva quella che vi chiama a difendere gli ordini del re, del Consiglio privato, del seriffo, dalla vostra padrona?

»Senza dubbio, Milady (replicò Mausa che cominciava a prendere un po' di coraggio). Voi dovete ricordarvi che la Santa scrittura ne racconta di un re di nome Nabuchodonosor, e d'una statua d'oro ch'egli fece innalzare volendo che il suo popolo l'adorasse e che...

»E che cosa ha che fare Nabuchodonosor colla rassegna sulla pianura di Clydesdale?»

»Gli è perchè questa rassegna, o Milady, è come la statua d'oro di cui vi parlava. Tanto è lecito d'assistere all'una, quanto lo era di adorar l'altra.»

»Ho capito quanto basta (sclamò con tuono di sdegno lady Bellenden). Il cattivo vento del 1642 torna a soffiare, e questa vecchia scema vuol discutere i punti di religione insieme ai teologi. Terminerò dunque la cosa là d'onde avrei dovuto incominciarla — Ascoltatemi, Mausa, voi siete troppo sapiente per me. Non ho dunque da dirvi che una cosa sola. Poichè Cuddy non vuole farsi vedere alle rassegne quando gli vien comandato, è d'uopo che ve n'andiate sull'istante fuor del castello e della mia baronia. Non mi mancheranno nè vecchie nè giardinieri, ma preferirei ancora [83] il non aver che ortiche nel mio giardino al vederlo coltivato da un Puritano.»

»Milady, è vero che questi luoghi mi han veduto nascere e ch'io sperava morire in questi luoghi; ma son pronta a sofferire per la causa della giustizia, e pregherò sempre il cielo per voi, e per miss Editta. Possa egli farvi conoscere che vi siete messa sulla cattiva strada!»

»Sulla cattiva strada io! temeraria! Ma orsù! basta così! Che la giornata di domani non trovi nè voi nè vostro figlio entro ai confini della baronia di Tillietudlem. Non comporterò mai che essa offra ricetto ai ribelli. Certamente, sol ch'io mostrassi un poco di debolezza, costoro verrebbero sin nella mia anticamera a tenere i lor conciliaboli.»

Dopo d'avere parlato in tal guisa le volse le spalle ritirandosi con aria di dignità. Mausa, che non meno della padrona avea la sua buona dose di amor proprio, si sforzò d'ascondere al cospetto di lady Margherita il dolore cagionatole da un ordine sì rigoroso, ma partita questa, diede in un dirotto di pianti.

Cuddy, stato primo ad avvedersi dell'arrivo di lady Bellenden, s'era rifuggito entro un gabinetto, che aveva un'invetriata per porta, e che gli serviva di stanza da dormire, pronto a gettarsi nel letto e a nascondersi sotto le coperte per non dismentire la [84] storia della sua malattia. Di là intese tutto il colloquio, osando, appena tirar fiato per tema che una parte del temporale non gli cadesse addosso. Quando lo giudicò assai lontano per non paventarne la collera, saltò a basso, e abbandonando il suo ritiro venne a raggiugner la madre.

»Venga la peste, sclamò, alla lingua delle donne, come diceva la buona anima di mio padre! Che bisogno v'era egli di sufolare alle orecchie di Milady tutte quelle bichiacche? Confesso che la bestia fui io a lasciarmi avvolgere nelle coperte a guisa di grosso bambolo, invece d'andare alla rassegna come fecero gli altri. Non ho che una consolazione, ed è, o madre, d'avervi fatta una burla; perchè appena vi allontanaste, andai a vedere la rassegna, tirai al pappagallo, e riuscii pur anche ad atterrarlo. Acconsentii veramente a frodare un soldato al contingente di Milady, ma non volea poi per niun conto privarmi di vedere Jenny Dennison che doveva essere alla rassegna. Intanto mercè alla vostra bella prodezza, questa giovane la sposerà chi vorrà. Voi avete aizzata Milady contro di noi ed eccoci senza tetto, senza pane e senza denari.»

»Figlio mio, non bisogna mai lamentarsi, quando si soffre per la buona causa.»

»E chi mi dice che sia questa la buona causa? I vostri predicatori? Possa io [85] morire se intendo mai nulla in quelle lor cicalate! Credo bene che per gente povera ed ignorante come siam noi il più saggio partito sia l'ubbidire a chi è fatto per comandarci.»

»Che cosa dici, o Cuddy? non vedi tu la differenza che passa tra la pura dottrina evangelica, e quella che le invenzioni umane corruppero?[3] Se non ti move la salute dell'anima tua, almeno un riguardo ai bianchi capelli della tua madre!...»

»E potete dir forse ch'io non abbia fatta la vostra volontà in tutto e per tutto? In vece di portarmi tranquillamente alla Chiesa tutte le domeniche, non ho corsi i campi con voi per andare ad ascoltare nell'interno d'una foresta i sermoni de' vostri predicatori non cornisti

»Vuoi dire non conformisti, figliuolo. Si chiamano non conformisti

»Poco importa il nome. Ma queste garbate persone vi daranno pane e ricovero? Qual sarà omai il signore nel vicinato che voglia udir parlare di noi dopo il merito [86] che vi siete fatta? Per non morire di fame sarò costretto andarmi ad unire ai ribelli nelle montagne, e verrà quel bel mattino, che un abito rosso, mi trarrà addosso a guisa d'un lepre, ovvero sia, mi manderà all'altro mondo col cordone di San Francesco al collo, come suol dirsi.»

»Non parlar così, mio Cuddy, che fai torto alla Provvidenza col dubitarne. Non sai tu quel che dice la Scrittura: Non vidi mai il figlio del giusto mendicare il suo pane. Ebbene! Tuo padre era un uomo giusto, benchè avesse il vizio che hai ereditato da lui, di pensare un po' più del dovere alle faccende di questa terra.»

»I vostri discorsi son belli e buoni; ma io non vedo che una via per trarci d'impaccio. So che regna buona intelligenza fra il sig. Enrico Morton e miss Editta. Ho portato più d'una volta e libri e scarabocchi che si scrivevano or l'uno or l'altro, senza mai far vista di accorgermi di che si trattasse. Gli ho trovati spesso a passeggiar insieme pel viale di Dinglewood benchè abbia finto di non vederli; perchè non è poi tanta bestialità qualche volta il fingersi bestia. So in oltre che sir David ha bisogno d'un bifolco che gli guidi l'aratro. Il miglior partito adunque è andarsene da sir Enrico; raccontargli quanto ne è accaduto e son sicuro che ci proteggerà presso suo zio.»

[87] »Ottima idea, figlio mio! Gli dirò che siamo perseguitati dalla giustizia, e...»

»No, no, madre mia. Vi prego non aprir bocca. Tutti i vostri discorsi non cofanisti...»

»Non conformisti, Cuddy!»

»È lo stesso. La sostanza è, che sarebbero assai per farci mandar via con brutto garbo. In nome di Dio! lasciate parlare me solo. So bene che il vecchio di Milnwood non è l'uomo da darne grosso salario perchè è più esoso del lardo rancido. Ma finalmente nel caso a cui siamo ridotti è qualche cosa l'aver sicuro un tozzo di pane e non dormire al sereno. Orsù dunque, madre mia! facciamo i nostri fagotti, che molto non ci brigheremo, e risparmiamo al sig. Harrison l'incomodo di cacciarne fuori.»

Mausa trovò savio cotesto avviso, nè tardarono ad avviarsi alla volta di Milnwood.

[88]

CAPITOLO VII.

»Sì Puritan. Se meglio tornassevi a talento

»Sono il diavolo ancora. Sarò sempre contento

»Se tal mi ravvisate che franco in core, in detti,

»Non cangio colla moda nè d'opre nè d'affetti.

Young.

Incominciava ad avvicinarsi la notte, quando Enrico Morton che si diportava in vicinanza al castello di Milnwood, scorse una vecchia che reggendosi al braccio di giovane svelto e robusto movea il passo verso di lui. Ella era Mausa insieme al proprio figlio Cuddy, il quale primieramente fe' un cenno d'occhio alla madre, rammentandole quanto le avea di bel nuovo raccomandato, cioè di lasciar parlar lui, persuaso, nè a torto, che il proprio ingegno rozzo ma giusto, avrebbe giovato meglio ad entrambi di tutte le frasi dei puritani predicatori. Accostatosi dunque a Morton, sì gli disse:

»Che bel tempo per la segala, signor Enrico! voi ne farete al certo bella ricolta.»

»Lo spero, Cuddy; ma qual motivo in quest'ora tarda conduce sì lontano dalla vostra casa voi e la madre? perchè credo vostra madre la persona che vedo con voi.»

»Sì, signor Enrico: la è la necessità sapete che ne fa correre i campi. Cerchiamo padrone.»

[89] »Padrone! A questa stagione dell'anno! Com'è stata?»

La vecchia Mausa non potè contenersi più lungo tempo, ed assumendo il tuono della compunzione e dell'umiltà: »Ha piaciuto, disse, al Signore, mandarci una tribolazione.»

»Le donne hanno il diavolo in corpo» mormorò fra i denti Cuddy; indi volto alla madre »Ma volete voi farci chiudere tutte le porte trenta miglia all'intorno co' vostri propositi da non canforista? Vi dirò io, signor Enrico, la mia buona madre è vecchia come vedete; lasciò un po' troppo la briglia alla lingua con lady Margherita, che non ama essere contrariata. Il sig. Harrison e il sig. Gudyil non ci vogliono troppo bene. La sostanza è che ci hanno mandati via. Ma ho qui un biglietto da consegnarvi per parte di una persona di vostra conoscenza.»

Morton prese la lettera, e scorse con giubbilo sul soprascritto i caratteri di miss Editta. Aperto immantinente il foglio, lesse le raccomandazioni che a favore di Cuddy e della madre di lui la giovane gl'indirigea.

»E in che posso giovarvi, o Cuddy? che bramate?»

»Lavoro e pane, sig. Enrico; perchè ho buon appetito. N'è ben provveduta anche mia madre ad onta degli anni. So che vostro [90] zio abbisogna di un bifolco; se vuole prenderci al suo servigio, ho due buone braccia e non domando che vitto e ricovero per la madre e per me; circa al salario mi rimetterò a quanto giudicherà egli di fare.»

»Per vitto e ricovero, o Cuddy, credo potervegli assicurare; ma quanto al salario, ella è cosa assai più difficile.»

»Poco monta, signor Enrico! Preferirei ancora il servir qui per nulla al vedermi in obbligo di correre il paese senza sapere a chi volgermi.»

»Ebbene! entrate in cucina e vedrò qual cosa si possa fare per voi.»

Tal negoziazione non andava priva delle sue difficoltà, e prima d'ogn'altra cosa gli era mestieri trar nel partito la governante, che cominciò a mettere innanzi mille ostacoli, com'erane in lei stile, sol pel gusto che aveva in farsi pregare. Ma poich'ella ebbe ceduto, non fu difficile il persuadere sir David a prendere un lavoratore di cui in sostanza abbisognava, e pronto a contentarsi di quella qualunque mercede che il nuovo padrone fosse stato per assegnargli. Una casupola che minacciava da tutti i lati fu data a Cuddy ed alla madre sua perchè l'abitassero, annunziando loro che entro il castello verrebbero nudriti. Nel medesimo tempo Morton impiegò una parte del poco denaro che aveva di proprio [91] nel dimostrare a Cuddy in quanto conto avesse la persona da cui gli venne raccomandato.

»Eccoci finalmente collocati, allora disse alla propria madre Cuddy; e questa volta almeno spero non avrete con chi attaccare briga, perchè siamo fra persone della vostra stessa credenza.»

»Della mia credenza! che dici? Maladetto il tuo accecamento ed il loro! Non è qui ministro spirituale il mondano Poundtext? quell'uomo che crede poter tenere la strada di mezzo tra la verità e la menzogna, che si torse dal cammin retto per compiacere al governo! Oh! perchè non fosti la domenica scorsa alla foresta di Grass-Market, quando vi predicava Efraim Macbriar? L'avresti udito dire: Chi non è per me è contra me; e sapresti che chi professa la tolleranza non vale nulla meglio di chi ci perseguita.»

»Ah! questa è una cosa inaudita! sclamò Cuddy fuori di sè. Voi avete dunque giurato di farci mandar via d'ogni luogo? Ebbene! madre mia! Non mi resta più che una cosa da dirvi: se vi succede di tenermi ancora questo vostro gergo, (in presenza di altri, intendo, perchè, quando siam soli, m'è indifferente, e il peggio che può accadermi è dormire) se in presenza d'altri, dico, mi rinnovate sì fatte scene, vi parlo liberamente, mi fo soldato; e mando al [92] diavolo il vostro Macbriar, i vostri non crochisti, e.... e... in somma mi scordo che siate mia madre.»

Mausa gemette sulla durezza di cuore, sullo stato d'impenitenza, in cui trovavasi il suo diletto Cuddy; ma temendo ch'egli ponesse in opera la minaccia deliberò mettere un lucchetto alla propria lingua. Però non ebbe d'uopo di fare lungo sforzo sopra di se medesima, perchè un incidente improvviso ne la venne a liberare.

Sir David mantenea religiosamente tutte quelle antiche costumanze scozzesi, le quali s'accordavano con ciò che moderatamente chiameremo sua economia. Continuava quindi tuttora, come usavasi cinquant'anni addietro in Scozia, ad unire tutti i servi della sua casa, che prendean luogo all'estremità inferiore della tavola, e partecipavano della mensa del lor padrone.

Il dì dopo la venuta di Cuddy, essendo sonata l'ora del mezzogiorno, il vecchio Robin, cantiniere, cameriere, cocchiere, servitore di livrea (che non era egli mai nella casa di Milnwood?) pose sopra la tavola un vasto vaso pieno d'acqua calda, fatta densa da un po' di minestra d'orzo cui aggiugnevano sapore alcuni cavoli, e dentro la quale notava qualche pezzetto magro di castrato; un gran canestro di pane di mistura, e una immensa piramide di pomi di terra fiancheggiavano questa vivanda, e in tutto ciò [93] stavasi la prima portata. In secondo luogo veniva un salamone lesso; ma non vuolsi in que' paesi riguardare un tal pesce come vivanda di lusso. Egli era in tale stagione dell'anno sì comune ne' fiumi di Scozia, che l'averne non costava se non se l'incomodo di pescarlo, talchè vi erano alcuni famigli i quali entrando in una casa metteano per patto che non si facesse mangiar loro il salamone più di cinque volte la settimana. Un formaggio di latte di vacca, e capra, e un piatto di burro salato, tutte robe fatte in casa, compievano l'ordinaria imbandigione di quella tavola, ove non vedeasi altra bevanda che leggier birra, allungata ancora con una metà di acqua. Tal'era il sontuoso pasto di cui la gente di servizio in quella casa nudrivasi a sazietà, con che non toccasse il castrato, vivanda serbata unicamente ai capi, comprendendo fra questi mistress Wilson; le quali persone usavano pur anche privilegiatamente di birra schietta, che stava a tal'uopo entro una boccia d'argento a parte.

Sir David occupava primo il lato d'onor della mensa, avendo a destra il nipote, e a sinistra la favorita governante. Teneansi indi seduti ad una rispettosa distanza gli altri servi, avuta ciascuno proporzione al proprio grado; da una banda l'intendente Robin, dall'altra una grossa serva; indi il [94] giardiniere e la custode de' polli: finalmente al lato inferiore della tavola le persone nuovamente giunte, vale a dire, Cuddy e la madre di lui.

I grigi occhi del vecchio signore di Milnwood stavano fisi sopra ogni boccone che inghiottivano i suoi commensali e parea calcolasse con inquietudine quanta materia commestibile era necessaria a saziare lo stomaco di ciascheduno; indagine che non tornò affatto favorevole a Cuddy, il quale non si lasciava mai dinanzi a sè voto il piattello, e silenziosamente e con incredibile celerità divorava tutto ciò di cui a mano a mano lo empiea. Sir David lanciava a quando a quando occhiate d'indignazione sopra il nipote che gli avea introdotto in casa questo smergo vorace, e diceva fra se medesimo.

»Darti salario, ghiottone! tu mi mangerai in una settimana più di quanto potresti guadagnare in un anno.»

Tai sgradevoli meditazioni furono interrotte da un incidente che più sgradevole ancora divenne. Erasi verso il finire del pranzo, allor quando si intese picchiare alla porta. Niuna visita si aspettava ad una tal'ora, e le turbolenze che regnavano nel paese furono motivo di non poca agitazione. Mistress Wilson corse a fare una scoperta, e dopo aver riguardato da un picciolo buco ch'era nella porta, giusta l'uso de' castelli [95] della Scozia, tornò addietro tutta spaventata, colle braccia sollevate al cielo e gridando: gli abiti rossi! gli abiti rossi!

»Robin, sclamò sir David, nipote mio! Fate presto ad aprire. Vedete quel ch'essi vogliano. Parlate loro cortesamente. Oh! che il cielo ne protegga! Che cosa vengono mai a far qui?.....» In questo intervallo si metteva in saccoccia i tre cucchiai d'argento, che si trovavano sopra la tavola, e già mistress Wilson avea portata via la boccia, parimente d'argento, che contenea la birra serbata ai padroni.

Intantochè venivano introdotti i soldati che coi loro giuramenti davano anticipatamente a conoscere il proprio mal'umore di avere dovuto aspettar tanto alla porta, Cuddy sotto voce dicea tai cose alla madre. »Ascoltatemi, cara madre. Per lungo tempo mi avete fatto sordo a furia di parlar sempre, ora vi prego di esser voi muta. Vi rispetto siccome madre, ma non bramo poi, che le prediche di una vecchia mi procurino attorno alla gola un collare che la stringerebbe di troppo.»

»Io non desidero meglio, figlio mio, la vecchia Puritana rispose. Pensate bene che non è lecito nè arrossire della propria fede, nè volerla nascondere.»

Allora quattro soldati del reggimento guardie, comandati dal sergente Bothwell, entrarono nella sala, e fecero fremere sir [96] David, che conosceva il sistema di saccheggio e di devastazione solito ad unirsi alle inquisizioni praticate da questi signori nelle case dei galantuomini. Nè molto più tranquillo era Enrico Morton, il quale sapeva in suo cuore di essere caduto in contravvenzione alle leggi per aver dato ricovero a Balfour di Burley, noto come uno fra' capi de' Presbiteriani ribelli. Il restante della famiglia tremava senza saperne il perchè. Il solo Cuddy con quell'aria di indifferenza e di stupidezza che niuno sa ostentar meglio d'un contadino scozzese, continuava a mangiare con perfetta tranquillità e senza perdere una boccata.

»Signori, disse sir David, salutando con molto riguardo il capo della brigata, posso io chiedervi il motivo a cui debbo l'onore di vedervi?»

»Noi veniamo per parte del re, disse Bothwell; e perchè diavolo farne aspettare sì lungo tempo alla porta?»

»Eravamo a pranzo, rispose sir David, durante il qual tempo ho l'uso di far chiudere tutte le porte del castello. Certamente, signori miei, se mi fossi immaginato, che persone impiegate al servigio del nostro buon re si presentavano a questa casa, la mia sollecitudine.... Ma signori, aggradireste un bicchiere di ala, di acquavite, di vin del Capo, o di Porto?» e fra l'una e l'altra di tali offerte mettea lo stesso [97] intervallo che negl'incanti vediam frapporsi tra una proposta e l'altra da chi vuol comperare un fondo o una merce; come se tale indugio gli giovasse a conseguire a qualche soldo di meno la cosa posta in contratto.

»Di Porto!» gridò uno di quei soldati.

»Mi piace più l'ala, disse l'altro, purchè sia di buona qualità.»

»Eccellente! (s'affrettò a rispondere sir David che avrebbe voluto colla birra salvare il vino) e mi spiace non poter dir altrettanto del vino di Porto che è debole e svanito.»

»Rimedierà a ciò l'acquavite, s'udì una terza voce; un bicchier d'acquavite dopo tre di vino è bevanda ottima per lo stomaco.»

»Noi assaggeremo tutte queste cose, disse un quarto, e scerremo in appresso quella che ne parrà la migliore.»

»Ciò è parlar bene, si fe' allora udire Bothwell, e se tal sentenza fosse anche stata proferita dal primo cane di Puritano, mi avrebbe dalla sua.»

Sir David sospirando si trasse due grosse chiavi dalla saccoccia, ed alla contrazione di tutti i suoi muscoli ben vedeasi il contraggenio ch'egli avea nel consegnarle a tal fine alla governante Alison.

[98] »Questa governante, disse Bothwell sedendosi a mensa, non è nè giovane nè vezzosa; e mi porti il diavolo se ho nessuno prurito di accompagnarla alla cantina! — Ma che diamine è questo? soggiunse traendo a se il vaso del brodo, sola cosa che fosse rimasta su quella tavola, perchè il salamone, mercè soprattutto all'appetito di Cuddy, era affatto sparito. Vi pescò entro un pezzo di castrato che notava tuttavia: »Questa è una cucina del diavolo! (diss'egli dopo averne gustato) per masticare tai pietanze vi vogliono denti di ferro.»

»Vorrei avere migliori vivande da offerirvi» disse sir David.

»Poco rileva! ho più sete che fame. Ma procediamo innanzi ne' nostri affari. — Sig. di Milnwood, il vostro direttor d'anima non è il ministro presbiteriano Poundtext?»

»Egli per l'appunto, rispose David, siccome quegli che uniformandosi ai regolamenti, ha ottenuto da sua maestà e dal governo la permissione di continuare negli ufizi della sua carica; perchè non farei mai a nessun costo cose contrarie alle leggi. Ma fui allevato nella credenza presbiteriana: per altra parte ho veduto che ne trae in minori spese, e...»

»Va bene, va bene così! Quando seguiate le dottrine di Poundtext, non ho che dire in contrario. Lo so che è autorizzato dal governo. Certamente, se comandassi io, [99] non avrei tanta tolleranza; ma son fatto per ubbidire. — Oh! ecco qui la nostra mamma! da brava la mia donna! Datene tutti que' fiaschetti.»

Mistress Wilson oltre ogni dire scandalizzata d'un cotal tuono di famigliarità, non osò nullameno replicare; e Bothwell votò entro una grande tazza di legno un quarto del fiaschetto di Porto, e dopo averlo assaggiato si volse a sir David. »Voi siete ingiusto verso il vostro vino, mio caro amico: non è nè debole nè svanito. Su via! beviamo alla salute del re.»

»Di tutto cuore! ma se permettete mi servirà l'ala al mio brindisi. Non bevo mai vino, e ne serbo solamente pochi fiaschetti per offerirgli agli amici.»

»Pari miei, non è vero? soggiunse Bothwell; e passando il fiaschetto ad Enrico, Ebbene, mio giovinotto, gli diss'egli, mi corrisponderete voi nel portare un brindisi al re?»

Enrico empiè la sua tazza, senza por mente ad una gomitata datagli dallo zio, che gli facea segno di tenersi com'egli alla birra.

»Tutti son dunque all'ordine?» sclamò Bothwell, e veggendo che rimanea vuota la tazza di Mausa: »Ebbene! la mia vecchia, le disse, non volete voi bere alla salute del re?»

»Con vostra buona sopportazione, signor ufiziale, disse Cuddy; questa è mia madre, [100] ed è sorda come il basto del mio somaro. Ma se acconsentite berò per lei quante volte vi piacerà, alla salute del re.»

»Va a maraviglia! rispose Bothwell, ebbene! serviti camerata, nè ti prendere soggezione. Libertà intera dove son io! Andiamo, amici! un secondo brindisi ad onore del nostro bravo comandante, il colonnello Graham di Claverhouse!... Ma che diavolo va borbottando fra' denti questa vecchia? — Ditemi dunque, la mia nonna, sareste per avventura una non conformista?»

»Vi replico, che è sorda, signor ufiziale» tornò a dire Cuddy facendo un segno, per impedirle di parlare, a sua madre.

»Non me ne ricordava più, soggiunse Bothwell. Empite ora i vostri bicchieri e ascoltatemi. — Senza dubbio avrete inteso tutti parlare dell'assasinio dell'arcivescovo di sant'Andrea?»

Ognuno silenzioso si riguardava; finalmente Milnwood rispose averne udito vociferare, ma starsi in dubbio sulla verità della cosa.

»Eccone la notizia ufiziale, soggiunse Bothwell, consegnandogli una stampa. Or vi domando quel che pensiate d'una tale azione.»

»Quel che ne penso o signore!... rispose balbettando Milnwood, ma... io ne penso quello che il Consiglio privato ha creduto doverne pensare.»

[101] »Vi domando la vostra opinione individuale» aggiunse Bothwell alzando la voce.

Intanto sir David avea rapidamente trascorsa la stampa, di cui alcune espressioni gli fecero conoscere qual fosse su di questo attentato l'opinione del Consiglio, laonde non esitò più a rispondere: »Io penso che questo è un detestabile assassino, un'abbominazione, un parricidio suggerito e guidato dall'inferno, un'infamia del nostro paese.»

»Ottimamente, uom degno, ottimamente! alla vostra salute e alla propagazione delle buone massime! — Or tocca a voi, mio giovinotto (e nel dir ciò si volse a Enrico) che pensate di un sì fatto avvenimento?»

»Non avrei alcuna difficoltà di rispondervi, soggiunse Enrico, pur ch'io sapessi quale è in voi il diritto d'interrogarmi.»

»Ah! il Signore ci assista! sclamò mistress Wilson! parlare in questa conformità ad un militare, quando si sa che i militari sono padroni di tutto il paese!»

Non men della Alison atterrito sir David da cotesta audacia del proprio nipote, e temendo le conseguenze che a lui stesso, zio, ne potevano derivare, si fece tosto esclamando. »Olà! rispondete, signore, rispondete: osereste voi mancare di rispetto alla autorità dei re nella persona d'un sergente delle sue guardie?»

[102] »Tacete voi Tom (gridò Bothwell ad uno de' suoi compagni, ed in questa diè col pugno un aspro colpo alla tavola) silenzio, tutti! Voi mi domandate (e si volse ad Enrico) con qual diritto v'interrogo! La mia coccarda e la mia sciabola vi debbono rispondere, nè potete ignorare che qualunque soldato, qualunque ufiziale di S. M. è incaricato di rintracciare, d'interrogare, di arrestare tutte le persone sospette. Vi domando quindi una seconda volta, e sotto la fede del giuramento, come la pensate voi intorno alla morte dell'arcivescovo di sant'Andrea. — È questa una pietra di paragone che abbiamo trovata a fine di assicurarci delle inclinazioni d'animo de' nostri interrogati.»

Intanto Enrico avea avuto il tempo di meditare che col resistere al potere arbitrario confidato in tai mani, si sarebbe cimentato senza perchè ad un pericolo in cui potea trascinare il suo medesimo zio. Per altra parte non era in lui veruna ripugnanza a manifestare l'orrore che un atto atroce inspiravagli. Rispose quindi senza scomporsi: »Non esito a pronunziare che gli autori di questo assassinio commisero a mio parere un'azione rea quanto insensata; vie più riprovevole, poichè tale delitto diverrà pretesto a raddoppiare di severità contra le persone innocenti, e lontane dall'approvarlo come il son io.»

[103] Mentre sì parlava Enrico, Bothwell stava esaminandone con ogni attenzione i lineamenti, che non gli giugnevano nuovi. »Non m'inganno, diss'ei finalmente, voi siete, o mio caro amico, il capitan Pappagallo e vi trovai in compagnia sospetta.»

»So, rispose Enrico, d'avervi veduto una volta, e fu il dì della rassegna, nella casa di Niel.»

»E con chi usciste voi di quella casa? Non eravate forse in compagnia di Balfour di Burley, il capo degli assassini dell'arcivescovo?»

»La cosa è vera; poichè non sarà mai ch'io mentisca. Ma lungi dal sapere ch'ei fosse l'autore di questo delitto, io ignorava perfino che il delitto fosse stato commesso.»

»Misericordia! sclamò sir David. Io sono rovinato, perduto. La lingua di questo sgraziato sarà cagione, a lui che gli faranno saltar via dalle spalle la testa, a me di perdere sin l'abito che ho in dosso.»

»Voi però, continuò Bothwell, non potevate ignorare che Burley fosse un capo di ribelli, nè ignorare tampoco la proibizione che hanno tutti i fedeli sudditi del re di avere alcuna comunicazione con esso, di dargli o pane o acqua, o fuoco od asilo. Voi sapevate tutto questo, e vi faceste contravventore alle leggi!»

Enrico tacque.

[104] »Ove lo lasciaste voi? Sulla strada maestra, ovvero gli avreste dato ricovero in questa casa?»

»In questa casa! sclamò sir David. Oh! non sarebbe stato sì ardito di dare adito in mia casa ad un traditore.»

»Però non osa negare il fatto» tal fu allora l'osservazione di Bothwell.

»Poichè mi apponete questo fatto a delitto, rispose Enrico, le nostre leggi non vi autorizzano a pretendere ch'io dica veruna cosa intesa ad accusar me medesimo.»

»Oh! le mie possessioni di Milnwood! (proruppe in queste disperazioni lo zio) le mie belle possessioni di Milnwood che sono da dugent'anni nella famiglia dei Morton, eccole prese, confiscate, perdute!»

»No, signore, fu presto a dire Enrico, non permetterò mai che siate punito per conto mio»; voltosi indi a Bothwell: »Signore, confesso d'avere dato per una notte ricovero a quest'uomo, che un dì salvò la vita a mio padre; ma ciò fu non solamente a non saputa di mio zio, ma contra gli espressi suoi ordini che ne divietavano ricevere in casa sua qualsivoglia sorte di persone. Credo che se la mia confessione vale a convincere me, debba egualmente valere a sdebitare mio zio.»

»Giovane, soggiunse allora con tuono più mansueto il sergente, questa nobile franchezza vi concilia stima da me. Il vostro [105] zio è un buono, venerabile uomo, più sollecito de' suoi ospiti che di se medesimo, perchè contentandosi di birra serba il suo vino per essi. Ditemi dunque tutto quello che sapete di quello sciagurato Puritano. Vi disse egli a qual parte andava? Sapete ove lo potremmo or rinvenire? Forse ignorate persino che la sua testa è posta a prezzo di mille marchi d'argento? — Presto! parlate. In qual luogo lo avete lasciato?»

»Signore, rispose Morton, quegli stessi motivi che m'indussero a concedergli asilo per una notte, mi costrignerebbero a custodire il suo segreto, se me lo avesse confidato.»

»Così dunque ricusate darmi una risposta?»

»Non ne ho altre da darvene.»

»Si troverà forse modo di farvi parlare, bravo giovane, strignendovi fra l'uscio e il muro, o mettendovi una miccia accesa fra ciascun dito.»

»Per amor del cielo! disse sotto voce la Alison a sir David, date loro del denaro. È sol denaro che vogliono. Se no, ammazzeranno il sig. Enrico, ammazzeranno voi, ci ammazzeranno tutti.»

Milnwood sospirò, e con fioca voce come chi è in atto di rendere l'anima a Dio disse al sergente: »se... se venti... sì, se venti lire potessero accomodare questa faccenda...»

[106] E mistress Wilson continuò: »Lo udiste, sig. sergente? il mio padrone vi darà venti lire sterline...»

»Venti lire di Scozia, sgraziata!» la interruppe sir David, che l'avarizia in quell'istante fece dimentico dell'abituale condiscendenza ai detti della vecchia sua governante, la quale però senza dargli retta continuò:

»Sì signore, venti lire sterline, se volete aver la bontà di scusare questo giovane spensierato. Egli è sì caparbio che lo fareste in pezzi senza ottenerne una sola parola. E qual costrutto vi avreste di avergli arse le sue povere dita?»

»Veramente, Bothwell titubando rispose, non so nemmen io ben bene che debba rispondervi. Conosco molti miei compagni che prenderebbero il denaro, e condurrebbero prigioniere il giovine; ma io poi ho una coscienza, e se il vostro padrone vuol mantenere le sue offerte, e obbligarsi a comparire pel nipote, e se tutta la casa vuol presentar giuramento....»

»Presteremo quanti giuramenti vorrete voi, esclamò la Alison. Spicciatevi, disse indi sotto voce al padrone, andate a cercare il denaro, o metteranno il fuoco al castello e ne abbrustoliranno tutti come salsiccia.»

Il vecchio Milnwood guardò in aria flebile la governante, indi s'avvisò lentamente alle sue stanze, ove fece vedere la luce [107] ad alcuni prigionieri che s'ascondean nelle tenebre da lungo tempo.

Intanto Bothwell, prendendo tuon dignitoso, s'accigneva a ricevere il giuramento di cui testè aveva fatto parola: »Donna, qual è il vostro nome?»

»Alison Wilson, signore.»

»Ebbene, — Voi Alison Wilson, dichiarate, certificate, giurate solennemente di riguardare come illegale e colpevole qualunque società e congrega contraria alle leggi di sua maestà, e ai regolamenti del Consiglio privato?»

»Lo giuro,» disse Alison alzando entrambe le mani.

Qui la cerimonia venne interrotta da una disputa fra Cuddy e la propria madre. Era qualche tempo ch'essi parlavano sommessamente; ma il tuono delle lor voci ingagliardì a proporzione dell'infervorarsi della discussione.

»Silenzio dunque, madre mia, silenzio, (si raccomandava Cuddy) non potete voi tacere ancora per pochi istanti?»

»No che non tacerò. Mi sento inspirata. Alzerò la voce e saprò confondere l'invito dell'angelo delle tenebre.»

»Addio, mie speranze! proruppe in tai detti Cuddy che si strappava i capelli. Ella ha già messo un piè nella staffa. La fermi chi può! La vedo già dietro un dragone avviata verso le carceri, ed io!... il men male [108] sarà se mi attaccano, mani legate, alla coda di un lor cavallo! — Eccola che sta ripassando la sua predica, ed è lì lì per ispacciarla: Ah! non v'è più remissione!»

»A questo passo dunque volevate venire, adoratore del vitello d'oro! (sclamò Mausa stendendo la sua grinza mano verso Bothwell e infiammati gli occhi del fuoco del fanatismo). Voi divisate perdere le anime nostre col pretendere da noi giuramenti contro coscienza! Ma invano il demonio tende agguati a coloro che illumina lo spirito del Signore.»

»Miracolo, miracolo! sclamò il sergente; la vecchia ha ricuperato l'udito, e credo voglia a furia di gridare farlo perdere a noi! Tenete in freno quella vostra lingua, vecchia pazza, e badate con chi vi state ora parlando.»

»Con chi stò parlando? Oh! lo so anche troppo. Col ministro di Belial coll'uccello da preda che si nudre de' nostri cadaveri, col seduttore del debole, coll'assassino de' santi.»

»Per l'anima mia! (disse Bothwell maravigliato quanto il potrebb'essere un cane da caccia vedendosi saltare agli occhi una pernice che temesse pericolo pe' suoi figli) non ho mai dacchè vivo inteso nulla di più eloquente! Avete qualch'altra cosa da aggiugnere, la mia donna?»

[109] »Ne ho, ne ho, scellerati Filistei, collegati contra il popolo d'Israele; voi siete leopardi, lupi arrabbiati, che cercano ove posson trovare le pecorelle del Signore per berne il sangue e divorarne le carni, siete serpenti confederati col gran drago dell'Apocalisse! siete...»

»Eh vada al diavolo la vecchia strega! sclamò un dragone. Fa d'uopo metterle una sbarra alla bocca e condurla al quartier generale.»

»Zitto là, Andrea! soggiunse Bothwell; e pensate che questa buona creatura usa de' privilegi del bel sesso. Però ascoltatemi, santa donna! Sapete voi che tutti i confederati del gran drago non si mostrerebbero civili com'io? e ve n'ha fra essi più d'uno che, credetelo, non si separerebbe da voi a sì buon mercato. — Presentemente non posso più esimermi dal condurre questo giovane (accennando Enrico) al quartier generale. Dopo la condotta e i discorsi che egli ha tenuti, il comandante non mi perdonerebbe d'averlo lasciato in una casa ove abita una spiritata di tal natura.»

»Vedete! vedete di che siete cagione! disse Cuddy sotto voce alla madre; in grazia del maladetto vostro cianciare, ecco che i Filistei, come li chiamate voi, conducono via il signor Enrico.»

»Taci là vigliacco che sei! se tu e tutti questi altri imbecilli aveste tanto coraggio nelle braccia quanto io ne ho nella lingua, [110] strappereste dalle branche di tai lupi rapaci la loro preda.»

Intanto i soldati impadronitisi del lor prigioniero, gli avevano legate le mani. Sir David rientrava in tal momento e spaventato dagli osservati apparecchi, offerse con mal compresso gemito una borsa a Bothwell. Il sergente la ricevette con aria d'indifferenza, e dopo averla pesata colla mano la fece saltare all'aria e la riprese; poi scotendo la testa. »Ascoltatemi, degno uomo, disse, traendolo in disparte, a Milnwood: è accaduto un piccolo cambiamento. Questa vecchia ha parlato troppo e innanzi a troppi testimoni; onde non posso più dispensarmi dal condurre vostro nipote al quartier generale; ma non saprei in buona coscienza conservare del vostro denaro se non se quella parte che mi è dovuta come atto di cortesia.»

Aperse indi la borsa da cui levò quante monete d'oro eran d'uopo per darne una a ciascun soldato, e mettersene tre in saccoccia. »Ora, soggiunse, posso accertarvi che vostro nipote verrà trattato umanamente lungo la strada. Anche questa sarà una soddisfazione per voi. Quanto al resto dei denaro, ve lo restituisco.»

Milnwood fu pronto a stendere la mano, ma non Bothwell a cedere la borsa, con cui continuava a trastullarsi, così proseguendo il discorso.

[111] »Non posso però a meno di non rammentarvi come ciascun padrone di casa è mallevadore della probità di coloro che in essa dimorano. I miei compagni non hanno l'obbligo di tacere tutto quanto in vostra lontananza questa vecchia Puritana si è fatta lecito dire. Sarebbe quindi fra i possibili che il Consiglio privato pronunciasse una grossa ammenda contro di voi.»

»O mio buon sergente! degnissimo comandante! esclamò spaventato l'avaro. Niun evvi in questa casa, almeno a mia cognizione, che ardisse offendervi nè dir cose....»

»Ebbene, farò giudice voi medesimo, soggiunse Bothwell. Fatevi in là, quel giovine (disse indi a Cuddy, che si ponea d'avanti alla madre). Lasciate parlare la vostra genitrice; che certo dopo il primo fuoco ha avuto tempo di ricaricar le sue armi.»

»Oh Dio! sig. sergente, si fece a rimostrare Cuddy; che cosa è mai la lingua di una donna per dar tanto peso quanto ella può dire? Nè mio padre nè io abbiamo mai dato retta ai discorsi ch'ella facea.»

»Zitto là, giovinotto! e badate a non guastare le vostre faccende. Voi mi parete assai men goffo di quello che vorreste esser creduto. — Orsù, mia buona comare, fatevi valere, mostrate come sapete rendere testimonianza. Vedete che so usare a tempo le frasi del vostro gergo!»

[112] Mausa non avea d'uopo di sprone per prendere il trotto. »Miserabili! sclamò, miserabili coloro che aggravano la propria coscienza col sottomettersi agli ordini del demonio, e che offrono sagrifizi ai figli di Belial coll'intenzione di vivere in pace con essi! Miserabili que' che si fanno sordi alla voce interna dello spirito e che schifi di mettersi sotto le bandiere de' figli d'Israele, pagano vilmente tributi alle autorità mondane! Miserabili quei che danno da mangiare e da bere ai soldati degli Ammoniti!»

»Ma che bella dottrina! sclamò Bothwell. Non resta che a sapere se andrà a' versi al Consiglio privato. L'udiste, Andrea? Costei scomunica tutti coloro che pagano le imposte al re!»

»E chi dà un boccale di birra ad un povero soldato!»

»Signore, voi l'avete intesa, disse volgendosi a Milnwood il sergente. Or tocca a voi il pensarci.» E ciò dicendo gli presentava la borsa.

Milnwood che sembrava oppresso dal peso della disgrazia, secondò i moti di natura estendendo una seconda volta la mano, ma gliela ritenne mistress Wilson.

»Impazzite! aggiunse sotto voce. Ditegli che la conservi. Credete di fatto che ei ve la voglia da vero restituire? Almeno fatevi un merito di regalargliela.»

[113] »Cosa impossibile, Alison! cosa impossibile! Non ho forza di pronunziare con questi soldati la parola dono, trattandosi di un denaro, che ho contato più di mille volte!»

»L'avrò dunque io questa forza per evitare mali maggiori. Signore (e in questa si volse a Bothwell) il mio padrone m'incarica notificarvi, che non saprebbe risolversi a ricevere indietro un denaro collocato in sì buone mani. Vi prega tenerlo, trattare il meglio possibile il suo nipote e rendere buoni ufizi sul nostro contegno al Consiglio privato. Non dovete far verun conto de' propositi di una vecchia stolta che non è qui se non se da ier sera, che sta per essere scacciata immantinente da questa casa, e che, vel prometto, non vi metterà il piede in eterno.»

»Va benissimo! così doveva finire, esclamò Cuddy. Già lo sapea che se quella vostra esecrabile lingua pronunziava sol tre parole, saremo stati di nuovo obbligati a correre la campagna.»

»Silenzio figlio mio! silenzio! Bada a non mormorare contro le tribolazioni. Rimettere il piede in questa casa! E chi lo vorrebbe? Ne sta forse alla porta il segno che dee trattenere l'angelo sterminatore? Qui si pensa al mondo e non alle cose nostre fuori del mondo. Qui s'ha compassione d'un parente, e nessuna pietà sul destino [114] di migliaia d'eletti che sono inseguiti, costretti a radunarsi nelle foreste per udire la divina parola, imprigionati, appiccati, torturati da questi figli del diavolo.»

»In somma, sergente mio, disse Andrea, non condurremo con noi questa forsennata di vecchia?»

»Tacete voi, gli rispose sotto voce Bothwell. Nè pensate che la casa è buona, e che questa vecchia ne dà il pretesto di tornarvi, non fosse per altro che per verificare se l'hanno scacciata? Il sig. Morton di Milnwood non è forse un uomo rispettabile? Non ha modo di pagare le colpe degli altri? Che cosa ci faremmo noi di questa vecchissima strega? Non vale la corda che vi vuole per appiccarla. — Or via, amici, un nuovo brindisi innanzi partire! — Evviva al sig. di Milnwood, ed al piacere che ci ripromettiamo di rivederlo! piacere che non tarderà molto, se conserva tai fanatici al suo servigio.»

Indi dopo avere ordinato ai suoi di montare a cavallo, prese pel suo prigioniero il miglior palafreno che si trovasse nella scuderia di sir David. Mistress Wilson, tutta in lagrime, consegnò al giovane un picciol fardello ove avea collocati tutti que' pochi arredi che gli sarebbero stati indispensabili, e ad un tempo fece scorrere nella mano di lui una borsa ben fornita, soggiugnendogli essere ciò per parte dello zio; ma [115] veramente era una porzione de' risparmi fatti da questa donna caritatevole.

Bothwell mantenne religiosamente la sua promessa di ben comportarsi per riguardo al prigioniero: perchè gli fece slegare le mani, nè prese d'altra cautela se non quella di collocarlo in mezzo a due de' suoi uomini a cavallo.

Tutto fu confusione nel castello dopo la partenza de' soldati. Sir David, angosciato per la sventura del nipote, e disperato per aver perdute venti lire sterline senza costrutto, si gettò sopra d'un seggiolone, nè fece allora che ripetere in tutta la sera. »Rovinato d'ogni banda! rovinato da ogni banda! beni e persone!»

Mistress Wilson disacerbò la propria doglia vomitando un torrente di ingiurie addosso a Mausa e Cuddy, e mettendoli fuor della porta.

»Addio, miserabile strega, tal fu la conclusione delle invettive. In grazia tua, ecco che il più bel giovane di tutta la Scozia viene condotto prigione!»

»Che monta ciò? disse Mausa. Non vi vergognate di compiagnere un uomo in procinto di rendere testimonianza a chi è la vera luce? Si vede bene che siete ancora nelle tenebre del peccato. Ho fatto per Enrico quello che avrei fatto pel mio proprio figlio, e se Cuddy fosse degno di battere le vie del Signore....»

[116] »Oh non vi affannate su ciò, replicò Alison. Ve ne do parola io; starete poco a metterlo in buoni panni simili a quelli che procuraste al signor Enrico.»

»Ebbene! allora sarò come la madre dei Maccabei; gli suggerirò di non venir mai a patti cogli empi, d'essere martire, se fa d'uopo, della propria fede. Alzerò la mia voce in mezzo ai persecutori, come Daniele fra i dottori della legge; io....»

»Finitela una volta, finitela, o madre, la interruppe traendosela seco Cuddy, e non annoiate più lungo tempo questa buona signora. Voi avete predicato oggi per un mese. Non siete anche contenta delle faccende di questa giornata? Voi avete fatto condurre in carcere il sig. Enrico, siete stata cagione, che il signor del castello si levi inutilmente di saccoccia venti lire sterline, denaro che continuerà a sospirare per lungo tempo; mercè vostra siam banditi da una casa ov'eravamo stati accolti con tutta ospitalità. A meno che non abbiate risoluto farmi mettere sulla forca, non vedo qual cosa vi resti ancor da operare.»

Mausa lo seguì borbottando fra' denti le parole, testimonianza, spirito, luce, gran drago, ed entrambi si posero in cammino senza sapere ove troverebbero nuovo ricovero.

[117]

CAPITOLO VIII.

»Figlio di Marte, crebbi sotto i paterni auspici

»L'attestan sul mio petto nobili cicatrici:

»E fei guerra a vicenda sul campo dell'onore

»Alla Francia, ai rivali, gloria difesi e amore.»

Burns.

»Non vi lasciate vincere dalla costernazione, diceva strada facendo Bothwell al suo prigioniero. Ho veduto che avete coraggio. Ebbene! il peggio che possa accadervi è l'essere appiccato, ma in tempo di guerra non è un disonore. Molti valorosi ebbero la stessa sorte. Già non posso dissimularvi che la legge vi condanna, a meno che non vi prestaste ad una sommissione convenevole, e che vostro zio non isborsasse una buona ammenda per voi. Almeno sappiam che ha il modo di pagarla, quand'anche, come pare, non ne abbia la voglia.»

»Il pericolo di mio zio è la cosa che più mi molesta, rispose Morton. So che è affezionato al denaro quanto alla propria vita; e poichè a non saputa di lui ho dato asilo per una notte a Balfour, fo voti i più sinceri al cielo, onde il gastigo, qualunque esser possa, non cada che sopra di me.»

»Ascoltatemi dunque. Voi siete giovine, vigoroso, ben fatto, della persona: è fra le [118] cose assai probabili, che vi propongano servigio in uno dei reggimenti scozzesi mandati in terra straniera. Il partito non è da disdegnare: se v'è il caso di venir alle mani, o se avete amici che vi spalleggino, voi non tarderete ad aver patente d'ufiziale.»

»Tal gastigo non lo sarebbe per me, perchè non desidero meglio, ed è appunto la cosa di cui parlava stamane a mio zio.»

»Da vero? Ma voi dunque non siete Presbiteriano?»

»Non ho mai parteggiato per alcuna delle fazioni che han portata la discordia fra i miei concittadini. Ho vissuto fin qui tranquillamente presso lo zio, e ve lo replico, io divisava raggiugnere qualcuno de' nostri reggimenti stanziati fra gli stranieri.»

»Debbo sapervi buon grado di tal vostra idea che in certo modo fa corte alle mie: così io pure ho incominciato carriera. Ho servito lungo tempo in Francia fra le guardie scozzesi. Il diavolo mi porti se non è la migliore scuola quanto a disciplina! Fate quel che volete se non siete di servizio: nessuno ci bada. Ma mancate un giorno all'ordinanza, e vi aggiustano per le feste! Questo accidente mi è accaduto una volta; e il vecchio capitano Montgomery mi fece per sei ore continue star di sentinella, legato ad un palo sul pianerottolo dell'arsenale ad un sole ardente!... corpo [119] di mille diavoli! Io ero cotto quanto il può essere una testuggine nelle migliori taverne di Londra.»

»E sicuramente voi amerete il servigio militare!»

»Sopra tutte le cose! ben inteso però... senza pregiudizio delle donne e del vino.»

»E faceste la guerra in Francia?»

»La nostra prima fazione era far la guardia alla persona del re, a Luigi il Grande, o mio figlio. Ma abbiamo anche servito in alcune spedizioni contro gli Ugonotti, e non mi fruttavano male, se debbo dirla; se non altro mi addestrarono al genere di servizio che adesso mi tocca prestare. Ma orsù! vedo che siete un buon camerata, ed è giusto che abbiate la vostra parte sul contante regalatomi dal vecchio zio, perchè a quel che penso dovea tenervi assai scarso di borsellino. Noi siamo fatti così. Quando ci troviamo in denari non lasciamo mai nel bisogno i colleghi.»

Sì dicendo, cavò di scarsella la borsa di sir David, e messole mano, ne trasse fuori un pugno di monete d'oro, che, senza contarle, offerse ad Enrico. Morton lo ringraziò senza accettarle; ma ad onta della generosità manifestata in quel momento da Bothwell, non giudicò prudente consiglio il far cenno del denaro ricevuto dalla governante; si limitò quindi a dire che per [120] allora non avea bisogno di alcuna cosa ed esser certo che lo zio non lo avrebbe lasciato privo di soccorsi ogni qualvolta glie ne avrebbe fatto richiedere.

»Poichè è così, queste monete continueranno a stivare la mia saccoccia. Quando è ben piena, mi fo un dovere, finchè non sia vuota, di non lasciar la taverna ammeno che non mi chiami il servizio. Se poi la borsa è sì leggiera che il vento la possa portar via, lesti a cavallo! e capita sempre qualche via di riempirla. — Ma a chi appartiene questa torre che s'innalza in mezzo della foresta?»

»Voi vedete il castello di Tillietudlem, disse uno degli uomini a cavallo. Qui dimora lady Bellenden, ottima fra quanti sono affezionati alla causa del re e buon'amica de' militari. Allorchè riportai quel mal colpo da uno di questi cani di Puritani, stato dietro una siepe ad appostarmi coll'archibuso, passai un mese intero nella casa di questa ragguardevole signora, e mi prenderei a patto d'essere ferito una seconda volta, purchè avessi certezza che mi toccasse un ospitale di quella fatta.»

»Molto bene! soggiunse Bothwell, voglio in tale occasione farle omaggio del mio rispetto e chiederle ad un tempo qualche reficiamento pe' miei uomini e pe' miei cavalli. Sono assetato come se non avessi bevuto di sorte alcuna al castello di [121] Milnwood. — L'è una gran bella condizione ai tempi in cui siamo, proseguì volgendosi ad Enrico, la condizione di un soldato del re! Non passa davanti a casa che non vi trovi onde ristorarsi. Appartiene questa ad un Reale? Le offerte gli vengono dall'amicizia. Entra in quella d'un fanatico Puritano? Si fa servire per forza. Trovasi alloggiato da un moderato Presbiteriano, ovvero da persona su di cui gravita qualche sospetto? il timore de' padroni gli procaccia tutto quanto desidera: in guisa che v'è da guadagnare da tutte le bande.»

»E in guisa che voi divisate di fare una visita al castello di Tillietudlem!»

»Sì certamente! come potrei dare ai miei superiori vantaggiose informazioni sulle buone massime che guidano la padrona del luogo, senza assaggiare il suo vin di Spagna? È questo vino il conforto delle vecchie vedove d'alto grado, come la mezza birra è il conforto di vostro zio. Ma voi ne assaggerete in nostra compagnia. Prigioniero o non prigioniero, ciò poco monta; ho promesso trattarvi bene, nè accadde mai che Bothwell mancasse alla parola data una volta.»

»Quand'è così non farete difficoltà a concedermi una grazia che debbo chiedervi.»

»Purchè non si opponga al mio dovere, potete starne sicuro. Che bramereste?»

[122] »In questa famiglia io son conosciuto; non vorrei vi si risapesse l'accidente occorsomi. Permettete ch'io ben m'avvolga nel mantello d'un dei vostri uomini, e indicatemi soltanto come un prigioniero fidato a voi, astenendovi dal pronunziare il mio nome.»

»Ben volentieri! Andrea, date il vostro mantello al prigioniero. — E voi soldati, ricordatevi che è proibito il dire chi egli sia e dove lo abbiamo arrestato, sotto pena, se trasgredite, di star per due ore sul cavallo di legno, con un peso di cinquanta libbre a ciascun piede.»

Sì dicendo, giunse colla sua comitiva dinanzi a un andito in volta, fiancheggiato da due torricelle, entro le quali abitava la famiglia d'un contadino, che facea l'ufizio di guardian del castello. La porta di questo andito, che nel durare delle guerre civili era stata fracassata dai soldati di Monk, non venne riparata più mai. In quel tempo il guardiano e la famiglia di lui trovavansi a lavorare ne' campi; però Bothwell e la sua brigata non ebbero ostacolo ad inoltrarsi in quello stretto e tortuoso corritoio, selciato di grossi mattoni: di lì montando una salita ripida anzichè no si perveniva al castello, le cui fortificazioni esterne vedeansi a quando a quando per mezzo agli alberi. Era questa una fortezza fabbricata a' tempi de' Sassoni con [123] tanta saldezza, che tuttavia un aspetto ragguardevole presentava.

»Corpo di mille diavoli! sclamò Bothwell nel contemplarla. Fortuna che è capitata in mano di gente dabbene! Se appartenesse a qualche Puritano, basterebbero a difenderla contro uno squadrone di cavalleria dodici vecchie colle lor rocche, sol che avessero metà della risolutezza onde sfoggia la strega da noi lasciata a Milnwood. — Vediamo ora che cosa dica l'inscrizione posta in fronte a cotesta porta. Riparata da ser Ralph Bellenden nell'anno 1550. Per bacco! è un'antichità rispettabile. — Conviene ch'io mi presenti con cortesi modi alla vecchia signora, e che cerchi richiamarmi alla memoria alcuno de' complimenti di cui la mia testa era piena quand'io frequentava le società di riguardo.»

Intanto ch'ei facea tali considerazioni, il cantiniere di Milady stava guatando dalle feritoie coloro che giugnevano; laonde corse ad avvertire la signora, come una brigata di dragoni insieme ad un prigioniero s'avviasse al castello.

»Son certo, le diss'egli, che il sesto di questi è un prigioniero, perchè lo vedo fra mezzo a due altri che gli tengono le redini del cavallo; ed era sempre in tal guisa che conducevano i prigionieri ai giorni del gran marchese.»

[124] »Soldati del re! sclamò Lady Bellenden. Senza dubbio abbisognano di qualche ristoro. Correte, Gudyil; dite loro che sono i benvenuti, nè vi state dall'offerire ai medesimi tutto di che potessero aver mestieri. — Poi or che ci penso! voglio riceverli io stessa. Non saran mai troppi i riguardi verso persone che non la perdonano a fatiche per far rispettare l'autorità del monarca. A me la mia grande mantiglia di velluto nero! dite a mia nipote di raggiugnermi tostamente; che Jenny Dennison e due altre donne di casa si preparino per seguirmi a qualche distanza!»

Tutti i quali ordini furono momentaneamente eseguiti; e lady Margherita in tuon dignitoso discese fino al cortile del suo castello per ivi ricevere decorosamente sì fatti ospiti. Bothwell nel salutarla prese quel contegno di disinvoltura solita a contraddistinguere in allora i cortigiani di Carlo II, nè da' suoi modi nulla trapelava più di quella rozzezza ch'era propria ad un sergente di dragoni. E veramente Bothwell, nel corso di una vita variamente agitata da moltiplici vicessitudini, aveva talvolta frequentate compagnie adatte piuttosto alla nobiltà del suo nascere che al grado da lui tenuto nella società. Ei disse pertanto a lady Margherita, come gli rimanessero a far molte miglia prima di sera, e quindi la pregava concedere per un'ora ricetto sì [125] a lui che alla sua truppa tanto di far riposare i cavalli.

»Ben volentieri! rispose lady Margherita. La mia gente avrà cura perchè nulla vi manchi, e voglio sperare che in questo intervallo voi e i vostri compagni accetterete qualche cosa per ristorarvi.»

»Non v'è chi ignori, o Milady, s'affrettò a dire Bothwell, esser questo il solito stile onde i buoni servitori del re vengono accolti fra le mura di Tillietudlem.»

»In tutte le occasioni, soggiunse lady Bellenden che molto si compiacque di un tal complimento, procuro compiere i miei doveri con onore e con lealtà. Anzi non è tanto tempo, signor sergente, dacchè sua maestà il re, or sì gloriosamente regnante, e che forse ha tuttavia la clemenza di rammentarsi di quanto son per narrarvi, si degnò onorare in persona il mio castello, e accettare una colezione in una sala che vi sarà fatta vedere, e che oggi ancora chiamiamo la sala del re.»

Bothwell avea già fatto scendere da cavallo i suoi uomini e raccomandato a due d'essi di vegghiare sul prigioniero, per la qual cosa potea continuare senza divagarsi il parlamento che la signora del luogo aveva avuto la bontà d'intavolar seco lui.

»Poichè il re mio padrone, o Milady, ebbe il vantaggio di sperimentare la vostra ospitalità, non maraviglio s'ella si estende [126] a tutti quei che lo servono, e il cui merito principale stassi nella fedeltà. Io poi appartengo a sua maestà più da vicino di quanto la mia divisa di sergente sembra indicarlo.»

»Davvero, o signore? Forse avrete fatto parte della casa reale?»

»Ne fo tuttavia parte, o Milady; ed ho quindi il diritto di vantarmi congiunto per sangue alle famiglie le più nobili della Scozia, e forse a quella ancor di Bellenden.»

»Non vi comprendo» soggiunse lady Margherita, che sollevò il capo in aria schifiltosa, e intesa a provare come ella avesse per uno scherzo male a proposito sì fatto dire.

»Nella condizione cui scesi, o Milady, è forse una follia in me il riandare tai ricordanze; ma voi dovreste aver udito parlare del mio avolo Francesco Stuardo, cugino germano di Giacomo I, che gli conferì il titolo di conte di Bothwell. La vita di lui non fu che una lunga sequela di sventure, nè il portarne il nome mi è stato sorgente di grandi vantaggi.»

»Veramente, soggiunse lady Margherita con tuono di maraviglia ad un tempo e di simpatia, avea ben io udito parlare che il pronipote di quest'uomo celebre non godea d'uno stato corrispondente alla propria nascita; ma fui ben lungi dall'immaginarmi, [127] ch'egli avesse avuto sì poco avanzamento nella carriera militare. Come può essere che la fortuna abbia trattato così aspramente un germoglio della dinastia degli Stuardi?»

»Tutto ciò, o Milady, è nel corso ordinario delle umane cose. Ho avuto alcuni lampi di buona sorte. Ho votato più d'un fiaschetto in compagnia di Rochester; mi son dato più d'una volta bel tempo insieme a Buckingam: ho fatta la guerra ed avuta comunanza di diporti con Sheffield; ma tutti questi amici, che m'ebbero volentieri per compagno ne' loro sollazzi, non hanno poscia giammai pensato a giovarmi. Forse (aggiunse con acerbità) non ho saputo mostrarmi assai commosso dall'onore, che questi potenti grandi di nuova data compartivano ad un discendente degli Stuardi coll'ammetterlo nella lor società.»

»Ma i vostri amici di Scozia, o signore Stuardo, la vostra famiglia che in questo paese è sì numerosa e possente!»

»Che volete, Milady? Alcuni di questi m'avrebbero volentieri preso per guardia delle loro foreste, godendo io fama di buon cacciatore; altri mi avrebbero affidato l'incarico di difenderli in private querele perchè so adoperar bene la spada. Avvene alcuni che in mancanza di più scelti convitati m'avrebbero ammesso alla loro mensa non mi stando io dal votare i miei tre [128] fiaschetti con leggiadria; ma servir per servire, parenti per parenti, ho preferito il prender servigio sotto mio cugino, Carlo II, benchè la paga sia poca, e la divisa non molto brillante.»

»È una vergogna, un vero scandalo! proruppe lady Margherita. E perchè non vi volgete a dirittura a sua maestà? Il re si troverebbe, cred'io, ben sorpreso, in veggendo un rampollo della sua augusta casa....»

»Perdonate la franchezza d'un soldato, o Milady. Pur conviene ch'io lo dica. Il re pensa molto più ai suoi propri rampolli che a quelli del bisavolo di suo nonno.»

»In somma, signore Stuardo, dovete promettermi di dormire questa notte a Tillietudlem. Aspetto qui domani il vostro colonnello, il bravo Claverhouse, al quale il re ha molta obbligazione: vengono di fatto da questo ufiziale i severi provvedimenti che sono stati presi onde estirpare da' nostri dintorni tutti i facinorosi, tutti coloro che aspirano a rovesciare il governo. Gli domanderò il vostro avanzamento, il vostro pronto avanzamento, e son certa e del rispetto suo al sangue che vi scorre per le vene, e de' riguardi di cui si pregerà verso una lady che ha ricevuto tanti contrassegni di distinzione da sua maestà; quindi non lascerà priva d'effetto la mia domanda.»

»Vi son grato, Milady. Rimarrò qui certamente poichè a tanto m'incoraggiate; [129] e mi giova anche perchè avrò più presto occasione di presentare al mio colonnello il prigioniero che ho meco.»

»E chi è questo prigioniero, signore Stuardo?»

»Un giovane, se vogliamo, di buona famiglia, che ha dato ricovero e agevolati i modi della fuga ad uno fra gli uccisori dell'arcivescovo di Sant'Andrea.»

»Quale obbrobrio! sclamò lady Bellenden. Par fino impossibile che un uomo di buona nascita consenta a farsi protettore d'un assassino, e soprattutto dell'assassino d'un rispettabile vecchio, d'un arcivescovo, d'un primate. Ho una prigione all'uopo, signore Stuardo; ve ne fo dar tosto la chiave. È quella stessa prigione, entro cui il mio povero sir Arturo Bellenden fece rinchiudere ventidue wig dopo la battaglia di Kilsythe; non può dirsi mal sana, perchè non è che due piani sotterra, e dovrebbe anche avere uno spiraglio per rinnovar l'aria.»

»Domando mille volte perdono, o Milady. Non è già ch'io dubiti dei meriti ammirabili della vostra prigione, ma ho promesso d'usare riguardi al mio prigioniero; vi chiedo quindi per lui una stanza, e avrò cura io di farlo custodire in modo che gli sia impossibile la fuga quanto se avesse i ceppi ai piedi e alle mani.»

[130] »Come giudicate più a proposito, signore Stuardo; niuno meglio di voi conosce i vostri doveri. — Vi lascio. Ho dato gli ordini al mio intendente Harrison onde siate provveduto di quanto vi possa occorrere. Avrei il massimo piacere nel tenervi compagnia io medesima; ma...»

»Non fate complimenti, o Milady. Comprendo benissimo che la divisa di sergente distrugge qualunque privilegio potesse derivarmi dal real sangue di Giacomo V.»

»Non è per riguardo mio, signore Stuardo; mi fareste un torto col crederlo!.... ma domani parlerò al vostro colonnello e spero vedervi presto innalzato a tal grado, che vi renda più piacevole la ricordanza del nascer vostro.»

»Temo assai, Milady, sul verificarsi della vostra speranza, ma non vi sono quindi men grato delle buone intenzioni che a mio favore manifestaste. Ad ogni evento avrò passata una buona serata col sig. Harrison.»

Dopo di che lady Margherita gli fece un grazioso inchino, adatto a provare quanti riguardi ella serbasse al regio sangue comunque scorresse nelle vene di un sergente delle guardie; poi nel ritirarsi lo assicurò, che tutto quanto trovavasi nel castello di Tillietudlem era a piacere di lui e della sua gente a cavallo.

Al qual proposito il nostro sergente non si ristette dal prenderla esattamente in parola. [131] Da lungo tempo ei non era molto sofistico nella scelta de' suoi compagni, e per vero dire sentì come avrebbe goduto di maggior libertà standosene coll'intendente che costretto a passare la sera colla cerimoniosa signora del castello. La sua prima fazione si fu il procacciare al prigioniero una stanza, e la esaminò egli medesimo per accertarsi che non vi fossero più d'un'uscita o modi facili per fuggire dalle finestre. Posta indi una guardia alla porta promise a Morton d'inviargli una cena, ed un fiaschetto del miglior vino che fosse nella cantina di milady; indi s'andò a mettere a tavola con Harrison e con Gudyil, che ne fecero ottimamente gli onori aggiugnendo appetito al convitato col lor buon esempio.

[132]

CAPITOLO IX.

Scorgi il lido tuttor, mia navicella,

E se' ludibrio ai venti e alla procella.

Prior.

Intantochè lady Bellenden avea col nobile sergente il colloquio da noi narrato testè, la pronipote non accesa d'egual entusiasmo siccome l'ava per tutto ciò che perteneva a regio sangue, nulla più sapea scorgere in Bothwell d'un gaglioffone ben complesso, i cui lineamenti abbronzati presentavano una singolare mescolanza d'imprudenza e d'abbiezione, di gaiezza e di mal'umore; laonde si trasse in disparte con Jenny Dennison che compiea verso lei gli ufizi di cameriera. Nè maggiore attenzione i soldati ottennero da miss Editta, datasi unicamente a contemplare il prigioniero, che per la cura appunto di nascondersi il volto col mantello eccitava vie più la curiosità della giovane.

»Vorrei sapere chi sia questo povero infelice» diss'ella a Jenny.

»A ciò pensava io parimente, o miss Editta: io temea forse Cuddy; ma Cuddy dovrebbe essere più piccolo. — Però.... non mi sarà tanto difficile il saperlo, conosco uno di quei soldati.... il più giovane fra i quattro.... quello che ha migliore fisonomia.»

[133] »E in qual modo è che lo conoscete?»

»Mio Dio, miss Editta! Egli è Tom Holliday, quel soldato che fu ferito pochi passi lungi da qui, e che si è trattenuto più d'un mese in questo castello. Oh! posso domandargli quello che voglio, ben certa di non averne ripulse.»

»Trovate adunque un'occasione onde chiedergli il nome del prigioniero, indi venite a raggiugnermi nelle mie stanze. Egli è forse qualche nostro confinante, qualche persona alla cui sorte prendiamo parte.»

Jenny adempiè tosto il ricevuto comando, nè fu tarda a ricondursi dalla padrona, ma con tale fisonomia che ben ne dava a divedere la sorpresa e la costernazione.

»Ebbene, Jenny! sclamò miss Bellenden. Che vuol dire questo smarrimento che vi si legge nel volto? Il prigioniero sarebbe egli mai veramente il povero Cuddy?»

»Cuddy, miss Editta! (Rispose Jenny, ben consapevole del cordoglio che stava per arrecare alla sua giovine signora) no, no, non è Cuddy.... Oh! chi l'avrebbe mai sognato?.... Egli è..... il sig. Enrico Morton.»

»Enrico Morton! sclamò Editta impallidendo a sua volta. Questa cosa è impossibile, assolutamente impossibile. Lo zio di Morton non ha che fare nulla co' ribelli. Il ministro di Milnwood ha prestato il suo [134] giuramento di sommissione alle leggi, Enrico non si è mai ingerito nelle sfortunate nostre querele. Egli è del certo innocente.»

»Non son questi i tempi, o mia signora, in cui si cerchi sapere se un uomo è innocente o colpevole. Fosse ei più bianco della neve che copre le nostre montagne, si troverebbe modo, se almeno così si volesse, di farlo comparire più nero d'un corvo. Ah! Tom Holliday mi ha affermato ch'ei non è in rischio minor della vita.»

»Della vita! (sclamò miss Bellenden che appena avea forza di respirare) fa mestieri ch'io 'l veda, ch'io gli parli.... Gli è assolutamente d'uopo salvarlo.»

»Deh! mia cara miss, pensate a lady Bellenden, ai pericoli, alle difficoltà. Egli è guardato a vista sintantochè arrivi il colonnello, e se il povero sir Morton non arriva a convincerlo della sua innocenza, vedo le cose avviate malamente per esso.»

»Se bisognerà ch'io muoia, o Jenny, morirò seco lui. Non mi opponete pericoli o difficoltà. Fate ch'io parli ad Holliday, conducetemi a lui; mi getterò a' suoi piedi, pregherò, supplicherò, gli dirò: per poco che abbiate un'anima!....»

»Che cosa mi tocca ascoltare? miss Bellenden a' piedi d'un Holliday parlando di anima a tal'uomo che sa appena d'avere [135] un'anima! Cattivo divisamento, mia cara padrona! e il cui buon successo inoltre è impossibile! Quando siate veramente ferma nel voler vedere il sig. Enrico, lasciate condurre a me tale faccenda; benchè per vero non veda a che vi gioverà l'averlo veduto. Io so come debbo prendere la cosa con Holliday; è desso che questa notte farà la guardia alla porta del prigioniero. Ma primieramente gli è necessario, che addossiate una delle mie vesti per non essere riconosciuta; e viene appunto a favorirne l'oscurità della notte.»

»Andatemene presto a cercare una, o Jenny, non perdete un instante. Fa d'uopo ch'io 'l veda. Troverò ben io qualche via di salvarlo.»

Jenny corse lesta nella propria stanza, e portando con sè una delle sue vesti, la pose indosso alla padrona, che appoggiandosi al braccio di lei, si avanzò con passo tremante verso la camera, ove Enrico stava racchiuso.

Era situata nella torre principale sì fatta stanza, e metteva ad una loggia, che Holliday stava scorrendo in lungo ed in largo; perchè Bothwell fedele alla promessa di usare riguardi al prigioniero, non volle mettere in una medesima camera con esso l'uomo cui lo aveva dato in custodia. Holliday colla sua carabina sulle spalle scacciava la noia dell'esser solo innaffiandosi a [136] quando a quando il gorgozzuolo con un fiaschetto di vino posto sopra una tavola, e che veniva dopo un boccale di birra, cui la nostra scolta aveva già tracannata. Le due donne giugnendo alla porta della loggia lo udirono cantare questi ultimi versi della prima strofetta d'una canzone scozzese:

Metti in bando i sogni tuoi,

Monta in groppa insiem con me.

»Sopra tutto, dicea Jenny a miss Editta, lasciatemi fare. So come devo condurre il mio uomo. Quanto a voi, non dite una sola parola.»

Dopo avere aperta la porta, assunse un tuono di civetteria villereccia; e si mise a continuar la canzone al punto in cui l'aveva interrotta Holliday.

Quel giubbon non mi talenta.

Invaghì di me un milordo.

Già con lui stretto è l'accordo.

Cerca un'altra che consenta

Starsi in groppa insiem con te.

»Una disfida!» sclamò Holliday, e quel ch'è più due contra uno, ma un buon soldato non si lascia mai far paura. Statemi ad udire. E così continuò la canzone.

[137]

Il milordo non ti cura,

Mia regina, e a parlar schietto

Ti burlò giurando affetto.

Sarà ancor tua gran ventura

Starti in groppa insiem con me.

»Adesso pagatemi la mia canzone» disse egli a Jenny, e in questa si fece innanzi per darle un abbraccio.

»Adagino, sig. Holliday! adagino! le disse costei rispignendolo. Che penserebbe di me mia cugina se vi lasciassi fare? Ah! se non vi contenete con più decenza, vi giuro bene che non mi vedrete più. Non vi vergognate d'aver sì poco rispetto pel nostro sesso? mi credeste qui venuta con qualche intenzione?....»

»E perchè dunque ci siete venuta, miss Jenny?»

»Mia cugina ha bisogno di parlare al vostro prigioniero, al sig. Morton, ed io soltanto venni per accompagnarla.»

»Davvero! Oh diavolo! E come contate di fare per entrare in quella camera? Nè voi, nè vostra cugina mi parete sottili tanto da poter passare pel buco d'una serratura. E quanto ad aprir la porta, mie vezzose signorine, è inutile pensarci sopra.»

»È inutile pensarci sopra? È anzi quel che ha da essere» rispose senza scompigliarsi Jenny.

[138] »Me ne rallegro, miss Jenny; almeno l'idea è speditiva» e detto questo ritornò a camminare su e giù per la loggia con al braccio la sua carabina.

»Non volete dunque lasciarci entrare, sig. Holliday? Ebbene il male sarà tutto vostro! Questa è l'ultima volta che mi vedrete e conserverò per me quello che io aveva preparato per voi.»

E così dicendo si faceva passare dall'una all'altra mano un dollaro d'argento.

»Dategli oro» le dicea sotto voce miss Editta.

»Oibò! per lui basta argento; e poi se gli offrissi oro prenderebbe sospetto che foste d'una condizione più elevata di quanto date a divedere. — Ebbene, sig. Holliday; Mia cugina non ha tempo di piantarsi qui di fazione. Pensate se vi conviene lasciarci entrare; se no, buona notte!»

»Un momento! disse il soldato, un momento! capitoliamo un tantino. Se io permetto a vostra cugina d'introdursi là entro, mi terrete voi compagnia sintanto che ella ritorni? Questa è la via di trovarci tutti contenti.»

»Ben pensata! E credete voi forse che mia cugina ed io siam donne di tal'umore da avventurarci sole, ella con un giovine, io con un soldato? No, no, sig. Holliday cancellatelo dai vostri libri. Mio Dio! qual differenza tra le promesse e i fatti [139] di certe persone! Quante volte v'ho udito dirmi: Domandatemi tutto quel che volete! e la prima volta che vi chiedo qualche cosa, è questa la compiacenza che mi usate! Oh non era così che si comportava il povero Cuddy, da voi tanto sprezzato! si sarebbe tolto a patto di essere appiccato piuttosto che fermarsi due volte a ragionare sopra una cosa di cui l'avesse pregato Jenny.»

»Cuddy vada al diavolo! sclamò il dragone. La mia speranza è che sarà appiccato sul serio una di queste mattine. L'ho veduto quest'oggi a Milnwood colla sua vecchia strega di madre ed ha mancato sì poco da tenermelo per sicuro, ch'io non mel conducessi attaccato alla coda del mio cavallo colle mani e co' piedi legati. Ah! c'era bene tutto il motivo di fermarlo!»

»A maraviglia! a maraviglia! ma se voi costrignete Cuddy a prender la fuga per mezzo a monti e foreste, abbiatevi occhio alla vita, perchè è tale da giugnervi con un buon colpo d'archibuso; e affè! tira a segno; fu il terzo alla gara del pappagallo. — Ma qui si va fuor di via. Voi non volete dunque lasciarci entrare? Andiamo cugina, spacciamoci da quest'uomo così scortese.»

»Aspettate anche un poco, Jenny. Diavolo! Mi credete sì inesorabile ad ogni parola che dico? — Il sergente adesso dov'è?»

»A tavola che mangia e beve in compagnia di Harrison e Gudyil.»

[140] »E gli altri miei camerati?»

»Corteggiano sei galloni di birra, nè pensano che a votarli.»

»Se così è, non verranno qui che al momento di dovermi dare la muta; vale a dire fra un'ora. Ma, vezzosa Jenny, mi promettete voi di venire un'altra volta, e sola, a trovarmi?»

»Forse sì, forse no. Intanto ecco un dollaro, che vi procaccerà diletto per lo meno quanto la mia compagnia.»

»Dio mi danni, se questo è vero! disse egli prendendo la moneta. Non l'accetterei neanco se non fosse per compensarmi del pericolo cui mi cimento. Se il colonnello sapesse quanto oso per voi, mi farebbe cavalcare un cavallo di legno, alto come la torre di Tillietudlem. Su via! Ecco aperta la porta! Entrate, ma non vi perdete troppo lungo tempo a cianciare, e appena vi chiamo, uscite con prontezza come se udiste sonare a raccolta.»

Entrate ch'esse furono, Holliday chiuse la porta, riprese la propria carabina, e continuò, fischiando alternativamente e cantando, i suoi giri lungo la loggia.

Morton stava seduto coi gomiti appoggiati sopra una tavola e col capo sulle proprie mani. Sollevò gli occhi in udendo aprirsi la porta, e allorchè s'accorse delle due donne che entravano, si alzò in piedi facendo un atto di maraviglia. Editta, coperta d'un velo, [141] rimaneva addietro senza avere forza di inoltrarsi o di parlare; perchè la modestia avea fatto sparire da lei quel coraggio che dianzi la disperazione sola inspirolle. In quel momento non vedea più quai modi vi fossero di soccorrere l'amante. Un caos angustioso d'idee le teneva l'animo, e fra queste per sin la tema d'essersi degradata agli occhi di Morton con una risoluzione mal conforme al decoro prescritto al suo sesso, comunque le circostanze sembrassero in tal qual modo scusarla. Rimasta immobile e quasi fuor di sentimento, l'ancella, al cui braccio ella reggeasi, adoperava invano sforzi ad assicurarla e a restituirle il coraggio dicendole sotto voce: »Ebbene, miss Editta, eccoci ove era nostra intenzione di essere! Profittiamo del momento. Il sergente può venire a far la sua ronda, e mai ci starebbe l'avventurare il povero Holliday ad essere punito per averne usata cortesia.»

Intanto Morton incominciò a sospettare la verità delle cose. Chi altri fuori d'Editta potea nel castello di lady Bellenden prendersi tanto pensiere di lui? Pure la foggia delle vesti addossate dalla sua incognita e il velo impedendogli ravvisarla, ei paventa persino d'esternare i dubbi in lui nati, e di arrecare, se falsi, un torto a colei che gli era scopo d'ogni tenera affezione. Finalmente Jenny, fornita d'un'indole disinvolta [142] e risoluta, che la rendea sommamente atta a sostenere tai parti, si prese la sicurtà di rompere il diaccio.

»Sig. Morton, gli diss'ella, miss Editta afflittissima dello stato in cui vi trovate viene ella stessa...»

Nè le fu mestieri d'aggiugnere maggiori cose. Enrico era già a' piedi di miss Bellenden, già le avea presa una mano che si premeva al seno con tenerezza, largheggiandole di ringraziamenti, che la commozione destata nell'animo suo appena facea intelligibili.

Editta rimase immobile per alcuni minuti, siccome la statua d'una divinità rimane immobile innanzi alle turbe d'adoratori che le tributano voti. Tornata finalmente in se stessa, sciolse la propria mano da quelle di Enrico. »Mi perdonerete voi, gli diss'ella, avendo appena forza d'articolar le parole, mi perdonerete voi un atto che non so quasi io medesima perdonarmi? Ma l'amicizia che da lungo tempo ho concepita per voi è troppo forte per non lasciarmi il coraggio di abbandonarvi, allorchè v'abbandonano tutti gli altri. — Perchè dunque siete voi arrestato in tal guisa? Qual cosa può operarsi a vostro favore? Mio zio, che porta sì buona opinione di voi, il signor di Milnwood, non vi potranno essere giovevoli? Qual sarà la via onde salvarvi? Quali argomenti avete voi per temere?»

[143] »Nessuno (sclamò Enrico impadronendosi della bella mano che gli era sfuggita, e che Editta allora non cercò più di ritrarre). Che che possa omai accadermi, questo istante sarà stato il più delizioso della mia vita. Io il riconosco da voi, cara Editta... Ah! avrei dovuto dire miss Bellenden, ma vuolsi concedere alla sciagura un qualche diritto. — Sì, riconosco da voi il solo istante di felicità che abbia abbellita la mia esistenza, e fossi anche costretto a perdere la vita, una tal rimembranza ne conforterà l'estremo periodo.»

»Ma è egli possibile, sig. Morton, che voi, il quale finora non prendeste veruna parte nelle nostre civili dissensioni, d'improvviso vi troviate fra mezzo ad esse, e fra mezzo in guisa che ad espiare il vostro fallo non corriate rischio minore?...»

Qui tacque la giovinetta, poichè ritrose ne furon le labbra ad esprimer la voce che la sua idea le suggeriva.

»Della vita; gli è quanto volete dire, rispose Morton colla massima calma. Io credo cionnullostante che questa vita dipenda affatto dalla volontà di chi dovrà giudicarmi. Le guardie cui sono affidato mi dipingono, come cosa possibile, che io ottenga la permissione di prendere servizio in un reggimento scozzese, ovvero in terra straniera. Non ha guari, io contemplava con qualche soddisfazione una sì fatta probabilità, ma [144] dacchè vi ho riveduta, sento che l'esilio sarebbe per me più crudele della morte.»

»È egli dunque vero che giugneste a tal d'imprudenza di mettervi in qualche lega con alcuno degli sgraziati uccisori dell'infelice arcivescovo?»

»Nè tampoco io sapeva che il delitto fosse stato commesso, allorchè diedi asilo per una notte ad un di costoro, il quale però in altri tempi avea salvata la vita a mio padre. Ma tale scusa non mi verrà fatta buona. Eccetto voi, miss Bellenden, chi vorrà credermi? e vi confesserò pur anco che se questa circostanza mi fosse stata nota, difficilmente mi sarei indotto a lasciare in pericolo i giorni d'un uomo a cui mio padre avea dovuto la conservazione de' propri.»

»E qual è il tribunale che dovrà decidere di vostra sorte?»

»Un tribunale, miss Bellenden? dimenticaste voi dunque che l'infelice nostro paese non ne conosce d'altri fuorchè i consigli militari? Mi venne annunziato che il mio giudice doveva essere il colonnello Graham di Claverhouse.»

»Claverhouse! sclamò Editta. Oh Dio! siete condannato prima d'essere inteso. Egli ha scritto alla mia ava che domani sarebbe qui a capo del suo reggimento. Egli viene ad assalire una mano di ribelli assembratisi nelle montagne di questa contea, e vie più [145] infanatichiti dagli assassini del primate. Le espressioni della lettera di Claverhouse, le minacce che vi si contengono mi trassero a fremere, comunque fossi così lontana dall'immaginarmi che.... che un amico....»

»Non vi abbandonate però ad eccessive inquietudini, mia cara Editta. Sia pur severo Claverhouse! nessuno gli nega valore, nobiltà d'animo, generosità. Io son figlio d'un soldato e come soldato difenderò la mia causa. Forse ad una difesa franca e sincera Claverhouse concederà più favorevole ascolto che nol farebbe un giudice civile, tremebondo schiavo delle circostanze. Ve lo confesso. Oggi che tutte le molle della giustizia son rotte in una guisa la più deplorabile, mi sarebbe meno amaro il perdere la vita per una conseguenza del dispotismo militare, che condannato da una sentenza, in apparenza legale, d'un giudice corrotto, di un di que' tanti giudici, i quali, se conoscono ancora quelle leggi che sono instituite a proteggerne, le adoperano a' dì nostri per convertirle in istrumenti di dispotismo e di distruzione.»

»Voi siete nonostante perduto se Claverhouse vi dee giudicare. L'infelice arcivescovo ne era intrinseco amico. Nella lettera, di cui vi ho parlato ora, si esprime in chiare note non esservi da sperare grazia di sorte alcuna per coloro che avranno dato asilo o soccorso a qualcuno degli uccisori [146] del primate: che non varranno nè scuse nè sutterfugi a salvarli; ch'ei vendicherà la morte del prelato col far cadere tante teste recise quanti capelli bianchi quel vegliardo aveva sul capo.»

Jenny stata sino allor silenziosa, in veggendo che i due amanti si diffondevano in flebili considerazioni senza trovare rimedio alla sovrastante disgrazia, si fece finalmente coraggio a dare ella pure il suo avviso.

»Vi chiedo scusa, miss Editta, ma noi non abbiam tempo da perdere. Che il sig. Morton metta la mia vesta e la mia mantellina; uscirà con voi senza che Holliday lo riconosca. Intanto che ha bevuto di più, non gli si dev'essere schiarita la vista. Voi indicherete al sig. Enrico la via per uscir del castello, indi tornerete nel vostro appartamento; io m'avvolgerò nel pastrano del fuggitivo, farò per una mezz'ora la parte di prigioniero, indi chiamerò Holliday e gli dirò di lasciarmi uscire[4]

[147] »Di lasciarvi uscire, soggiunse Morton! nè sapete voi che la vostra vita pagherebbe per la mia fuga?»

»Non temete di ciò, rispose Jenny. Holliday avrebbe troppo interesse a non confessare d'aver dato accesso in questo luogo a veruno; e troverebbe tutt'altra scusa per dar ragione d'una tal fuga.»

»Molto bene! (sclamò Holliday che dopo avere ascoltato ogni cosa aprì in quell'istante la porta). Non si potevano combinar meglio le cose. Per tutti i diavoli, brava! Il male è che, se son cieco, non son poi sordo, e affinchè il vostro bel divisamento andasse a buon termine, non pensaste a parlar meno forte. Su via, miss Jenny, e anche voi signora cugina, lo siate o nol siate, marche! è sonata per entrambe la ritirata.»

»Spero, mio caro amico (disse Morton ad Holliday con tuono conforme all'agitazione in cui il suo animo si trovava) che non farete motto di un tale divisamento, ed io per parte mia vi do parola d'onore di custodire il segreto sulla compiacenza [148] che usaste a queste signore col permettere ad esse il vedermi. Se voi avete udito da principio a fine i nostri discorsi, vi sarete accorto ch'io non accettai il partito propostomi da questa buona figliuola.»

»Al diavolo la sua bontà! proruppe in tale esclamazione Holliday. Siate però certo ch'io non amo le ciance, e per altra parte è interesse di tutti noi il non farne. Ma quanto a questa galeotta, non mi garba che vada impunita d'aver cercato d'ingabbiare un povero diavolo, non colpevole se non se della troppa attenzione che fece alle sue scaltre moine.»

Pur queste furono di nuovo l'armi con cui si difese Jenny; perchè si mise il fazzoletto agli occhi e pianse, o almeno finse di piangere, »Orsù! disse Holliday raddolcendo il tuono, se avete ancora alcuna cosa da dirvi, che tutto ciò venga spacciato in due minuti! Ora non vi vorrebbe altro se non che il mio imbriacone di sergente fosse preso dalla fantasia di far la sua ronda una mezz'ora prima del solito, e saremmo tutti colti in un leggiadrissimo trabocchello.»

»Addio, Editta (disse Morton ostentando una fermezza d'animo che egli era ben lungi dal provare nel cuore) non indugiate oltre, e abbandonatemi al mio destino. Posso ora sopportare con più coraggio le mie sciagure, poichè ebbi la sorte di [149] rivedervi, e poichè ad esse prendete parte. Addio. Involatevi al rischio di venire scoperta.»

Sì favellando la condusse verso la porta, d'ond'ella uscì senza aver forza di nulla rispondergli e reggendosi alla sua fedele Jenny.

»Ciascuno ha i suoi gusti, diceva Holliday nel chiudere la porta. Il diavolo mi trascini s'io volessi dar dispiacere ad una giovane così avvenente per tutti quanti i Puritani che vivono nella Scozia!»

Rientrata Editta nel proprio appartamento, si abbandonò all'eccesso del suo dolore, e intanto Jenny si studiava addurle tutte quelle circostanze che poteano lasciar travedere qualche raggio di speranza.

»Non vi disperate in tal guisa, o miss Editta. Chi sa quello che può accadere? Il sig. Morton è un degno giovane, di buona nascita; non useranno con lui del tutto come son soliti con que' poveri diavoli che fermano nelle montagne, e che senza cerimonie fanno appiccare, se per grazia le palle degli archibusi non li finiscono. Lo zio del giovane Morton è ricco, e a furia di denari può trarlo d'impaccio. Vostro zio ancora potrebbe giovargli assai, perchè è in buona armonia con tutti questi abiti rossi

»Non la pensate male, o Jenny (disse Editta scotendosi allora dalla specie di letargia [150] in cui la teneva il cordoglio). Questo è momento di operare, non di darsi alla disperazione. Trovate modo in questa sera medesima di incaricarvi d'una lettera per mio zio.»

»Ch'io vada a Charnwood, miss Editta! a quest'ora! Non pensate che è lontano più di sei miglia? che tutta la strada è coperta d'abiti rossi? che per giugnere fin là è d'uopo attraversare una foresta? Non so nemmeno se un uomo si prendesse un tale assunto. Povero Cuddy! foss'egli qui! Non avrei da dirgli che una parola, e partirebbe senza chiedere nè perchè nè come. Avessi almeno avuto il tempo di stringere amicizia col giardiniere venuto in sua vece! Ma non conviene pensarci! Ei sta per ammogliarsi colla brutta Meg Murdieson.»

»Eppure, Jenny, egli è mestieri che adoperando o preghiere o denari troviate chi si conduca subito da mio zio. La vita mia dipende da ciò.»

»Non vedo ancora troppo bene a chi volgermi. Però (soggiunse Jenny dopo avere meditato un istante) Gibby forse si prenderebbe un tale incarico.... Ma chi sa se nemmeno conosce le strade? Può perdersi nel mezzo del cammino. Può essere costretto a seguir ne' monti una banda di Presbiteriani, o venir messo prigione dagli abiti rossi? può...»

[151] »Può, può, può!... Conviene avventurarci a tutte queste probabilità di disgrazie, quando non troviate un messo migliore. Cercate dunque tosto Gibby, e preparatelo a partire segretamente di qui. Se trova chi il fermi lungo la strada, non ha che ad addurre la sua commissione di portare a Charnwood una lettera indirizzata al maggiore Bellenden... Ch'ei però si astenga dal dir d'onde viene!»

»Faremo così: e gli prometterò un dollaro al suo ritorno.»

»Due, se adempie bene l'incarico.»

Intanto che Jenny andava a svegliare Gibby, solito a coricarsi ad una stessa ora coi polli affidatigli in custodia, Editta scriveva la seguente lettera al maggiore Bellenden.

Mio Caro Zio.

Bramo notizie della vostra salute. Temo vi tormenti la vostra gotta, e mia madre ed io abbiamo provata grande afflizione non vedendovi alla rassegna. Se siete in istato di movervi da casa, avremo grande consolazione nell'avervi domani con noi. Viene a far colezione al castello il colonnello Graham di Claverhouse, e senza dubbio gli riuscirà più gradevole la compagnia d'un militare vostro pari che non quella unicamente di due donne. Vi prego dire a mistress Carlford d'inviarmi certa vesta di seta guernita [152] di pizzi. La lasciai nel terzo cassetto dell'armadio posto nella camera verde, che voi avete la bontà di chiamare la camera di vostra nipote. Speditemi ancora il secondo volume del Gran Ciro. Non ebbi tempo di terminare la lettura l'ultima volta che venni a stare con voi. — Soprattutto non dimenticate di essere qui domani mattina alle otto. Non mancate a ciò assolutamente. Prego il cielo che vi conservi in buona salute e sono di voi carissimo zio

Affezion. ed Ubbid. Nipote
Editta Bellenden

P. S. Una banda di soldati ha condotto arrestato qui il vostro giovane amico sir Enrico Morton di Milnwood; notizia che senza dubbio vi arrecherà dispiacere. Ve ne avverto, caso mai giudicaste opportuno il parlare al colonnello Claverhouse in favore dell'arrestato. Non ne ho fatto discorso di sorte alcuna a mia madre. Voi sapete che ella non è troppo bene impressionata per riguardo alla famiglia di questo giovane.

Dopo avere suggellata la lettera, la consegnò a Jenny, che non perdendo tempo la rimise a Gibby, già allestitosi alla partenza. Nello stesso tempo gli additò con tutta accuratezza la strada da tenersi, temendo molto di qualche sbaglio per parte di costui, possibile vie maggiormente, perchè ei non [153] avea fatto più di cinque o sei volte un tal viaggio, nè la memoria meglio dell'ingegno servivagli. Finalmente per metterlo con maggior segretezza fuor del castello il fece uscire per una finestra, che essendo contigua affatto a un grande salice, i rami della pianta gli furono soccorrevoli a scendere sino a terra senza che gli accadessero disgrazie.

Tornata allora presso miss Editta, la persuase a mettersi in letto, e si sforzò parimente a darle speranze, che Gibby riuscirebbe nel suo messaggio, non senza però sospirare l'assenza di Cuddy, in cui vi sarebbe stato più da fidarsi.

Cionnullameno Gibby fu più felice messaggero di quel che fosse stato cavaliere avventuroso nella trascorsa rassegna. Convien dire ad un tempo che il caso lo aiutò meglio della sua intelligenza. Non ismarrì il cammino che nove volte, e impiegò quasi ott'ore in un tragitto di sei miglia, talchè al solo apparir dell'aurora si trovò innanzi al castello di Charnwood.

[154]

CAPITOLO X.

»Qui fa posa l'armata. Odi i cenni severi

»Del duce. Halt ai pedoni; scendete ai cavalieri.

Swift.

Il vecchio cameriere del maggiore Bellenden entrò nella stanza del padrone un'ora prima del solito, annunziandogli il corriere che giugnea allora allora dal castello di Tillietudlem.

»Un corriere! esclamò il maggiore mettendosi a sedere sul letto: apri le finestre, Pique, e alza le cortine. — Non vorrei credere che mia cognata fosse inferma. — Ma leggiamo e sapremo tutto. — Ah! è lettera della mia nipotina. — Hum! la gotta! Che diamine! Ella lo sa pure; son sei mesi e più che non odo parlare di gotta — La sua vesta di seta! Par che non ne abbia d'altre! — Il Gran Ciro! Vada al diavolo il Gran Ciro! — È divenuta matta? Mandarmi un corriere a posta, farmi svegliare a cinque ore del mattino per tutte queste baie! — Vediamo pur anche il poscritto. — Oh! mio Dio! Presto, Pique! sellare il mio, il tuo cavallo! Conviene partir sul momento!»

»Spero, signore, che non vi sieno cattive nuove dalla parte di Tillietudlem!» disse Pique maravigliato del modo subitaneo [155] e commosso onde questi ordini gli vennero dati.

»Sì....no....sì. In somma è d'uopo ch'io mi trasporti là immediatamente per parlare con Claverhouse. Dunque presto, Pique, il mio cavallo! Oh mio Dio! in che tempi viviamo! — Il figlio del mio antico collega! — E questa piccola zingara mi salta fuori colla mia gotta, colla sua veste di seta; e riserva a un poscritto la cosa la più importante della sua lettera!»

Pique non perdè tempo: onde il vecchio maggiore fu ben tosto a cavallo e sulla strada che mena a Tillietudlem. Cammin facendo deliberò di non dir nulla alla cognata sull'affare principale che colà il conducea, perchè ben conosceva l'odio inveterato che questa donna nudriva contro quanto sapeva di Presbiteriano, alla qual setta tutti i Morton appartenevano. Per altra parte viveva nella fiducia, che la sola fama del proprio nome sarebbe stata possente ad ottenere da Claverhouse la liberazione del giovine amico.

»Leale come debb'esserlo, dicea fra se stesso, non può negare una grazia ad un vecchio soldato mio pari; dovrebbe anzi ascrivere a sua ventura il poter prestar servigio al figlio d'un altro vecchio soldato. Non ho mai conosciuto buon militare che non fosse franco ed umano ad un tempo, e benchè il nostro dovere ci obblighi talvolta alla severità, val sempre meglio che [156] l'esecuzione delle leggi sia affidata a noi anzichè a que' praticoni del foro, gente di testa fredda e di falso cuore.»

S'interteneva ancora in tali meditazioni, allorchè Gudyil tuttavia avvinazzato gli prendea le briglie del cavallo per aiutarlo a mettere il piede a terra nel cortile di Tillietudlem.

»Ebbene, Gudyil! il veterano gli disse, mi pare che abbiate letta la scrittura per tempo: Il buon vino fortifica il cuore dell'uomo.»

»Che volete, signor maggiore? la vita è breve; voi ed io siamo fiori di campo, gigli di valle, che fioriscano e che...»

»Fiori, gigli! camerata mio, che vi lasciate sfuggire? i vecchi peccatori pari nostri son piuttosto cardi selvatici e ortiche. Vedo però che non vi state dall'innaffiare queste erbe?»

»Io sono, per la grazia di Dio, un vecchio soldato, sig. maggiore...»

»Dite un vecchio dissoluto, Gudyil.... Ma non monta. Annunziate il mio arrivo alla vostra padrona.»

Gudyil condusse il maggiore in una sala, ove lady Margherita si dava grandi brighe nel fare gli apparecchi convenevoli al ricevimento del colonello Graham di Claverhouse, uomo rispettato ed onorato siccome eroe da una delle fazioni che laceravano la Scozia, detestato come sanguinolento tiranno dall'altra.

[157] »Ve l'ho pur detto! (tai rimproveri ella volgeva in quel punto ad una delle sue cameriere) quante volte dovrò ancora replicarlo? Tutte le cose hanno da essere quest'oggi nello stessissimo ordine in cui si trovarono quel dì memorabile quando sua maestà si degnò far colezione nel mio castello.»

»Sì, milady, e mi ricordo...»

»Mi pare che non vi ricordiate nulla. Sua maestà colle proprie mani spinse un fiaschetto di Bordò che gli stava a destra, verso un pasticcio di salvaggina posto a sinistra. Ne rammento le parole: Il Bordò ed il pasticcio sono due buoni amici; non è lecito scompagnarli. Tutto questo vi è passato dalla memoria?»

»Oh no, milady! tanto più che me lo avete ripetuto più d'una volta; ma ho creduto dover ordinare le cose, come erano all'atto che sua maestà entrò in questa sala, ed allora il pasticcio stava a sinistra.»

»Non sapete quello che vi diciate. Le cose devono essere poste in conformità del gusto che sua maestà si degnò manifestare. I gusti di sua maestà devono essere legge per noi e per chiunque non sia stanco del soggiorno di Tillietudlem.»

»Egli è facile il secondare i vostri voleri, o milady (soggiunse Misia operando il cambiamento ordinatole dalla padrona) ma volendo mettere tutte le cose nello stato in [158] cui sua maestà le lasciò, sarebbe d'uopo fare una breccia famosissima in questo pasticcio.»

La porta della sala apertasi in quel momento, trasse ad altre considerazioni lady Bellenden.

»Che cosa volete, Gudyil? In questo momento non posso ascoltare nessuno. — Ah! fratello mio, siete voi! disse con tuono di maraviglia al maggiore. Quest'è veramente una visita mattutina!»

»Nè sarò quindi meno benvenuto, almeno lo spero, rispose il maggiore. Ho saputo che Claverhouse facea oggi colezione con voi, ed ho giudicato che questo giovane moschettone non avrebbe sgradito di trovarsi un istante in corrispondenza con un vecchio archibuso qual mi son io.»

»Faceste ottimamente, o fratello; e vi avrei invitato, ma temei che me ne mancasse il tempo. Voi vedete le faccende che mi dà quest'apparecchio. Voglio che tutte le cose si trovino nello stesso ordine in cui erano allora...»

»Che il re fece qui colezione. (La interruppe il maggiore che, non meno di tutti gli altri amici e familiari di lady Margherita, tremava quando la vecchia matrona intavolava questo capitolo; e ciò accadendo, si studiava di terminarlo presto.) Me ne ricordo ottimamente. Sapete ch'io mi teneva in piedi dietro la sedia di sua maestà.»

[159] »Sì fratello mio, e venite a proposito per aiutare la mia reminiscenza su tutte le particolarità di quella imbandigione.»

»No in fede mia! dopo quella colezione ne ho fatte tante, che m'hanno dileguato dalla memoria la vostra. Ma a che servono questo baldacchino, questi cuscini, questo gran seggiolone?»

»Trono, trono, fratello mio!»

»Bene dunque trono! Ed è da questo trono che Claverhouse dee dare l'assalto al pasticcio?»

»Oh no, fratello mio! questo trono avendo avuto l'onore d'essere seggio a sua maestà, nessun altro dee più profanarlo. È posto qui soltanto a commemorazione di quella gran giornata.»

»Faceste dunque male a collocarlo così in vista di un uomo che per arrivare sin qui avrà fatto dieci miglia a cavallo, e troverebbe molto piacevole l'adagiarvisi. — Ma dov'è Editta?»

»Sulla torre maggiore del castello. L'ho incaricata di avvertirmi dell'arrivo de' miei ospiti.»

»Ah! l'avete posta alla veletta! Vado dunque a trovarla colà, e lascio che terminiate di ordinare la vostra linea di battaglia; o se, come mi sembra, avete già finito, vi consiglio accompagnarmi. Non sapete voi che bello spettacolo da vedersi è un reggimento di cavalleria quando marcia?»

[160] Sì dicendo offerse in cerimonioso atteggiamento di vecchio cortigiano il braccio a lady Margherita, la quale lo accettò ringraziando il fratello con una di quelle riverenze che usavano un secolo prima dei tempi ora descritti.

Saliti su per una scala a chiocciola, giunsero sul pianerottolo della torre; ove trovarono Editta, non già in atto di chi aspetta con impazienza e curiosità l'arrivo d'un reggimento di dragoni, ma pallida, smarrita, e dando a divedere in ogni suo lineamento, che il sonno non ne aveva visitate le palpebre in tutta la precedente notte.

»Ebbene, cattivella! le disse il maggiore. Che cosa dunque vi sentite? Avete trascorsa la notte pensando al gran Ciro, o non piuttosto allo spasimato Artamene? Voi mi sembrate la moglie d'un ufiziale, che tiene in mano la gazzetta il dì successivo ad una battaglia, e teme trovare nel novero dei feriti o morti il nome di suo marito.»

Fortunatamente per Editta, si fece udire in quel momento un lontano fragor di tamburi; laonde non si pensò più a lei, e tutti gli occhi furon volti alla parte d'onde si aspettava il reggimento. Prima che si scorgessero gli uomini a cavallo, vedeansi a quando a quando per traverso agli alberi lampeggiare le loro armi, che i raggi del sole ripercotevano. Finalmente il reggimento comparve avanzandosi al suono di musica [161] militare; e di trecent'uomini in circa n'era la forza.

»Questo spettacolo mi leva trenta anni dalle spalle, gridò il vecchio maggiore, benchè per vero dire non mi garbi niente il genere di servigio cui questi poveri diavoli sono costretti; non contrasto già d'avere io pure avuta la mia parte nelle guerre civili; ma non ho mai combattuto più di buona voglia come allora quando era sul continente, e vedendomi a fronte faccie di stranieri la cui lingua diversava dalla mia. È una cosa che v'accora l'udire uno sfortunato chieder compassione nella vostra lingua medesima, ed essere obbligato a menargli colpi di sciabola, come se fosse un Francese che gridasse miséricorde. Eccoli che scendono ora dalla montagna! Bella gente! e come ben messi e come ben armati! Quegli che galoppa di fianco è senza dubbio Claverhouse. Sì: ora si mette a capo di tutto il corpo per passare il ponte. Cinque minuti ancora, e gli avremo qui.»

Passato ch'ebbero il ponte, si separarono in due bande. I soldati condotti dai sottufiziali presero la via della cascina, ove lady Bellenden avea fatto preparare quant'era necessario a riceverli; gli ufiziali collo stendardo e colla scorta che lo custodiva salirono soli il sentier discosceso che guidava al castello.

[162] Lady Bellenden, Editta, e il Maggiore, allora scesero giù dalla torre, sicchè il loro giugnere nel cortile fu contemporaneo a quello degli ufiziali. Il portastendardo abbassò la bandiera ad onore di milady e della nipote di milady. Intanto le vecchie mura di quel castello rintronavano e del gradevole suono dei militari strumenti e dello strepito prodotto dallo scalpitar de' cavalli.

Claverhouse cavalcava un nerissimo corridore, il più bello forse che si vedesse in tutta la Scozia, ben addestrato, avvezzo al fuoco, e a cui il cavaliere dovette più d'una volta la vita; le quali congiunte circostanze acquistaron credenza ad una voce nata fra quegl'ignorantissimi Puritani, che il demonio, cioè, avesse presentato Claverhouse d'un cavallo su di cui nè l'acciaro nè il piombo poteano, e che facea quindi maggiore abilità d'inseguirli al suo cavaliere. Scesone il colonnello, i suoi primi passi furono verso lady Margherita, alla quale con ogni cortesia addicevole ad un militare d'alto grado porse atti di rispetto e di scusa per l'incomodo ch'era costretto arrecarle. Lady Bellenden non ebbe modi nell'esprimergli il contento per la circostanza occorsale di ricettare un sì distinto ufiziale, e un servitore sì zelante di sua maestà. Finalmente quando non rimaneva più nulla da dirsi per compiere il cerimoniale della cortesia, il colonnello chiese di poter ritirarsi [163] alcuni minuti col sergente Bothwell, per udire la relazione che questi dovea presentargli.

Il maggiore colse questa occasione per parlare ad Editta, senza che potesse udirlo lady Bellenden: »Perdeste il giudizio, mia cara nipote? Scrivermi una lettera piena d'inezie, di vesti, di sete, di Ciri, e serbare al poscritto la sola cosa che dovea rilevarmi.»

»Egli è che, caro zio, rispose esitando Editta, io.... io non sapea troppo se..... se fosse decente che io.....»

»Ho capito, che voi prendeste parte nella causa d'un Presbiteriano; ma io era amico del padre di questo giovane..... che bravo militare! Se prese una volta l'armi per la cattiva causa, un'altra volta difese la buona. Ad ogni modo vi comportaste con giudizio nel non far cenno di un tale affare alla vostra ava; in questo v'imiterò. Ella ha massime pregiudicate. Troverò l'istante di parlare in disparte a Claverhouse. — -Ma entrano nel castello. Seguiamoli.»

[164]

CAPITOLO XI.

»Sedersi a un desco, ov'è alla copia unita

»La sceltezza de' cibi, cotal uso

»Ad ogni viaggiator prudenza addita.

Prior

La colezione apprestata da lady Bellenden non somigliava maggiormente alle nostre colezioni d'oggidì, di quel che somigli alle nostre sale odierne da mensa, quella sala lastricata in marmo entro cui fu imbandita. Non vi si vedeano nè caffè, nè cioccolate nè tè, ma dilicati lombi di vitello, bei presciutti, succose coscie di manzo, pasticci di salvaggina, le cui esalazioni confortavano l'odorato; e fiaschi d'argento colmi de' vini i più preziosi guernivano tutta la mensa.

Corrispondeva a questa sostanziosa magnificenza l'appetito de' convitati, che per vero non si perdevano in ciance; e le lor mascelle s'adoperavano con quella perseveranza che sol conoscono le persone use a levarsi da letto innanzi giorno, e dedite ad esercizi e a faticosi lavori.

Lady Margherita andava in estasi pel contento di vedere come si facesse onore al suo banchetto, e rare volte dovette affaccendarsi per sollecitare gli ospiti a gustare d'ogni vivanda di cui ringorgava la mensa; [165] perchè in que' giorni una matrona avrebbe creduto violare le leggi dell'ospitalità, non si studiando il procurare un'indigestione ai suoi convitati.

Solamente il colonnello che aveva al fianco suo miss Bellenden parea più sollecito di farle la corte che di soddisfare il proprio appetito. Editta ascoltava in silenzio le frasi gentili che le volgea Claverhouse, animate da modi ben atti a provare, come la sua voce, avvezza ne' campi a farsi udire quanto lo squillo della tromba guerriera, sapeva all'uopo modulare gli accenti d'una dilicata galanteria. L'idea d'essere da presso a quel formidabile comandante da cui dipendea il destino d'Enrico, l'altra del terrore che il solo nome di Claverhouse inspirava per ogni dove della contea, le tolsero per qualche tempo la forza di parlargli e perfino di guardarlo in volto. Ma finalmente fatta men paurosa dal gradevole suono di quella voce, osò fissare sovra di lui le pupille, nè vide in quell'aspetto nulla di feroce, nulla che in apparenza giustificasse i timori da essa concetti.

Graham di Claverhouse trovavasi tuttavia nel fiore di sua giovinezza; mezzana ma ben proporzionata erane la statura; i suoi discorsi, i modi, il gesto palesavano com'ei fosse uso a vivere nelle società le più scelte. Avea sì regolari lineamenti da ingelosirne una donna. Occhi neri ed accorti, bell'arco di [166] sopracciglia, un colore vôlto al bruno sol quanto bastava perchè effeminata non ne paresse la fisonomia, stupenda capigliatura, un di que' nasi quai s'ammirano nelle statue greche, formavano in lui tal complesso di pregi, qual lo bramano i pittori all'uopo de' lor disegni, il bel sesso a quello di contentare la vista.

Tai meriti esterni sarebbersi detti più atti a farlo brillare in una sala consacrata al piacere che in un campo di battaglia; e la soavità e la gioia che gli si leggevano in viso lo poteano a prima vista far credere piuttosto un seguace de' diletti che uno schiavo dell'ambizione. Ciò non togliea nondimeno che non si fosse fatto conoscere per la sua grande severità, intantochè gli stessi nemici suoi non poteano negar giustizia alla prodezza ond'erasi segnalato in più d'uno scontro. — Fornito d'animo intraprendente, e concepiva ed eseguiva disegni arditissimi, possedendo ad un tempo tutta la sagacia suggerita da Macchiavello. Intrepido in mezzo ai pericoli i più gravi, ardente nel seguire ogni impresa una volta incominciata, così poco timoroso della morte per se medesimo come indifferente nel darla ad altri, le voci della politica gli parlavano con maggior forza che non quelle dell'umanità e della natura.

Le discordie civili son fatte per partorir tai caratteri. Luminosissime prerogative di [167] animo, corrotte dallo spirito di parte, irritate dalla opposizione giornaliera, prendono di frequente quelle tinte d'astio e di viziosa indignazione che le privano d'ogni lustro lor primitivo.

Editta mostravasi tanto smarrita nel rispondere ai complimenti di cui largheggiavale il colonnello, che l'ava giudicò necessario il frammettere in soccorso della nipote una qualche frase del proprio.

»Dopo che mi son data al ritiro, si volse con tai detti a Claverhouse, miss Editta Bellenden ha veduto ben di rado le grandi società; non è quindi maraviglia se or prova qualche imbarazzo nel corrispondere alle cortesi espressioni che le vengono addirizzate. Rare volte, colonnello, ne capita la fortuna di ricevere qui un qualche ufiziale, e il giovane lord Evandale è il solo che abbiamo il piacere di avere fra noi con qualche frequenza. — Oh a proposito! Perchè dunque non v'ha egli accompagnato?»

»Lord Evandale, o milady, marciava di conserva con noi; ma ho dovuto metterlo in fazione insieme alla sua compagnia per dissipare un attruppamento di questi sgraziati Puritani, che hanno ardito adunarsi ad una distanza di cinque miglia dal mio quartier generale.»

»Oh! che mi dite? Non avrei mai creduto tanta presunzione in questi sciagurati. In che tempi viviamo noi, colonnello! Nella [168] Scozia poi vi è uno spirito maligno che inspira ai vassalli la disobbedienza e la ribellione. Nol credete! Un de' miei ha ricusato di portarsi all'ultima rassegna. Mio Dio! non vi son leggi per punire tal genere d'ostinazione?»

»Credo mi sarà facile trovarne una. Come si chiama il colpevole? ove dimora?»

»Il suo vero nome è Cutberto Heudrigg, ma lo chiamiamo per solito Cuddy. Il domicilio poi, non vel potrei additare nemmen volendo. V'immaginerete, credo, mio colonnello, che dopo tal condotta, non ha fatto lungo soggiorno in Tillietudlem. Io nel cacciai all'istante, nè so quello che ne sia divenuto. Però non gli auguro male; sol dico che alcuni giorni di carcere servirebbero di un buon esempio in questi dintorni, ove il Puritanismo incomincia a dilatarsi. Non credeste già ch'io debba sentir compassione di questi sgraziati; sono essi che m'han fatto rimaner priva di marito e di figli, e senza la protezione dell'augusto nostro monarca e de' suoi valorosi soldati, mi spoglierebbero anche de' miei beni e poderi. Non vi dico altro! Sette de' miei fittaiuoli han ricusato pagarmi gli affitti che doveano; ed osarono dire al mio intendente che non voleano riconoscere signoria di chi ha le massime stesse de' loro persecutori.»

»Andrò io, se mel permetterete, o milady, ad aggiustare i conti con essi. È mio obbligo [169] il far rispettare l'autorità, soprattutto allorchè trovasi in sì degne mani come le vostre. Ma pur troppo è vero: le cattive massime ogni dì prendono qui all'intorno maggior estensione, e sarò costretto a comportarmi verso questi sciagurati con un rigore, più conforme per vero dire al mio dovere che alla mia indole. Oh! tale argomento, milady, fa ricordarmi ch'io vi debbo ringraziamenti per l'ospitalità di cui siete stata cortese a un distaccamento de' miei, a quello che mi conduce un prigioniero accusato d'aver dato ricovero all'empio Balfour di Burley.»

»Il castello di Tillietudlem, o colonnello, è sempre stato aperto ai servi di sua maestà, e nol sarà più sol quando non vi rimarrà pietra sopra pietra. Ma giacchè siamo su tal proposito mi permetterete farvi osservare che il comandante di questa gente non è posto nel grado, cui sembrami avrebbe diritto, volendo aver riguardo al sangue che scorre nelle sue vene. Se osassi sperare bene accolta da voi una mia istanza a favore di esso, vi supplicherei concedergli promozione alla prima circostanza che se ne offrirà.»

»Voi volete parlare del sergente Bothwell, rispose Claverhouse sorridendo; è un soldato coraggioso; ma simile ad una pianta di dura corteccia, piega a stento alle regole della disciplina e soprattutto della [170] subordinazione. — Pure il menomo fra i desideri di lady Bellenden è legge per me. Si chiami Bothwell!» Appena egli giunse, voltosi ad esso il colonnello: »Bothwell, gli disse, baciate la mano a lady Margherita, e ringraziatela. Dovrete alla premura ch'ella mostra pel vostro avanzamento, l'averlo alla prima vacanza che si farà nel nostro corpo.»

Bothwell si prestò con alterigia a tale atto di sommissione, dopo di che con eguale alterigia soggiunse.

»Certamente non v'è chi si possa tener degradato baciando la mano di una dama. Se fosse stata la mano di un uomo, eccetto quella del re, non vorrei comperarmi nè anco il grado di generale a tal costo.»

»Lo udite, o milady? disse Claverhouse sorridendo. Sempre lo stesso! sempre a cavallo de' suoi antenati!»

»Mio colonnello, so che manterrete la promessa fattami ora. Giuntone il momento, spero permetterete all'ufiziale ricordarsi di quegli antenati, che il sergente deve dimenticare.»

»Basta così, signore! (rispose Claverhouse con quell'imperioso tuono sì familiare). Potete ritirarvi.»

In quel momento si presentò alla porta Holliday.

»Ebbene! disse il colonnello, avete qualche novità da annunziarmi?»

[171] »Mio colonnello, lord Evandale di ritorno colla sua truppa si è fermato con essa rimpetto al castello; conduce seco alcuni prigionieri.»

»Lord Evandale! sclamò lady Margherita. Spero, colonnello, gli permetterete che entri e venga a far colezione con noi. Voi sapete che anche sua maestà nel passare di qui...»

Era la terza volta dopo il suo arrivo che Claverhouse udia mentovare questo memorabile avvenimento, onde si affrettò a deviarne il discorso: »Oh! (diss'egli componendosi a grazioso sorriso, e fissando in volto miss Editta) so che metterei lord Evandale in gastigo, se lo tenessi a veggente di questo castello senza permettergliene l'ingresso. — Bothwell, fate dire a lord Evandale che lady Margherita lo invita a colezione e ch'io l'aspetto.»

»Piacciavi avvertire Harrison d'avere ogni sollecitudine per gli uomini e pe' cavalli.» Raccomandò a Bothwell lady Bellenden.

Nel durare di questo colloquio altamente palpitava il cuore di miss Editta. Ella sperava per vero dire, che se mai l'intercessione di suo zio non fosse a bastanza valevole, quella il sarebbe stata di lord Evandale possentissimo nell'animo di Claverhouse, quanto essa potea in quello del giovine lord. Nè a questo certamente in tutt'altra circostanza [172] avrebbe voluto volgersi per ottenerne una grazia, perchè comunque molto esperta non fosse Editta, la natura la forniva d'indole sì dilicata da comprendere come una donzella che contragga obblighi di gratitudine verso un giovane, gli dà sopra di se tal vantaggio di cui l'altro ad abusare è propenso. Ed un motivo ancor più calzante per distorla da tal consiglio si era che tutte le comari di que' dintorni parlavano, come di cosa già conchiusa, del maritaggio di lei con lord Evandale. Era oltre un anno che il ridetto lord le usava straordinarie ed incessanti attenzioni; non potea dissimulare a se stessa di piacergli, e che s'ei giugneva a manifestarle formalmente il proprio amore, le pretensioni di lui avrebbero avuto un fortissimo sostegno in lady Margherita e negli amici di questa matrona. Nè poteva ella non concedere tutta la stima a questo giovine capitano, di stima degnissimo. Qual motivo avrebbe quindi potuto allegare per negargli la propria mano, se non se quello di preferire altro amante, che secondo ogni apparenza non avrebbe mai ottenuta l'approvazione della vecchia Bellenden? Per tutte le menzionate cagioni volle, finchè il potea, limitarsi ad adoperare l'intercessione dello zio. La fisonomia istessa del vegliardo, adorno della massima franchezza, ben le avrebbe, e prestamente, indicato se questa franchezza fosse tornata [173] all'uopo infruttuosa, ed in allora soltanto, come chi ricorre ad ultimo refugio, avrebbe sperimentata a favore di Morton la forza della propria prevalenza nello spirito di Evandale.

Non rimase ella a lungo nell'incertezza. Appena ritiratosi Bothwell, tutti si erano levati da tavola, e il maggiore, che ne aveva fatti gli onori tenendo buona e gioviale compagnia agli altri militari ivi convenuti, si accostò alla nipote, pregandola che il presentasse a Claverhouse. Com'uomo che conoscea per fama i pregi d'animo e il coraggio del presentato, Claverhouse lo accolse co' massimi riguardi; nè tardarono a trarsi in disparte, che la palpitante miss Bellenden non movea da essi le palpebre, ansiosissima di indovinare dai gesti e dagli atteggiamenti delle fisonomie loro qual fosse per essere la conclusione del colloquio.

Ella scorse da prima ne' modi di Claverhouse quella franca agevolezza di chi è propenso a concedere un chiestogli favore; non però affatto disgiunta da certo ritegno prudenziale d'uomo che teme obbligarsi oltre a quanto può nel promettere. A proporzione del farsi più serio quel parlamento, miss Bellenden vedea corrugarsi il fronte al colonnello, che aggrottava le ciglia: cert'aria d'impazienza che la stessa urbanità palliava, pigneasi in tutti i lineamenti di quel viso, ove Editta credè leggere la condanna [174] di Enrico. I discorsi del maggiore a quanto appariva erano pacati e incalzanti ad un tempo, nè omise a sostegno della propria inchiesta di manifestar quel coraggio cui gli davano diritto ed anni e rinomanza. Finalmente il colonnello onde sciogliersi da sollecitazioni che gli diveniano importune, fece alcuni passi per unirsi agli altri di quell'adunanza; onde allora trovandosi in maggior vicinanza di Editta, questa gli udì chiaramente pronunziare le seguenti parole. »Cosa impossibile, o maggiore! cosa impossibile! L'indulgenza in tal genere di colpe eccede le mie facoltà. In tutt'altra circostanza mi sarà la massima delle soddisfazioni il compiacervi. — Ma ecco Evandale che certamente ci porta notizie. — Ebbene, Evandale! che cosa avete da raccontarne?»

»Annunzi sgradevoli, mio colonnello (rispose lord Evandale, i cui stivali erano coperti di fango, e l'uniforme trovavasi in disordine tale da giudicarne facilmente che ei veniva allora dal battersi). I Presbiteriani in gran banda campeggiano, armati ed in istato di piena ribellione, sulle montagne.»

»E voi lo chiamate annunzio sgradevole, o capitano? Io l'ho pel migliore fra quanti da sei mesi in qua ne ho ricevuti. Ora che questi malvagi si sono raunati, ne faremo strage più facilmente. Quando il serpe solleva [175] la testa gli è men difficile il metterlo a morte (e in dir ciò percosse la terra col piede a guisa di chi vuole schiacciare un insetto). Esso è ben più pericoloso quando striscia per mezzo all'erba che lo nasconde. E dove trovansi questi sciagurati?»

»Dieci miglia lontano di qui, in una valle detta Loudon-Hill, circondata d'ogni parte dalle montagne. Dopo avere posto in fuga l'attruppamento, contra cui m'inviaste, ho arrestati una vecchia, vera tromba di sedizione, e uno o due de' suoi uditori, e quanto ai ragguagli che vi ho dati li seppi da alcuni contadini.»

»Il numero de' ribelli?»

»Forse fra i mille e i mille dugento; ma le voci variano su di ciò.»

»Egli è dunque tempo di raggiugnerli. Bothwell, fate tosto dare il segnale per montare a cavallo.»

Uscito Bothwell in quell'istante, le volte del castello rintronarono dello squillare delle trombe.

»Voi partite adunque (sclamò lady Margherita, cui sì fatto segnale rammentò le sue antiche sventure). Oimè! fra tutti questi valorosi servi di S. M. raccoltisi ora sotto il mio tetto, chi sa quanti ve n'ha che non mi sarà più dato di rivedere? Perchè, o colonnello, non vi accertate meglio della forza di questi ribelli?»

[176] »La loro forza non può essere ancora sì rilevante; ma ad ogni modo non ho un minuto da perdere, e il loro numero ne crescerebbe dieci volte di più, se dessi tempo di riunirsi a tutti i mal'intenzionati di questi dintorni.»

»Alcune bande ne son già in cammino, soggiunse lord Evandale; anzi a quanto mi viene assicurato aspettano un rinforzo di que' Presbiteriani ancora, che passavano per sottomessi alle leggi, e riconoscono siccome capo il giovane Milnwood, figliuolo del famoso colonnello Silas Morton.

Un tal discorso produsse effetti diversi su le diverse persone che lo ascoltarono. Sorpresa Editta da terrore e da disperazione si lasciò cadere sopra una seggiola. Claverhouse volse al maggiore uno sguardo di trionfo che parea dirgli: »Voi lo vedete ora quai massime professa il vostro protetto!» Cogli occhi accesi come bragia il maggiore in tali accenti proruppe: »Ella è una menzogna, una infame calunnia, che questi sciagurati ribelli avranno inventato per assicurarsi d'un maggior numero di partigiani. Guarentirei per Enrico come se fosse un mio figlio. Non la cede in buone massime a verun ufiziale delle guardie, e miss Editta Bellenden potrebbe attestarle quant'io. Ma fatelo venir qui; ch'egli si spieghi. Ascoltatene le giustificazioni.»

[177] »Sia egli innocente o colpevole, non trovo difficoltà a ciò. — Maggiore Allan, munitevi d'una guida, e conducete il reggimento alla volta di Loudon-Hill. Tenetevi al passo per non dare troppa fatica ai cavalli. Fra un'ora Evandale ed io vi raggiugneremo. Bothwell rimarrà con una scorta alla custodia de' prigionieri.»

Così Allan come gli altri ufiziali, eccetto Evandale e il colonnello, uscirono dalla sala; e ben tosto il suono della musica militare e il calpestio de' cavalli annunziarono che il reggimento partiva dal castello.

Intanto che Claverhouse si adoperava a calmare i timori concetti da lady Margherita, e trarre nella propria opinione sfavorevole a Morton il maggiore Bellenden, Evandale, superando lo scoraggiamento che rende sempre i giovani amanti diffidenti di se medesimi e timidi alla presenza dell'amato oggetto, si avvicinò a miss Editta volgendole in soave tuono tai detti, spiranti ad un tempo tenero affetto e virtù.

»Io sono dunque per lasciarvi, miss Bellenden, o piuttosto permettetemi vi chiami (che sarà la prima e forse l'ultima volta) diletta Editta. Dio sa quando e se mi sarà dato di rivedervi! Troppi rischi sovrastano a chi professa il mestiere dell'armi; ma fino all'ultimo sospiro io serberò tutto... tutto il rispetto che da lungo tempo vi ho tributato.»

[178] Ma il suon della voce, il fuoco che negli occhi d'esso brillava, l'agitazione di tutta la persona manifestavano un senso ben più forte del rispetto, benchè solo di rispetto ei favellasse. Nè era possibile che Editta confondesse una cosa coll'altra, o rimanesse con animo affatto immoto all'aspetto di una tenerezza sì modestamente espressa quanto profondamente sentita dall'innamorato milord. Comunque oppressa dall'idea del pericolo, da cui era allor minacciato l'amante ch'ella preferiva, non potè ristarsi dal provare un moto di compassione per l'amabile giovinetto che si congedava da lei nell'atto di avventurarsi ai rischi terribili della guerra.

»Spero.... ho grande fiducia, diss'ella, che non correrete verun pericolo; che il terrore delle vostre armi prima che le adoperiate porrà in fuga i ribelli; che voi tornerete ben tosto a ricever congratulazioni e pegni di amicizia da tutti gli abitanti di questo castello.»

»Da tutti? rispose il Lord dando un'espressione studiata di dubbio e di malinconia a tale voce. Così potess'io esserne persuaso! ma non ispero io già tanto sollecito il buon successo che ci ripromettiamo. Tutt'altro che numeroso il corpo d'esercito cui appartengo, non potrà col sol mostrarsi intimorire i sommossi; onde prevedo che sol dopo molto spargimento di sangue si perverrà [179] a spegnere la ribellione. Costoro, entusiasti d'animo deliberato, son condotti da comandanti non affatto ignari di guerra. Che anzi non posso ristarmi dal credere, che l'ardore impetuoso del nostro colonnello ne fa marciare troppo affrettatamente contr'essi. Ne conveniva meglio l'assicurarsi prima d'un rinforzo, e limitare intanto le nostre fazioni a vegghiar su le vie di comunicazione per impedire l'assembrarsi di un maggior numero di partigiani ribelli. Ma mio dovere si è l'ubbidire, nè avvi tra noi chi abbia men di me motivo di paventare i pericoli.»

Qui a miss Editta presentavasi l'occasione di parlare a lord Evandale per Enrico; unica via di salvezza, che sembrasse rimanergli tuttora aperta. Pur titubava ella ancora, nè sapea con quali termini indirigere al giovine capitano la sua inchiesta, allor quando udì questo comando di Claverhouse. »Bothwell, conducete tosto alla mia presenza il prigioniero. È vero che dobbiam partire, ma questa bisogna non ci porterà grande indugio. — Ascoltatemi; abbiate cura di ordinare uno squadrone e di far caricare le carabine.»

Parole nelle quali Editta credè udire la sentenza di morte proferita contro l'infelice giovane di Milnwood, e divenute in lei più forti dal ritegno onde non osava sollecitare un amante infelice a farsi intercessore [180] egli stesso pel proprio rivale! »Milord, gli diss'ella, questo giovane è l'amico intrinseco di mio zio. — Voi avete molta possanza sull'animo del vostro colonnello. — Ardirei io pregarvi d'adoprarla a pro di questo infelice? — Mio zio ve ne professerebbe eterna gratitudine.»

»Non vorrei, miss Bellenden, mi credeste da più che non sono. Altre volte m'è accaduto non riuscire in simili domande inspiratemi da sentimento d'umanità.»

»Fatene una prova anche una volta per amor di mio zio.»

»E perchè non dite per amor vostro? — Perchè non mi concedete di credere che il prestarmi a quanto si desidera da me torni parimente a vostra soddisfazione? Avete dunque sì poca fiducia in un antico amico per torgli sino la dolce persuasione di potere una volta far qualche cosa che vi riesca d'aggradimento?»

»Certamente, rispose Editta..... certamente.... voi mi fareste cosa oltre ogni dire aggradevole. — Prendo vivissima parte al destino del signor Morton a cagione... di mio zio. Oimè! odo i soldati. In nome del cielo, o Milord! non mi ricusate quanto vi chiesi. Non perdete un istante.»

»Siate tranquilla, le disse lord Evandale. Ne chiamo in testimonio il cielo, Morton non morrà, dovessi io morire in sua vece! Ma (soggiunse prendendole una mano che [181] ella non ebbe il coraggio di ritirare) non mi concederete voi parimenti una grazia?»

»Tutto quanto potete sperare dalla tenerezza d'una sorella.»

»E si limita dunque a ciò tutto quello che giugneranno ad ottenere da voi le mie sollecitudini finchè vivo, la mia memoria se più non sarò?»

»Deh! non parlate in questa guisa, o Milord; che troppo profondamente mi affliggete, nè a voi medesimo rendete giustizia. Non v'è alcuno che possieda più interamente di voi il mio rispetto, la mia stima, la mia amicizia....»

Ella andava studiando i termini onde conchiudere questa frase senza trafiggere l'animo appassionato di lord Evandale, allorchè udì un sospiro, che le fe' volgere il capo verso altra parte. Venìa questo sospiro da Morton carico di catene e condotto ivi in mezzo a' soldati. Gli ultimi accenti da lei pronunziati avean ferito l'orecchio del prigioniero, che in passando lasciò cadere sovr'essa un'occhiata di rimprovero, e la convinse in tal guisa com'egli avesse male interpretata la natura del colloquio ch'essa ebbe col lord; avvenimento che sol mancava a compiere la confusione e l'angoscia di miss Editta. Sparitine allora dal volto i colori che dianzi l'animavano, fecero luogo ad una mortal pallidezza. Nè sfuggì tale cambiamento all'occhio acuto di Evandale, [182] che sospettò tantosto qual genere di premura, qual genere di pietà tenesse sollecita la donzella che l'animo gli signoreggiava; e portando alternativamente gli sguardi, or sopra Editta, or sopra Enrico, tai sospetti in certezza gli si tramutarono.

»Se non m'inganno, diss'egli dopo un istante di silenzio, questo giovane è pur quegli che riportò il vanto d'aver tirato meglio al bersaglio nel giorno dell'ultima rassegna.»

»Non saprei... non saprei troppo... ma credo di sì» balbettò Editta.

»Ed io ne son certo, disse con lieve tinta d'amarezza Evandale. Non è maraviglia che un'avvenente donzella si affanni a pro di chi fu vincitore.»

Lasciando in quell'istante Editta, mosse verso Claverhouse, che s'era allora seduto dinanzi ad una tavola; e postosi a qualche distanza da esso rimase in silenzio coll'intenzione di regolare il proprio contegno colle cose che fossero per accadere.

[183]

CAPITOLO XII.

»Più d'ogni mostro che fu all'orbe infesto»

»La gelosia, Signor, questa paventa.»

Otello

A spiegar meglio l'impressione che fecero sopra Enrico le ultime parole, sfortunatamente da esso udite, di miss Editta, ne è indispensabile il dipingere lo stato, in cui trovavasi allora l'animo suo, e presentar parimente alcuni cenni sull'origine della conoscenza ch'ei con questa ragguardevole donzella incontrò.

Enrico Morton era stato favorito dalla natura d'una di quelle felici indoli che fan propenso chi le possiede ad attribuirsi minori pregi di quanti ne ha veramente. Aveva ereditato dal padre un coraggio pronto a qualsivoglia cimento, e un odio insuperabile contr'ogni genere d'oppressione. Comunque la famiglia di lui avesse abbracciati i dogmi de' Puritani egli però non ne partecipò le massime sì che le spingesse oltre i confini d'ogni rigore, nè una scintilla tampoco del fanatismo puritano nell'animo di lui penetrò.

Se l'avarizia d'uno zio tardò l'educazione di questo giovine, non gl'impedì nondimeno di far valere le ottime inclinazioni ricevute [184] dalla natura; perchè egli non lasciò giammai sfuggire occasione a lui offertasi di acquistar cognizioni, ed anzi in proporzione di fatica fatta per apprenderle, queste si radicarono più salde nella sua mente. L'animo di lui nonostante era invilito dal riguardo della povertà di sua fortuna e dalla necessità di dipendere per assicurarsi sostentamento. Le quali cose nel renderlo diffidente di se medesimo, gl'inspirarono quella aria di ritegno, che nascondea i pregi e il vigore dell'animo, suo retaggio, come dicemmo, ma sol conosciuti da pochi intrinsechi suoi amici. Non avendo parteggiato per veruna delle fazioni che tenevano in trambusto la Scozia, i più il riguardarono siccome uomo indifferente, siccome uno di coloro, che nè dalla religione nè dall'amor di patria prendevano spinta; conchiusione per altro ingiustissima, perchè la neutralità cui si attenne avea in lui origine da motivi diversi e affatto degni d'encomio. Schivò il collegarsi colla setta perseguitata, perchè ne fastidiva lo spirito di parte, la mediocrità d'ingegno de' capi, il truce fanatismo, l'odio inviperito che mostravano contro chi professava contrarie massime, i delitti cui l'intolleranza traevali. Non quindi meno abborriva la condotta opprimitrice e tirannica dei ministri del governo, i quali lasciando la briglia ad una sfrenata soldatesca, e confondendo nelle punizioni il colpevole collo [185] innocente, null'altro ottenevano se non se d'accendere vie più l'incendio che si davan vanto d'estinguere. Sola nausea quindi, mossa in lui dalle colpe che entrambe le parti si permetteano, il trasse al consiglio di rimanere semplice spettatore della sanguinosa querela.

Il maggiore Bellenden che fu tra i migliori amici del colonnello Silas Morton, continuò ad averne in predilezione il figlio dopo la morte del padre. Quindi Enrico era il ben venuto a Charnwood ogni qual volta vi si presentava, e i soli rimproveri che riceveva ad ogni volta gli derivavano dal sembrarne le visite troppo rare. Ivi ei conobbe Editta, solita di frequente ad andare a star collo zio. Il maggiore, così lontano dal formare sospetti quanto lo è in simili circostanze mio zio Tobia di Sterne, nè manco immaginò che il continuo vedersi di questi giovani potesse divenir fomite d'un reciproco amore. Il dio fanciullo pertanto s'introdusse ne' loro cuori con veste d'amicizia, e siccome è d'uso, prese ad imprestito il linguaggio dell'amicizia, e dalla amicizia domandò i privilegi. Allorchè miss Bellenden trovavasi a Tillietudlem, la brama di trasferirsi a diporto la conducea sovente in una bella prateria situata due miglia lontan dal castello, e il caso faceva che anche Enrico tutte le volte vi convenisse. Tai mutui scontri comunque frequenti, non [186] sembravano però cosa straordinaria nè all'uno nè all'altra, e in fine si convertirono in una specie di patto. La parola amore non era mai stata pronunziata fra essi, ma ciascun di loro conoscea perfettamente lo stato del proprio cuore, e indovinava quello del suo compagno. In somma tale scambievolezza ad entrambi tanto gradevole, benchè non li lasciasse scevri di tema per l'avvenire, durò fino all'istante cui pervenimmo col nostro racconto.

In questo mezzo, Enrico non dissimulava a se stesso il poco fondamento de' suoi voti alla mano d'Editta. Le ricchezze, la nascita, l'avvenenza, i pregi d'animo di questa donzella dovevano necessariamente farla scopo alle inchieste d'altri giovani posti in istato di vederle meglio accolte che nol potessero giammai esser quelle di Morton. Che anzi la voce pubblica preconizzava Evandale sposo di Editta, voce che sembrava confermata e dalle frequenti gite del lord a Tillietudlem, e dalla particolare considerazione in cui lady Margherita il tenea.

Jenny Dennison non poco avea contribuito ad aumentare la gelosia del giovane di Milnwood. Costei, vera civetta di villaggio, ogni qualvolta non potea tribolare i propri amanti, ne cercava un compenso dal mettere in angustie l'amante della sua padrona, nè ciò veramente procedea da astio nudrito contro d'Enrico, che anzi le era geniale, [187] siccome leggiadro giovane; poi essendo Jenny per dir vero affezionatissima a miss Editta, non potea vederne di mal'occhio l'amante. Ma i pregi d'avvenenza non erano minori in lord Evandale, più generoso in oltre, avendone i modi, di quanto l'altro potesse mostrarsi; onde non è maraviglia se nell'animo di questa Jenny la bilancia preponderava a favore del lord. Aggiungasi ch'ella trovava cosa per se più onorifica e profittevole il divenire la cameriera di lady Evandale che non quella di mistress Morton. Ella pertanto tormentava di frequente Enrico, or con suggerimenti amichevoli, or con ufficiose confidenze, ma tutte intese a trarlo in persuasione che miss Bellenden a malgrado de' mutui colloqui e del continuo cambio che succedea fra i due amanti, or di libri, or di lettere, or di disegni, sarebbe finalmente divenuta lady Evandale.

Le quali suggestioni corrispondeano sì al giusto coi timori e sospetti concepiti dallo stesso Morton che agevolarono vie più nel suo cuore l'accesso a quella gelosia, solita a non mai scompagnarsi da chi ama sinceramente, e soprattutto da coloro, il cui amore è contrariato da ostacoli, sia che gli opponga disparità di fortuna e di nascita, o voler di congiunti. Aggiungasi che qualche dì innanzi, la stessa lealtà connaturale di Editta non entrò per poco nello svolgere in cuor d'Enrico questi vigorosi germi di [188] gelosia. I discorsi loro eran caduti sopra alcune violenze commesse da una banda di Reali, e che comunque a torto, venivano imputate agli ordini dati da lord Evandale. Editta, fedele in amicizia come in amore, sentì amarezza d'alcune severe censure che contro il lord si era fatte lecite Morton, censure cui crescea acerbità lo spirito di gelosia che le animava. Ella pertanto si assunse a difendere l'incolpato con tale vivacità che trafisse non poco l'anima d'Enrico, e ciò a grande soddisfazione della maligna Jenny, solita ad accompagnar la padrona nelle gite sue di diporto. Ben lesse Editta nel cuor dell'amante i sospetti che ella vi avea nol volendo gettati, e ben si studiò con indiretti modi a dissiparli, ma non era questa impressione sì facile a cancellarsi; nè tale impressione aveva avuto lieve parte nella risoluzione di cercar servigio in terre straniere, risoluzione alla quale Enrico erasi abbandonato, e che poi trovò ostacolo nell'avarizia dello zio.

La visita ch'Editta fece ad Enrico nella stanza di sua prigionia, e l'affanno onde per lui sì manifestamente struggeasi, avrebbero dovuto dissipare intieramente i sospetti dell'aflitto amante; ma questi, ingegnoso nel crucciare se stesso, volle attribuire le sollecitudini della giovane all'amicizia, alla pietà, non all'amore, sentimento che ei persisteva a credere serbato a lord Evandale.

[189] Immerso stavasi in sì fatte idee, allor quando Bothwell venne a trovarlo, accompagnato da due dragoni, un de' quali portava catene con sè.

»Gli è d'uopo seguirmi, o giovane, ma prima di tutto si pensi alla vostra acconciatura.»

»Alla mia acconciatura! Che intendete dire con ciò?»

»Conviene mettere queste smaniglie. Non ardirei..... cioè (corpo del diavolo! non v'è cosa ch'io non ardissi) ma non vorrei per tre ore di saccheggio d'una città presa di assalto presentare al mio colonnello un prigioniero che non avesse incatenate le mani. Dunque, amico mio caro, risolvetevi.»

Detto ciò, mosse verso di lui; ma Morton afferrando la seggiola di quercia, su di cui prima stava seduto, minacciò spaccarne il cranio a chiunque pretendesse assoggettarlo a simile indegnità.

»Non fate il cattivo, soggiunse Bothwell e pensate che qui non siete il più forte. Ne costerebbe poco il ridurvi a partito: ma amerei meglio che vi sottometteste colle buone.»

Nè avea torto nel desiderar ciò, perchè una resistenza qualunque opposta da Enrico poteva essere cagione di strepiti, che giugnessero fino all'orecchio del colonnello; nè a Bothwell sarebbe stata menata buona l'indulgenza di non mettere fra' ceppi un tal prigioniero.

[190] »Abbiate prudenza, continuò a dirgli. Non isconcertate voi medesimo le cose vostre. Si vocifera nel castello, che la nipote di lady Margherita sia per isposare il nostro giovane capitano lord Evandale. Ho udito io medesimo quand'ella gli chiedea di farsi vostro intercessore presso il colonnello. — Ma che diavolo avete dunque? Siete divenuto pallido come la mia camicia! Volete un bicchier d'acquavite?»

Nel dir tai cose Bothwell andava mettendogli le catene alle mani, nè Morton si opponeva di sorte alcuna.

»Miss Bellenden chiedere la mia vita a lord Evandale!» esclamò.

»Sì, sì, ella; nè v'è protezione valevole quanto quella delle donne. Prendono tutto d'assalto così in campo come alla corte.»

»Io dovrei la vita a lord Evandale?»

»Questa è cosa possibilissima; egli ha più potere nell'animo del colonnello, che alcun altro ufiziale del reggimento.»

Facendosi tai discorsi Bothwell conduceva il suo prigioniero nella sala ove Claverhouse lo aspettava. Gli accenti ultimi di Editta confermarono quest'infelice nella idea ch'ella amasse Evandale, e che adoperasse la prevalenza dell'amore per salvare a lui, Morton, la vita; vita che dovuta alla protezione d'un rivale gli diveniva odievole più che mai; laonde consacrandosi da quell'istante alla morte, risolvè difendere [191] con vigore le ragioni dalla Scozia, i cui diritti credea nella propria sua persona oltraggiati. Avvicinatosi quindi con fermezza alla tavola innanzi a cui sedevasi il colonnello, non aspettò per parlargli d'essere interrogato.

»Con qual diritto, o signore, questi soldati m'hanno tolto alla mia famiglia, mi hanno caricato di ferri, mi hanno condotto dinanzi a voi?»

»Per mio ordine; e or vi dò l'altro di tacere e d'ascoltare le mie domande.»

»Voglio prima sapere, Morton arditamente replicò, se io sia legalmente arrestato, s'io mi trovi dinanzi ad un magistrato civile, o in vece se i diritti della mia patria non sieno posti in non cale e vilipesi sulla mia persona.»

»In fede mia, sclamò il colonnello, costui non manca di risolutezza!»

»Siete voi pazzo? si fe' a dire il maggiore. Per l'amor di Dio, Enrico! pensate che siete alla presenza di un ufiziale superiore di sua maestà.»

»Per ciò appunto, o signore, Enrico replicò, bramo sapere con qual diritto egli mi tenga prigioniero, allorchè nessun ordine d'arresto è stato messo contro di me. Se fossi al cospetto d'un magistrato, saprei allor contenermi colla dovutagli sommissione.»

[192] »Il vostro giovane amico, disse Claverhouse voltosi al maggiore, è un di que' signorini che soffrono il puntiglio, e non vorrebbero nè anco annodar la cravatta senza un ordine del giudice di pace; ma gl'insegnerò prima di separarci, che i miei distintivi militari possono equivalere alla mazza d'un giudice. — In somma per terminare la discussione, vorreste dirmi, quel giovane, quando e dove avete veduto Balfour di Burley?»

»Siccome non ravviso in voi il diritto di farmi tale interrogazione, così non vi darò alcuna risposta.»

»Dunque risponderò io in vece vostra. Voi avete confessato al mio sergente che deste asilo a questo Balfour nel castello di vostro zio. Perchè meco non vi comportate con eguale franchezza?»

»Perchè presumo che la vostra nascita e la vostra educazione vi abbiano posto in istato di conoscere quai sieno i diritti di ogni Scozzese, e perchè voglio farvi vedere come fra gli Scozzesi si trovino alcuni uomini capaci di far valer tai diritti.»

»E voi senz'altro sareste quel tale, pronto a sostenerli coll'armi alla mano?»

»Se fossimo soli, uno a petto dell'altro, ed io armato al pari di voi, non mi fareste due volte simile inchiesta».

»Basta così! replicò Claverhouse, il modo de' vostri discorsi conferma l'idea ch'io mi [193] era fatta di voi. Ma siete figlio d'un soldato, e mostrate valore benchè postovi nelle file de' ribelli; vi risparmierò l'infamia d'una morte disonorante.»

»Qualunque sia il modo onde io debba perire, perirò, come s'aspetta, al figlio di un prode militare, e l'infamia di cui mi parlate... oh l'infamia! ricadrà sopra coloro che versano il sangue innocente.»

»A maraviglia! — Avete cinque minuti per riconciliarvi col cielo. — Bothwell, conducete il prigioniero nel cortile e ordinate uno squadrone.»

Tal'indole di colloquio aveva agghiacciati d'orrore e ridotti al silenzio tutti coloro che l'ascoltarono; ma in questo momento niun potè ristarsi dal sollevare la voce, dal supplicare il colonnello a favore di Morton. La stessa lady Margherita, che ad onta di pregiudicate massime non avea potuto spogliarsi di quella pietà, il più bello fra gli ornamenti del gentil sesso, divenne insistente più degli altri nel domandarne la grazia.

»Colonnello Graham! ella esclamò, risparmiate questo giovane imprudente; nè fate che il sangue di lui macchi le mura di una casa ove avete ricevuto l'ospitalità.»

»Voi non mi cagionereste il dispiacere d'un rifiuto, o milady, se pensaste quanto sangue si è sparso per colpa di persone simili a lui.»

[194] »Lascio a Dio la cura della vendetta, o colonnello (replicò la vecchia matrona, di cui tremava ogni muscolo per l'agitazione dell'animo). La morte di questo giovinetto non tornerà già a vita quelli di cui deploriamo la perdita. Non si dà esempio di sangue versato entro le mura di Tillietudlem. Deh! concedetemi la sua vita.»

»Debbo compiere il mio dovere, o milady. Sapete che i ribelli stanno in armi intorno quasi alla vostra casa, e potete chiedere il perdono d'un giovane fanatico che basterebbe solo a diffondere la ribellione per tutto il regno? Chiedetemi cose possibili.»

»Colonnello, sclamò il maggiore Bellenden; non vi credeste già che ad onta dei miei vecchi anni, io lasciassi impunemente assassinare innanzi agli occhi miei il figliuolo d'un mio amico. Mi darete soddisfazione di questa violenza.»

»Semprechè vorrete, o maggiore; rispose freddamente Claverhouse. Bothwell, eseguite gli ordini.»

La persona, che sofferiva maggiori angosce in tal discussione, tre volte fece uno sforzo per parlare, e tre volte la lingua le ricusò la parola. Ella era rimasta seduta sulla propria seggiola, come immersa in una oppressione che la instupidisse. In tal punto si alzò, per voler correre verso il colonnello, ma le forze mancandole, cadde svenuta fra le braccia di Jenny, trovatasi per ventura dietro di lei.

[195] »Soccorso! sclamò Jenny. Mio Dio! La mia giovine padrona muore!»

All'udire sì fatta esclamazione, lord Evandale che in tutto il durare di questa scena era rimasto immobile appoggiandosi sulla sua sciabola, e col capo inchinato sulle proprie mani, si alzò a sua volta, e indirigendosi a Claverhouse: »Colonnello, gli disse, prima che il prigioniero esca di qui, bramo dirvi una parola in disparte.»

Parve sorpreso Claverhouse; nondimeno si alzò tostamente, e seguendo il giovane capitano sino ad un angolo della sala accadde fra essi il seguente colloquio.

»Colonnello, lo scorso anno, nè ho d'uopo di rammentarvelo, la mia famiglia potè darvi prove del suo affetto interponendo ufizi a voi favorevoli presso il Consiglio privato. Nemmeno ho d'uopo rammentarvi che in quella circostanza, vi mostraste meco persuaso d'averne a me tutta l'obbligazione.»

»Certamente, mio caro Evandale! ed avrò qual mia fortuna se mi si presenterà occasione di pagar questo debito di gratitudine che ho con voi.»

»È venuta, mio colonnello! concedetemi la vita di questo giovane.»

»Evandale! voi siete pazzo, assolutamente pazzo! Qual sollecitudine è la vostra per la vita di questo fanatico? Il padre suo era l'uomo più pericoloso di tutta la Scozia; [196] intrepido, risoluto, adorato dai soldati, inflessibile nelle sue massime. Il figlio di lui, a quanto sembra, è formato sul medesimo stampo. Se fosse un uomo di niuna importanza o prevalenza, qualche sgraziato contadino, o un oscuro entusiasta, pensate voi che ne avrei negata la grazia a lady Margherita ed al maggiore? Ma il giovane, per cui intercedete, è ben educato, pieno d'ardore e di coraggio, porta un nome conosciuto in tutta la Scozia. Non manca ai ribelli che un condottiere di tale tempera per assicurare alla loro fazione quella sicurezza di cui soltanto abbisognano, e per regolare a certo scopo il cieco entusiasmo che li trasporta. — Non vi presento or queste considerazioni per voglia di darvi un rifiuto, ma per indurvi a meditare le conseguenze di quanto mi domandate.»

»Custodite il prigioniero. Così cessano i temuti pericoli; ma permettetemi, o colonnello, d'insistere per ottenerne la vita. Ho fortissime ragioni per desiderare questo favore.»

»Ch'egli viva dunque! non so negarvi cosa che mi chiedete in tal guisa; ma ricordatevi, o milord, che se volete pervenire a grado eminente in servendo il monarca e la patria, la vostra prima sollecitudine esser dee quella di mettere in disparte le affezioni, i sentimenti particolari dell'animo, le passioni. Voi non dovete pensare che ai vostri [197] doveri e al pubblico interesse. Non sono tali i tempi in cui viviamo, che si possano sagrificare ai vaneggiamenti d'un vecchio, o ai pianti d'una donna quelle massime di severità, da cui dipende la nostra salvezza in mezzo ai rischi che ne circondano. — Ricordatevi ancora che, se oggi cedo alle vostre istanze una tal compiacenza mi esimerà, spero, dall'udirmene porte da voi altre simili per l'avvenire.»

Tornatisi indi ad avvicinare alla tavola, il colonnello fissò in viso Morton onde scandagliare qual effetto avesse prodotto sopra di lui una sentenza di morte per cui abbrividito aveano tutti i circostanti.

»Guardatelo! Claverhouse disse con sommessa voce a Evandale, egli dee credersi al limitar della morte. Ha impallidito? ha fremuto? l'occhio ne è tranquillo, sereno il volto; il cuore di lui è forse il solo in questa sala che abbia regolari le sue battute. Osservatelo bene! Evandale, se mai questo uomo si trova a capo di una mano di ribelli, vi pentirete per primo d'avermi costretto ad usare indulgenza. — Quel giovane, si volse indi a Morton, mercè d'alcuni amici che si sono mossi per voi, la vostra vita è salva per ora. — Bothwell, traete tosto il prigioniero, e si vegli attentamente sopra di lui.»

L'idea di dovere la vita al rivale si rendè insopportabile a Morton. »Se la mia vita, [198] esclamò, ha da esser dono di lord Evandale!.....»

»Bothwell, l'interruppe il colonnello, conducete via il prigioniero. Non abbiam tempo d'ascoltare i suoi bei discorsi.»

Bothwell obbligò il prigioniero a seguirlo, e quando si trovarono insieme nel cortile gli disse: »Ov'anche si potesse morire più di una volta, sarebbe massima imprudenza avventurarsi come voi fate. Se concedete sì libero freno alla vostra lingua, non vi do cinque minuti di vita, e rimarrete nel primo fosso in cui ci scontriamo. Buon per voi che avrò cura di tenervi lungi dagli occhi del colonnello! su via! venite ad unirvi agli altri prigionieri.»

Nonostante la rozzezza de' modi suoi, il sergente vinto dal coraggio e dalla fermezza d'animo di Morton, lo avea preso in una tal quale affezione; e se la sentenza di morte non veniva ritrattata, Bothwell sarebbe stato dolentissimo della necessità di farla eseguire. Intanto lo condusse dinanzi al castello, ove stava una vecchia, e due uomini fatti prigionieri da lord Evandale, e custoditi da una banda di dragoni.

In questo mezzo, Claverhouse si congedava da lady Margherita, la quale non sapea perdonargli il poco riguardo che da esso ottennero le sue raccomandazioni.

»Io avea creduto finora, gli diss'ella, che il castello di Tillietudlem, ove sua maestà [199] si è degnata intertenersi, potesse venir riguardato come un luogo d'asilo anche per coloro la cui condotta non fosse immune da rimproveri. Ma, ben me ne accorgo, le frutta vecchie non han più sapore. I servigi della mia famiglia portano una data lontana, e vengono dimenticati.»

»Non mai da me! rispose il colonnello; permettete ch'io ve ne assicuri, o milady. Un dovere, ch'io riguardava siccome sacro, ha potuto farmi esitante prima d'arrendermi a' vostri desideri e a quelli del maggiore; ma ora, mia cara lady Bellenden, lasciatemi la speranza che tutto sia posto in oblio. Questa sera vi condurrò dugento ribelli prigionieri, e vi prometto di perdonare a cinquanta per amor vostro.»

»Udirò con piacere i vostri buoni successi, o colonnello, soggiunse il maggiore, ma non trascurate l'avviso di un vecchio militare. Siate economo del sangue umano dopo la battaglia. — Ora permettetemi chiedervi la libertà del giovane Morton. Io me ne rendo mallevadore.»

»Aggiusteremo questo affare al nostro ritorno, rispose Claverhouse; vi basti intanto la certezza che non morrà.»

Durante questo colloquio, gli occhi di lord Evandale cercavano Editta, ma invano, perchè Jenny l'avea fatta trasportare nel suo appartamento. Obbediva quindi lentamente agli ordini del colonnello che lo sollecitava [200] alla partenza. Finalmente, preso entrambi congedo da lady Margherita e dal maggiore Bellenden, si misero a cavallo per raggiugnere il reggimento.

Bothwell si era già avviato innanzi coi prigionieri e colla gente che li scortava.

[201]

CAPITOLO XIII.

Veltri miei, di me prendavi oblio;

Omai soli inseguite le fere;

E tu, falco dall'ali leggiere

Fendi l'aure lontano da me.

Ti saluto, bel prato natio,

Ne sospiro il perduto tuo rezzo.

Ah! quest'anima sol sente il prezzo

Del suo ben che in fuggirti perdè.

Antica ballata.

Lasciammo Enrico Morton postosi in peregrinazione co' tre compagni della sua cattività, tutti sotto la scorta d'una banda di dragoni capitanati dal sergente Bothwell, e che formavano il retroguardo del reggimento di Claverhouse. L'intero corpo di quell'esercito teneva allora la via delle montagne per cercare i sommossi Puritani che, giusta gli annunzi portati a Claverhouse, eransi sotto l'armi colà raunati. Questo retroguardo era appena lontano un quarto di miglio dal castello di Tillietudlem, quando gli passarono dappresso il colonnello ed Evandale che correano di gran galoppo per mettersi a capo del reggimento. Tosto che Bothwell li vide lontani, ordinò a' suoi una pausa, durante la quale avvicinatosi a Morton lo sciolse dai ceppi.

[202] »Non ha che una parola chi vanta sangue di re nelle vene. Ho promesso trattarvi cortesemente in quanto dipenderebbe da me. Or mantengo la mia promessa — Caporale Inglis, mettete il sig. Morton vicino al giovane prigioniero, e permettete parlino insieme, se n'avranno talento. Che però stiano a' loro fianchi due uomini a cavallo colle carabine cariche, e pronti a farne saltare i crani se tentassero di fuggire. — Ciò non è mancare di civiltà, sig. Enrico; vi son note le leggi di guerra. — Inglis, metterete insieme il ministro e la vecchia, son bene appaiati; e se si lasciano sfuggire una sola parola del lor fanatico gergo, qualcuno prenda una bandoliera e ne accarezzi ad essi le spalle; rimedio efficacissimo per far tacere un ministro Puritano ed una vecchia pettegola.»

Dati questi ordini Bothwell si rimise a capo de' suoi uomini a cavallo che presero il trotto per raggiugnere il reggimento.

Morton troppo era in preda ai tristi pensieri che lo agitavano per sentire inquietezza sulle cautele prese da Bothwell onde impedirgli la fuga; che anzi non quasi s'accorse di essere sciolto da' ferri. Era nell'animo suo quella vacuità di affetti che succede d'ordinario al tumulto delle passioni, nè sostenendolo in tale istante quella naturale alterezza, che invigorita dalla coscienza di sentirsi innocente gl'inspirò le risposte date [203] a Claverhouse, contemplava con una specie di scoraggiamento le terre che trascorrea, siccome quelle che ad ogni passo gli rimembravano le idee delle passate felicità e tante soavi speranze che gli andarono a vuoto. Già trovavasi ad una vetta, d'onde le torri di Tillietudlem si discoprivano. Da quel luogo era egli solito movere per trasferirsi a diporto in quella prateria, ove il caso conducea sempre Editta. Fosse per girsene alla meta così sospirata, fosse per tornare alla domestica abitazione, non toccava ei volta quell'altura, che non vi facesse una pausa per contemplare, con tal'estasi che appartiene a chi è compreso da violentissimo amore, il soggiorno di quella, cui n'andava incontro, o dalla quale si dipartiva. Volse pertanto a quella banda gli sguardi, come dicendo l'estremo addio a luoghi sì deliziosi, e mise un profondo sospiro, cui corrispose con altro sospiro il prigioniero di lui compagno, che portò gli occhi nella medesima dirittura. Morton fino a quel punto non avea fatta attenzione chi questi fosse, ma in tal momento volgendosi entrambi, e le pupille dell'uno scontrandosi in quelle dell'altro, Morton ravvisò Cutberto Heudrigg, per solito detto Cuddy, i lineamenti del quale esprimevano il cordoglio ch'ei provava per se medesimo, e la compassione ispiratagli dal vedere in tale stato il compartecipe di sua sventura.

[204] »Oimè, sig. Enrico, gli disse l'ex-giardiniere di Tillietudlem; non è ella una grande sciagura il vederci tratti attorno per la campagna come se fossimo qualcuna delle maraviglie del mondo?»

»Ben mi duole al vedervi in tale stato, o Cuddy» disse Morton, nel cui animo il sentimento delle proprie sciagure non estingueva la compassione ai mali degli altri.

»Ne duole anche a me, sig. Enrico, e mi contrista la vostra sorte al par della mia; ma tutto il nostro affliggerci non ne porterà grande giovamento, a quel che mi sembra. In quanto riguarda la mia persona, certamente non ho meritato di fare questa comparsa, perchè in mia vita non ho mai detta una sola parola, sia contro un vescovo, sia contro un re; ma mia madre, povera donna! non può far tanto di tenere a casa la vecchia sua lingua, ed io ne porto la pena in sua compagnia. La cosa è naturalissima.»

»Dunque è prigioniera anche la madre vostra?» gli chiese Morton pensando appena a quel che dicesse.

»Non v'ha dubbio; ella ci vien dietro a guisa di novella sposa, a fianco di quel vecchio mariuolo di ministro, Gabriele Kettledrumle, che avrebbe fatto meglio stamane se andava a predicare ai demoni... Ma incomincierò la mia storia dal momento che il vecchio Milnwood, vostro zio, e la sua massaia, ne cacciaron di casa come se avessimo [205] la peste addosso, e puntellarono tutte le porte, per paura, cred'io, che tornassimo. Ebbene! diss'io a mia madre: Che sarà adesso di noi? Gran mercè al vostro darvi attorno, tutte le porte del villaggio ne saran chiuse, perchè chi vorrà aver che fare con gente scacciata su due piedi da due padroni, un dopo l'altro, e che è stata cagione, almen voi, che il nipote dell'ultimo padrone venga imprigionato? Le vostre prediche ci daranno pane? — Qui già incominciarono i soliti sermoni di mia madre: L'uomo non vive di solo pane, figlio mio. Dio non abbandona coloro che sono fedeli alla sua parola ec. ec., e intanto che andò predicandomi per mezz'ora, mi condusse da una vecchia strega di sua conoscenza che non aveva altro da somministrarne fuorchè pan nero e mezzo latte.

Il mal'umore mi fa crescere l'appetito, ond'io m'accingeva a mangiare a mio bell'agio; ma nemmen questo mi fu conceduto, perchè convenne interrompere la tavola per recitare con queste due vecchie una dozzina di salmi. La vecchia ospite diede metà del suo letto a mia madre, ed io mi stesi per terra in cucina, ove almeno sperava fare una buona dormitura, ma anche qui il diavolo mise la coda. Vengono, quando è mezza notte, a svegliarmi le vecchie, e fu mestieri correre due grosse miglia per essere a tempo d'ascoltare una predica che [206] quel Kettledrumle dovea declamare all'alba dietro d'una montagna. Urlava costui che si sarebbe udito alla distanza d'un miglio. Ma che cosa diceva poi? In verità non ci capii nulla. Parlava di battaglie, della città di Gerico, che non credo sia ne' nostri dintorni, certo non la conosco; e tanto la battè (continuò Cuddy che trovava un grande ristoro nel narrare le proprie sventure, senza poi por mente se il compagno suo avesse altrettanta volontà di ascoltarle) e tanto la battè, che s'udì gridar all'improvviso: Ecco i dragoni! Gli uni fuggivano. Un'altra parte rimase gridando: Morte ai Filistei! Misi ogn'opera a condur via meco mia madre prima che arrivassero gli abiti rossi, ma ella si era ficcata in testa di far ad essi la predica, e tanto era se avessi voluto far marciare la torre di Tillietudlem. Faceva però folta nebbia, e ci trovavamo entro una stretta gola di monte, onde sperava quasi che i dragoni non ci avrebbero visti. Ma che? il demonio ci condusse ai fianchi il vecchio Kettledrumle, che si diede a muggire un salmo; e mia madre ed altri del suo parere a fargli da secondi. V'assicuro, un baccano da rompere il sonno a' morti! Allora poi ci venne addosso lord Evandale con una ventina di dragoni. Due o tre più ardimentosi di quella nostra congrega vollero resistere, tenendo in una mano la bibbia e una pistola nell'altra, ma presto vennero [207] spacciati. Non ci fu però grande strage, perchè lord Evandale gridò, che lo intesi benissimo: Disperdeteli, ma non ammazzate nessuno.

»E voi, Cuddy, faceste resistenza?»

»Io! aveva assai faccende con mia madre: le metteva una mano sulla bocca per farla tacere, ma fatica inutile! Ella salmeggiava sempre più forte. In fine un dragone si fe' sotto per menarle una piattonata, che parai però col bastone; ma costui se la prese allora con me e voleva farmi sentire il fendente della sua lama; quando vedendo lord Evandale, gridai che eravamo impiegati al servigio della signora di Tillietudlem, e si contentarono farci prigionieri; e forse avremmo anche potuto salvarci, se quello sgraziato Kettledrumle non fosse stato fra gli arrestati, e condotto propriamente ove noi eravamo. Tra lui e mia madre non finiron più il chiasso, che stavasi in ringraziamenti a Dio per la persecuzione mandatane, ed in imprecazioni contro i soldati cui compartivano i titoli di Filistei e di bastardi di Babilonia; talchè finalmente la vigilanza sopra di noi divenne più rigorosa e, a quanto dicesi, siam serbati a dare ciò che essi chiamano un esempio

»Quale infame persecuzione! dicea Morton a mezza voce. Vedete qui un povero diavolo, che l'amor filiale soltanto ha condotto in questa combriccola, che non ha fatto torto [208] ad anima vivente, incatenato a guisa d'un masnadiere, d'un assassino, e che morirà del supplizio serbato ai malvagi, senza che a tal morte il condanni un giudizio regolare; diritto che però la legge concede all'ultimo fra i malfattori! Sopportare una tale tirannide, esserne soltanto spettatore, è quanto basta per far bollire il sangue nelle vene persino ad un vilissimo schiavo!»

»Certamente non è cosa lodevole il parlar male delle persone poste per grado al di sopra di noi. Lady Bellenden ci ha intonata sì spesso questa sentenza che me ne ricorderò sempre; ella però avea diritto di ammonirci in tal guisa a motivo dell'illustre casato cui perteneva; ed io l'ascoltava pazientemente; ma almeno dopo averci fatto un sermone su i nostri doveri, la conclusione erane il farci qualche regalo. In vece che cosa ci hanno donato i Lordi del Consiglio privato di Edimburgo, dopo i loro bei manifesti? Neanco un bicchier d'acqua. Ne mandano addosso gli abiti rossi, che ci spogliano di quanto fa il loro caso; veniamo inseguiti a guisa di lupi; se ci prendono, battuti, appiccati. In verità non dirò mai che tutto ciò sia da lodarsi.»

»Di fatto sarebbe una grande stranezza il pensarlo!» soggiunse Morton, mal frenando la propria agitazione.

»E il peggio poi è che queste anime dannate degli abiti rossi ne vengono a sedurre [209] le nostre innamorate. Qual crepacore ho io provato stamane nel cortile del castello di Tillietudlem, ove, aggiustato qual mi vedete, mi è convenuto starmi contemplando un di que' maledetti dragoni che ci segue, Holliday, il quale abbracciava Jenny Dennison alla mia presenza! Chi crederebbe che una donna fosse capace di tanta sfacciataggine? Ma elle non hanno occhi fuorchè per questi abiti rossi. Talora m'è venuto in pensiere d'arrolarmi soldato per piacere meglio a Jenny. Però questa volta non posso condannarla del tutto; perchè fu per amor mio s'ella concedè qualche libertà a quel dragon dell'inferno.»

»Per amor vostro!» sclamò Enrico, innanzi al quale prese vezzo cotesta istoria, che alla propria istoria di lui, come ognun vede, avea tal qual somiglianza.

»Oh sì! per amor mio. La povera ragazza volea ottenere la permissione d'avvicinarmisi per mettermi fra le mani alcune monete d'argento, tutto quello, cred'io che le rimaneva dei suoi risparmi, perchè so che ne aveva spesa una buona partita nell'adornarsi ricercatamente il dì che venne spettatrice delle nostre prove contro il pappagallo

»E accettaste voi le monete?»

»No, in coscienza; fui sì bestia che gliele rimisi addietro. Non seppi risolvermi a restarle obbligato dopo che avea consentito di farsi abbracciare da un altro. Ebbi [210] torto: mi sarebbe stato utile per mia madre e per me questo denaro, ch'ella consumerà ora in frascherie.»

A questo punto il colloquio de' due prigionieri sofferse una lunga interruzione di tempo, impiegato, non v'ha dubbio, da Cuddy nel rampognar se medesimo per non avere accettato il dono della sua amante; da Morton nel meditare sulle cagioni che poteano avere mossa miss Bellenden a conciliargli per via di preghiere un intercessore in lord Evandale.

»Nè potrebbe anche essere, diceva egli a se stesso, ch'io abbia interpetrato sinistramente il potere ch'ella ha sull'animo del milord? Ho io ragione di censurarla con tanta severità, se per salvarmi fece ricorso a qualche dissimulazione? Anche senza dargli speranze, chi m'assicura ch'ella non abbia eccitata a favore del rivale da lei preferito quella generosità attribuita da molti a lord Evandale?»

Pure gli ultimi detti da essa pronunziati, e de' quali aveva intesa una parte, gli rintronavano tuttavia all'orecchio, e ne ferivano il cuore siccome il morso d'uno scorpione.

Cuddy togliendosi d'improvviso alle sue meditazioni, disse con sommessa voce ad Enrico: »Faremmo poi tanto male col sottrarci, datane occasione, alle branche di questi malandrini?»

[211] »Nessun male, rispose Morton, in fede mia! s'ella capita, non crediate già ch'io la lasci sfuggire.»

»Ho gusto in udendovi parlar così, signor Enrico. Non sono che un povero villano; nonostante la giudico siccome voi, e sostengo che non sarebbe colpa il procurarci da noi medesimi, o per inganno o a forza, la libertà ogni qual volta il potessimo; nè son uomo da dare addietro se si venisse a tal punto; benchè la vecchia padrona di Tillietudlem avrebbe definito ciò un peccato di resistenza all'autorità reale.»

»Niuno più di me, o Cuddy, rispetta la legittima autorità, nè sarà mai che a questa io non mi sottometta. Ma nel caso presente siamo vittime del dispotismo militare, nè vi è legge che ne astringa a lasciarci condurre tranquillamente al patibolo, semprechè o l'inganno o la forza ce ne possan campare.»

»Tutto, tutto quel ch'io stava pensando! No ci manca dunque che l'occasione. Aspettiamola e verrà. Ma in appresso che cosa diverrò io? Eccomi sull'orlo d'essere appiccato per avere dato retta a due vecchie ciarliere. Dovrò avventurarmi un'altra volta a simile rischio? No, vivaddio! Vorrei trovare qualcuno che avesse bisogno d'un servo, e v'assicuro non avrebbe luogo d'essere scontento di me. — Spero dunque, sig. Enrico, che se arriviamo a salvarci, terrete a calcolo [212] un tal mio discorso, e mi riceverete al vostro servigio.»

»Al mio servigio! Se non ti toccasse altra sorte, povero Cuddy, anche libero, saresti a tristo partito!»

»Capisco bene quel che volete dire. Avete paura ch'io non vi faccia onore perchè non sono niente meglio d'un povero contadino. Ma dovete sapere una cosa che non racconto già a tutto il mondo. Non son mica sì bestia quanto lo sembro. So leggere, scrivere così le lettere come i numeri, battermi alla sciabola quanto questi cialtroni che or ci tengono in lor potere, e per trarre a segno non ho paura che di lord Evandale e di voi.»

»Può darsi.»

»Vengo dunque a conchiudere, che se possiam liberarci, conduco mia madre nelle vicinanze di Glascow, presso una vecchia zia di cognome Meg; e la metterò così fuor del pericolo di morir di fame o d'essere bruciata viva come una strega, o appiccata qual Puritana. Poi ci diamo a cercar ventura: facciam fortuna, indi torniamo in patria a vedere le nostre innamorate.

»I divisamenti sono bellissimi, o Cuddy, ma temo che non li vedremmo mai effettuati.»

»Non importa, sig. Enrico; è sempre buono ciò che giova ad inspirarne gaiezza. — Ma che ascolto? — Oh buon Dio! Ecco [213] là mia madre un'altra volta sul trotto del predicare! — Benissimo! e Kettledrumle non istà in ozio. Niente niente che i soldati sieno di cattivo umore, li spediscono all'altro mondo, e noi pure perchè non ci vadano scompagnati.»

Di fatto il loro dialogo venne interrotto dallo strepito che faceano il predicatore e la vecchia Mausa, le cui voci imitavano i suoni d'un contrabbasso e d'un cattivo violino insiem discordanti. Contenti sulle prime di disacerbarsi in sommesso colloquio commemorando le proprie disgrazie, si diedero indi a sfogare il loro sdegno inveendo contra i persecutori; le quali invettive, segrete in principio; col riscaldarsi della lor collera divennero pubbliche e violentissime.

»Tremate, tremate, ma tremate per una eternità o voi che andate sitibondi del nostro sangue!» esclamava con voce fragorosa al pari del tuono il reverendo Gabriele Kettledrumle.

»Possa la tromba del giudizio finale squillar ben tosto per essi!» aggiunse la vecchia Mausa in falsetto.

»La briglia è mollata! disse Cuddy. Sfido ora il diavolo a farli tacere.»

»Tremate....» continuava Kettledrumle; ma uno sgraziato impeto di tosse avendogli interrotta la parola, non fu lenta Mausa a riprenderne il filo.

[214] »Non sono che una debole donna, ma i deboli divengono forti quando lor parla lo spirito del Signore. Sarò una Giuditta contra gli Oloferni, e una Sisara...[5]

»Zitta là, buona donna! zitta là! soggiunse il predicatore libero per allor dalla tosse. Non ispetta a voi levar la parola di bocca ad un servitor dell'Altissimo. Sollevo adunque la voce, e dico a voi, miserabili nemici del popolo di Dio, che prima del tramonto del sole imparerete, come sieno un nulla le forze di un Erode sanguinario, qual è Claverhouse, per resistere a coloro che rendono testimonianza alla verità

»Sì, sclamò Mausa, profittando dell'istante che riprendea fiato il ministro, voi siete strumenti di distruzione, fatti per essere gettati nel fuoco dopo che servirono a lustrare il pavimento del tempio; staffili serbati a flagellare chi preferisce le vie del cielo a quelle del mondo, e che debbono essere rotti dopo avere compiuto l'ufizio per cui vennero fabbricati.»

»Mi porti il diavolo, disse Cuddy, se mia madre non predica tanto bene, quanto il ministro!»

[215] Lo strepito che faceano i cavalli sintantochè si marciò sopra l'erta impediva ai dragoni l'udire le puritane esclamazioni dei lor prigionieri; ma si trovavano giunti ad una prateria, allorchè Kettledrumle gridava: »Sì; alzerò la mia voce come il pellicano nel deserto.» E Mausa gli soggiugnea: »Ed io come il passero sotto i tetti delle case.»

»Oh! oh! sclamò il caporale che chiudea il retroguardo, contenete le vostre lingue, o le metterò sotto lucchetto.»

»No, che non tacerò, sclamò Kettledrumle. Non voglio obbedire ad un profano.»

»Non bado agli ordini d'un Filisteo, aggiunse Mausa, neanco se i suoi abiti bagnati nel nostro sangue fossero più rossi delle pietre che fabbricarono la torre di Babilonia.»

»Holliday! sclamò il caporale, hai tu sbarre per la bocca di costoro? Se no ci fanno assordire.»

E stavasi per mettere in atto la minacciata punizione, allorchè un uomo a cavallo venne correndo di gran galoppo ad annunziar qualche cosa a Bothwell che marciava avanti tenendosi a qualche distanza dal rimanente della brigata. Quel dragone portava ordini dal campo al sergente, che uditili appena, corse ai suoi prescrivendo loro di addoppiare il passo, e di marciare cautamente e in silenzio, perchè fra un istante si troverebbero alla presenza dell'inimico.

[216]

CAPITOLO XIV.

»Lorde le mani nel fraterno sangue

»Abbiam, dite. E il volemmo? I nostri pianti,

»Le nostre preci voi sdegnaste i primi.

»Della disperazion cui ne traeste

»Figlio è il nostro furor. Barbari voi!

Butter.

I dragoni di Bothwell s'erano messi al galoppo, cosa che garbava poco al ministro e alla vecchia Mausa, i quali non avvezzi molto al cavalcare duravano fatica a tenersi in sella. Dall'atto che si partì dal castello di Tillietudlem, la brigata costeggiò quasi sempre un bosco, di cui già molti vani aveva trascorsi. Da questo allora si dilungava entrando in un paese montagnoso, frastagliato da valli, letto ne' tempi piovosi dei torrenti che scendevano dall'alto di quelle roccie. I tratti pantanosi che qua e là s'incontravano, e le macchie d'erica, sola vegetazione che ivi apparisse ad ogni istante rendevano impacciata a questa gente la via.

Fu in tal giacitura di luoghi che Morton scorse ad una distanza di mezzo miglio il reggimento di Claverhouse, che per mezzo ad un tortuoso ed intricato cammino cercava raggiugnere la vetta d'una di quelle principali montagne. Niuno impedimento ascondendo allora la vista dell'intero corpo [217] di quell'esercito, si accorse Morton, come il numero di esso che sarebbesi detto ragguardevole sintantochè occupava molta linea di angusti sentieri, tutto raccolto in una aperta eminenza, offeriva allo sguardo una forza di lieve conto e pressochè dispregevole.

»Del certo, così fra se stesso la pensò Enrico, un pugno di uomini risoluti potrebbe agevolmente difendere, qualunque ella fosse, una gola di queste montagne contra l'impeto di truppa sì poco numerosa.»

E intanto ch'egli faceva tali considerazioni, i dragoni di Bothwell raggiugnevano il reggimento tenendo un cammino continuamente sì perverso, che spesso convenia lasciarlo per prendere sentieri di fianco il meglio che si potea. L'impaccio in cui trovavansi il reverendo Gabriele e la sua vecchia compagna divenia tanto maggiore, perchè i soldati messi a guardarli, non si prendendo pensiere dei rischi ai quali l'imperizia del cavalcare avventurava questi meschini, li costrignevano a seguirgli per traverso a paludi, a fossi, a torrenti a boscaglie ond'era interrotta ad ogni istante quella disastrosissima strada.

In quel momento il cavallo di Mausa era saltato sopra ad un muricciolo di terra, parte di cinta di un luogo chiuso dianzi ed abbandonato a que' tempi. Nello scotimento avutone perdè la cuffia, onde i suoi capelli grigi sventolavano a grado del vento.

[218] Il cavallo di Kettledrumle trovandosi in mezzo ad una densa melma, vi si approfondava sino agli speroni, e negli sforzi ch'ei facea per ritrarsene, copriva di fetido e nero loto le vesti e il volto del suo cavaliere.

Tai picciole avventure della vecchia e dell'ecclesiastico per qualche tempo intertennero gratamente i lor condottieri; ma idee più serie ne interruppero i passatempi.

Il corpo del reggimento non era molto lontano alla sommità del monte, allorquando furon veduti tornare disordinatamente addietro alcuni uomini a cavallo mandati per fare scoperta, e gl'inseguivano dieci o dodici altri uomini parimente a cavallo, armati di carabine. Due di questi avendo osato d'innoltrarsi fino alla sommità del giogo, divenuto campo ai Reali, fecero fuoco, e ferirono due dragoni, ritirandosi indi con tal calma e intrepidezza che li mostrava non atterriti dalla forza mossa contro essi, e pieni di fiducia nel numero de' lor partigiani.

Claverhouse fece una momentanea pausa, dopo la quale ordinò all'antiguardo comandato da lord Evandale di raggiugnere l'altura, e al reggimento di marciare avanti in due linee, la seconda delle quali dovea sostenere la prima. I prigionieri stavano sempre al retroguardo, e giunti che furono a lor volta alla cima, Morton vide più [219] chiaramente quai difficoltà si opponevano da superarsi al colonnello.

L'altura di monte, su di cui in allora il reggimento schieravasi, presentava un grande spianato, che dalla parte opposta a quella della salita terminava in dolce pendio ad una valle lontana un quarto di miglio, luogo per vero dire non isvantaggioso allo squadronare della cavalleria; ma la valle era divisa da un'ampia fossa d'acqua stagnante che ad entrambe le rive copriasi di macchie opportunissime a nascondere i cacciatori nemici. Confinava poi colla valle un'altra montagna simile presso a poco a quella ove campeggiava Claverhouse, ed alle cui falde vedeasi il corpo de' Puritani, pronto giusta quanto appariva, a contendere il passaggio della fossa ai Reali.

La infanteria de' primi era ordinata in tre linee; l'anteriore munita d'armi da fuoco d'ogni qualità, e portatasi assai vicino alla fossa da poter trarre sul reggimento se si avventurava a calare dalla montagna ove trovavasi. Le veniva dietro un corpo di picchieri apparecchiatisi a dare il buon saluto ai dragoni qualor tentassero forzare il vano della fossa. La terza linea formavano contadini armati di forche, di falci, di vanghe, e d'ogni sorte d'attrezzi rurali allor convertiti in istrumenti da guerra. A ciascun fianco vedeasi un corpo di cavalleria, padrone di un suolo arido e fermo, sì che [220] potea far impeto sul nemico ogni qual volta questi avesse preferito un assalto di fronte. Comunque male armati e peggio vestiti gli uomini a cavallo, erano sostenuti in compenso dall'ardore per la causa che difendevano ed incoraggiati da quel cieco fanatismo che non conosce nè rischi nè ostacoli. Que' dessi, i quali aveano costretto a ritratta l'antiguardo del reggimento, raggiugnevano in quell'istante il lor corpo. Tutti gli altri si tenean fermi al proprio luogo, immobili siccome le punte delle rocce di cui abbondava quel campo.

Il numero de' Puritani non eccedeva i mille dugento uomini, nè v'era la metà di questi che fosse ben armata; e sommavano, tutto al più, a cento gli uomini a cavallo. Ciò nulla ostante piena fidanza animava i lor condottieri, nè dubitavano che la vantaggiosa situazione, la superiorità di numero, la disperazione del perdono dopo la mossa cui s'eran tratti, e soprattutto l'entusiasmo che li guidava non fossero per tener luogo d'armi, di munizioni e di disciplina militare, da quel campo affatto sbandita.

Le alture de' monti che sorgeano dietro al campo de' Puritani vedeansi coperte di donne e persin di fanciulli, che un zelo feroce, pari a quello di Mausa, avea condotti in que' luoghi disabitati per essere spettatori di una pugna da cui credeano dipendere la sorte loro, de' loro padri, o dei mariti o de' figli. Quelle donne, simili [221] alle mogli degli antichi Germani, misero acute grida al vedere sulla sommità dell'opposto monte splendere l'armi del reggimento di Claverhouse, grida che accendendo di nuovo ardore i sommossi, ispirarono a questi la risoluzione di combattere, e sino all'ultimo sangue, per quanto aveano di più caro.

Non appena il reggimento di Claverhouse ebbe terminato di schierarsi sullo spianato della montagna, le trombe fecero udire lo squillo foriero della pugna, che rassembrava al segnale dell'angelo sterminatore; al quale squillo i Puritani corrisposero intonando salmi, i cui versetti venivano cantati a vicenda dalle donne e dai fanciulli postisi a campo dietro di loro.

Intanto che la discordante armonia di questi salmi veniva ripetuta da ogni eco delle campagne, Claverhouse esaminava con attenzione i siti, e l'ordine di battaglia divisato dai Puritani, ordine di battaglia da cui pareano fermi a non volersi rimovere.

»Egli è forza dire che fra questi malandrini si trovi più di un vecchio soldato, egli sclamò. Chi scelse un tal campo non è uno stupido certamente.»

»Sembra cosa indubitabile, soggiunse lord Evandale, che Bothwell sia nel novero di costoro. Si citano parimente Haxton di [222] Bothillet, Pathon, Clélande ed alcune altre persone che han portato l'armi.»

»È quanto io pure pensava, disse Claverhouse. Al modo lor d'ordinarsi conchiusi subito aver essi per capi alcuni di quegli uomini che impararono la guerra in mezzo alle civili nostre discordie. Qui abbisogniamo così di coraggio come d'intrepidezza, Evandale.»

Così parlando inoltrossi verso un monticello coperto di musco, stato forse il sepolcro d'un capo antico di Celti, indi fece avvertire i suoi ufiziali d'assembrarsi attorno di lui.

Uniti che furono: »Signori, lor disse Claverhouse, non vi ho già convocati per instituire un consiglio di guerra; perchè non ho punta intenzione di caricar gli altri d'una guarentigia sopra quelle cose di cui mi fa mallevadore il mio grado. Bramo solamente che mi schiariscano i vostri avvisi, riserbandomi il diritto di seguire il mio proprio come è stile di tutti coloro che chiedono suggerimenti. Che ne dite voi, o Graham? Assaliremo noi questi sciagurati cantori di salmi? Voi siete il più giovine. Parlate pel primo.»

»Sintantochè avrò l'onore di portar lo stendardo del reggimento guardie, rispose Graham, esso non indietreggerà giammai dinanzi ai ribelli. Il mio parere è: Avanti! marche! in nome del re!»

[223] »E voi, Allan che pensate? si volse il colonnello al maggiore. Parlate voi. Evandale è troppo modesto per proferire la propria opinione prima d'avere intesa la vostra.»

Era il maggiore un antico ufiziale di cavalleria, in cui senno ed esperienza abbondavano: »I ribelli, ei rispose, sono quattro contr'uno: circostanza che m'inquieterebbe ben poco se fossimo in campagna rasa; ma hanno per se il sito e il vantaggio d'un fortissimo campo, che non sembrano gran chè vogliosi d'abbandonare. Io penso adunque, salvo tutto il possibile rispetto al parere del preopinante Graham, che il miglior partito per noi sia porre il nostro quartier generale a Tillietudlem, e interrompere in questo mezzo tutte le comunicazioni fra le montagne e la pianura, poi mandar per rinforzi a lord Ross stanziato a Glascow con un reggimento di fanteria. In questa guisa o li costrigneremo a sloggiare dal campo che han preso, e avrem vantaggio in combatterli; o lo mantengono, e ci sarà più agevole lo snidiarneli se un rinforzo di fanteria seconderà le nostre fazioni intese a superare quella fossa che per vero dire mi sembra molto fangosa.»

»Eh via! tornò a parlare Graham, che cosa è mai un vantaggio di sito, se lo custodiscono truppe che perdono il tempo ad intonar cantici in compagnia di vecchie femmine?»

[224] »Ma che non quindi si batteranno con minor valore; risoggiunse Allan. Voi li vedete fermi come un muro d'acciaio. Io conosco d'antica data questi furfanti.»

»Ho capito, riprese a dire Graham, le lor salmodie tornano in mente al maggiore gli antichi ribelli di Dumbar.»

»Se gli aveste veduti, mio giovinotto, voi ve ne ricordereste pel rimanente de' vostri giorni.»

»Zitti là, miei signori! si frappose Claverhouse. Tutto questo giuoco di dialogo adesso è fuor di stagione. — Io sarei propensissimo a seguire il parer vostro, o maggiore, se il nostro antiguardo, che sarà mia cura di severamente punire, ci avesse avvertiti in tempo del numero e della situazione de' nemici. Ma ora ci siam presentati dinanzi ad essi in ordine di battaglia: una ritirata del reggimento guardie verrebbe attribuita a paura, accrescerebbe la presunzione de' ribelli, e diverrebbe il segno d'una sommossa generale in tutto il paese. E se ciò accadesse, lungi dall'ottenere rinforzi da lord Ross, dovremmo temer noi di veder tagliate le nostre comunicazioni con lui; quindi parmi che nell'attuale circostanza una ritirata sarebbe funesta alla causa del re non meno della perdita d'una battaglia. Quanto poi al più grave pericolo che non ci ritirando sovrasta alla nostra individuale sicurezza, son certo che questa [225] considerazione non occupa un istante gli animi di chi m'ascolta. — Nella fossa che abbiam rimpetto si troverà, non ne dubito, qualche parte agevole al guado; e giunti una volta su buon terreno, non v'è dragone del mio reggimento, non persuaso che trionferemo di questi sciagurati, sforniti d'armi e di disciplina, fossero anche il doppio numerosi di quel che sono. — Che ne dite lord Evandale?»

»Io penso, rispose, che qualunque sia l'esito di questa giornata dovrà costar molto sangue; che ne converrà sospirare sulla perdita d'un grande numero di valorosi colleghi; e che finalmente ci vedremo alla necessità di trucidare a migliaia questi fanatici, che in fine sono Scozzesi al pari di noi, e sudditi di sua maestà.»

»Dite ribelli di sua maestà, sclamò tutto infuocato Claverhouse, scellerati, che non meritano nome nè di Scozzesi nè di sudditi! — Ma e poi!... vediamo, milord, come vorreste dunque che ci contenessimo?»

»Cercare di venire ad accomodamento con questa gente ignorante e sviata!»

»Calare a patto con ribelli, e con ribelli armati! Non mai finch'io viva!»

»Non intendo che domandiamo grazia da essi; ma che l'offeriamo. Mandate un parlamentario, autorizzato a promettere loro il perdono se dimettono le armi, e si disgiungono [226] sull'istante. — Ho udito spesse volte ripetere, che se tale avviso fosse stato accolto prima della battaglia di Pentland, si sarebbe risparmiato un grande spargimento di sangue.»

»Il vostro consiglio non è cattivo. Ma chi diavolo vuole incaricarsi di parlamentare con questi arrabbiati fanatici? Ignari delle leggi della guerra, trucideranno il parlamentario. Non son forse i capi di costoro che assassinarono il povero arcivescovo di sant'Andrea? Ammazzeranno, vi torno a dire, il parlamentario, colla mira se non altro di lordar nel sangue le mani dei lor partigiani, e di obbligarli a rinunziar com'essi ad ogni speranza di perdono.»

»Andrò a trovarli io, se mi permettete, disse lord Evandale. Non mi incresce rischiare la vita per impedire la strage che vedo apparecchiarsi.»

»Voi non andrete, rispose il colonnello, dopo aver pensato un istante. Il vostro grado, la condizione, le affinità rendono necessaria la conservazione de' vostri giorni alla patria, soprattutto in questi tempi che difettiamo di chi pensi bene al pari di voi. Voglio però tenermi al vostro consiglio. Ecco mio nipote Graham, che non teme nè ferro nè fuoco; e che crede possedere nel corpo quella fatatura di cui questi forsennati hanno attribuito il vanto al mio cavallo. Egli adunque impugni la bianca bandiera, [227] e fattosi precedere da un trombetta si avanzi fino alla riva sinistra della fossa che disgiugne la valle, ed intimi ai ribelli di por giù l'armi e separarsi.»

»Con tutto il piacere, mio colonnello, rispose Graham. Metterò sulla punta d'una picca la mia cravatta e mi servirà di bandiera bianca. Già questi bricconi non han mai veduti in lor vita pizzi di Brusselles.»

Dette le quali cose, s'allontanò per correre ad allestire il proprio cavallo, nel qual tempo lord Evandale sì diceva a Claverhouse. »Colonnello questo giovane è vostro nipote, il vostro parente più prossimo. Per amor del cielo! permettete a me incaricarmi di tal commissione. Io la consigliai; è giusto ch'io ne corra i pericoli.»

»Fosse anche mio figlio, il colonnello rispose, non cambierei di parere. Le mie affezioni private non impediranno mai l'adempimento de' doveri che m'appartengono come uomo pubblico. Se Graham soggiace, la perdita sarà mia solamente. La vostra, o milord, diverrebbe perdita della patria e del re. — Andiamo signori; che ciascuno torni al posto che gli s'aspetta; se il nostro parlamentario non riesce nella sua missione, ci porteremo sull'istante ad assalire i ribelli.»

Fine del tomo primo.

NOTE:

1. Il sig. Walter Scott nel pubblicare così il romanzo storico I Puritani di Scozia, come l'altro Il Nano Misterioso, ha assunto il nome di Jedejah Cleishbotham, maestro di scuola e sagristano della parrocchia di Gander-Cleugh, ed ha intitolati entrambi i romanzi: Racconti del mio Ostiere.

2. Si vedrà in appresso come vi fosse qualche distinzione fra i Puritani ed i Presbiteriani, comunque figli tutti di una medesima setta.

3. Gli è inutile l'avvertire essere una fanatica Puritana quella che parla, e la quale non s'accorge come i veri corruttori della pura dottrina evangelica, erano appunto que' regicidi dottori e pseudo-teologi, dei quali nella sua ignoranza s'era fatta settaria.

4. In tempi ben di poco posteriori a quelli narrati ora, vale a dire dopo la spedizione tentata sfortunatamente dal re Giacomo per risalire sul trono d'Inghilterra, e propriamente nel 1716, milady Milhisdale si valse, ed efficacemente, di un tale espediente per far fuggire dalla torre di Londra il proprio marito condannato a perdere il capo sotto la scure del carnefice. Ella rimase in vece del reo, e la corte ordinò la libertà di questa generosa donna che andò a raggiugnere in Francia lo sposo; fatto identico, cambiati i nomi propri delle persone e dei paesi e le epoche, alla prova d'amor coniugale ben tornata nel 1815 alla rinomata Francese, madama De la Vallette. — Nota del Traduttore

5. I leggitori comprenderanno, come essendo la idiota Mausa che parla, dee talvolta cadere in errori grossolani e confondere qualche nome storico d'un uomo con quel d'una donna. — N. del T.

Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.

Copertina elaborata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.






End of Project Gutenberg's I Puritani di Scozia, vol. 1, by Walter Scott

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