The Project Gutenberg eBook of I viaggi di Gio. da Mandavilla, vol. 1

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Title: I viaggi di Gio. da Mandavilla, vol. 1

Author: Sir John Mandeville

Commentator: Francesco Zambrini

Release date: December 6, 2019 [eBook #60864]

Language: Italian

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I VIAGGI
DI
GIO. DA MANDAVILLA. Volume I.


I VIAGGI
DI
GIO. DA MANDAVILLA

VOLGARIZZAMENTO ANTICO TOSCANO
ORA RIDOTTO A BUONA LEZIONE
COLL'AIUTO DI DUE TESTI A PENNA

per cura di

FRANCESCO ZAMBRINI.


Vol. I.

BOLOGNA.
PRESSO GAETANO ROMAGNOLI.

1870.


Edizione di soli 206 esemplari per ordine numerati.

N. 188.

IMOLA. — TIP. D'I. GALEATI E FIGLIO

Via del Corso, 35.



INDICE


AGLI ILLUSTRI LETTERATI
CAV. FRANCESCO DI MAURO DI POLVICA
E
DOTT. CAV. GIUSEPPE PITRÈ
IN OGNI MANIERA DI LETTERE
ERUDITISSIMI
A TESTIMONIANZA
DI PROFONDA STIMA
E
DI GRATO ANIMO

FRANCESCO ZAMBRINI.

[vii]

Al Cortese Lettore

Poche letture son più gradevoli, a parer mio, delle narrazioni di viaggi; le quali, oltre al diletto che arrecano, tornerebbero eziandio utilissime per le notizie che ci porgono de' luoghi a noi sconosciuti, de' varii costumi delle genti e delle svariate e strane regioni del mondo, se non vi fossero a larga mano tante favole mescolate, da isgradarne talvolta i più fertili romanzi che ci abbiamo. Radi son coloro, che di simili materie trattarono, che ne vadano al tutto [viii] esenti; chè se cotesto difetto abbonda ne' primi nostri scrittori, è pur comunissimo eziandio ne' moderni, i quali fra alcune verità ci raccontano tante capricciose bugie, da penar molto a prestar fede infino a quello, che pur di prima giunta ci si appresenterebbe non inverisimile.

Passandomi affatto de' moderni, de' quali non è qui luogo tener ragione, toccherò brevemente de' principali fra gli antichi, che, o scrissero in origine nel volgar nostro, o in esso traslatarono viaggi altrui; i quali se pure largheggiarono di menzogne, se per bene non sono aggiustati in geografia, in istoria; se errarono di nomenclature, e così va dicendo, serbarono tuttavia quella eleganza e proprietà di linguaggio, e quella ingenuità e semplicità di narrare, che indarno o rado si cercherebbero negli scrittori da poi. Il primo libro di simil [ix] fatta che noi abbiamo in volgare e de' più famosi è senza dubbio il Milione di Marco Polo, il quale intraprese il suo viaggio nel 1272 o circa. Quell'opera, tradotta dal francese nel nostro idioma, come prova il ch. sig. prof. cav. Adolfo Bartoli nella sua dotta Prefazione anteposta alla ristampa che di quell'aureo volume fece il Le Monnier nel 1863, riguardasi la più antica e la più importante tra le descrizioni di viaggi nell'età di mezzo, che ci abbiamo in volgare. A cotesta, per cronologia procedendo, tien dietro il breve Itinerario ai paesi Orientali di fra Riccoldo da Monte di Croce, religioso domenicano, che lo scrisse verso la fine del sec. XIII in lingua latina, volgarizzato poscia nel 1350, o in quel torno da Anonimo. Il beato Odorico da Pordenone nel Friuli vien terzo per ordine di tempi, il quale ci descrisse [x] un suo Pellegrinaggio nel 1318. Vogliono alcuni che egli il dettasse in lingua volgare, e ne adducono buone ragioni, ma prove più sufficienti assai contraddicono alla prima asserzione, e inducono a credere che l'originale suo fosse propriamente dettato in lingua latina, e da questa tradotto da Anonimo non molto dopo. La qual versione fu poi resa di pubblico diritto in Pesaro per Girolamo Soncino nel 1513 col titolo di: Odorichus de rebus incognitis; libretto oggi irreperibile: una parte fu da me posta fuori, secondo codd. Riccardiani, Magliabec. e Palatini, nel 1866. Il quarto finalmente si è Giovanni da Mandavilla, uno de' più copiosi fra gli antichi, che imprese i suoi viaggi nel 1322. Onde, quantunque ei non sia da riporre tra gli scrittori nazionali, tuttavia avendosi del suo libro una buona traslazione volgare, anzi un [xi] rifacimento e una larga parafrasi dell'originale, fatta, per mio avviso, sul finire del sec. XIV o al più sul cominciare del susseguente XV, parmi in certo modo debbasi considerare quasi lavoro italiano; avvenendo per poco in tali casi come d'una pianta esotica trapiantata sul nostro suolo, la quale, quantunque di provenienza straniera, pur col tempo, educata e allevata nel nostro clima, diventa indigena e di natura nostrale; onde io intendo collocarlo tra le descrizioni presso che originali che abbiamo nella nostra letteratura; sicchè mi confido, che niuno vorrà imputarmelo a colpa.

Giovanni Mandavilla o da Mandavilla dunque, da s. Albano in Inghilterra, cavaliere dello sperone d'oro, intraprese i suoi viaggi nel 1322, insieme con altri amici, e visitò tante regioni d'Oriente, quante forse e più [xii] non si facesse altri. Godè la protezione del Soldano di Babillonia, che è a dire dell'imperatore del Cairo (perchè a que' tempi il Cairo chiamavasi Bambillonia), secondo che egli stesso ci narra alla pag. 101 di questo primo volume, ove apprendiamo che gli era conceduto di potere entrare a veder tutte le cose sante di Gerusalemme per la virtù delle lettere del Soldano, nelle quale era speziale comandamento a tutti e suoi sudditi, che lo lasciassero entrare dove egli voleva. Notevoli, fra l'altre cose, sono le parole che il Soldano gli disse, risguardanti i depravati costumi de' cristiani, che leggonsi alla pag. 168 pur di questo primo volume, che voglio qui interamente riportare: —

E però io vi voglio dire quello che mi disse una volta el Soldano al Cairo. Egli fecie votare la sua camera d'ogni maniera [xiii] di gente, di signiori e d'altri baroni, perchè voleva parlare con meco di secreto. Domandommi: In che modo si governono e cristiani nel vostro paese? Io risposi: Bene, per la divina grazia. E lui mi disse, che veramente non fanno, perchè i vostri prelati non istimono il servire a Dio: egliono doverebono dare esemplo di ben fare a la comune gente, e doverebono andare a' templi a servire a Dio; e egli vanno tutto dì per le taverne giucando, beendo e mangiando, a modo di bestie. E così e cristiani si sforzono, in ogni maniera che possono, di barattarsi e ingannarsi l'un l'altro; e sono tanto superbi, che non si sanno vestire, nè contentarsi mai; perchè quando vestono corto, e quando lungo; or larghi, ora stretti; e quando ricamati, e quando intagliati, et in ogni modo si divisano con cinture e con livrere, e con truffe e con buffe; e egliono doverebono essere semplici e umili e mansueti e meritevoli e caritativi, sì come fu Iesù Cristo, nel quale loro credono. Ma e' fanno el contrario e a rovescio, e son tutti inclinati a malfare; e tanto sono cupidi e avari, che per poco argento e' vendono e figliuoli, le sorelle e le loro propie moglie per fare [xiv] meritrice; e sì si tolgono le moglie l'uno a l'altro, e non si mantengono fede, anzi non osservono la lor legge, che Giesù Cristo à loro dato per la loro propia salute. Così per li loro propii pecati ànno perduta questa terra, che noi teniamo; e il vostro Dio sì ce l'à data e concessa nelle nostre mane, non tanto per la nostra fede, ma per li vostri peccati; perchè noi sapiamo di certo, che quando voi servirete bene il vostro Dio, lui vi vorrà aiutare, e noi non poteremo contro a voi. E ben sappiamo per profezia, che' cristiani regnieranno in questa terra, quando egli serviranno al suo Dio più divotamente che non fanno ora; ma mentre che eglino stanno in così brutta vita e con tanti peccati, come e' sono al presente, noi non abiamo punto dubbio di loro, perchè il loro Dio non gli aiuterà punto. E allora gli adimandai qualmente sapeva così bene gli stati d'intorno de' principi de' cristiani e il comune stato loro. E lui mi rispose, che ciò sapeva per la gente che mandava per ogni parte e in ogni paese, in guisa di mercatanti di pietre preziose, di moscado e di balsamo, e altre cose per sapere el governo d'ogni paese. Dipoi fece chiamare [xv] nella camera sua e signiori che prima aveva cacciati fuori, e mostrommi quatro di questi che erono gran signiori in quel paese, e quali sì mi divisarono così bene el paese de' cristiani, come se fussino nati in detti paesi, e parlavano franceschi nobilmente; e similmente il Soldano, di che molto mi maravigliai. Ahi lasso! quanta vergognia e quanto danno è a tutti e cristiani e alla nostra legge, che gente, che non ànno fede, nè legge, ci vanno biasimando e ispregiando e riprendendo! Quegli che per li nostri buoni esempli e nostra accettabile vita doverrebono convertirsi a la fede di Iesù Cristo, sono per le tristizie nostre e' nostri errori dilungati totalmente! Ma noi siamo per li errori nostri e per le nostre trestizie estratti e dilungati totalmente dalla vera o santa fede! Onde non è maraviglia, se loro ci chiamono cattivi, perchè e' dicono el vero. Ma dicono, che li saracini sono buoni e leali, però che egliono guardono interamente il comandamento del santo libro Alcorano, che Dio li mandò per lo santo messo e profeta Maometto; al quale dicono, che l'angiolo Gabriello spesse volte parlava, mostrandogli la volontà di Dio. —

[xvi]

Servì quindi al soldo il Gran Cane Thonth o Thioulth per ispazio di XV mesi contro il re di Mauthi col quale avea guerra. E, dopo molti anni, ritornato allo stanco riposo per cagione delle gotti antiche, compilò e mise in iscritto le sue avventure nell'anno di grazia 1357, nell'anno tregesimo quinto ch'egli si partì di suo paese.[1]

Quest'opera, secondo che da lui medesimo sappiamo, fu scritta totalmente in volgare, perchè molti intendono meglio in vulgare che in latino (v. pag. 8). Or che cosa s'intenda proprio qui per vulgare è chiaro, da che vulgare chiamavasi comunemente la lingua romanza. Descrisse dunque il Mandavilla cotesti suoi viaggi in lingua romanza, ciò è a dire in provenzale o francese. In essi, tra le verità esagerate, mescolò tante di quelle fiabe, quante uomo [xvii] può imaginare; tal che fa maraviglia come potesse crederle egli stesso e presumesse che altri avesse a dar loro fede. Ma tra le strane, per dinotarne alcune, stranissima sopra tutte parmi la storia della figliuola d'Ipocras trasmutata in un dragone lungo dugento torse; ogni torsa equivale a dieci piedi, quindi il dragone sarebbe stato lungo duemila piedi! La novella della donna dello sparviere è pur singolare, e la descrizione dell'Arca di Noè; le Chiocciole dell'Isola di Talanoch; la valle de' Giudei; la Caverna dei Diavoli; le virtù degli alberi del Sole e della Luna; la descrizione del Paradiso terrestre; l'origine del Presto Giovanni e altre insomma sono tanto marchiane, che ripugnano, non dirò già alla critica, ma al senno comune. Ed è sì vero, che lo stesso Mandavilla teme non altri possa mettere in dubbio le sue asserzioni, [xviii] ed il palesa apertamente là ove dice: Chi mi vuol credere, mi creda, se gli piace; e chi non vuol credere, sì lasci stare. Anzi vieppiù incalzando per guadagnar fede, altrove soggiugne: Sappiate che quello che io ò scritto si è la propria verità come se fussi il santo Evangelio, benchè saranno molti, che non lo crederanno. Si giudichi da queste parole la buona fede e la persuasione intima di costui sulle cose narrate.

Qui e qua ci andiam pure abbattendo eziandio in brevi lezioni di fisica, di astronomia, di botanica, di geografia, di storia ecclesiastica, del vecchio e del nuovo Testamento, e così va dicendo, le quali ci dànno a conoscere per poco in che umil grado erano le discipline scientifiche di que' tempi anche in Inghilterra. Con tutto ciò è pur uopo confessare, che [xix] la lettura di questo libro eccita molta curiosità e diletto, effetti che produr doveansi altresì nell'animo de' nostri antichi, come il comprovano le non poche stampe che se ne fecero e le isvariate traduzioni in tutte le lingue d'Europa.

Quest'opera può dividersi in due parti. Nella prima tratta l'autore de' Luoghi Santi e ci racconta quelle maraviglie stesse che ci narrarono altri viaggiatori suoi contemporanei, cioè Simone Sigoli, Lionardo di Niccolò Frescobaldi, Giorgio Gucci, Niccolò da Poggibonsi; e, più innanzi, Mariano da Siena, Iacopo da Sanseverino, Niccolò da Este e diversi altri. Nella seconda parte, che è dieci tanti più dilettevole, introducendosi vie maggiormente nelle provincie e ne' regni orientali, passa al Catajo, all'Indie, in Persia, e così via come dice il libro: e ci narra assai di quelle [xx] stesse maraviglie che troviamo celebrate nel Milione di Marco Polo, e più brevemente anche nel Pellegrinaggio del beato Odorico. Qui pur ragionasi a lungo del Gran Cane con tanta copia e magnificenza ed entusiasmo, che il Mandavilla non la cede punto a Marco Polo; sicchè se il libro di Marco fu chiamato Milione per le inaudite ricchezze raccontate di quello imperatore, a buon dritto anche Milione cognominar si potrebbe questo del Mandavilla. La quale magnificenza del Gran Cane non era certo maggiore all'altra del Presto Giovanni, di cui afferma il nostro scrittore che alla sua corte ogni dì mangiano più di trentamila persone sanza quelli che vanno e vengono!

Essendo pertanto questo libro così variato e pieno di meraviglie, compilato e messo fuori in tempi ne' quali [xxi] assai più leggiermente che poscia si amava udirle e si credevano, bene non istupiremo se con avidità era cerco e letto e se in più lingue fu traslatato e reiterate volte in ognuna messo a stampa. Del secolo XV se ne annoverano fino a 27 edizioni, e cioè: otto in francese, quattro in latino, sei in tedesco, e le altre in volgare. Il Milione di Marco Polo non n'ebbe allora che sole cinque; avvegnachè, procedendo ne' tempi, se ne conoscano a' nostri dì ben 58. In inglese pure assai ne furon prodotte nei secoli XVI, XVII e XVIII, e fra le altre molto stimata si è quella di Londra del 1725, e l'altra eseguita a' tempi nostri del 1839. Ciò nondimeno quest'opera nel testo volgare è divenuta rara per modo, che indarno oggi potrebbesi dai curiosi possedere.

La rarità sua pertanto mi fece [xxii] venir vaghezza di profferirla nuovamente in luce, e a tale uopo consultai diverse edizioni, che tutte vidi, qual più qual meno, sconciamente guaste e corrotte e piuttosto in dialetto che in illustre volgare italico, all'infuori della fiorentina edita nel 1492, nella quale un po' più che nell'altre è rispettata la desinenza delle parole, quantunque essa pure non vada scevra da molti difetti e lacune. Entratomi dunque allora nell'animo desiderio più vivo di nuovamente pubblicarla, secondo investigazioni fatte, seppi dall'egregio sig. Emilio Calvi, ufficiale nella Magliabec., da me a tale uopo incaricato, che due codici di questo volgarizzamento serbavansi nelle biblioteche fiorentine; uno nella Magliabechiana suddetta (oggi Nazionale), cartaceo, di piccola lettera, senza veruna data, ma, da quanto si può argomentare, [xxiii] di poco oltre la metà del sec. XV, segn. Cl. XXXV, N. 221; l'altro nella Riccardiana, segn. N. 1917, pur cartaceo, a due colonne, trascritto nel 1492, come il copista medesimo dichiara in fine con queste parole: Io Bartolomeo di Benci da Dicomano al presente provigionato nella Rocca vecchia del borgo Sansipolcro ho scritto questo libro, cioè finito di scrivere questo dì XX di giugno 1492 a stanza di Raffaello di Michele di Corso cittadino fiorentino. In quest'ultimo mancano le rubriche che sono nel Magliabechiano e nelle stampe, ed in varii luoghi diversi Capitoli. Oltre a ciò sembrami di dicitura più moderna, ed apparisce chiaramente che il trascrittore vi fece delle aggiunte, allargò la sintassi e i concetti, e abbondò assai di glossemi. Onde per tutto questo giudicai bene di attenermi al Magliabechiano [xxiv] (che feci diligentemente trascrivere dal prefato sig. Calvi, quantunque nella ortografia men buono) come più antico e consentaneo all'età in cui vuolsi riputare appartenga il volgarizzamento, giovandomi tuttavia in pari tempo del Riccardiano, di cui feci trar fuori le principali varianti, allor che fui costretto dalla guasta lezione del testo che presi ad esemplare. E perchè il mio lavoro riuscisse meno imperfetto che possibil fosse, non trascurai eziandio di tener sott'occhi un'ediz. che io posseggo del 1488 (e fu sopra la lettura di questa che mi nacque talento della presente pubblicazione) fatta qui in Bologna per Ugo de Rugerii a dì IIII di luglio; nè la su mentovata di Firenze per ser Lorenzo de Morgiani et Giov. da Maganza, 1492; colle quali potei correggere qualche parola, che pur coll'aiuto de' soli due codd. mss. non [xxv] avrei potuto. Or, conforme al mio costume, sapendo che cotesti son libri che corrono soltanto per le mani degli eruditi e di coloro che fanno speciale professione di lettere, conservai interamente la grafia de' codd., avvegnachè assai disuguale e poco garbata, e con temperanza mi adoperai in chiose filologiche e d'erudizione: mi limitai singolarmente a notare certe varietà di lezioni, secondo che più o meno sembravami necessario, non che gli errori manifesti non potuti correggersi nè co' testi a penna, nè colle stampe, de' quali alcuni eziandio ho fatto avvertito il cortese lettore con un sic tra parentesi, incastrata nel testo.

Nullostante tutte le prefate cure e sollecitudini, niuno reputi che io presuma di offerire un lavoro propriamente compiuto e senza mende. Per far cotesto si conveniva correggere [xxvi] gli errori di storia sacra e profana che ci sono: quelli di astronomia, di geografia: si conveniva raddrizzare nomi proprii, di città, di Provincie, d'Isole, di Reami; contorti, contraffatti e imbarbariti in modo alcuni, da non potersene agevolmente venire a capo, i quali intronati negli orecchi de' cani, come diceva il Redi, gli farebbero spiritare: si conveniva infine cernere il vero dal falso e additarlo. Io m'era accinto da prima eziandio a questa fatica; ma visto poi che sarei andato troppo per le lunghe e ne avrei portato una gravissima fatica senza adeguato compenso, me ne fuggì l'animo e ristetti, anche perchè tutto ciò avrebbe cresciuto per modo la giunta, da oltrepassare di gran lunga la derrata; molto più poi che non pochi di cotali difetti sono comunissimi a tutti gli scrittori di quell'età [xxvii] ed alcuni anche di facilissima emendazione, in guisa che ciascuno, leggendo, potrà correggere di per sè stesso. Di fatto chi non saprà volgere Tiopia in Etiopia? Barimattia in Arimatia, Roboas in Roboam, Techia in Tecla ed altri così fatti?

Mio precipuo divisamento si fu dunque quello di riprodurre in luce e a buona lezione ridotto, per ciò che concerne in singolar modo la dicitura, un aureo testo, fatto assai raro ed anche inintelligibile nelle antiche edizioni, per le continue barbariche voci introdottevi e per la frequente guasta lezione; un libro, per mio avviso, scritto con uno stile piano, lucido, scorrevole, qual proprio si addice a storica narrazione, e dove molti vocaboli si scoprono attinenti alle scienze che non vidi giammai altrove, con frasi elegantissime, donde assai profitto può derivarne agli studiosi [xxviii] delle nostre classiche lettere. Da così fatta persuasione mosso, non facendo gran capitale di certe mende, che veggonsi dal più al meno in tutti gli scrittori di quell'età, io non dubito punto non questo libro debba incontrare nel genio della repubblica letterata. Se ciò accada, io mi chiamerò abbastanza appagato delle mie sollecitudini e andrò lieto per aver dato novella vita a un'opera, che già da secoli dimentica e quasi sconosciuta se ne giaceva.


[1]

Trattato delle più maravigliose cose e più notabile che si truovino nelle parte del mondo, ridotte e raccolte sotto brevità nel presente compendio dallo strenuissimo cavalieri a spron d'oro, Giovanni di Mandavilla anglico, nato nella città di Santo Albano, el qual, secondo che presenzialmente à vicitato quasi tutte le parte abitabile del mondo, così fedelmente à notato tutte quelle più degnie cose ch'egli à trovato e veduto in esse parte; e chi bene discorre questo libro, arà perfetta cognizione di tutti e Reami, Province, Nazione e populi, gente, costumi, legge, istorie e degnie antiquitate con brevità, le quale, parte da altri non sono trattate, e parte più confusamente d'alcuni gran valenti [2] uomini sono state toccate; e a magior fede il profato autore in persona è stato nel mille CCC.XXII, in Ierusalem; in Asia minore, chiamata Turchia; in Armenia grande e nella piccola; in Tarteria, in Persia, in Siria o vero Suria, in Egitto alto e nello inferiore, in Libia, nella parte grande di Etiopia, in Caldea, in Amazonia, in India maggiore, nella mezana e nella minore, in diverse sette di Latini, Greci, Giudei, Barbari, Cristiani e infedeli e in molte altre province, come appare nel trattato di sotto.

[3]

Trattato bellissimo delle più maravigliose cose e più nobile che si truovino nelle parte del mondo, scritte e raccolte dallo strenuissimo Cavalieri a spron d'oro, Giovanni mandavilla franzese[2] che vicitò quasi tutte le parte del mondo abitabili, ridotto in lingua toscana.

Conciò sie cosa che la terra oltramarina, cioè la terra santa di promissione, fra tutte l'altre terre sia la più eccellente e la più degnia e donna sopra tutte l'altre terre, e sia benedetta e santificata e consecrata del prezioso corpo e sangue del nostro signiore Iesù Cristo; ivi gli piacque obumbrarse nella vergine Maria e pigliare carne umana e nutrimento, e detta terra calcare e circundare co' suoi benedetti piedi: qui volle fare molti miracoli, predicare e insegniare la fede e la leggie a noi cristiani come a suoi figliuoli. [4] E in questa terra singularmente volle portare chaleffi[3] e strazii e soferire per noi molti improperi. E in questa terra singularmente si volle fare chiamare Re del cielo e della terra e dell'aere e dell'acqua, e universalmente di tutte le cose che si contengono in quelle, e lui medesimo si chiamò Re per ispezialitade di quella terra, dicendo: Rex sum iudeorum, perchè questa terra era in quel tempo propia de' giudei. E questa terra s'aveva lui scielta fra tutte l'altre terre per la più degna e per la più virtuosa e per la migliore di questo mondo. Imperò ch'ella è il cuore e il mezzo luogo di tutta la terra del mondo, sì come dice il filosafo: le virtù delle cose stanno nel mezzo. In quella medesima terra volle il Re celestiale usare la vita sua e essere diriso e vituperato da' grudeli giudei, e volle sofferire passione e morte per amor nostro e per riscuoterci e liberarci delle pene de lo 'nferno e della orribile e perpetual morte per lo peccato del nostro primo padre Adam e Eva nostra madre; però che verso lui non aveva [5] meritato male alcuno, imperò che lui mai non disse male, nè fece, nè pensò. E ben volle il Re di gloria in questo luogo più che altrove sostenere passione e morte, però che chi vuole publicare alcuna cosa, a ciò che ciascuno lo sappia, egli la fa gridare e publicare in mezo della città, a ciò che la cosa sia saputa e sparta da ogni parte. Similmente il criatore del mondo volle sofferire per noi morte in Gierusalem, la quale è in mezo del mondo, a ciò che la cosa fussi publicata e saputa per tutto el mondo, el quale egli amò caramente per ricomperare gl'uomini, i quali lui aveva fatti ad imagine e similitudine sua. E questo fece per lo grande amore che lui aveva verso noi sanza alcuno nostro merito; imperò che più cara cosa non poteva egli dare per noi che il suo santo corpo e il suo santo sangue; la qual cosa offerse tutto per nostro amore. Considerate un poco quanto fu l'amore, quando per salvar noi si misse all'aspra e crudel morte, e mai non ebbe in sè radice d'alcun male o peccato! e non dimeno volse per lo grandissimo amore mettere il corpo suo alla morte per li peccatori! Pensi ognuno, quanto amore egli ebbe inverso di [6] noi, quando colui che era sanza peccato e sanza colpa volse ricevere morte per le colpe nostre! E certamente dee essere dilettevole e fruttifera quella terra che fu rigata del prezioso sangue di Giesù Cristo! Questa è quella terra, la quale il nostro Signiore ci promisse per eredità, e nella detta terra volle murire per soddisfare e per lasciarla eredità a' suoi figliuoli. E pertanto ciascun buon cristiano, il quale lo può fare, si doverebe grandemente affaticare in conquistare la nostra sopra detta eredità, e cavarla fuori delle mane degl'infedeli, e a noi apropiarla, perchè noi siamo apellati cristiani da Cristo, el quale è nostro padre, e se noi siamo suoi legittimi figliuoli, noi doverremo volere la ereditate che lui ci à lasciata e trarla delle mani della gente strana a chi non s'appartiene. Ma al dì d'oggi la maladetta superbia e la cupidità e la invidia ànno totalmente e quori de' signiori terreni accesi e infiammati, che più attendono al lasciare essa eredità ad altri, che egli non fanno a ricuperare e acquistare la lor propia eredità e peculio sopradetto; e la comune gente, che ànno volontade di mettere quore e corpo e loro avere per far [7] questo conquisto, non possono sanza e signiori sopra loro alcuna cosa, perchè comunità sanza capo di signiore, è come una multitudine di pecore sanza pastore, le quale si spargono, e poi non sanno che fare si debino. Ma se piacessi al nostro santo papa, che a Dio piacerebe bene che e principi terreni fussino in buona concordia e con loro alcuni comuni, e volessino pigliare il detto santo viagio d'oltramare, e io sono certo che in brieve termine sarebe la terra di promissione racquistata e posta nelle mane de' veraci eredi di Giesù Cristo. E perchè gli è gran tempo, che non è stato passaggio generale oltrammare; e ancora perchè son molti che si dilettono d'udire parlare di detta terra santa e di ciò pigliono piacere, io Giovanni da Mandavilla, cavaliere, conciò sia cosa che io indegno sia, nato e nutrito in Inghilterra, della città di santo Albano, il quale passai il mare l'anno Mille CCCº. XXII, el dì di Santo Michele mi partii e andai nelle torre d'oltrammare e stettivi grandissimo tempo et ò veduto e circundato molto paese e molte diverse province e molte strane regione e isole diverse, e ò passato per Turchia, per Armenia piccola e per la [8] grande, per la Tarteria, per Persia, per Soria, Arabia, per lo Egitto alto e basso, per Libia e per una gran parte di Etiopia, per Caldea, per Amazonia, per India minore, mezana e maggiore, e per multitudine di diverse gente e diverse fede e luoghi e di diverse fazioni, di tutte quelle terre e isole parlerò più a pieno ch'io poterò, e dimosterrò una parte delle cose che vi sono, quando tempo sarà di parlarne, di quele che io mi potrò ricordare, spezialmente per coloro che ànno disiderio o intenzione di vicitare el nobile paese e città di Gierusalem e i santi luoghi che sono quivi d'intorno; e così mosterrò el camino quale poteranno tenere; imperò ch'io sono passato per molti e cavalcato per la grazia di Dio con buona compagnia. E sappiate, che io arei composto questo libro in latino per divisare più brievemente, ma perchè molti intendono meglio in vulgare che in latino, io l'ò totalmente in vulgare[4] composto, a ciò che ciascuno lo possa intendere, e a ciò che gli signiori e gli altri cavalieri e gentili uomini, i quali [9] non sanno latino e sono stati oltramare, intendino, se io dico el vero o no. E se io erro in discrivere, per non ricordarmi o per altra cagione, che eglino mi possino corregere e megliorare, perchè le cose di lungo tempo per non le vedere, spesso legiermente tornono in oblivione, e la memoria umana non può ogni cosa apprendere e ritenere. Ora, col nome di Dio glorioso, colui che vuole andare oltramare, vi può andare per più vie, per mare e per terra, secondo el paese donde si parte; delle quali vie la maggiore parte tornano tutte a un fine. E non intendete punto che io voglia dichiarare tutti i luoghi, cioè città, castelle e ville, per le quale si conviene passare, perchè farei troppo lungo parlare; ma solamente d'alcuni paesi e luoghi principali, per li quali si debba andare e passare, per la diritta via tenere.

QUI DISCRIVE IL PRIMO CAMINO D'ANDARE AL SANTO SEPOLCRO.

Primamente chi si parte dalle parte occidentale, come di Inghilterra, d'Orlandria, di Scozia o de Norverga, anco egli può andare, se vuole, per Alamagna e per lo Reame d'Ungheria, che confina [10] alle terre di Polonia e alla terra di Panonia e di Flessia. Lo Re d'Ungaria è molto possente e valente signiore: tiene molto grande terreno, imperò che tiene Ungaria e gran parte di Schiavonia, di Comania e di Bolgaria, e tiene del reame di Rossia, gran parte delle quale n'à fatto un ducato, che dura infino alla Dinflania e confina con Prussia. La terra di questo signiore si passa per la città di Cipro e per lo castello di Ynsebuces[5] e per Mala villa, ch'è verso la fine d'Ungaria; e là si passa per la riviera del Danubio. Questa riviera è molto grande, e nasce nella Alamania sotto le montagnie verso Lombardia, e riceve in lei 4 altri fiumi[6] e corre pel mezo d'Ungaria e pel mezo Tarsia; e entra[7] in mare così fieramente verso oriente, che l'acqua mantiene el suo colore e risurge dentro nel mare sanza mescolarsi coll'acqua marina per XX. leghe. [11] E da poi[8] si viene a Bella grana e si entra nella terra di Bolgaria, e là si passa un ponto di pietra, el quale è sopra alla riviera di Marogia; e passasi per le terre di Prontenardi, e di là si viene in Grecia alla città di Astines e di Fina, e alla città di Andrianopoli; e dipoi a Gostantinopoli, la qual soleva essere chiamata Bisanzio.

DELLA CHIESA DI SANTA SOFFIA.

Quivi dimora comunemente lo 'mperadore di Grecia. Là è la più bella e nobile chiesa del mondo, la quale si chiama Santa Soffia.

DELLA IMMAGINE DI IUSTINIANO IMPERADORE.

E dinanzi a questa chiesa è la immagine di Iustiniano imperadore di rame dorato, e sta a cavallo, coronato; e soleva tenere un pomo dorato e tondo nella mano, ma, già gran tempo, è caduto; e dicono alcuni, che ciò significa che lo imperadore à perso gran parte della sua terra [12] e di sua signioria, perchè lui soleva essere imperadore de' Romani e di Grecia e di Asia e di tutta la terra di Soria e della terra de' giudei, ne la quale è Gierusalem, e della terra d'Egitto, di Arabia e di Persia maggiore, Grecia e di tutta la minore Asia e di tutta la terra di Soria e dell'India nella quale è la città di Ierusalem. Ma ora egli à ogni cosa perduto, salvo che Grecia, che si tiene solamente. Ma furono alcuni che gli volsono rimettere quello pomo in mano, nè mai gliene poterono fare tenere. Quel pomo significava la Signioria, che egli aveva in questo mondo; il quale è ritondo: e l'altra mano tiene levata verso l'oriente[9] in segno di minacciare li mali fattori. La detta imagine sta sopra a uno gran sasso di marmo.

IN GOSTANTINOPOLI È LA CROCE DEL NOSTRO SIGNIORE.

In Costantinopoli è la croce del nostro signiore messer Iesù Cristo colla vesta sanza cucitura e la spugnia e la canna colla quale gli fu dato bere fiele e aceto [13] in su la croce; e alcune gente si pensono, che la metà di questa croce sia in Cipro in una badia di monaci. E quella croce che è in Cipro è quella dove Dismas, ladrone buono, fu morto; ma ogni uomo non lo sa, ed è mal fatto che, per lo utile delle offerte, che ciò facciano, o vero diano a intendere, che quella è la croce del nostro signiore. Ma sappiate, che la croce del nostro signiore è di 4. maniere di legnio, sì come è scritto in questo verso seguente: In cruce sunt palma, cipressus, cedrus, oliva. El pezo che era dricto, da terra infino alla cima, fu di cipresso; quello che era a traverso, nel quale erono chiavate le mane, era di palma: el troncone, fitto dentro nella terra, cioè nel monte Calvario, el quale era perforato e incastrato per tenere il piede della croce, era di cedro; e la tavoletta di sopra al capo, la quale era lunga un piede e mezo, dove era scritto in ebreo greco e latino, era di olivo.

[14]

LA DESCRIZIONE DELLA CROCE.

E feciono li giudei la croce di queste quatro maniere di legnio, perchè egli si credovono, che 'l nostro signiore dovesse tanto pendere in su la croce, quanto el corpo potessi durare; e però feciono il piede di cedro, perchè il cedro non si marciscie in terra nè in acqua, e egliono volevono che durassi lungamente. Ancora si credevano gli perfidi giudei, che 'l corpo del nostro signiore Iesù Cristo dovessi putrefarsi e marcire, e imperò feciono el pezo lungo della croce di cipresso, el quale è odorifero, a ciò che 'l fetore non agravassi quegli che passavono. El traverso sopra detto fu fatto di palma, perchè nel vecchio testamento, quando alcuno aveva vittoria, era incoronato di palma; e perchè e giudei si credevono avere vinto messer Giesù Cristo, gli feciono la croce di cotal legnio. E la tavoletta sopra al capo fu d'ulivo, la quale significa pace, sì come si dimostra nella storia di Noè, quando la colomba portò il ramo d'ulivo, lo qual significava pace fatta tra Dio e l'uomo. Similmente si credevono avere pacie dopo la morte del nostro signiore, perchè [15] dicevono, che fra loro avevono una certa discordia. E sappiate che 'l nostro signiore, giacendo in terra, fu posto in su la croce, e poi il dirizorono insieme colla croce; onde così dirizandolo sostenne grandissima pena. E i greci e li cristiani, che stanno oltrammare, dicono che l'albero della croce, el quale noi chiamiamo cipresso, fu del pomo del quale Adam gustò il frutto.

DELLA OPPINIONE D'ALCUNI CRISTIANI DEL LEGNIO DELLA CROCE.

E così ànno loro nelle loro scritture, che quando Adam si infermò, e' disse al suo figliuolo Seth che andassi al paradiso e pregassi l'angiolo, che guarda el paradiso, che gli piacessi di mandargli dell'olio dell'arbore della misericordia per ugniere gli suoi membri per ricevere sanità; el qual Seth v'andò. Allora l'angelo non lo volse lasciare entrare, ma ben gli disse di Adamo, che ancora non può avere dell'olio della misericordia. Ma l'angiolo gli diè tre granella del frutto di quello medesimo legno, e dissegli, che gli mettessi in bocca al suo padre; che quando l'albore crescierà tanto, che porterà frutto, che in quello tempo sarà suo padre liberato. [16] Poi che Seth fu tornato, trovò suo padre quasi morto. Allora subitamente gli misse quelle granella, che l'angiolo gli aveva dato, in bocca; le quali nacquono doppo la morte d'Adamo, e crebbono e feronsi tre grandissimi albori; e di quegli fu fatta la croce, che portò el buono frutto, cioè messer Giesù Cristo, per lo quale frutto Adam e li discendenti da lui sono liberati e ristorati di perpetuale morte, se per loro non manca.[10]

DELLA IMMAGINE DELLA CROCE E CHI LA TROVÒ.

Questa santa croce avevono gli giudei sotterrata nel sasso del monte Calvario, e quivi stette dugento anni e più, tanto che fu ritrovata per santa Elena, madre di Gostantino, imperadore de' romani. Questa Elena fu figliuola del Re di Inghilterra, la quale a quel tempo era chiamata la gran Bertagnia; e questa donna la prese per moglie Gostantino per sua grande bellezza, e fu quando e' fu in queste parte.

[17]

DELLA GRANDEZA DELLA CROCE.

Potete sapere che la croce del nostro Signore era lunga otto cobiti, il traverso era 3. cubiti e mezo. Una parte delle ispine, delle quali lui fu incoronato in su la croce, e uno delli chiovi, e 'l ferro della lancia e molte altre reliquie sono in Francia nella cappella del Re. La corona è in un vasello di cristallo molto bene lavorato, perchè uno Re, gran tempo fa, comprò queste reliquie da' giudei, le quali aveva lo imperadore impegniate per bisognio d'ariento che aveva.

DELLA CORONA DELLE SPINE.

Ma se alcuno dicesse, che quella corona è di spine, sappiate, che ella è di giunchi marini bianchi, e quali pungono come sproni acutissimi; e ciò dico, però che l'ò veduta e risguardata diligentemente per più volte, e quella di Parigi è quella di Gostantinopoli, perchè l'una e l'altra fu tutta una corona intortigliata e fatta di giunchi; ma questa è separata, e partita, e fatta due parte; e l'una è a Parigi, l'altra si è a Gostantinopoli: e io ò una di queste preziose spine, che pare [18] una spina bianca; e fummi donata per grande spezialtade, imperò che ve ne sono molte di rotte nel vasello, ove sta la corona, le quale si rompono quando el vasello si muta ed è portato a vedere a gran signiori. E sapiate che quando el nostro Signiore fu preso la notte e fu menato nel giardino nascosamente, e' fu esaminato diligentemente; e ivi feciono derisione e riprensione di lui, e gli cattivi giudei gli feciono una corona delle bianche [spine] d'uno albero molto spinoso che crescie nel sopradetto giardino e aveva gran foglie; e gli messono le spine inverso la testa, e tanto duramente gliele compressono, che 'l prezioso sangue cascò da ogni parte per la faccia e per lo collo e per le spalle.

DELLA VIRTÙ CHE ÀNNO LE SPINE DELLE QUALI FU FATTA LA CORONA AL NOSTRO SIGNIORE.

E quelle cotali spine erono bianche, imperò che la bianca spina à più virtù, perchè chi ne porta una bianca sopra lui, non teme nè folgore, nè saetta, nè tempesta, nè altro; e alla casa, ove è, il cattivo spirito non ardisce aprossimare. In [19] questo giardino lo rinnegò san Piero tre volte. Dappoi fu menato il nostro Signiore dinanzi al vescovo e maestro delle legge in uno altro giardino, e ivi fu di nuovo esaminato e schernito e vituperato. E ancora fu incoronato d'un'altra corona di spina bianca, la quale si chiamava lerbris, che era in quello giardino, la quale ancora aveva molte virtù; e delle sue foglie si fa buono colore verde. Dappoi fu menato nel giardino di Caifas, e ivi fu coronato d'un rosaio salvatico. E poi fu menato nella camera di Pilato, el quale era giudice, per esaminarlo. Ancora ivi era incoronato di giunchi marini. Ivi lo posono in su nuna sedia e vestironlo d'un mantello di purpura, e sì gli feciono una corona di questi giunchi. E ivi si inginochiorono, sbeffandolo, schernendolo, e dicendo: Dio ti guardi, Re de' giudei! E questa corona fu quella la cui metade è a Parigi e l'altra metade è a Gostantinopoli insieme colla quale il nostro Signiore fu posto in croce e morto. Per la qual cosa si dè tenere questa corona più cara e più preziosa che niuna altra. E l'asta della lancia à lo imperadore della Magnia, ma el ferro si è a Parigi; e lo imperadore [20] medesimo di Gostantinopoli dice avere el ferro della lancia. Io l'ò veduto ed è assai più largo che quello che è a Parigi.

In Costantinopoli giace el corpo di santa Anna.

Item, a Gostantinopoli giace la madre di nostra Donna, la qual santa Elena fece portare di Gierusalem.

DEL CORPO DI SANTO GIOVANNI GRISOSTIMO.

Item, ivi giace il corpo di san Giovanni Grisostimo, el quale fu arcivescovo di Costantinopoli.

DEL CORPO DI SANTO LUCA.

Item, ivi giace il corpo di santo Luca Evangelista, perchè le sue ossa furono portate di Brettagnia, ove fu sotterrato; e molte altre reliquie vi sono.

D'UNO VASO CHE SI RIEMPIE PER SÈ MEDESIMO.

Qui è un vasello di pietra chiamata quindos, el quale getta tutta via acqua, e sempre per sè medesimo si riempie tanto, che va di sopra sanza che alcuno vi metta alcuna cosa dentro.

[21]

DELLA CITTÀ DI GOSTANTINOPOLI.

Constantinopoli è molta bella città, di molto nobile, e bene murata e triangulata. Egli è un braccio di mare, chiamato Elesponte; e chi lo chiama la bocca di Gostantinopoli; altri el braccio di santo Giorgio. Questo braccio chiude le due parte della città; e più alto, verso il capo di questo braccio di mare, fu la città di Troia sopra la ripa dell'acqua in un molto bel luogo piano; ma la città appar poco per lo gran tempo che fu distrutta.

DELLE ISOLE CHE SONO IN GRECIA.

In Grecia sono molte isole, sì come sono Calisere, Colcos, Ortigia, Tesbria, Mirea, Flazon, Melocopate e Lennos. Ivi sono molti altri linguaggi e molti paesi, i quali tutti ubidiscono allo imperadore; e gli Pizinzenati, gli Comani e molte altre gente e paesi di Tracia e Macedonia.

ONDE NACQUE ARISTOTILE E DOVE GIACE.

Una città dove naque Aristotile è assai presso della città di Tracia: è chiamata Asenigiren. Ivi giace il corpo suo, e ivi è uno altare sopra la tomba sua, ove [22] ogni anno si fa solenne festa sì come fusse santo. Ogni uno di quelle gente insieme vanno a consigliarsi sopra di questa tomba, e pare a loro che per divina ispirazione gli venga posto innanzi il miglior consiglio. E in questo paese sono molte alte montagnie inverso la fine di Macedonia.

DEL MONTE OLIMPIO.

È una montagnia chiamata Olimpio, la quale disparte Macedonia da Tracia, ed è così alta che trapassa le nuvole.

DEL MONTE ATTALANTE DOVE È L'AERE PURO E NETTO.

Elli è un'altra montagnia, chiamata Athlas. Questa è tanto alta, come testimonia alcuni, che l'ombra sua si istende insino a l'Isola di Lennos, ch'è lontana a la marina LXXVI. leghe; e nella sommità della montagnia è l'aere così puro, che ivi non trae vento, nè altra cosa; e imperò quivi non potrebbe stare uccegli, nè altri animali per la grande secchitade di detta montagna. E dicono alcuni di queste parte, che i filosafi andorono sopra questa montagnia e tenevono nelle mani [23] una spugnia bagnata in acqua, la quale odoravono per ricevere umidità, perchè altrimenti non arebono potuto fiatare, anzi sarebono venuti meno per difetto di fiato per l'aere troppo asciutto. E sopra questa montagna scrivevono colle loro dita nella polvere; e in capo dell'anno tornati, trovavono le figure come loro avevono iscritto, sì che per questo appare, che la montagnia si istende infino all'aere puro.

DELLA BELLEZA DI COSTANTINOPOLI.

Costantinopoli è la principale città dello imperadore; molto bella e bene ordinata; e ivi è una bella piaza per giostrare e per giucare, ed è fatta a scacchi e a gradi d'intorno, sì che ogniun può vedere sanza impacciare il campagnio; e di sotto questi gradi sono le stalle[11] dello imperadore e dentro sono tutti e pilastri di marmo. Dentro nella chiesa di santa Soffia, faccendo, già gran tempo, lo imperadore sotterare un suo parente, fu trovato uno altro corpo, sopra del quale era una gran piastra d'oro, dove erano scritte [24] lettere che sonavano: Iesù Cristo nascierà della vergine Maria, et io credo in ello. E contenea nella detta piastra, che quello corpo era stato quivi anni 2000, prima che Iesù Cristo nascessi; et è oggi la detta piastra nella tesorìa della chiesa di santa Soffia[12].

DEL CORPO DI ERMES.

E dicono le gente, che questo corpo fu Hermens, el savio filosofo. E quantunque i greci siano cristiani, egli però deviano molto dalla nostra fede, perchè dicono, che lo Spirito Santo non procede punto dal Figliuolo, anzi solamente dal Padre, e non ubidiscono nulla alla corte di Roma nè al papa, e dicono che tanta possanza à el loro patriarca, che è come el papa nostro.

COME EL PAPA SCRISSE A' GRECI CHE VOLESSINO ESSERE UNITI.

E imperò Giovanni papa vigesimo sicondo gli scrisse, come la cristianità doveva essere unita, e che egliono doverebono ubidire al papa, il quale è diritto [25] vicario di Giesù Cristo e di Dio, al quale Idio dona infinita potenzia di legare e di sciogliere: onde e' doverebono a lui ubbidire.

DELLA RISPOSTA CHE E' FECIONO.

E li greci gli mandorono a dire assai diverse risposte; e, tralle altre cose, egli dissono: Potentiam tuam summam circa tuos subditos firmiter credimus, superbiam tuam summam tollerare non possumus, avaritiam tuam satiare non intendimus; dominus tecum quia nobiscum est Dominus. E altra risposta non potè lui avere da loro. Queste parole latine per più intelligenzia de' vulgari così suonono: la tua potenzia, circa alli tuoi subditi, firmamente credemo; la tua somma superbia non possiamo levare (sic), la tua avarizia non intendiamo saziare: sia el signore teco, perchè con noi è.

DELLO ERRORE DE' GRECI CONTRO ALLA CONSECRAZIONE DEL SACRAMENTO.

Item, fanno el sacramento dell'altare di pane lievito, e dicono, che noi erriamo di farlo col pane non lievito, perchè el nostro Signiore lo fece alla cena di pane [26] lievito; e nel giovedì santo eglino fanno il loro pane lievito per memoria della cena, e sì lo seccano e poi lo conservono tutto l'anno; e di questo ne dànno agl'infermi in luogo del corpo di Cristo; e egliono non fanno punto d'unzione nel battesimo, nè alli infermi; ma nota che ora si conformono con noi nel modo del consecrare; e dicono che non è punto purgatorio, e che l'anime non ànno punto d'allegreza infino al dì del giudicio.

UNO ALTRO ERRORE.

E dicono, che fornicazione non è peccato mortale, imperò che quela è cosa naturale, e che nisuno uomo nè femina se debe maritare altro che una sola volta.

UN ALTRO ERRORE.

E che sono bastardi quegli figliuoli di quegli che si maritono più d'una volta, e sono generati in peccato; e disfanno il matrimonio per piccola cagione. E gli loro preti si maritono; e dicono, che usura non è punto peccato mortale; e vendono e benifici della chiesa, sì come altrove si fa, che gli torna gran danno e vergognia; imperò che ogni simonia è riprovata; onde [27] che la santa chiesa è maculata; e così mancando lei nelle buone opere, el mondo non può aver buono stato.

DI MOLTI ALTRI ERRORI DE' GRECI.

E dicono e greci, che nella quadragesima non si dee cantar messa altro che 'l sabato e la domenica; e il sabato non digiunono in niun tempo dell'anno, se bene in tal dì fussi la vigilia di Pasqua o di Natale. E non permettono, che li latini cantino alli loro altari altro che una messa; e se pure la cantassino, e greci dipoi lavono l'altare d'acqua benedetta, e dicono che non si dee cantare altro che una messa el dì in su nuno altare; e dicono che 'l nostro Signiore non mangiava mai, anzi fece astinenzia di mangiare. E dicono che noi pecchiamo mortalmente a farci radere la barba, perchè la barba è segnio de l'uomo e dono del nostro Signiore; e quegli che si fanno radere, il fanno per più piacere al mondo e a le femine; e dicono, che noi pechiamo a mangiare delle bestie che erano vietate nel vechio testamento, come de' porci e delle altre bestie che non rugomeno el pasto; e dicono che noi pechiamo a mangiare carne [28] presa nella settimana di quadragesima; e anche perchè noi mangiamo carne il mercoledì; e dicono che noi pechiamo a mangiare uova e formagio il venerdì, e che è scomunicato ognuno el quale si contiene di mangiare carne el sabato.

DI CIÒ CHE FA LO IMPERADORE.

Item, lo imperadore di Costantinopoli fa el patriarca con l'arcivescovo e vescovi e dà le degnità e li benifici, e sì gli toglie e gli priva quando gli truova cagione. E questo è signiore del temporale e spirituale in suo paese; e se voi volete sapere l'alfabeto de' greci voi lo potete vedere qua di sotto.[13]

E quantunque tale cose non appartenghino allo amaestramento del viagio, nondimeno apartengono alla anti promessa dichiarazione, cioè di costumi e di ragione e diferenzie d'alcuni paesi; imperò che questo è il primo paese vario e discordante in fede e in lettere dal nostro paese di qua. Pertanto io l'ò qui discritto, perchè molte gente pigliono diletto d'udire [29] cose nuove. Chi vuole andare a Costantinopoli per la terra di Turchia, sì va verso la città di Nisa, e passasi per lo porto di Cinento[14], il quale è bene alto di lungi da Nisia una lega e mezo.

DEL CORPO DI SANTO NICOLÒ.

Chi va per mare, per lo braccio di san Giorgio, per lo mare verso le parte dove giace il corpo di santo Niccolò verso molti altri luoghi[15].

DELL'ISOLA DI SIVO (sic) DOVE CRESCE EL MASTICE.

Prima si va a l'isola di Chio. In detta isola crescie il mastice in piccoli albucelli et escie a modo di gromma di ciriegio.

DELL'ISOLA DI PATHEMOS DOVE SCRISSE SANTO GIOVANNI L'APOCALISSE.

Dappoi si va per l'isola di Pathemos. Ivi iscrisse santo Giovanni l'Apocalisse, e potete sapere che quando el nostro Signiore [30] sostenne passione, santo Giovanni ora d'etade d'anni XXXII. E dopo la passione stette in questa vita anni LXVIII, e il centesimo anno passò di questa vita.

DELLA CITTADE DI EPHESON DOVE SANTO GIOVANNI PASSÒ DI QUESTA VITA[16].

Da Pathimos si va ad Epheson, la quale è molto bella città et è appresso del mare e quivi passò di questa vita san Giovanni, e fu posto in terra dietro a l'altare, e quivi è fatto una bella chiesa, perchè e cristiani solevono tenere questo luogo; ma tuttavia nella tomba di san Giovanni non è altro che manna, imperò che 'l suo corpo fu trasportato in paradiso. E al presente tengono e turchi la città e la chiesa e la magior parte di Asia minore, e però è Asia chiamata Turchia. E sappiate che mentre che san Giovanni viveva, si fece fare la fossa, e lui medesimo v'entrò dentro vivo; imperò dicono alcuni, che non è morto, ma che si riposa insino al dì del giudicio. E veramente à lasciato una grande maraviglia, perchè visibilmente vi si vede molte volte di sopra [31] alla sua tomba scrollare e muovere la polvere, non altrimenti che se vi fussi sotto uno uomo vivo, el quale la movessi, sì che ogni uomo che lì vede, si maraviglia molto.

DELLA CITTÀ DI MAIOLICA.

Da Efeson si va per molte isole di mare fino alla città di Pateram, dove nacque messer santo Nicolao; e dipoi si va alla città di Maiolica, nella quale egli fu eletto vescovo. Quivi nascono molti buoni vini. Di là si va all'isola di Creti, la quale donò lo imperadore, già è gran tempo, a' Genovesi[17].

DELL'ISOLA DI COLCOS E DELL'ISOLA DI CRETE DELLA QUALE FU SIGNIORE IPOCRAS.

Dipoi si passa per l'isola di Colcos e per l'isola di Lingo, delle quale isole Ipocras fu signiore e principe. E dicono alcuni, che in quell'isola di Lingo v'è ancora la figliuola di Ipocras in forma d'uno grande dragone, il quale si mostra di lungheza dugento torse, secondo che [32] dicono[18]. Io non lo vidi mai e quegli dell'isola la chiamono la donna del paese, e abita appresso d'un castello vechio, e vedesi due volte l'anno, e non fa male ad alcuno, chi non fa già a lei noia.

COME LA FIGLIUOLA D'IPOCRAS FU TRASMUTATA D'UNA BELLA FANCIULLA IN UNO ORRIBILE DRAGONE.

E così, d'una bellissima fanciulla, fu trasmutata e cambiata in uno orribile dragone per una Dea detta Diana. E dicono, ch'ella ritornerà ancora in suo stato, e questo sarà quando si troverà uno cavaliere tanto ardito, che abbia ardimento di baciarla per la bocca. Ma, poi che sarà tornata in femina, ella non viverà lungamente. Non è ancora lungo tempo che un cavalieri di Rodi, forte e ardito, disse, che lui voleva andare a questo dragone; e montò sopra a uno corsiere, e andò infino al castello, e entrò dentro nella cava; e il dragone cominciò a levare il capo contro a lui. Quando il cavallo lo vide così brutto, per paura, a mal grado del cavaliere, il straportò sopra a un sasso, e di [33] quello saltò in mare per tal modo, che fu perduto il cavaliere. Item, un giovane, il quale nulla sapeva di questo dragone, uscì di nave e andò all'isola infino al castello, e entrò nella cava, e andò tanto innanzi, che trovò una camera, e vide una fanciulla, che, pettinandosi, riguardava in uno specchio, e intorno a lei era assai tesoro. Costui si credette che costei fussi una meritrice che là dentro stessi a servire e compagni; e ivi stette tanto, che la fanciulla vide l'ombra di costui nello spechio; e incontanente andò inverso lui e domandollo che voleva; e lui rispose che voleva esser suo amico. E ella gli dimandò, se lui era cavaliere; e lui rispose, che non. Addunque, disse ella, voi non potete esere mio amico, ma andate da' vostri compagni e fatevi fare cavalieri, e la mattina io uscirò di qua dentro, e verrò innanzi a voi, e voi verrete a baciarmi per la bocca; e non abiate punto di paura, però che io non vi farò alcun male, che quantunque vi parrò brutta a vedermi, non dimeno non è altro che incantamento, ma io son fatta come voi mi vedete: e se voi mi bacerete, arete questo tesoro e sarete mio marito e signiore di questa isola. E [34] sopracciò si partì da lei, e andò alla nave da' suoi compagni, e fecesi fare cavalieri, e poi tornò la mattina innanzi alla fanciulla per baciarla. E quando la vide uscire della camera in così orribile forma, ebe tanta paura, che subito ritornò, fugendo, verso la nave: e ella gli andava dietro. Ma quando ella vide che costui non ritornava, ella poi cominciò abaiare e gridare dolorosamente, e ritornossi indietro. Subito el cavalieri murì, e da quelo dì in qua non fu cavalieri alcuno, che, vedendola, subito non morisse. Ma quando v'anderà un cavaliere così ardito, che ardisca baciarla, egli non morrà e ritornerà la fanciulla nella sua forma, e sarà signiore del paese[19]. Item, dopo si va a l'isola di Rodi, la quale tegniono e cavalieri di san Giovanni. Questa isola, la qual già lungo tempo tolse lo imperadore[20]. Soleva quell'isola essere chiamata Colcos, e ancora così la chiamono molti signiori: e sam Paolo scriveva a quegli di questa isola, a' Colocenses. Questa isola si è appresso [35] Gostantinopoli VIII. leghe, passando per mare.

IN CIPRO NASCE BUON VINO EL QUALE EL PRIMO ANNO È ROSSO, E POI DIVENTA BIANCO.

Da questa isola si va in Cipro, dove è il vino forte e possente, el quale el primo anno è rosso, e poi l'anno sicondo diventa bianco; e quanto è più vechio, diventa più chiaro e di migliore odore; e passasi, andando verso Cipro, per lo golfo di Sotalia.

QUI METTE LA CAGIONE PERCHÈ ABISSÒ QUESTA CITTÀ DI SOTALIA CON l'ISOLA, E FU PER UNO ORRIBILE PECATO.

Qui solea esere una buona isola e una buona città, che si chiamava Sotalia; e questa isola colla città si perderono per la follia d'uno giovinetto, il quale amando una fanciulla bella e pulita, murì di morte subitana, e fu posta in un sepolcro di marmo; e 'l giovane, pel grande amore, si condusse la notte ad aprire lo sipolcro, e posesi a giacere colla fanciulla. In capo di VIIII mesi a costui venne una boce, e disse: vattene alla tomba della [36] fanciulla, e apri e guarda ciò che tu ài in lei ingenerato; e guarda bene che tu non resti; che se tu non vi vai, ti verrà male. E il giovinetto v'andò; e aperta la tomba, subito uscì fuori una testa brutta e sfigurata a guardarla, la qual subito che ebe riguardata la città e e' paesi, allora subissò ogni cosa infino in abisso: e qui è molto pericoloso passaggio. E da Rodi a Cipri sono bene v. cº. mª., o sia leghe lombarde[21]; e chi volessi, poterebe andare in Cipri sanza andare in Rodi, lasciando Rodi da costa.

DELL'ISOLA DI CIPRI, NICCOSIA E FAMAGOSTA.

Cipri è molto bella isola e molto grande, e ivi sono IIIIº. principali città. A Niccosia è uno arcivescovo, e III vescovi nel paese. Ivi è Famagosta, uno de' principali porti del mondo, dove arrivono cristiani, saracini e greci e d'ogni nazione; similmente e genovesi. Ivi è una montagna, che si chiama Egiptia, dove sono monaci neri.

[37]

LA CROCE DI DISMAS.

E quivi è la croce di Dismas, com'è detto di sopra.

DOVE GIACE IL CORPO DI SANTO GIROLAMO E DOVE GIACE SANTO ILARIONE.

In Cipri giace santo Ieronimo, di cui li cristiani fanno gran festa, e nel castello d'Amore giace el corpo di santo Ilarione, el qual fa el Re guardare degnamente. Appresso a Famagosta nacque santo Barnaba apostolo. In Cipri si caccia con papioni, e quali s'asomigliono a' leopardi, e seguitono molto le bestie salvatiche, e sono alquanto magiori de' lupi, e sono più fieri che' cani: e cacciasi ancora con cani dimestichi; ma li papioni sono più forti. Ivi è molto più caldo che non è di qui. Di Cipri si va per mare verso Gierusalem e verso a altri luoghi che tengono saracini; e passono al tempo buono di vento in uno giorno naturale.

DEL PORTO DI TIRO.

El porto di Tiro, el quale è al presente chiamato Sur, è l'entrata di Suria. Ivi soleva esere una bella città de' cristiani. [38] ma e saracini l'ànno distrutta la magior parte, e curiosamente guardono el porto, sì per paura de' cristiani, quanto possono per utile che ànno di lor passaggio. Di là s'anderebe più ritto al porto, sanza entrare in Egitto, ma più volentieri si va in Egitto per pigliare riposo e vittuvaglie nicessarie.

DELLI ROLONI, GRANCHI E DELLA FONTE DI CHE PARLA LA SANTA SCRITTURA[22].

Ivi, insu la riva del mare, si truova molti roloni e granchi: ivi è la fonte della quale parla la santa scrittura: Fons ortorum, puteus aquarum viventium. In questa città disse la Donna al nostro Signiore: Beatus ille venter qui te portavit, et ubera, quae suxisti. Ivi perdonò il nostro Signiore alla femmina Cananea. Innanzi a Tiro soleva essere la pietra sopra la quale stava el nostro Signiore predicando, e sopra a questa pietra fu edificata la chiesa di Santo Salvatore verso oriente.

[39]

DI SAPHON, SIDONAI, BARUTI, SIDONA E DAMMASCO.

È da otto leghe, sopra el mare. Saphon, o vero Siriputa di soddomensi. Ivi soleva dimorare el profeta Elia: ivi risucitò il figliuolo della vedova. E da Saphon alla città di Sidon è VI. leghe. E da questa città fu Dido che edificò Cartagine in Africa, e al presente si chiama Sidoni. Nella città di Tiro regniò Ageno padre di Dido. Da Sidon a Baruti si è X. leghe: da Barati a Sidonai è III. giornate; e da Sidonai a Damasco V. leghe. Chi vuole andare più di lungo per mare, e più aprossimarsi a Gierusalem, vada in Cipri al porto del Giaffo, e questo è il più propinquo porto alla città di Gierusalem, e non è altro che una giornata e mezo, che sono XVI. leghe.

DEL GIAPHO CHE EDIFICÒ IAPHET.

Questa città è chiamata Giaffo per un figliuolo di Noè chiamato Iaphet, el quale la edificò; ma al presente è chiamata Giaffo. E sapiate, che questa è la più antica città del mondo, però che innanzi al diluvio fu edificata.

[40]

DI ANDROMADES GIUGANTE.

Ancora lì pare dove fu appicato le catene di ferro, delle quale in prigione stette legato un gran gigante, detto Andromades innanzi al diluvio, el quale aveva una ischiena lunga piedi XL. Item, chi giugnie al sopradetto porto di Tiro, chi vuole va per terra infino a Gierusalem, e chi vuole vae da Tiro infino alla città di Dacon in uno dì. E soleva chiamarsi Acon Tolomanda, e già fu una città de' cristiani, o vero di Cicilia, assai bella: al presente è molta guasta. E viensi infino ad Acom per mare e sì vi sono VIII. leghe lombarde. E di Calabria infino alla cittade di Acom per mare sono Mille CCCº. leghe lombarde. E l'isola di Crete è nel mezo della via. Item, apresso alla città di Acom, verso il mare, sono stadii CCºXX. inverso el mare dalla destra parte: inverso el mezzo dì è el monte Cannello, ove dimorava Elia profeta. Qui fu trovato il primo ordine de' frati Carmelliti: el monte non è però molto grande nè alto, ma a piede di quel monte soleva essere una buona città di cristiani, che si chiamava Caiphas; imperò che Caiphas la edificò, ma [41] ora è quasi tutta guasta. Dalla sinistra parte del monte Carmello è una villa chiamata Sapha, e in quel luogo giace il corpo di santo Iacopo e di santo Giovanni; e nel luogo dove nacquono è una bella chiesa.

DEL GRANDE MONTE, CHIAMATO LA SCALA DI ICHIRI.

E da lì infino al grande monte, chiamato la Scala di Ichiri sono stadi Cº. Item, qui appresso corre una piccola riviera, chiamata Belchoni. Quivi apresso è una fossa, Viemoni chiamata, e è tonda e larga Cº. cubiti, la quale è piena di granelle bianche lucente, delle quale si fa vetro bello e chiaro: qui viene la gente a torre di quele granelle per mare con nave, e per terra con carri; e quando questa fossa è vota, la mattina si truova piena come era di prima; e dentro a questa fossa sempre è vento e romore e rimescola le dette granella maravigliosamente; e chi mettessi alcun metalo in questa fossa fralle granelle, quelo metalo si convertirebe in grane o vero in vetro; e chi mettessi vetro fatto di quele granelle, si convertirebe in granelle come era in [42] prima. Questa si è una bella città e popolata, e alcuni dicono che quela fossa è uno spiraglio di mare arenoso. Item, dal luogo sopra detto si va a la città di Palestina in IIIIº. giornate. Questa città fu di philistei, ora è chiamata Ghaza. Questa è una bella città, ricca e apopolata: e alquanto di sopra di questa città portò il forte Sansone le porte sopra uno alto sasso.

COME SANSONE AMAZÒ E FILISTEI AL PALAZO.

E, quando fu presso a quella città, amazò sè stesso nel palazo del Re insieme con molte migliaia di philistei, e quali avevono acciecato, e toso e prigionato; e perchè si schernivono di lui, però fece rovinare il palagio sopra loro.

DI CESARIA E DEL CASTELLO DE' PELLEGRINI, DI ASCALON, DEL GIAPHO, E COME IN BABILLONIA DIMORA EL SOLDANO.

E di là si va alla cità di Cesaria e poi si va al Castello di pellegrini, e poi a Scalona, e poi al Giaffo, e poi a Ierusalem; e chi vuole andare per terra, primamente va verso Babillonia, ove comunemente [43] dimora il Soldano, per impetrare grazia da lui d'andare più sicuramente per lo paese. E per andare in monte Sinai, si vae innanzi che si vada in Gierusalem, e poi, ritornando per Gierusalem, si va per Ganza inverso il castello di Tiro. Dappoi s'esce di Soria e entrasi nelli diserti, dove el Nillo è tutto sanguinente. Dura questo diserto VII. giornate, ma tutta via truovasi abergo di giornata in giornata, ove si truova vittovaglie opportune per l'uomo: in sua lingua chiamono questo diserto Alilech. E uscendo fuori di questo diserto, s'entra in Egitto, da lor chiamato Canopat[23] in suo linguagio, e altri il chiamano Aielfini. E truovasi prima una bella città, chiamata Balcem, e sta nella fine del reame, e di là si va a Babillonia al Cairo. In Babillonia è una chiesa di nostra Donna, dove ella dimorò VII. anni, quando ella fuggì della terra di Giudea por timore del Re Erode: quivi giace il corpo di santa Barbera vergine. Quivi stette Ioseph da poi che fu venduto da' frategli. Quivi fece mettere Nabuchodonosor [44] nel fuoco e III. giovinetti, in ebreo chiamati Anania, Azaria e Missael, sì come testimonia Salamone. Ma Nabuchodonosor gli appellava Sidrach, Misach e Abdenago, che suona: Dio glorioso, Dio virtuoso, Dio sopra ogni reame: e questo fu per lo miracolo che si vidde, stando loro nel fuoco ardente. Quivi dimora il Soldano nel suo calahelich, cioè al Cairo, perchè quivi comunemente è la sua sedia in un bello castello grande e forte e sta sopra a un sasso; e in quel castello stanno sempre (standovi el Soldano, per servire lui e per guardia del castello) VI. mila persone o più, le quali vivono tutte della corte del Soldano di tutto quello che gli fa bisognio. Io lo debo ben sapere, perchè io fu' gran tempo suo soldato contro alli ordini e nelle sue guerre. Egli m'arebe altamente meritato, sì come grande principe terreno, se io avessi voluto rinnegare el mio creatore Giesù Cristo: di ciò io non avevo volontà per tutto quello che egli m'avessi potuto promettere nè donare. E sapiate, che il Soldano è signiore de' suoi reami che à acquistati e apropriati per forza, come del reame di Canopate, del reame [45] d'Egitto e del reame di Gierosolimitani, ove Davit e Salamone erono Re; del reame di Allappeni, della terra di Emat e del reame di Soria, ove è capo la città di Soria, di Damasco; e del reame di Arabia, che fu d'uno de' tre Re, che andorono a presentare al nostro Signiore quando nacque; e molte altre terre tiene in sua possanza. E appresso a ciò si è Caliobe[24], che è una grande cosa. El Soldano in suo linguaggio è sopra a IIIIº. Re, e nel paese della Soria e' solevavi esere V. Soldani, e al presente non ve n'è se none uno, che è in Egitto. Il primo Soldano fu Zaratone, che fu di Media, e fu padre del Soldano il qual prese il Calife di Egitto, e uccisselo e fu Soldano per forza: e poi fu Soldano Saladino, nel tempo del quale il Re Ricardo d'Inghilterra, con molti altri, guardorono il passaggio di Rocasse, che il Soldano non poteva passare. Dappoi Saladino regniò suo figliuolo Orlandino, e poi suo nipote. E poi li Mamaluchi, e quali erono come schiavi in Egitto, feciono la loro possanza ed elessono uno di loro, uno Soldano, il quale [46] si fece nominare Melchesela. Nel tempo di costui entrò nel paese il Re di Francia, Santo Aluigio, e con lo Soldano combattendo, fu preso e messo in prigione; e dipoi fu morto questo Soldano da' suoi servi medesimi, e quali dapoi elesono un altro, chiamato Turpino per farlo Soldano. Costui dappoi liberò santo Aluigio, perchè egli si riscosse. E poi un altro sì regniò de' suoi Mamaluchi, chiamato Cathas. Costui uccise Turpino per esere Soldano, e fecesi nominare Melachamech: e da poi uno di questi mamaluchi, per aver la signioria, fecesi chiamare Melchey. Nel suo tempo entrò el buono Re Adovardo di Inghilterra in Soria, e fece grande danno a' saracini: poi fu questo Soldano imprigionato in Damasco dal suo figliuolo, il quale doveva regniare dipoi lui, e fecesi nominare Malech Saith; ma un altro possente uomo, chiamato Elphiel, cacciò lui fuori del paese e fecesi Soldano. Costui prese la città di Tripoli e distrusse di molti cristiani dell'anno di grazia Mille dugento novanta nove. Ma poi fu imprigionato da uno altro che voleva esere Soldano, ma costui fu subito morto. E di poi fu il figliuolo de Eliphini Soldano, e costui [47] si fece nominare Meleche Aserach. Costui prese la città d'Acom, e incarcerò tutti e cristiani, poi fu lui imprigionato. Da poi fu suo fratello fatto Soldano, e fu nominato Ginthelboga, e fu preso, e imprigionollo nel castello di monte reale e fecesi Soldano per forza; e fu costui Tartaro, ma gli malmaluchi gli discacciorono del paese, e feciono un altro Soldano del paese, chiamato Lichim. E costui si fece nominare Melechimanser, il quale[25] giucando un giorno a scacchi, el cavaliere, con chi lui giucava, crucciato con lui, prese la spada del Soldano che gli era presso, e con quella spada lo uccise. Dappoi furno in grande discordia per fare un Soldano, ma finalmente s'accordorono che fussi fatto Melchinaser, il quale Viterga aveva posto in prigione a monte Reale. Costui regniò gran tempo e governossi saviamente e sanamente, sì che il primo genito dopo lui fu eletto Soldano, e fu nominato Melechinade, il quale uccise il suo fratello secretamente per aver la signioria e fecesi nominare Melechinam da Vuroni: e costui era Soldano quando mi [48] parti' del paese. Item, sappiate, che 'l Soldano può trarre del paese d'Egitto, pure solamente di quegli che stanno a sua providigione, più di dugento migliaia d'uomini d'arme: e di Soria e di Turchia e di altri paesi se ne può cavare più di cinque cento migliaia, sanza la comune gente del paese; imperò che questi stanno tutta via a posta sua provigionati sanza gli amiragli ch'egli governa. Ma la comune gente del paese è sanza numero, e ciascuno cavaliere à di provigione sei mila fiorini l'anno; ma egli è di bisognio che ciascun di loro tenga dumila cavagli e uno camello; e sono gli amiragli spersi per le città e per le ville. Li quali amiragli governono questa gente, l'uno quatrocento, l'altro cinque cento; chi più e chi meno: e tanto ha di provigione uno amiraglio solamente, come tutti e soldati a lui sotto posti; e però quando il Soldano vuole mettere suso un cavaliere o uno altro uomo[26], egli lo fa amiraglio; ma quando viene una carestia, e cavalieri sono poveri, e vendono e cavagli e l'arme loro. [49] Item, lo Soldano à IIIIº. femine, una cristiana e III. non cristiane; l'una in Ierusalem, l'altra in Damasco e l'altre due in Ascalona; ma elle si trasmutono all'altre terre, e 'l Soldano le va a vicitare quando gli piace. Queste IIIIº. sono sue moglie; delle amiche n'à lui quante ne vuole, perchè lui si fa venire innanzi delle più belle e più nobili del paese, e quelle che gli piacciono le fa guardare onorevolmente; e quando vuole giacere con una amica, lui se ne fa venire molte innanzi: tutte ben guardate, manda o vero getta l'anello del suo dito a quella che più gli piace: prestamente quegli a chi apartiene la mena a bagniare, e poi a vestirla e adornarla molto nobilmente: e così fa ogni volta che gli piace, e di notte la conducono a la sua camera innanzi al Soldano. Non viene niuno forestieri imbasciadore che non sia vestito di drappo d'oro, o vero di camozato, a modo che' saracini vestiti sono. E conviene che così tosto, come eglino lo veggono o alle finestre o in nessuno altro luogo, e sia chi si vuole, conviene che s'inginocchino e bacino la terra, imperò che questa è l'usanza di tutti quegli che gli vogliono [50] parlare. E mentre che gl'imbasciadori parlono con lui, la gente del Soldano stanno intorno a loro con ispade e con lance in mano, a modo che per ferire a ogni ora, quando gli dicessino cosa che dispiacessi al Soldano. E però niuno forestiero richiede cosa alcuna al Soldano che non gliela conceda, pur che ella sia cosa ragionevole e che non sia contro a la sua legge. E similmente fanno gli altri principi, però che egli dicono, che niuno debbe venire innanzi al Soldano, se non per migliorare. E alla partita dee esere più lieto che nella venuta al suo cospetto. E sappiate che questa Babillonia, della quale io ò parlato, dove dimora il Soldano, non è già la grande Babillonia, dove fu trovato la diversità delle lingue per lo divino miracolo, quando la grande torre di Babel fu cominciata, le mura della quale torre erono già fatte alte LXIIIIº. stadii. La qual si è ne' grandi diserti di Arabia, sopra il camino dove si va inverso Caldea. Ma già è gran tempo che niuno ardisce andare nè aprossimare a questa terra, perchè ella è diserta e abandonata; e quivi d'intorno non abita altro, che grande multitudini di dragoni e [51] di serpenti e altre bestie velenose, sicondo che gli uomini dicono di quel paese.

DELLA GRANDE BABILLONIA, LA QUALE EDIFICÒ NEBROTH PRIMO RE.

Questa città aveva di circuito intorno alle mura CºXL. leghe[27] sì come si può istimare e comprendere; e quantunque si chiami la terra Babillonia, non dimeno qui erono ordinate molte case e abitazioni e gran palazzi: e conteneva la detta terra gran paese di circuito, come ò detto, perchè la torre teneva per quadro dieci leghe. Questa terra edificò Nebrotto Re; questo fue Re di quel paese; e costui fu il primo Re del mondo, e fece fare una immagine al nome di suo padre, e costringeva tutti e suoi subgetti ad adorarla; e similmente fece Nino, di suo padre: così cominciorono gl'idoli. La detta torre, insieme con la città, era ben posta e in un bel paese e piano, el quale si chiama ancora el piano di Senziar: le mura della terra erono alte CC. cubiti ed erono grosse L. cubiti, e sì v'era una fiumara di Eufrates pel mezo della città, ma Dario Re di Persia gli tolse il fiume e distrusse la città e anche la torre.

[52]

COME IL RE DARIO PARTÌ EL FIUME IN QUATTRO MILA SECENTO RIVOLI PICCOLI PER LO GIURAMENTO CH'EGLI AVEVA FATTO A DISPARTIRLO.

Questo Dario Re partì el fiume in IIIIº. m. e VI.Cº. piccoli rivoli, però che aveva giurato ch'egli spartirebbe el fiume per forma, che una femina lo potrebe passare sanza spogliarsi[28], imperò ch'egli aveva perduti di molti cavalieri, i quali, volendo passare il fiume, si affogorono. E da Babillonia, dove dimora il Soldano, per la via diritta tra uriente e settentrione, verso di questa grande Babilonia, è quasi XL. giornate e la magior parte del viaggio sono diserti; e questa grande Babilonia non è punto nè in dominio nè in potenzia del Soldano.

LO IMPERADORE DI PERSIA TIENE LA GRANDE BABILLONIA.

Anzi è sotto la signioria dello 'mperadore di Persia. La terra di Persia si tiene un signiore, il quale è uno delli più alti e più nobili che sia nella parte di là, ed è signiore dell'isola di Cathai e di molte [53] altre isole e d'una gran parte d'India, e confina la sua terra colla terra del prete Giovanni. Costui tiene tanta terra, che esso non sa e confini, ed è assai magiore e più potente sanza comparazione che non è il Soldano, di possanza: e dello stato di questo signiore io ne parlerò più appieno ch'io non ò parlato della terra e del paese del Soldano.

DELLA CITTÀ DI MECHA, DOVE GIACE MACHOMETTO.

Item, è la città di Mecha, la quale e pagani chiamono Iactalo, dove giace Macometto molto onorevolmente in un tempio, el quale e saracini chiamono Mocchia; da Babillonia minore, dove sta il Soldano, infino alla città di Mecha, sono giornate XXXII. E sapiate che il reame di Arabia è molto grande paese, ma troppi diserti vi sono, e in quegli diserti non si può abitare per difetto d'acque, perchè questa terra è tutta renosa e secha e sterile; onde non vi può esere veriditade[29] nè dolceza d'acqua, imperò vi sono tanti serpenti e diserti; e, se vi fusse fiume o [54] fontana, la terra sarebe buona come in altri luoghi, e sarebe tutta popolata e abitata come altrove. Arabia dura da e confini del reame di Caldea infino a' confini d'Africa; e da l'altra parte confina colla terra de Idumea verso le confini di Betron. Nel reame d'Alida si è la degna città di Cartagine fondata per Dido, amica d'Enea, il qual signioregiò in Italia e Mesopotamia, e si tene con questi diserti ed è un gran reame.

DI AARON PADRE D'ABRAAM (sic) E D'EPHIEN, CHE FU GRAN TEOLOGO.

E in questo paese si è la città d'Aaron, ove dimorò el padre d'Abraam, e dove Abraam si partì, per comandamento de l'angelo. Di questa città fu Ephien, el qual fu un gran dottore in teologia, e un altro si fu chiamato Teofilo, il quale nostra Donna lo salvò dal nimico. E Mesopotamia dura dalla riviera d'Affrica fino al fiume di Tigris e Bereninta, però che tra questi dua fiumi è in mezo Babillonia, poi Caldea, poi Arabia. Caldea è un gran paese; nel quale paese, in Baldach sopradetto, soleva dimorare il Calipho, el qual soleva esere come imperadore [55] d'Arabia, e papa e signiore in temporale e spirituale; e era successore di Macometto e di sua generazione. Questa città di Baldach era chiamata Sutbib; Nabuchdonosor la edificò, e qui stette Daniel profeta, e qui vide molte divine visioni, e qui fece la esposizione de' sogni. Ancora sappiate che anticamente solevano essere tre Califfi. Quello di Arabia e di Caldea dimorava in Baldach; e al Cairo, che è allato di Babillonia, dimorava il Calife d'Egitto, in quel medesimo castello dove dimora il Soldano. Dal Soldano in qua non sono più Califi, imporò che da lora in qua, il Soldano à usurpato quel nome, e fassi lui chiamare Califo per tutti gli altri. Item, sapiate, che in Babillonia minore, dove dimora il Soldano, si è la città del Cairo, con molte altre grandi e belle città; e sono poste l'una apresso all'altra. Babillonia sta presso alla riva di Sion altrimenti nominata Nillo[30], del quale scrive Lucano; el quale viene dal paradiso terrestre.

[56]

COME EL NILO CRESCE E DISCRESCE.

Questa riviera del Nillo ogni volta che 'l sole entra nel segnio del cancro, comincia a crescere e tutta via va crescendo mentre che il sole è in cancro e in lione, e crescie alle volte tanto, che si alza XX. cubiti o più, e allora fa gran danno alle vignie. Onde spesso viene nel paese gran carestia per troppa umidità; e simile, quando la riviera è troppo piccola, v'è carestia per difetto d'umido. Quando il sole entra nel segnio della vergine, scende a poco a poco il fiume infino a tanto che entra el sole nel segnio della libbra. Questa riviera vien correndo dal paradiso terrestre per mezo gli diserti d'India, poi entra sotto terra. Per lungo e gran paese corre sotto terra, e poi escie fuori d'una montagna che si chiama Aloch, la quale è tra India e Tiopia, dilungi dall'entrata di Etiopia trenta giornate. E quella tal montagna circunda Etiopia e Mortagia, e va dilungo, costeggiando la terra di Egitto, insino alla terra dello Imperadore, che è nella fine d'Egitto; e quivi si sparge in mare. E intorno alla detta riviera vi stanno molti uccelli chiamati ibis.

[57]

DEL PAESE D'EGITTO, E DE LA CAGIONE PERCHÈ QUIVI SONO UOMINI ASTRONOMI.

Egitto è un lungo paese e stretto perchè non si può distendere per mancamento d'acqua, sì che tutto el paese è tanto lungo dalla riviera, quanto l'acqua può bagniare la terra e adacquarla, e tanto el paese è largo, perchè quivi piove nulla o poco, e lì non possono avere acqua, se non da quella riviera; e perchè in quel paese non piove, se non rade volte, però l'aere è puro e chiaro; e però quivi sono di buoni Astrolagi, però che non truovono nuvole che gl'impaccino. Item, la città del Cairo è maggiore che quella di Babillonia ed è posta alquanto di sopra alla riviera sopradetta verso e diserti. In Egitto sono due parte, alta e bassa; l'alta verso Etiopia, e la bassa verso Arabia. In Egitto è la terra di Ramasa e quella di Iessem. Egitto è un forte paese per cagione dell'aspre montagnie che con gran fatica si passono. In Egitto, inverso oriente, è il mar rosso, il quale dura infino alla città di Cascon; e verso occidente è la terra di Libia, la quale è terra secca e sterile perchè ella è troppo calda; et è [58] la terra chiamata Such, et è verso mezzo dì di Etiopia e verso Bisa e verso el diserto, e dura fino a Siria, e così è il paese forte da ogni canto. Egitto è di lungheza bene xv. giornate e più di largo tanto.

DELLE ISOLE D'EGITTO E DELLI NUBIANI CHE NASCONO NERI COME MÔRI.

E tra Egitto e Nubia sono bene XII giornate del diserto. Sono e nubbiani cristiani; nascono neri come môri per la grande calidità del sole. Item, in Egitto sono V. province; l'una è chiamata Saith; l'altra Damaser; l'altra Resit, la quale è una isola fatta per lo Nilo; l'altra Allaprandia; l'altra, la terra di Damiata. Damiata soleva esere molta forte città, ma perchè e cristiani la conquistorono due volte, e' saracini la conquistorono due altre volte, la disfeciono e edificorono un'altra città più lontana dal mare, la quale e' chiamorono Damiata nuova; sì che ora niuno dimora nell'altra Damiata. Quivi si è uno de' porti d'Egitto e l'altro d'Alesandria, la quale è molto forte città; ma ella non à punto d'acqua, salvo quella del Nilo, che v'è condotta per vie sotto terra: e ànno le loro [59] citerne sotto l'acqua[31]. In Egitto sono poche forteze, imperò che il paese è forte per sè stesso. Dentro e diserti d'Egitto, già gran tempo fu uno valente romito il quale scontrò uno gran mostro, il qual di sopra aveva forma d'uomo infino al bellico con III gran corna nella testa, e di sotto aveva figura di capra.

QUI FA MENZIONE D'UNO MONSTRO, EL QUALE TROVÒ EL ROMITO NEL DISERTO.

Questo buono remito domandò el mostro per parte di Dio chi lui era; e 'l monstro gli rispose e disse, ch'egli era criatura mortale, e che Dio l'aveva così criato, e che egli dimorava in quel diserto procacciando il sostegno della sua vita. E pregò el mostro lo eremita, che volesse pregare per lui quello Dio, el quale, per salute la umana generazione, discese del cielo e nacque di vergine, e passione e morte sostenne, come noi sappiamo, e perchè noi viviamo e siamo sostenuti. Ed è ancora, questo monstro colle corna, in [60] Alesandria per lo gran miracolo. Quivi in Egitto è la città di Eliopoli, che si chiama la città del Sole[32]. E in questa città è un tempio fatto a modo di quelo di Gierusalem, ma in quanto alla divinità non è somigliante. Il prete del detto tempio à perscritto el tempo d'uno uccello chiamato Fenice, e mai non è stato altro che uno al mondo. E sappiate che la natura del detto uccello si è, che in capo di 100. anni viene in sullo altare di quello tempio a bruciarsi, e il prete, quando vede il tempo, e lui gli apparecchia sopra all'altare spine e zolfo vivo e altre cose che presto s'accendono. E questo uccello si viene a ardere e fassene cenere. Dipoi el primo dì si truova nella cenere uno vermine, e lo secondo giorno si truova l'uccello fornito, e 'l terzo giorno si vola via: e in questo modo si rinuova ogni volta in capo di 100. anni. E sappiate che al mondo non è altro che uno di quella ragione uccelli; e certo questo è gran miracolo di Dio! E si può bene assomigliare questo uccello a Dio, imperò che Dio non è altro che uno, e perchè il [61] nostro Signore risucitò el terzo dì. E questo uccello si vede spesse volte volare nelle parte di Arabia e intorno a questo luogo; e non è già più grande che una aquila, e à una cresta sopra la testa più grande che non à el pagone.

COME È FATTA LA FENICE.

E à el collo giallo, di colore d'uno oro be' lucente; e à el dosso indo, e à le alie di purpura colorite, e à la coreggia rossa pel traverso, e il collo rosso, ed è bello da vedere al sole, però che luce molto nobilmente. In Egitto sono giardini che rendono frutto due volte l'anno: ivi si truova di begli smeraldi e assai, imperò che quivi n'è gran mercato. E quando una volta piove in Egitto, tutto el paese s'empie di ratti. Item, al Cairo si mena a vendere comunemente uomini e femine d'altra legge, e fassi di loro come qua si fa di bestie menate al mercato.

DEL CAIRO E DE LE COSE CHE VI SONO.

Qui è una stanza comune nella città, quale è piena tutta di piccoli pertugi e tutte le femmine della villa portono uova di galline e d'anitre e d'oche e mettonle in [62] detti pertusi, e gli guardiani della casa, che sono diputati a ciò, metton le dette uova in isterco di cavallo sanza gallina o altro uccello, e in capo di duo settimane o d'un mese tornano le femmine, e pigliono e lor polli e gli nutricono; di che el paese è molto abondevole: e questo fanno di verno e di state. In detto paese, e in alcuni altri luoghi di là, si truovano per l'Ascensione pomi lunghi, e chiamansi pomi di paradiso, e sono di buon sapore; e chi gli taglia in due parti per traverso, sempre vi truova dentro la figura di santa croce: ma eglino si marciscono fra sette giorni, e imperò non se ne può portare in altro luogo: e' detti pomi son buoni e dolci; e truovasi ben di questi pomi più di cento insu nuna brocca[33], e ànno gran foglie lunghe un gumito e quasi un piede larghe. E qui son pome d'Adamo che ànno un morso dallato, sì come Adamo morse el pome. E quivi sono fichi, che non ànno foglie sopra e rami, e sono chiamati fichi di Faraone.

[63]

COME SI COGLIE IL BALSAMO, E DOVE NASCE, E COME NON FRUTTIFICA SE NON SI LAVORA PER MANO DE' CRISTIANI, E COME SI CONOSCE.

Item, appresso il Cairo, fuori della città, è il campo dove nasce il balsamo, e e' viene di piccoli albucegli, che non sono più alti che alla spalla d'uno comunale uomo; e assomigliasi el legnio di questi alberi alle vite salvatiche. E in questo campo sono due fonte, delle quali ne fece una el nostro Signiore co' suoi piedi, sendo piccolo, quando giucava cogli altri fanciugli. Questo campo non è così ben serrato, che non si possa bene entrare, salvo che nel tempo che si ricoglie el balsamo; però che allora è guardato per modo, che niuno vi potrebbe entrare. Questo balsamo non cresce in altro luogo che in questo, e le piante che sono trapiantate altrove crescono, e mai non fanno frutto, e tagliasi la brocca de l'albucello con uno legnio acuto, o vero con uno osso acuto, perchè chi gli tagliassi foglie con ferro, ne corromperebe la virtù o natura. E le foglie di quelle non rendono odore niuno: e saracini chiamono questo [64] legnio Cubth blaso; e 'l frutto che alquanto s'asomiglia alle cube, egli el chiamono Gubalze, e dicono e saracini, che il balsamo lavorato da' cristiani fruttifica, e mai non fruttifica se fussi lavorato per altri; e questo ànno loro più volte esprementato. E altri dicono, che 'l balsamo cresce in India, nel diserto dove Alesandro parlò agli alberi del sole e de la luna, ma io non l'ò veduto perchè io non vi fu' tanto innanzi, però che vi sono troppi pericolosi passaggi a andare. E sapiate che colui che non si intende bene del balsamo, debe ben guardare come lo compera, perchè di leggieri può essere ingannato, però che alcuni vendono una gomma terbentina, con la quale mescolano alquanto del balsamo per dare odore. Alcuni quocono il legnio, col frutto del balsamo, in olio, e dicono, che quello è balsamo. Altri fanno distillare chiodi di gherofani e di spigonardo e altre spezie odorifere, e chiamono quelo liquore, balsamo, in modo che ne sono ingannati molti gran Signiori, che si credono avere balsimo, e ànno nulla; però che e saracini el contrafanno per ingannare e cristiani; e questo ò io veduto e [65] provato. E ancora gli speziali il sosfisticono[34] da capo, dove è ancora piggiore; ma acciò che voi non siate ingannati, vi insegnierò come voi il potrete provare e conoscere il vero balsamo. Voi dovete sapere, che il balsamo naturale è bene chiaro e di colore citrino e à forte grande odore, e si[35] l'è spesso o rosso o nero el è sosfisticato. Item, se voi mettete un poco di balsamo insu la palma della vostra mano e tenetela verso il sole, se sarà buono e fine, voi non poterete tenere nè sofferire la mano inverso il calore del sole. Item, pigliate un poco di balsamo insu nuna punta di coltello e toccatene el fuoco; se arde è buon segnio. Item, mettete un poco di balsamo in una scodella, dove sia latte di capra; se gli è buono, subito el latte si rappiglia. Item, mettete un poco di balsamo in un piattello d'ariento o in uno piccolo bacino pieno d'acqua chiara, e poi movete e mescolate forte l'acqua; che se 'l balsamo è [66] vero e perfetto, l'acqua di nulla si conturberà; e se 'l balsamo è sosfisticato, l'acqua inturbidirà; e, sendo il balsamo fine, caderà al fondo del vaso al modo che fussi ariento vivo, perchè il balsamo fine, due volte più pesa che il sosfisticato. Ora, da poi che io v'ò parlato del balsamo, io vi parlerò delle cose che sono di là da Bambellonia oltre al fiume di Nair, verso il diserto, tra Africa e Egitto. Qui sono e granai di Ioseph, i quali lui fece fare pel governo delle biade per supplire agli anni di carestia; e sono di pietra molto ben murati, delli quali due sono grandi e alti a maraviglia, e gli altri non sono così grandi nè sì alti. Ciascun granaio à una gran porta per entrata, e sono alquanto alti da terra, perchè la terra è guasta e cascata dappoi che i granai erono fatti. Quivi dentro stanno molti serpenti. In questi granai, da lato di fuori, sono molte lettere intagliate di diversi linguaggi; e alcuni dicono che queste son tombe, che vuol dire sepulture antiche di gran signiori; ma questo non è vero, perchè comune fama è per tutto el paese, e da presso e da lungi, che questi sono i granai di Ioseph; e così è el parere di tutti [67] quegli del paese, e ànno loro croniche per altre regione[36]. E se queste fussino sepulture, elle non sarebono vote dentro, e non arebono porte per entrare, nè non sarebono di tanta grandeza e alteza. Per la quale ragione non è da credere, che ciò sieno tombe. Quivi in Egitto sono diverse lingue e diverse lettere altrimenti che non sono altrove, e sì ve le discriverrò, come sono fatte e a che modo egli le chiamono, acciò che voi sappiate la diferenzia tra questi[37].

Prima ch'i' proceda più oltre, io vi vo' dinotare el viagio dove si va diritto a Babillonia, dove dimora il Soldano, el quale è a l'entrata d'Egitto, imperò che molte gente vanno in prima là, e poi al monte Sinai, e poi ritorneno per Gierusalem, come altre volte v'ò detto, perchè egli fanno prima el più dilungi peregrinagio, poi ritornono per lo più brieve, quantunque il più brieve sia il più degnio, cioè Gierusalem, perchè niuno altro peregrinagio può comparare a quello. Ma per più sicuramente e aconciamente [68] fornire il lungo e il brieve, si va prima al più lungo, e poi al più presto. Ma chi volessi andare a Babillonia per altra via e più brieve che queste parti occidentali, che io ho di sopra ricordate e così d'altre parti propinque a quelle, vassi per la Francia e per la Borgogna e per Lombardia. Non è bisognio di nominare le città, nè le ville di questo camino, però che il camino è assai netto e sicuro e conosciuto da molte nazione e gente.

PER QUANTE VIE S'ENTRA IN MARE PER ANDARE IN GIERUSALEM.

Molti porti sono, per li quali s'entra in mare: alcuni entrono a Genova e alcuni a Vinegia: questi passono per mare, per lo Adriano, chiamato il golfo di Vinegia, el qual divide da quella banda Italia da Grecia. Altri vanno a Napoli, alcuni a Roma e da Roma a Brondusio. Per questi luoghi s'entra in mare e per più altri luoghi, dove son porti; e vassi in Toscana per Campagnia, per Calabria e per Cicilia, la quale è grande isola e molto buona. In questa isola di Cicilia è un giardino verde e fiorito da ogni stagione, sì di verno come di state: questa isola circunda bene CCCº. L. miglia.

[69]

DELL'ISOLA DI CICILIA E DI CERTE MANIERE DI SERPE CHE CONOSCONO E FIGLIUOLI LEGITTIMI DA' BASTARDI, E DEL MONTE MUNGIBELLO.

Al contrario[38] tra Cicilia e Italia non è altro che un piccolo braccio del mare, el qual si chiama il Farro di Messina. Cicilia si è tra el mare Adriano e el mare di Lombardia, e da Cicilia in Calabria non sono altre che VIII. leghe lombarde. In Cicilia è una maniera di serpenti e qua' conoscono e figliuoli ligittimi da' bastardi, perchè e padri loro, che vogliono vedere la pruova, lasciono andare le serpe intorno a' detti figliuoli; e se gli mordono, sono bastardi, e se non gli danno noia, sono ligittimi e di ligittimo matrimonio nati. E questo fanno molti per vedere se ànno figliuoli ligittimi o no. Item, in quella isola è il monte Ethna, el quale sempre arde, e chiamasi Mungibello e Vulcano, ove ardono due fuochi e gettono diverse fiamme e diversi colori; e per la mutazione di queste fiamme, sanno le gente del [70] paese quando sarà carestia e buona derrata, freddo e caldo, umido e secco, e universalmente conoscono a che modo si governa il tempo di Italia: e questo Vulgano sono XXV. miglia, e dicesi che questa bocca è dello 'nferno.

DELLA VIA CHE VA PER LO PORTO DI PISA.

Item, chi va per Pisa, come alcuni vanno, truova uno braccio di mare, per lo qual si va agl'altri porti di que' confini, e montasi in mare, e passasi per l'isola di Igioph, la quale è de' genovesi; e dipoi s'arriva in Grecia, al porto della città di Miroto, e al porto di Vallona, verso il porto di Durazo, el quale è del duca di Durazo. E da altri porti, per questa banda, si va infino in Gostantinopoli.

DELLA VIA CHE VA DALL'ISOLA DI RODI A L'ISOLA DI CRETE, E DA CRETE ALL'ISOLA DI CIPRO.

Poi si va per acqua infino a l'isola di Rodi e a l'isola di Crete, e dall'isola di Crete all'isola di Cipro; e così da Vinegia a Costantinopoli si va per la via diritta per mare, et èvvi circa 1880. miglia. E poi da Gonstantinopoli si va a Rodi per [71] mare, et èvi 160. leghe; e da Rodi in Cipro si fa 500. leghe. Da Cipro, andando tutta via per lo mare, si lascia Ierusalem con tutto el paese dalla parte sinistra, e giugniesi infino in Egitto, e arivasi al porto di Damiata, il qual solea esere bello e forte. Dalla entrata d'Egitto da Damiata, si va in Alessandria, ch'è di sopra il mare; e in questa città fu dicollata santa Caterina, e quivi fu martorezato san Marco Evangelista, e quivi fu seppellito il corpo suo, ma lo imperadore Lione fece portare a Vinegia le sue reliquie. E quivi è ancora una chiesa bellissima di san Marco, tutta imbiancata senza pittura; e così sono tutte l'altre chiese che sono di cristiani imbiancate di dentro; però che e saracini l'ànno imbiancate per guastare le immagine e le istorie de' santi ch'erono dipinte. Questa Alesandria è lunga circa XXX. stadii, ed è larga X. stadii, e è bella e nobile città. Quivi el Nillo entra in mare, e in questa fiumana del Nillo si truova molte pietre preziose e assai legnio aloe, el quale è una sorte di legnio che viene dal paradiso terresto, e adoperasi in diverse medicine, e è assai caro. D'Alesandria si va a Bambillonia, dove dimora [72] el Soldano, la quale è di sopra la diritta riviera del Nillo[39]. E questo è il più brieve camino che si faccia per andare diritto a Bambillonia. Perseverando, io vi mosterò la via di Bambillonia al monte Sinai, ove giace il corpo di santa Caterina. Partendosi d'Alessandria è bisognio passare il diserto d'Arabia, per lo quale Moisè v'andò e condusse il popolo d'Isdrael; e passasi allato al fonte che fece Moisè per la mormorazione del popolo non trovando acqua per bere. E poi si passa per lo fonte di Marach, di cui l'acqua era prima amara, ma e fanciugli di Israel gittorono dentro un legnio, e dipoi trovorono l'acqua dolce e buona per bere. Poi si va alla valle di Elim, nella qual valle sono dodici fonti: e quivi erono piante che portavono dattili, le quale trovò Moises e Alech e gli fanciugli di Israel. E da questa valle al monte Sinai non è più che una giornata, e chi vuole andare per altra via di Bambillonia, sì va per lo mare rosso, el quale è un braccio dello mare oceano. Per questo mare rosso passò Moisè a piedi sechi e il popolo d'Israel, [73] quando erono perseguitati da Faraone Re d'Egitto. Questo mare può esere largo circa vi. leghe: qui si somerse Faraone con tutta la sua gente che si trovò con lui.

PERCHÈ SI CHIAMA MARE ROSSO.

Questo mare non è punto rosso più degli altri mari, ma in alcuna parte v'è rena rossa, e per questo chiamasi mare rosso. Questo mare corre infino a' confini d'Arabia e di Palestina. Per questo mare si va più di quatro giornate; poi si va più innanzi pel diserto per infino alla predetta valle di Chelim, e di là si va al monte Sinai. E sapiate che per questo diserto niuno può andare a cavallo, perchè e cavagli non possono ben bere e mangiare, e però si passa con camegli, e quali truovono da bere e da mangiare, perchè mangiono rame d'albori e di bosco, e sofferiscono da bere due o tre dì; e quando e' truovono da bere, buono per tre dì: e questo non poterebono fare e cavagli.

[74]

DEL MONTE SINAI, OVE MOISÈ PARLÒ CON DIO.

Da Babillonia al monte Sinai sono XII. giornate e più e meno, sicondo el caminare; e conviene portare per questi diserti le vittuaglie oportune; ed è chiamato el monte Sinai, perchè è rosso e ardente, perchè Muises più volte su questo monte vide il nostro Signiore in forma di fuoco, e così il vidde nel bosco[40] del Rubo, el qual gittava fiamma e non ardeva. Quivi a piè del monte parlava Muises a Dio: quivi è una badia di monaci bene edificata colle porte di ferro per timore delle bestie salvatiche. Questo è un gran convento, e fanno li monaci bene a' pellegrini, e sono a modo di eremiti; e non beono vino se non ne' dì solenni, e sono molti divoti e poveri, spezialmente faccendo penitenzia e astinenzia assai.

DELLA CHIESA DI SANTA CATERINA E DELLA SEPULTURA SUA.

Qui è la chiesa di santa Caterina, ove sono molte lampane ardente: egl'ànno assai olio d'uliva per ardere e per mangiare, [75] e ànno per divin miracolo; imperò che e corbi e le cornachie e gli stornegli e gl'altri uccegli d'intorno si ragunono insieme una volta l'anno, e vanno là come se andassino in viaggio, e ciascun di loro porta oliva, o vero un ramo d'ulivo, a modo che volessino offerire, e quivi lo lasciono: e di questo e monaci ne fanno olio, che è gran miracolo. E poi che gl'uccegli, che sono universalmente sanza ragione, vanno a vicitare el corpo di questa gloriosa vergine, certo ben si doverebon gli uomini afaticarsi di cercarla. Item, dentro all'altare della detta chiesa è il luogo ove vidde Moises il nostro Signiore nel Rubo ardente; e quando e monaci entrono in questo luogo sì si scalzono, perchè il nostro Signiore disse a Moisè: iscalzati, perchè il luogo dove tu stai è terra santa. Questo luogo chiamono e monaci Bolzelrel, che vuol dire: ombra di Dio. E dallato dell'altare grande sono tre gradi, sopra li quali è la sepultura di santa Caterina; la quale è d'alabastro, dove giaciono l'ossa del suo corpo; e 'l proposto de' monaci mostra le reliquie a' pellegrini, e perquote l'ossa con uno istrumento d'ariento, e escene alquanto olio a [76] modo di sudore; el quale non si asomiglia a olio nè a balsimo, anzi è più nero: e di questo alquanto ne donono a' pellegrini, per che non ve n'è gran quantitade. Dappoi mostrono el capo della detta santa col sudario, nel quale fu invilupato il suo santo corpo infino al monte Sinai; e poi mostrono el Rubo el quale arde sanza consumarsi, e nel quale el nostro Signiore parlava a Moisè, e molte altre reliquie.

COME SI ESTINGUE LA SUA LAMPEDA QUANDO EL PROPOSTO MUORE.

Item, quando il proposto della chiesa muore, subito si estingue la sua lampana; e quando e monaci ànno eletto un altro che sia valente e sanza peccato, la lampana per divina grazia s'accende per lei medesima. E ciascuno di loro à una lampana e conoscono quando alcuno di loro deba murire, però che il lume si tramuta e fiorisce; e se non è degnio di lume, rimane morto. E altri dicono, che colui che canta la messa de' morti, dopo la messa, truova insu l'altare il nome di colui che debe esere proposto. E di ciò io li domandai, e non mi vollono rispondere alcuna cosa, infino a tanto che io dissi, [77] che non mi dovessino ascondere le grazie di Dio e le gran cortesie che gli faceva, ma che doverebono publicare per fare le gente più divote. E a nascondere fanno male, sicondo il mio parere, imperò che e miracoli, che Dio à fatti e fa continuamente, son testimoni della sua possanza, come dice Davit nel psalmo: Mirabilia testimonia tua, Domine ec. Allora egliono dissono, che tutto ciò aveniva spesse volte. Nè più da loro possetti avere. E sappiate, che in questa badia non entrono mosche, nè mosconi, nè pulce, nè altre brutture per miracolo di Dio e di nostra Donna; imperò che tante e diverse maniere di mosche ci soleva esere, e davono tanto fastidio, che e monaci volevono abandonare il luogo; e già erono usciti di fuori, e montati in sul monte per partirsi del luogo. E allora la nostra Donna li venne incontro, e disse loro, che ritornassino, che più non vi troverebono mosche, nè altre brutture; e così ritornorono e monaci alla badia, e mai più non vidono simile brutture. Item, innanzi alla porta è la fonte dove Moisè percosse nel sasso e uscinne fuori acqua. E per questa badia si ascende per molti gradi al monte [78] di Muisè; e quivi si truova prima una chiesa di nostra Donna, là dove incontrò e monaci che fuggivono per le mosche[41].

DELLA CAPPELLA DI ELIA PROFETA CHE SI CHIAMA OREB.

Dal più alto di questo monte medesimo è la cappella d'Elia profeta; e questo luogo si chiama Oreb, del quale la santa scrittura parla: Et ambulavit in fortitudine cibi illius usque ad montem Dei Oreb. E quivi dallato è la vite che piantò san Giovanni, e chiamasi Arzine Scaphis: e alquanto di sopra è la cappella di Moises, e il sasso dove Moises scampò la paura, quando vide il nostro Signiore a faccia a faccia: e in quello è dipinta la forma del suo corpo; imperò che si percosse così forte nel sasso, che tutto el corpo sì vi ficcò dentro. Quivi apresso è il luogo dove il nostro Signiore diede a Moisè gli X. comandamenti della legge, e ivi è la caverna ove dimorò Moisè XL. dì nel digiuno, e murì innanzi che entrassi nella terra di promissione; ma non si sa dove fussi soppellito. Da questo monte si passa [79] una grande valle per andare a un altro monte assai più alto, dove santa Caterina dagli angioli fu soppellita. Item, in questa valle è una chiesa di XL. martori, dove spesso si canta la messa. E di questa valle, ch'è molto fredda, si monta la montagna di santa Caterina, la quale è molta più alta di quella di Muisè. Ivi, ove fu santa Caterina sepulta, non è chiesa nè cappella, ma ella vi fu già e fu distrutta, sì che ora non v'è altro che uno monticello di pietra diritto, nel luogo ove fu posta santa Caterina: e quello è il propio luogo, dove il nostro Signiore diè e X. comandamenti a Moisè.

DEL LUOGO DOVE FU SOPPELLITA SANTA CATERINA.

E dove la vergine fu soppellita, dicono, che tutto è un luogo; ma e' si dee intendere, che non è un luogo, ma più luoghi, ma è in un paese, perchè l'un monte e l'altro è chiamato Sinai; ma una grande via è tra l'uno e l'altro e tra loro è una gran valle e profonda[42].

[80]

COME SI DEBBA TORRE CONMIATO DA E MONACI.

E poi, quando sono vicitati questi santi luoghi, si debe raccomandare a' prieghi de' detti monaci, e torre conmiato da loro; e egli donono a' pelegrini, i quali debono ritornare verso Gierusalem, vittuaglie per mangiare e per passare e diserti di Soria, e quali durano tre giornate o più. Ancora sappiate, che in quegli diserti abitano molti arabi, che si chiamano bedoini e ascopi. Questi son gente di cattiva condizione, e non ànno case, nè mansione[43], anzi stanno sotto tende e trabache, che e' fanno di pelle di cammegli e d'altre bestie. E quando egl'ànno mangiato, e' vanno cercando dove possino trovare acqua, come è sempre nel mare rosso e altrove, perchè questo diserto è molto difettoso d'acqua, e sì aviene che rade volte truovono acqua. E dove una volta truovono acqua, l'altra volta non la truovono, e per questo non vi fanno case, questa [81] gente, murate. Egli non mangiono pane, salvo alcuni che stanno apresso ad alcune buone ville, che alcuna volta vanno là a mangiare: e questi tali quocono le lor carne e pesci in sulle pietre al sole. Questi son forti battaglieri e sono sanza numero, e sì cantono volentieri dietro alle bestie in pastura, e di nulla si curono della lor vita; e però non temono el Soldano, nè alcuno altro principe; e arebono ardimento di guerregiare con esso lui, se gli facessi cosa che gli dispiacessi; e molte volte ànno fatto guerra col Soldano, e massimamente nel tempo che io ero con lui.

DEL MODO COME S'ARMA QUESTA GENTE.

Costoro portono in battaglia una gran targa, e invilupponsi la testa e 'l collo in un grande lenzuolo bianco, e in questo modo son bene armati; e egli son cattivi, malvagi e brutti e di perversa vita.

DELLA VILLA DI BERSABÈ, OVE DIMORÒ ABRAAM.

E quando sono passati questi diserti che si viene verso Ierusalem, allora si vede Bersabè la quale soleva esere molta buona e dilettevol villa: e ancora quivi [82] sono di molte chiese. In quella villa dimorò Abraam gran tempo, lo quale fu patriarca. Questa villa edificò Bersabè, moglie d'Uria, della quale il Re David generò Salamone, el qual dopo David regniò XL. anni sopra e XII. tribi di Israel. Da Bersabè si va alla città de Ebron per due buone leghe, la quale altrimenti si chiama la valle di Mambre, e altri la chiamono la valle del pianto e di lacrime, perchè in questa valle Adam sì pianse Cº. anni la morte del figliuolo suo Abel, ucciso da Cain suo fratello. Ebron soleva esere la principal città de' filistei, e ivi abitavono Giganti, e qui fu la città sacra dotata della Tribù di Iuda. Et era così libera, che ivi riceveva ogni mal fattore d'altrove. In Ebron Iosue e Alaphe e li compagni vennono primamente per esplorare la terra e il modo di guadagnare la terra di promissione. Quivi in Ebrom regniò prima David sette anni e mezo, e in Gierusalem regniò XXXIII. anni e mezo. Quivi sono tutte le sipulture de' patriarchi, di Adam, Abraam, Isac e Giacob e delle loro moglie, Eva, Sarra e Rebecca. E lìe, nel descendere del monte e sopra questo, è una bella chiesa quadrata a modo d'un [83] bel castello; e questa guardono e saracini molto bene, e è riputato questo luogo di gran riverenzia pe' santi padri che vi giaciono. Quivi non lasciono entrare cristiani, nè giudei, se non ànno di grazia speziale dal Soldano, perchè tengono e cristiani come cani, e dicono che non debono punto entrare in così santo luogo. Chiamasi questo luogo, ove giacciono, doppia spelunca, perchè giaciono l'uno sopra l'altro. E saracini chiamono questo luogo, nella loro lingua, haria fomba, che vuol dire luogo di patriarchi; e li giudei lo chiamono Arboch.

DELLA CASA D'ABRAAM.

In questo medesimo luogo era la casa d'Abraam: qui sedea insu l'uscio quando egli vidde tre, e uno adoroe: di ciò testimonia la santa scrittura, dicendo: Tres vidit et unum adoravit. Qui ricolse Abraam gli angioli nel suo ostello.

IN QUESTO LUOGO ABITÒ ADAMO ET EVA, POI CHE FURONO CACCIATI DI PARADISO.

E assai apresso di questo luogo è una cava nel sasso, ove dimorò Adamo et Eva, poi che furono cacciati del paradiso terreste. [84] Qui generò figliuoli: ivi fu Adamo creato e formato, sicondo il detto d'alcuni, perchè questo luogo si soleva chiamare el campo di Damasco, però che era della signioria di Damasco; e di qua fu traslatato, sì come si dice, nel paradiso delle delizie. E di poi che lui fu cacciato del paradiso, in quel giorno che fu cacciato, in quello giorno aveva peccato. Quivi comincia la valle di Ebron, la quale dura infino a Gierusalem. Ivi comandò l'angiolo a Adam, che lui giacesse colla sua donna, e sì ingenerò Seth, della cui generazione nacque il nostro Signiore.

D'UNA SPEZIE DI TERRA CHE SI MANGIA IN LUOGO DI SPEZIE.

In questa valle è un campo fuori dei quale si cava una materia di terra, che trae al rosso, e chiamasi cambil, la qual si mangia e portasi a vendere in luogo di spezie, e mai si può tanto cavare di largo e di fondo, che a capo dell'anno truovasi piena la fossa per divina grazia. E da Ebron alla sepultura di Loth, figliuolo del fratello d'Abraam, sono due leghe. Assai apresso di Ebron è il monte di Mambre, dal quale la valle piglia nome. Quivi è [85] uno albero di canna, che i saracini lo chiamono dirp, el quale era infino ad Abraam, e chiamasi Albore di Seth; e dicesi che questo albero era infino al cominciamento del mondo, e sempre portò foglie verde infino alla morte del nostro Signiore in sul legnio della ✠. Allora incominciò a seccare: il simile feciono tutti gli altri alberi che si trovorono al mondo: o che si secorono, o vero la midolla dentro si marcì; e da poi in qua son rimasi gli alberi secchi; onde ancora oggi molti se ne truovono.

DELLA PROFEZIA, CHE UN SIGNIORE D'OCCIDENTE GUADAGNIERÀ LA TERRA DI PROMISSIONE CON LO ADIUTORIO DE' CRISTIANI.

Questi ànno una profezia, che un signiore, principe d'uccidente, guadagnerà la terra di promissione coll'aiutorio de' cristiani e farà cantar la messa sotto quell'albero secco; e poi questo albero porterà bianche foglie e frutto per divin miracolo; per lo qual miracolo molti saracini si convertiranno e eziandio giudei alla fede cristiana. E per questo è riputato quel legno di gran riverenzia e molto [86] caro è custodito; e quantunque e' sia secco e sanza rami, non dimeno è virtuoso, però che chi ne porta un poco sopra di sè è liberato dal morbo caduco e il suo cavallo non si può riprendere[44]; e à molte altre virtù per le quale è tenuto prezioso. Da questa città d'Ebron si va aconciamente in un mezzo dì a Bethlem per bella via piana e dilettevole, che dura V. leghe.

DELLA CITTÀ DI BETHLEM E DEL SITO SUO E DEL CAMPO FIORITO, E PERCHÈ SI DICE CAMPO FIORITO.

Bethlem è buona città, piccola e stretta, fortificata intorno di buone fosse; e soleva esere chiamata Effrata, sì come dice el Salmista: Ecce audivimus eum in Ephrata. E è nel fine della città, verso oriente, una bella chiesa e la più graziosa del mondo, e à tre torre e uno campanile molto sottilmente fatto. Dentro alla chiesa sono XLIIIIº. colonne di marmo, e infra questa chiesa e la città è il campo fiorito; et è chiamato el campo fiorito, perchè essendo una damigella incolpata a torto di fornicazione, e dovendo [87] essere arsa in quela piaza, e postovi spine e altre legnie, e andava la fanciulla piangendo e pregando il nostro Signiore che come ella era innocente, così gli piacessi d'aiutarla e farne dimostrazione presente el popolo. E acceso il fuoco, e lei entrata, subitamente tutto il fuoco si spense, e e' rami ch'erono accesi, tutti si convertirono in rosai rossi; e quegli altri rami che non erono ancora accesi, si convertirono in rosai bianchi, tutti caricati di rose, che prima non s'erono mai veduti rosai rossi in quel paese, sì che talmente[45] fu da Dio la fanciulla liberata: e però quela piaza, per questo, à nome Campo di fiore fiorito.

DEL LUOGO OVE NACQUE CRISTO.

Item, dallato del corpo di questa chiesa, dalla destra parte discendendo per XII. gradi, è il luogo dove nacque il nostro Signiore, adornato molto nobilmente di marmo, ben dipinto d'oro e d'azurro e molti altri be' colori.

[88]

DEL PRESEPIO DEL NOSTRO SIGNIORE, E DOVE CASCÒ LA STELLA DE' TRE MAGI.

Quivi apresso a tre passi è il presepio del bue e dell'asino, dove Iesù Cristo nacque; e ivi apresso è il pozzo dove cascò la stella[46], la qual condusse i tre magi Re, cioè Guasparre, Baldassarre e Marchionne; e' giudei altrimenti gli chiamono in ebreo questi tre Re, Appollim, Anome e Damasus; e' greci gli chiamono Galgalath, Malghalath e Saraphi. Questi Re offerirono al nostro Signiore oro e incenso e mirra; e ivi non vennono per giornate, anzi vennono per divin miracolo, però che egliono si trovorono a una città in Giudea chiamata Cassar, la quale è dilungi da Bethalem LIII. giornate; e egli vennono in XIII. giorni, ed era el quarto dì che avevono veduta la stella quando e' si scontrarono in questa città di Cassar; e così di questa città furono in Bethlem in VIIIº. dì; e questo fu gran miracolo. Item, di sotto alla chiesa per XVIII. gradi, dalla parte destra, è 'l carnaio degli innocenti, dove giaciono l'ossa loro. [89] Innanzi a luogo ove nacque el nostro Signiore è la sepultura di santo Ieronimo, il quale fu cardinale e traslatò la Bibbia e 'l Salterio d'ebraico in latino. Di fuori della chiesa è la panca sopra la quale si stava quando traslatò le dette opere. E apresso a questa chiesa, a VI. torse è una chiesa di santo Niccolò, dove nostra Donna si riposò dopo el parto, perchè ella aveva troppo latte nelle poppe; e quivi, sopra le pietre di marmo rosso, ancora sono le machie bianche per lo latte sopra di quello sparto: la magiore parte delle abitazioni di Bethlem sono cristiani. Ivi intorno a la città sono di belle vigne de le quali e cristiani fanno abundanzia di vino, perchè e saracini non lavorono vigne, però che non beono vino, perchè nel libro della sua legge, chiamato Alcorano, dato a loro per Macometto, e per altri chiamato Melhatus, e in un'altra lingua, Armeli, proibisce el vino. In questo libro Macometto maladisse ognuno che bee vino e tutti quegli che 'l vendono, per cagione che una volta gli fu aposto, che, essendo lui ubriaco, uccise uno eremita el quale molto amava; e però maladisse el vino e chi ne bee e chi ne vende. Ma [90] questa maladizione torna sopra di lui, sì come dice David profeta: Et in verticem ipsius iniquitas ejus descendet. Item, i saracini non tengono porci, nè mangiono carne porcina, perchè dicono, che 'l porco è fratello de l'uomo, e che Dio el vietò nel vechio testamento; e ànno a dispetto ogni uomo che ne mangia. El simile nella terra d'Egitto e di Palestina, egliono non mangiono carne di porco, nè di vitella, nè di bue, salvo se non sono così vechi, che non possino lavorare; non perchè gli sia vietata, ma perchè e' n'ànno poca: egli nutricono e buoi solamente per arare la terra. Di quella città di Bethlem nacque David, el quale ebe LC. moglie, delle quale la prima fu nominata Michol; e avea CCCº. concubine. E da Bethelem a Gierusalem non è più che due leghe. De Bethalem, andando in Gierusalem, a meza lega è una chiesa, dove gli angioli anunziorono a' pastori la natività del nostro Signiore. In questa via è la sepultura di Rachel madre del patriarca Iacob, la quale dopo il parto di subito murì; e ivi Iacob suo marito la sotterrò. E pose Iacob XII. grande pietre sopra lei, in significazione che aveva avuto XII. figliuoli. [91] In questo camino, di lungi da Gierusalem meza lega, aparve la stella ai tre Re, e quali avevono variata la via per Erode. In questo camino son molte chiese, per le quali si va infino in Gierusalem, città santa e ben posta fra le montagne, e non v'è riviere, nè fonte, ma vien l'acqua per condotto verso Ebron.

COME FU CHIAMATA GIERUSALEM, LA QUALE PRIMA SI CHIAMAVA GIEBUL.

Ierusalem anticamente, infino al tempo di Melchisedech, fu nominata Gebul, e da poi, infino al tempo del Re David, fu chiamata Salem; il quale David compose questi due nomi insieme, e chiamolla Giebusalem; da poi venne Salamone, el quale la chiamò Gierosolim; da poi fu chiamata Gierusalem e è nel reame di Siria, il quale regnio ha molte province con grande richeze. Il simile è della terra de' giudei, e è chiamata Giudea, perchè Giuda Macabeo fu signiore di quel paese; e quel di verso oriente confina col paese di Arabia, verso el mezo dì, come la terra d'Egitto verso occidente con el grande mare verso Bissa, col reame di Siria, e col mare di Cipro. Item, in Gierusalem [92] soleva esere un patriarca, e per lo paese molti arcivescovi e vescovi.

DELLE CITTÀ CHE SONO INTORNO A GIERUSALEM.

Intorno a Gierusalem sono queste città, cioè Ebron, a XII. leghe; Bersabè, a VIIII. leghe; Gierico, a VI. leghe; Ascalon, a XVII. leghe; Giaffo, a XVI. leghe; Ramata, a III. leghe; Bethlem, a due leghe[47]. All'incontro di mezo dì si è la chiesa di santo Carita[48] il quale fu abbate in quel luogo, il quale morendo fu grandemente pianto da' suoi monaci, e ora son dipinti amodo che pianghino, che è cosa piatosa a risguardare. Questo paese di Gierusalem è stato nelle mane di diverse nazione, e molte volte à portato el paese penitenzia per lo popolo che ivi abitava, perchè el paese è stato nelle mane di diverse persone e nazione, come sono giudei, assirii, persi, medii, turchi, tartari. Idio non sostiene lungamente il regnio de malvagia gente, nè di traditori, nè peccatori in questa santa terra, sia qualunque si voglia; [93] e ànno tenuti gl'infedeli questa terra per ispazio di C.º e XXX. anni: se a Dio piacerà egliono non la terranno lungamente.

DELLE CHIESE E LUOGHI CHE SONO IN GIERUSALEM.

E dovete sapere, che quando è l'uomo in Gierusalem, fa el primo pellegrinaggio a la chiesa del santo Sipolcro, la quale è fuori della città inverso le parte di Bisso, o vero settentrione; ma ella è male governata insieme colla città, ed è assai bella chiesa, ritonda e aperta di sopra, e intorno coperta di piombo; e inverso occidente è una bella torre, alta e fortissima, per mettere campane dentro; e in mezo della chiesa è uno tabernacolo a modo d'una piccola casella, con uno uscio piccolo e basso. E questo tabernacolo è lungo VIII. piedi e largo V. piedi, e non è gran tempo, che il santo Sepolcro era tutto iscoperto, sì che si potea tocare e baciare; ma perchè ogniuno che v'andava voleva avere un pezo di pietra, e per questa cagione l'à fatto il Soldano murare, sì che al presente non si può tocare e baciare. Ma ne la sinistra parte del tabernacolo, [94] o d'alteza d'uno uomo, è una pietra grossa come il capo d'uno, la quale si è del santo Sepolcro; e questa pietra baciono e pellegrini. In questo tabernacolo non è alcuna finestra, ma vedesi con lampane.

D'UNA LAMPANA CHE SEMPRE ARDE INANZI AL SEPOLCRO SANTO, LA QUALE EL VENERDÌ SANTO SI ACCENDE DA PER SÈ STESSA; E DEL MONTE CALVARIO; E DOVE FU TROVATO EL CAPO D'ADAMO; E DI MOLTE ALTRE COSE CHE IVI SONO.

Item, evvi una lampana che arde sempre innanzi al Sepolcro, ma el dì del venerdì santo si spegnie, e poi per sè stessa s'acende el dì della resurresione, a quell'ora propia che 'l nostro Signiore risucitò. Item, dentro alla chiesa, dalla destra parte, a presso del corpo della chiesa, si è il monte Calvario, dove fu posto il nostro Signiore in sul legno della croce. Quello monte è un sasso bianco e in alcuno luogo mescolato di rosso: el detto sasso è fesso, e quella fenditura è chiamata Golgota; e quivi è dove gocciolò el prezioso sangue delle piaghe del nostro Signiore quando egli fu posto e confitto in sulla santa crocie: e montasi a quello Golgota [95] per gradi. Cavando dentro a questa fenditura fu trovato il capo d'Adamo, dopo il diluvio di Noè, in significazione che Adam cogli altri patriarchi dovevono essere liberati in questo luogo medesimo: e sopra questo sasso fece Adamo sacrificio al nostro Signiore. Ivi è uno altare, inanzi al quale giace Gottifredo di Buglione e altri Re cristiani, che ànno signioregiato Gierusalem. E ivi apresso, dove fu crocifisso il nostro Signore, è scritto in greco Otheos Basileon Ysimon Perseona Oragaze Sothias Gis; che vuol dire in latino: Hic Deus est rex ante sæcula noster, qui operatus est salutem in medio terræ: amen. Et in vulgare suona: Questo Dio è il Re nostro, el quale ha operato nel mezo della terra. Amen[49]. Item, sopra il sasso dove fu fatta la croce, è scritto nel sasso: Cios inst is basistor pisteos thois tesmosii[50]; che vuol dire in latino: Quod vides est fundamentum totius fidei huius mundi. E in vulgare suona: Quel [96] che tu vedi, si è fondamento di tutta la fede di questo mondo. Quando il nostro Signiore fu morto, era d'età d'anni XXXIII. e mesi VI; e la profezia di David dice, che doveva esere d'anni XL; dove dice: Quadraginta annis proximus fui generationi huic ec. E totalmente, parrebbe ad alcuno, che la profezia non fusse vera; ma l'uno e l'altro è vero, però che si faceva allora l'anno di X. mesi, de' quali Marzo era el primo, e Dicembre l'ultimo.

COME IULIO CESARE ORDINÒ L'ANNO DI XII. MESI, CHE PRIMA NON ERA SE NON DI X.

Ma Giulio Cesere, imperadore de' Romani, vi fece agiugniere due mesi, cioè Gennaio e Febraio, e ordinò l'anno di XII. mesi, cioè CCCºLXV. dì sanza il bisesto, sicondo il corso del sole; e così tengono e cristiani, sì che essendo l'anno XII. mesi, lui non arebbe se non XXXIII. anni e tre mesi; ma dell'anno di X. mesi aveva XL. anni, come dice el profeta. Item, appresso al monte Calvario, dalla mano destra, è uno altare, dove è una colonna, alla quale el nostro Signiore fu flagellato e legato.

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DELLE COLONNE CHE PIANGONO LA MORTE DI IESÙ CRISTO.

E ivi dallato sono IIIIº. pilastri di pietra, che sempre docciono acqua[51]; e dicono alcuni, che elle piangono la morte del nostro Signiore. E apresso di questo altare è uno luogo sotto terra XL. gradi a basso, dove fu trovata la vera croce, per lo 'ntelletto di santa Elena, là dove propio e giudei l'avevono celata. E ivi, ove fu trovata la vera croce, e' furono trovate l'altre due croce de' ladroni: e santa Elena la fece provare sopra un corpo morto, el quale, come ebe la croce sopra di sè del nostro Signiore, subito risucitò. E ivi apresso è il luogo dove e IIIIº. chiovi del nostro Signiore furono riposti, de' quali n'ebbe due confitti nelle mane e due ne' piedi.

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COME GOSTANTINO FECE FARE IL MORSO DEL SUO CAVALLO DEL FERRO DE' CHIOVI SANTI, E DELLA VITTORIA CHE DI CIÒ EBBE.

E d'uno di questi chiovi ne fece fare Gostantino imperadore un morso per portare in battaglia; e per virtù di quel ferro lui vinse tutti e suoi nimici, e guadagniò tutta la terra d'Asia minore, cioè de' turchi, Arminia piccola e grande, di Suria, di Ierusalem, di Persia, di Arabia, di Mesopotamia, del reame delle alpe d'Egitto alto e basso, e tutte l'altre regione infino a Tiopia e India minore, che a quel tempo erono de' cristiani quasi tutte. E in questi confini erono molti eremiti, de' quali parla el libro della Vita de' santi padri; e ora son tutti de' saracini e de' pagani. Ma quando a Dio piacerà, come pe' peccati de' cristiani questo paese fu preso, così per la prudenzia loro sì si riguadagnerà coll'aiutorio di Dio. Item, nel mezo de la terra è un compasso, dove Ioseph di Barimattia apoggiò il corpo del nostro Signiore, poi che l'ebe levato di croce, e gli lavò le sue piaghe: e dicesi che questo compasso è propio nel [99] mezo del mondo. Nella chiesa del santo sipolcro, in verso Bissa, è il luogo dove il nostro Signiore aparve a Maria dopo la resuresione, e ela pensava che fusse uno ortolano dal cordone[52]. In questa chiesa del santo sepolcro solevono esere calonaci de l'ordine di santo Augustino, e avevono un priore, ma el patriarca è a loro signore. E di fuori della chiesa, a man destra discendendo XVIII. gradi, disse il nostro Signiore a la sua madre: mulier, ecce filius tuus; e mostrogli santo Giovanni evangiolista. E dipoi venne a san Giovanni, e disse: ecce mater tua. E queste medesime parole disse insu la croce.

QUI SI FA MENZIONE DI MOLTI LUOGHI SANTI E DI GRAN DIVOZIONE.

E per questi gradi montò il nostro Signiore quando portò la croce sopra sè; e di sotto a questi gradi è una capella, ove cantono messa preti indiani, ma non sicondo la nostra legge, ma sicondo la loro; che ogni volta che fanno el sacramento dell'altare, egliono lo fanno di pane, dicendo [100] el Pater nostro con alcune altre orazioni, e le parole del sacramento, perchè egli non fanno alcune delle addizione fatte pel papa; ma assai divotamente cantono. E ivi apresso è il luogo dove, per lo portare della croce, essendo il nostro Signiore istracco, si riposò. Inverso la chiesa del santo sepolcro è più debole la città che non è altrove, pel gran piano che è tralla chiesa e 'l muro della città e fra la valle di Iosaffat, la quale toca le mura a modo d'una gran fossa. Di sopra della fossa della città si è la chiesa di santo Stefano, ove fu lapidato; e ivi dallato è la porta dorata, la quale non si può aprire. Per questa porta entrò el nostro Signiore el dì di pasqua d'ulivo insu nuno asino; e, quando volle lui andare al tempio, le porte s'aprirono verso lui; e ora appare ogni passo dell'asino in tutti i luoghi de' gradi, che sono di pietre durissime; e innanzi alla chiesa del santo sipolcro sono CCº. torse[53]. Inverso el mezo dì è el grande spedale di santo Giovanni, dal quale e cavalieri di Rodi ànno lor principio. Ivi dentro dal palagio di questo [101] spedale sono CºLXIIII. pilastri di pietra, e nel muro del palagio, oltre a questi, ve ne sono LIIIIº. che sostengono la chiesa chiamata nostra Donna maggiore. E ivi, assai d'appresso, è un'altra chiesa, chiamata nostra Donna latina. E ivi Maria Cleofe e Maria Maddalena si scapigliorono, quando il nostro Signiore fu posto in croce. E di là dalla chiesa del santo sipolcro, verso oriente, è una bellissima casa ritonda, alta, coperta di piombo, e d'intorno vi sono grandissime piaze sanza case; ed è tutta la piaza lastricata di marmo bianco; e i saracini non vi lasciono entrare nè cristiani nè giudei, però che e' dicono, che così brutta gente non debono entrare nè tocare così fatto luogo. Ma io v'entrai, e altrove, dove i' volli, per la virtù delle lettere del Soldano, ne le quali era speziale comandamento a tutti e suoi sudditi, che loro mi lasciassino entrare dove che io volevo, e generalmente a fare quelo che io volevo, salvo cosa che fussi contro alla reale degnità del Soldano e della sua legge.

[102]

DELL'ONORE CHE FANNO E SARACINI ALLE LETTERE DEL SOLDANO.

Ai suoi comuni servidori, che vogliono da lui grazia, egli non gli dona altro che un segno che porta inanzi al petto; al qual segnio e saracini fanno gran riverenzia non altrimenti che come noi facessimo al corpo di Cristo. Ancora sanza comparazione feciono magiore riverenzia alle lettere che io avevo, però che gli amiragli e' signiori a chi e' l'erono mostrate, prima che le ricevessino, sì si inginochiavono; poi le toglievono e mettevonle sopra la lor testa; e poi le legevono inchinati con gran riverenzia; e poi s'offerivono di fare ciò che piace al portatore di quelle. In quello tempio solevono già esere calonaci religiosi overo regolari con uno abate, a chi ubidivono. In questo tempio era Carlo magnio quando l'angiolo gli portò il prepuzio del nostro Signiore[54] el dì della circuncisione. Dipoi Carlo lo portò alla cappella d'Eris, dilungi da lì sette leghe. E dipoi Carlo calvo lo fece portare a Poitieros, e doppo fu [103] portato a Chartres. Sappiate che questo non è il tempio che fece Salamone.

QUI DISCRIVE QUANTO DURÒ IL TEMPIO DI SALAMONE.

El tempio che fece Salamone non durò se non Me. Cº. e due anni, perchè Tito, figliuolo di Vespasiano imperadore di Roma, avendo tenuto lungamente l'assedio contro a Gierusalem per distrugere e giudei, però che avevono morto el nostro Signiore sanza licenzia dello imperadore, preso che ebe la città, arse e distrusse il tempio e uccise undici mila centinaia di giudei; e gl'altri prese e sì gli vendeva XXX. per un danaio d'ariento. E, dopo alcun tempo, lo imperadore Giuliano dette licenzia a' giudei di redificare lo tempio, perchè questo Giuliano, el quale era cristiano e fu monaco rinnegato, aveva e cristiani in odio. E quando ebono quasi fornito el tempio, per divina volontà, venne un tremuoto che guastò ciò che egli avevono fatto. Dipoi Adriano imperadore, che era di quegli di Troia, rifece la città di Gierusalem col tempio in quella medesima forma che prima l'aveva fatto Salamone; e non voleva che giudeo, [104] nè altri vi dimorassi, salvo che' cristiani. Questo imperadore fece murare e serrar la chiesa del santo sipolcro apresso alla città, che prima era dilungi di fuori della città, e volle mutare el nome di Gierusalem, e chiamolla Elia, ma questo durò poco. Item, sappiate, che' saracini fanno gran riverenza a questo tempio, e dicono che 'l luogo è molto santo, e sì v'entrono scalzi, spesso inginochiandosi. E quando i mie' compagni e io vedemo questo, alora ci scalzamo, pensando che più tosto a noi si conveniva, che agli infedeli: di ciò avemo gran compassione.

QUI DESCRIVE LA FORMA DEL TEMPIO.

Questo tempio è una nobile casa, tutta ritonda; ed è larga gumiti Lxiiiiº, e altrettanto lunga, e alta cubiti CCºXLVI; e è coperta di piombo, e à intorno pilastri di marmo. In mezo del tempio è uno staggio[55] alto XIIII gradi, e à d'intorno di buoni pilastri. Questo luogo chiamono Sancta Sanctorum. Ivi non entrono alcuni, se non prelati, che debon fare il [105] misterio del sacramento, o vero il sacrificio; e quando ciò fanno, istà il populo intorno, partito in diverse stanze, sicondo la loro usanza; però che tutti venono a fare sacrificio. Questo tempio à quattro entrate, e sono le porte di cipresso bene intagliate; e dentro le porte d'oriente, disse el nostro Signiore Iesu Cristo: Qui è Gierusalem. E inverso la parte d'uno orto, dentro a le porte, è una fontana, ma non corre; de la qual parla la santa scrittura. Onde dice: Vidi aquam egredientem de templo. E da l'altra parte del tempio è uno sasso, el quale soleva esere chiamato Monachina; poi fu chiamato Betel, dove l'arca di Dio e le reliquie de' giudei erono riposte. Questa arca, insieme colle reliquie, Tito la fece portare a Roma dopo la struzione de' giudei.

QUI SI FA MENZIONE DELLE RELIQUIE DE' GIUDEI CHE ERONO NELL'ARCA.

In questa arca erono le tavole de' X. comandamenti e la verga di Muisè colla quale divise el mare rosso quando il popolo passava a secco, e con questa verga percosse il sasso, del quale uscì acqua, e della quale acqua fece assai miracoli. E [106] era dentro in questa arca uno vaso d'oro pieno di manna, e di vestimenta ornata e il tabernacolo d'Aron, e una tavola quadrata d'oro con XII. pietre preziose, e una bossola di giaspis verde con sette figure dentro del nome del nostro Signiore, e uno altare d'oro e IIIIº. lioni d'oro, sopra e quali erono IIIIº. cherubini d'oro lunghi XII. spanne, e li movimenti de' segni del cielo con un tabernacolo d'oro e trombe d'ariento, e uno pane d'orzo, e tutte l'altre reliquie ch'erono innanzi la natività del nostro Signiore Iesù Cristo. Sopra questo sasso di Betel dormiva Iacob quando vide gl'angioli ascendere e discendere per una scala, e disse: Vere locus iste sanctus est, et ego nesciebam! Quivi tenne Iacob uno angelo tanto, che l'angiolo gli mutò el nome di Iacob in Israel. In quel medesimo luogo vide Davit uno angelo che tagliava el populo con una spada, poi misse la spada ne la guaina, tutta sanguinosa. E sopra questo sasso fu el nostro Signiore e predicò al populo; e di questo tempio cacciò el nostro Signiore quegli che vendevono e compravono. Sopra a questo sasso si nascose el nostro Signiore quando e giudei lo vollono lapidare: il sasso sì si aperse, [107] e in questa fenditura sì si nascose, e qui alora discese una stella per illuminarlo. E sopra di questo sasso imparò la nostra Donna il suo salterio; e ivi perdonò il nostro Signiore alla femina ch'era presa in adulterio; e quivi fu il nostro Signiore circunciso; e quivi anunziò l'angiolo a Zacheria la concezione del suo santo figliuolo, santo Giovanni Batista; e ivi fermamente e primamente oferse Melchisedech pane e vino, in significazione del futuro sacramento. Sopra questo monte[56] si lasciò cadere David, pregando il nostro Signiore e l'angiolo che aveva veduto tagliare il popolo, che Idio avessi misericordia di lui e del popolo; e 'l nostro Signore esaudì il suo priego. Onde David volle ivi edificare el tempio, ma il nostro Signiore gliele vietò per uno angelo, però che aveva commesso tradimento, che, per cupidità della moglie d'Uria, e' fece uccidere el buon cavaliere: e però David diede a Salamone tutto quelo che aveva provveduto per fare il tempio, e così Salamone lo edificò. Poi pregò el Signiore e salvatore, che ognuno, che in [108] quel luogo di buon quore pregassi il nostro Salvatore, fussi de' suoi giusti preghi, qualunque fussino, esaudito e aiutato e consigliato: e così Dio gli concedè.

DEL NOME DEL TEMPIO DI SALAMONE.

E per questo el chiamò Salamone, il tempio di consiglio e aiuto di Dio. E di fuori della porta del tempio è uno altare, dove e giudei solevono offerire i lor tori[57], e ora e saracini sopra a quello altare ànno fatto uno oriuolo per vedere l'ore del dì a una bocca che v'è dentro l'altare. E in questo tempio fu morto Zacheria: e sopra alla cima di questo tempio fu portato il nostro Signiore per esere tentato dal nimico: e all'entrata del tempio, verso occidente, nella porta spaziosa, passando san Giovanni e san Piero feciono, per la grazia di Dio, el ratratto andare e uscire del tempio. E apresso di questo tempio è la immagine de Absalon molto bella, in una piaza grande e piana: in questo tempio solevono dimorare e cavalieri, che si chiamono del tempio; e questo fu el fondamento del suo ordine, sì che in questo [109] tempio dimoravono; e al tempio del Signiore vi stavono gli chierici. Da questo tempio, inverso oriente CºXX. passi, o circa, nel canto de la città, è il bagnio del nostro Signiore; e in questo soleva entrare l'acqua del paradiso. E ivi dallato, è il letto di nostra Donna; e ivi apresso è la sepultura di Simeone; e fuori del chiostro del tempio, verso Bissa, è una chiesa assai bella, di santa Anna, madre di nostra Donna; ivi fu concetta nostra Donna: e inanzi a questa chiesa è un grande albero, che cominciò a crescere quella notte medesima; e di sotto a questa chiesa, discendendo per XXIII. gradi, giace Ioachino, padre di nostra Donna, in una sepultura di pietra; e ivi di sotto soleva giacere la sua moglie; ma santa Elena la fece portare a Gostantinopoli. In questa chiesa è una fonte a modo d'una citerna, chiamata Probatica pescina, la quale à V. entrate. In questa fonte si soleva bagniare ogni infirmità: ivi liberò, il nostro Signiore, il paraletico che era stato infermo anni XXXVIII, a cui disse: Tolle grabatum tuum et ambula: e ivi dallato era la casa di Erode.

[110]

DELLA CRUDELTÀ DI ERODE E DELLA VITA SUA.

Quivi assai apresso era la casa d'Erode, che fece uccidere gli innocenti. Questo Re Erode fu cattivissimo e crudelissimo, perchè fece prima uccidere la moglie, la quale molto amava; e per lo grande amore che le portava, dappoi che udì ch'ell'era morta, diventò pazzo, e stette pazzo gran tempo; e dipoi tornò nel primo senno, e poi fece uccidere due suoi figliuoli grandi, nati di quella sua moglie; e poi fece uccidere un'altra sua moglie con un figliuolo nato di lei; e dipoi fece uccidere la principale sua moglie, e sua madre propia; e simile voleva fare del suo fratello, ma egli murì dinanzi a lui di morte subitana. Questo Erode fece quanto male e' potè fare; essendo ammalato, a' confini della vita sua, lui mandò per la sua sorella e per tutti gli altri signiori del suo paese; e, quando e' furono venuti a lui, tutti gli fece imprigionare in nuna torre, e disse a una sua sorella, che sapeva bene, che niuno farebe pianto della sua morte, e che lui voleva, che ella giurassi, subito che fussi morto, facessi [111] tagliare la testa a tutti quegli che lui aveva imprigionati, a ciò che a la sua morte tutto el paese facessi grandissimo pianto e lamento. E così fece Erode el suo testamento, e così murì. Ma la sorella non gli attenne cosa alcuna, imperò che, morto Erode, lei liberò costoro e mandògli alle loro stanze, e narrò loro l'ordine a lei dato per Erode, e non gli venne fatto come credea.

QUI SI FA MENZIONE COME E' FURONO TRE ERODI.

Ma sappiate che fra questo tempo furono tre Erodi, l'uno dopo l'altro, e furono di gran nominanza per la loro crudeltà; quel che fece uccidere gl'innocenti, di quello ò parlato; quello Ascalonites, che fece tagliar la testa a santo Giovanni Batista, fu Erodo Antipater; et Erode Agrippa fece uccidere santo Iacopo, e imprigionare santo Piero. Item, più oltre nella città si è la chiesa di santo Salvadore: ivi è il braccio sinistro di santo Giovanni Grisostimo, e la magior parte del corpo di santo Stefano; e da l'altra parte de la via, verso mezo dì, andando verso il monte di Sion, si è la chiesa di santo Iacopo, [112] dove e' fu dicollato: e da questa chiesa, insino al monte Sion, sono C.XXV. passi; e ivi è una bella chiesa di nostra Donna, e quivi dimorò e quivi passò di questa vita. In questa chiesa soleva esere una badia di calonici; e di qui fu portata nostra Donna infino alla valle di Iosaphat. Quivi è la pietra per la quale passò nostra Donna per andare a Bethelem. Item, all'entrata di monte Sion, è una cappella nella quale el santo sipolcro fu coperto quando Ioseph vi misse dentro el nostro Signiore. Questa si è la pietra che vidono rivolgere le quatro Marie, quando loro vennono, il dì de la resurresione, al monumento, e trovoro l'angiolo che le disse, che 'l nostro Signiore era già risucitato da morte a vita; onde l'angiol disse: Surrexit, non est hic.

QUI FA MENZIONE DI MOLTI LUOGHI SANTI E DIVOTI.

Qui nel muro, a lato a la porta, è una pietra de la colonna, a la quale il nostro Signiore fu flagellato; però che quivi fu la casa d'Anna, che a quel tempo era vescovo de' giudei. Ivi fu Cristo battuto, flagellato, ferito e vilmente trattato. In [113] questo luogo medesimo il rinnegò san Piero tre volte inanzi che 'l gallo cantassi; e quivi è una parte della tavola sopra la quale cenò el nostro Signiore co' suoi apostoli, quando dette loro la propia carne e il propio sangue in forma di pane e di vino. E di sotto da questa cappella per XXXIII. gradi è il luogo dove il nostro Signore lavò e piei a' suoi apostoli, e ora è ivi el vaso ove era l'acqua, che quivi da lato a quel vaso fu soppellito santo Stefano. E ivi è l'altare ove udì la nostra Donna gli angioli cantar messa. Qui primamente, dapoi la resuresione, aparve il nostro Signiore agl'apostoli, sendo le porte serrate, e disse loro: Pax vobis; e più inanzi nel monte Sion aparve el nostro Signiore a san Tommaso appostolo, e sì gli fece tocare le sue piaghe, l'ottavo dì dopo la resuresione; in su que l'ora conobe el certo san Tommaso, e disse: Dominus meus et Deus meus! In quella medesima cappella, apresso de l'altare grande, stavono gli apostoli el dì de la Pentecoste, quando lo Spirito Santo discese in forma di fuoco. Qui celebrò el nostro Signiore la pasqua co' suoi apostoli: qui dormì san Giovanni sopra il petto del nostro [114] Signiore Iesù Cristo, e, dormendo, vide molti segreti del nostro Signiore.

DEL MONTE SION DOVE ERONO SOPPELLITI DAVIT ET SALAMONE E MOLTI ALTRI RE.

El monte di Sion è dentro la città, e la città è più forte da questo canto che altrove, però che a piè del monte è un bel castello forte, che fece fare el Soldano. Nel monte Sion furono sepulti il Re Davit e il Re Salamone e molti altri Re di Gierusalem; e ivi è il luogo dove e giudei volono gittare giù il corpo di nostra Donna, quando gl'apostoli lo portavono a soppellire nella valle di Iosaphat; e ivi è il luogo ove pianse san Piero teneramente, da poi che gl'ebe rinnegato il nostro Signiore.

QUI FA MENZIONE DI MOLTI ALTRI LUOGHI SANTI E DIVOTI.

Dalla cappella sopradetta, a una gittata d'una pietra, è un'altra capela dove il nostro Signiore fu giudicato a morte: e ivi, asai presso, è la casa di Caiphas. Da questa capela, per l'andare di Cº. e XX. passi, verso uriente, è una cava profonda, di sotto alla fossa, che si chiama la Galilea del nostro Signore. Item, ivi si nascose [115] san Piero poi che rinnegò Cristo. Item, tra 'l monte di Sion e il tempio di Salamone, è i luogo ove il nostro Signore risucitò la giovinetta ne la casa di suo padre. Di sotto al monte di Sion, verso la valle di Iosaphat, è una fontana chiamata Natatoria siloe: ivi presso è el battesimo, ove fu lavato il nostro Signiore: ivi fece vedere il nostro Signore il cieco; e ivi fu sepelito Isaia profeta. Item, dietro a la Natatoria siloe, è una immagine di pietra anticamente lavorata, che fece fare Assalon, e così si chiama la immagine d'Assalon, ed è assai presso al Sambuco, dove Giuda s'impicò disperato, perchè aveva fatto tradimento contro al nostro Signore; ma sapiate che questo non è quell'albero propio a che s'apicò Giuda, ma è uno rinasciuto di quelle medesime radice del primo. Anco qui dallato v'era la sinagoga, dove lo vescovo de' giudei e gli farisei ragunavano e tenevano il loro consiglio; e quivi fu dove Giuda gittò i trenta danari in loro conspetto, dicendo, che egli aveva peccato a tradire el nostro Signore. Ivi allato fu la casa degli apostoli Filippo e Iacopo Alpheo. Da l'altra parte del monte Sion, inverso mezo dì, oltre alla [116] valle, al gittare d'una pietra, si è Acheldemach, che vuol dire campo di sangue. Quivi furono trovati e XXX. danari, de' quali fu venduto el nostro Signore. In questo campo sono molte sepulture de' cristiani, però che ivi si solevono soppellire e pellegrini, e sono ivi molti oratorii e cappelle e romitorii, ove solevono dimorare eremiti. Di là, inverso oriente, a CCº. passi, V'è il sipolcro de lo spedale di san Giovanni, dove si solevano metter l'ossa de' morti. Item, da Gierusalem verso le parte d'occidente, a una lega, è una chiesa, dove nostra Donna si scontrò e salutò Lisabeth sua cugina, madre di san Giovanni Batista, che erono tuttadue gravide. E alora san Giovanni si mosse nel ventre de la madre, e fece riverenzia al suo Creatore, el quale lui non aveva ancor veduto. Di sotto l'altare di detta chiesa è il luogo dove Santo Giovanni nacque, e da quella chiesa a una lega è el castello di Emaus. Quivi ancora si dimostrò il nostro Signiore a duo discepoli, dopo la resurresione. Item, della parte di Gierusalem, a CCº. torse, è una chiesa, dove soleva esere la cava del lione.

[117]

DI XXII. MARTORI E QUALI RAGUNÒ EL LIONE PER VOLONTÀ DI DIO EN NUNA NOTTE, E DEL MONTE GIOGLIA, DOVE GIACE SAMUEL PROFETA.

E di sotto a questa chiesa, a XXX. gradi a basso, furono soppelliti XXII. martori nel tempo del Re Cosdroe[58], i quali i lione ragunò tutti in una notte per volontà di Dio e nascose in terra. Item, da Gierusalem è 'l monte di Gioglia a due leghe, molto bello luogo e dilettevole e dilicato. Ivi giace santo Samuel profeta in una bella tomba; e chiamasi quello monte di Gioglia, perchè dona letizia al core de' pelegrini che vanno per questo monte, perchè di qua vegono prima la santa città di Gierusalem e il monte Oliveto e anche la valle di Iosaphat apresso le mura della città, come io v'ò detto di sopra. Nel mezo di quela vale è un fiume, che è una piccola riviera, che si chiama el torrente di Cedron; e sopra questa riviera giaceva l'albero della croce a modo di passaggio: e ivi apresso è una fossata, ove è sotterato ora il piede della colonna ove fu primamente [118] flagellato el nostro Signiore, però che in più luoghi lo flagellorono e vilanamente el trattorono.

DELLA CHIESA DI NOSTRA DONNA, E DEL TEMPO CHE AVEVA QUANDO MURÌ.

Item, nel mezzo della valle di Iosaphat è la chiesa di nostra Donna, XLIIIIº. gradi sotto terra; e aveva nostra Donna anni LXXII. quando passò di questa vita: e da lato di nostra Donna è uno altare, dove el nostro Signore perdonò a Piero tutti i suoi peccati. Ivi da lato, inverso occidente, di sotto è uno altare e una fonte che viene dal fiume del paradiso; e sapiate che questa chiesa è molto bassa sotto terra e quasi tutta sotto terra, ma perchè Gierusalem è stata più volte distrutta, e le mura abattute, la valle è ripiena di terra, e così la terra è alzata, e la chiesa abbassata, e però è la chiesa bassa. E questo è ben credibile; e alcuni m'ànno detto comunemente, che da poi che la nostra Donna fu soppelita, la terra ivi d'intorno per sè stessa è caduta; e ancora dicono, che sanza dubio ela crescie tutta via. E in questa chiesa di nostra Donna solevono esere monaci neri, che avevono uno abbate. [119] Assai apresso di questa chiesa si è una cappella allato, e sì è chiamata Gethsemani: ivi fu 'l nostro Signore baciato da Giuda: ivi fu preso da' giudei: ivi lasciò il nostro Signiore i suoi discepoli quando andò a adorare inanzi alla sua passione, e pregò, dicendo: Pater mi, si possibile est, transeat a me calix iste: e quando tornò, trovò e discepoli adormentati. E nel sasso dentro la cappella si vegono ancora e segni del dito del nostro Signiore a che modo lui s'apogiò colla mano al sasso, quando e giudei lo vollono pigliare. E di là inverso a mezo dì, al gittare d'una pietra, è una capela, dove el nostro Signiore gittò gocciole di sangue: è assai presso alla tomba del Re Iosaffat, dal quale la valle piglia el nome. Questo Iosafat fu Re di questo paese, e fu convertito per un romito, e fu valente uomo, e fece di molti beni. E di là, a uno tratto d'arco, verso mezo dì, è la chiesa ove santo Iacopo e Zacheria profeta furono sepolti. Item, al di sotto di questa valle è il monte Oliveto, ed è così chiamato, perchè ivi sono molti ulivi. Questo monte è più alto che non è la città di Gierusalem, e però di questo monte si può vedere quasi [120] tutte le contrade di Gierusalem; e tra questo monte e la città non è altro che la valle di Iosaphat, la quale non è molto larga. Da questa montagna salì el nostro Signore in cielo el dì della Ascensione, e ancora si vede la forma del suo piè sinistro nella pietra: ivi è una bella chiesa, ove soleva esere una badia di monaci regolari.

QUI SI FA MENZIONE D'ALCUNI LUOGHI SANTI.

E di qui a XXVIII. passi si è una pietra sopra la quale il nostro Signiore soleva sedere e predicare le sette opere della misericordia, dicendo: Beati pauperes spiritu: e ivi insegniò agli apostoli el Pater Nostro, e con lo propio dito lo scrisse nella pietra. E assai apresso è una chiesa di santa Maria Egiziaca, e ivi giace ella in una tomba. E di là, inverso oriente a III. tratti d'arco, è Bethfage, ove el nostro Signiore mandò san Piero e san Iacopo per trovare l'asina el dì di pasqua fiorita. Ivi salì sopra a l'asina e scese del monte. Inverso oriente è un castello chiamato Bethania: ivi dimorava Simone lebroso; ivi dette albergo al nostro Signiore, e dipoi fu battezato da gli apostoli e chiamato [121] Giuliano; el quale dapoi fu fatto vescovo. E questo santo Giuliano è quelo che è da molti cristiani chiamato per buono albergo. In questo luogo perdonò el nostro Signiore a Maria Maddalena: ella ivi gli lavò e piedi colle propie lagrime, e colli propi capegli gli rasciugoe, e pianse e suoi peccati. Qui el nostro Signiore risucitò Lazero quatriduano, el quale era fratello di Maria Maddalena e di Marta. Ivi dimorava Maria Cleofe serva del nostro Signiore[59]. Questo castello è dilungi da Gierusalem una lega. Item, discendendo del monte oliveto è il luogo ove pianse il nostro Signore sopra Gierusalem: dallato è il luogo ove nostra Donna aparve a santo Tomaso dopo la sua assunzione e donògli la sacra sua cintola: e questo luogo è assai presso la pietra dove el nostro Signore sedeva spesso a predicare; e ivi propio, come si dice, sarà el giudicio, cioè el dì del giudicio. Item, apresso al monte Uliveto è il mare di Galilea, dove gli apostoli erono ragunati quando Maria Madalena li venne annunziare la resurresione del nostro Signiore. Nel mezo la via, tra il [122] monte Uliveto e quel di Galilea, è una chiesa dove gli angioli nunziarono a nostra Donna la morte propia. Item, da Bettania a Gerico si à V. leghe. Ierico soleva esere una bella città e buona, ma ella fu distrutta, sì che ora non è altro che una piccola villetta. Iosuè prese questa città per divino miracolo, e per comandamento de l'angiolo maladisse chiunque la edificherà. Di questa città fu Zacheo, quello che salse sopra a uno albero secco moro per vedere el nostro Signore, però che per la sua piccoleza nol potea vedere fralle altre gente. Di questa città scampò Raab, la qual fu femmina comune solamente con quegli del suo lingnaggio, perchè ella si aveva nascosi e scampati di morte e messaggi di Israel; e di ciò n'ebe el merito come dice la Scrittura. Qui recipit prophetam in nomine meo, mercedem accipiet. Così fece ella, perchè ella profetezò a questi messaggi, dicendo: Novi quod Dominus tradiderit, vobis dabit terram hanc. E così poi Salomon, figliuolo di Nason, la tolse per moglie, e fu valente femina e serva di Dio. Item, chi vuole andare da Bettania al fiume Giordano, sì va per una montagnia diserta, ed è ivi apresso a una giornata.

[123]

DEL MONTE DOVE DIGIUNÒ EL NOSTRO SIGNIORE E FU TENTATO.

E da Bettania, inverso oriente, si va alla gran montagnia, dove el nostro Signiore digiunò XL. dì: sono VI. leghe, e sopra questa montagna fu portato el nostro Signiore, e ivi fu tentato dal nimico, dicendo: Dic ut lapides isti panes fiant. In quel luogo medesimo sopra el monte soleva esere una bella chiesa, ma fu abattuta e abandonata, e ora non è altro che uno eremitorio abitato da una maniera di cristiani chiamati giorgini. E sopra questa montagnia abitò Abraam gran tempo, e però è chiamato el giardino d'Abraam. Tra 'l giardino e la montagnia corre un piccolo fiume d'acqua, la qual soleva esere amara, ma per la benedizione d'Eliseo profeta l'acqua diventò dolce e buona per bere. A piè di questa montagnia, verso el piano, è una gran fontana che entra nel fiume Giordano. Da questa montagnia infino a Gerico, andando inverso al fiume Giordano, non v'è altro che una lega. Item, sopra el camino di Gerico sedeva el cieco che gridava: Giesù, figliuolo di David, miserere mei; el quale incontanente [124] ricevette la vista. Item, dilungi da Gerico due leghe, è il fiume Giordano: apresso a una lega è una chiesa di santo Giovanni Batista, dove e' battezò el nostro Signiore; e ivi a lato è la chiesa di Geremia profeta. Da Gerico infino al mare morto sono tre leghe: intorno a questo mare morto cresce assai allume. Tra Gerico e questo mare è la terra de' Gadi. Qui soleva crescere el balsimo, ma uno califfo fece levare gli albucegli e portargli in Bambillonia, e là ancora si chiamono le vite de Engadi; e da uno lato di questo mare, discendendo da Arabia, è il monte di Anobitani, dove è una cava chiamata Carva. Sopra questo monte Balath, figliuolo di Beor, condusse Ballaam sacerdote per maledire el popolo di Israel.

DELLA NATURA DEL MARE MORTO, E DELLA LUNGHEZZA SUA.

Questo mare morto divide la terra di Giudea da la terra di Bagata[60] a quella d'Arabia. L'acqua di questo mare è amara molto e salsa, e la terra che è bagnata di questa, mai più non fa frutto; e la terra [125] che v'è d'intorno spesso si muta di colore. Questa acqua gitta fuori de' suoi termini pesci di spalto a modo d'uno cavallo grosso; e questo è per ogni dì. E in ogni parte d'intorno, da questo mare infino a Gierusalem, sono ccº. grandi istadi. Questo mare dura dilungi VII. C. e LXXX. stadii, ed è largo C º. L. ed è chiamato Mare morto, perchè non corre mai, perchè è uno stagnio che nè uomo nè animale può murire in questo mare; e questo è stato più volte esprementato, perchè alcuna volta vi sono stati vivi IIIIº e V. giorni uomini che non anno potuto murire, però che questo mare non ritiene cosa veruna; e non si può bere di questa acqua, e chi vi mettessi ferro, e' si starebbe a galla di sopra; e chi vi mettessi piume, anderebono al fondo. E tutte questo cose sono contra natura. E allato a questo mare sono di molti alberi che portono pomi bellissimi e molto coloriti, e paiono maturi; ma chi gli taglia e rompe pel mezo, non vi truova altro che cenere, in significazione che per la giustizia di Dio le città e le terre arsono di fuoco infernale. Alcuni chiamono questo mare il lago di Alfacide, alcuni el fiume del diavolo e alcuni il fiume puzolente, perchè [126] l'acqua è brutta e puza. E poi in questo mare si abissorono per la giustizia di Dio V. città, cioè Soddoma, Gomorra, Aldama, Seloim e Segor per lo peccato soddomitico che tra loro regnava. Ma Segor, pe' prieghi di Lotto, fu lungo tempo difesa, perchè era posta alquanto sopra una montagnia: e quando el mare è tranquillo e 'l tempo è chiaro, si vegono sotto l'acqua le mura della città. In questa città stette un tempo Lotto, e ivi fu inebriato da le sue figliuole, e poi dormì con esse e generò due figliuoli, Moab e Amon; e la cagione perchè le figliuole inebriorono il padre loro fu a ciò che giacesse co loro, però che loro non vedevono altro uomo che suo padre; e credendo che tutto il mondo fussi sobissato come erano quele città, come fu nel tempo del diluvio di Noè, vollono giacere con suo padre per ristorare e multiplicare el mondo; ma Loth non sarebe giaciuto colle figliuole se non fussi stato inebriato. La montagnia, ch'è sopra di Segor, era chiamata in quel tempo Edom, e poi fu chiamata Seir, e poi Idumea. Item, dalla parte destra di questo mare è la moglie di Loth diritta a modo d'una pietra di sale, perchè ella si guardò a dietro [127] quando le dette città si profondorono. E questo Loth fu figliuolo d'Aram, fratello d'Abraam: Sarra, moglie d'Abraam, e Melcala, la moglie di Nacor, furono sorelle del detto Loth. Sarra aveva Lxxx. anni quando Isaac fue generato in lei, e Abraam aveva già auto un altro figliuolo chiamato Ismael di XIIIIº. anni, ingenerato di Agar sua cameriera. E quando Isaac ebe VIII. dì, Abraam il fece circuncidere; e così Ismael, che aveva XIIIIº. anni; e per questa cagione e giudei che discendono d'Abraam si fanno circuncidere l'ottavo di; e i saracini, che sono discesi da Ismael, si fano circuncidere nel xiiiiº. anno. Item, questo mar morto entra nel fiume Giordano: ivi si perde, perchè più oltre non corre, e ivi entra propio di lungi una lega del fiume Giordano da la chiesa di santo Giovanni Batista, verso occidente. Alquanto di sopra, dove comunemente si bagnono e cristiani, e a una lega di lungi dal fiume Giordano, è la riviera di Loth, la quale passò Iacob venendo di Mesopotania.

[128]

DEL FIUME GIORDANO, E DEL LUOGO OVE FU SOPPELLITO IOB, E ALTRI LUOGHI.

El fiume Giordano non è molto grande nè molto profondo, ma mena di buon' pesci, e viene dal monte Libano, da due fonti chiamati Gior e dam; e da queste due fonti prese el nome del fiume Giordano: e passa per un lago, che è chiamato Maron. Poi passa per lo mare di Tiberia, e passa sotto le montagnie di Gelboe; e ivi, dall'una costa e l'altra della riviera, sono molte belle valle. E durono le montagnie di Libano di lungi infino al diserto di Pharaam. Queste montagnie dividono il reame di Soria infino al paese di Finice. Sopra di questi monti crescono cedri altissimi, e portono pomi grossi e lunghi, ed è la grosseza come el capo d'un uomo. Questo fiume Giordano divide la terra di Galilea da la terra di Idumea e la terra di Bostorum, e corre sotto terra un gran pezo infino a un gran piano e bello, chiamato in saracinesco Meldam, che vuol dire in nostra lingua, fiera, overo mercato; però che 'n questo piano spesse volte si fanno fiere; e ivi ritorna l'acqua grande e lata. Quivi in questo piano si è la tomba [129] del pazientissimo Iob. In questo fiume Giordiano fu Cristo battezato, e ivi fu udita la voce del padre, dicendo: Hic est filius meus dilectus. E lo Spirito Santo discese sopra lui in forma di colomba, e così a questo battesimo fu tutta la Trinità. Pel mezo di questo fiume pasorono e figliuoli di Israel ad piedi sciutti; e ivi missono pietre per lo miracolo di Dio che aveva da parte ritratte e sostenute l'acque. In questo fiume Giordano si lavò Naaman di Siria, uomo molto ricco, ma lebroso, e fu subito guarito. Intorno al fiume Giordano son molte chiese, ove abitavono molti cristiani. Ivi apresso è la città di Hai, la quale fu assalita da Iosuè e presa. Item, le valle del fiume Giordano e di Mambre sono molte belle. Item, dalla montagnia sopradetta, dove el nostro Signiore digiunò XL. dì, a due leghe dilungi, verso Galilea, è un bello e alto monte, sopra el quale el nimico portò el nostro Signiore la terza volta per tentarlo, e di quivi gli mostrò tutto il piano del paese, dicendo: Tutto ciò che tu vedi, ti darò, se tu t'inginocchi e adorera' mi. Item, dal mare morto andando verso oriente, fuori de' confini della terra di promissione, è un bello castello [130] e forte nel monte, el quale è del Soldano, e chiamasi in saracinesco Baruth, che vuol dire in nostra lingua, ponte Reale. Questo castello fece fare Baldelorin Re di Francia, el quale conquistò questo paese, e dentro vi misse cristiani per guardarlo; e però fu chiamato Monte reale. E di sotto a questo castello è una villa, chiamata Sobeccha: ivi d'intorno dimorono molti cristiani sotto trebuto; e da qui, infino a Nazareth in Gierusalem, sono tre giornate, e vassi per la provincia di Galilea, per Ramata, per Sophonia, e per lo alto monte di Effraym, dove Elena e Anna (sic) madre di Samuel profeta dimoravono. Qui nacque questo profeta e fu soppellito al monte di Giorgia, come di sopra dissi. Da poi si va a Sillo, dove da Helia profeta fu custodita l'arca di Dio insieme colle sante reliquie; ivi faceva sacrificio il populo di Ebron al nostro Signore: ivi gli renderono i loro doni: ivi parlò Iddio a Samuel e rivelogli la mutazione dell'ordine del sacrificio del sacerdozio e del misterio del sacramento. Assai apresso, a la sinistra, è Gabbaom, e dallato è Rama e Beniami, de' quali luoghi parla la Scrittura. E poi vassi per Sichem, altrimenti chiamata Sichar, [131] nella provincia de' Samaritani. Ivi è una bella valletta e fruttuosa; e ivi è una molto bella e buona città, chiamata Neopoli; e di qua a Gierusalem a una giornata è una fonte, dove parlò Giesù alla sanmaritana: e ivi soleva esere una chiesa, ma è stata abandonata e abattuta: e allato a questa fonte fece fare Roboas due vasi d'oro, e sì gli faceva adoperare; e a un pose nome Adam e a l'altro Bethel. Item, a una legha dalla città di Siccar è la città di Luza. In questa città dimorò Abraam un gran tempo. Siccar è X. leghe di lungi da Gierusalem, ed è chiamata Neopoli[61], che vuol dire città novella; e quivi è la sepultura di Ioseph figliuolo di Iacob, il quale governò Egitto; e gli giudei vanno in pellegrinagio in quello luogo divotamente, perchè e' portorono d'Egitto l'ossa sua e quivi le sopelirono. In questa città fu Reina la figliuola di Iacob, chiamata Dina, per cui e dua frategli uccisono molte persone e assai male feciono nella città. Ivi da lato è il monte di Garisim, [132] ove e samaritani adoravono. Item, in su questo monte volle Abraam sacrificare il suo figliuolo Isaach; ivi dallato è la valle di Dotaim, e ivi è la citerna dove fu gittato Ioseph da' frategli inanzi che lo vendessono: e questo è dilungi due leghe da Siccar. Di là si va a Sanmaria, che ora si chiama Sabasta; e questa è la principal città del paese, e giace tra' monti a modo che fa Gierusalem. In questa città fu la sedia de le XII. tribù di Israel, ma la città non è ora sì grande come soleva: ivi fu sepolto san Giovanni Battista fra' due profeti, Eliseo e Abdam; ma egli fu dicapitato nel castello di Macharim appresso il mare morto; e poi fu da' suoi discepoli trasportato e sotterrato in Sanmaria.

COME GIULIANO APPOSTATA FECE ARDERE EL CORPO DI SANTO GIOVANNI E GITTARE LA CENERE AL VENTO.

Questo Giuliano Apostata fece ardere l'ossa sua, e gittare la cenere al vento, ma rimase intero el dito, col quale mostrò il nostro Signiore Giesù Cristo, dicendo: Ecce Agnus Dei; però che mai non potè ardere: e questo dito fece santa Techia [133] vergine mettere in questi monti, ove ora se ne fa gran festa.

COME TEODOSIO IMPERADORE TROVÒ IL CAPO DI SAN GIOVANNI BATISTA.

In questa città medesima di Sabasta solevono essere molto chiese, ma furono abattute: ivi era el capo di santo Giovanni in uno muro serrato, ma Teodosio imperadore il fece cavare fuori, e trovollo avilupato in un drappo tutto insanguinato, e così il fece portare a Gostantinopoli, e ivi è ancora. La parte di dietro della testa e quela dinanzi è ancora nella chiesa[62] di santo Salvestro, ove sono monaci del cordone: e ancora questa parte di testa è tutta abruciata[63] e quasi meza arsa, perchè lo imperadore Giuliano sopradetto per la sua cattiva volontà la fece ardere insieme coll'altre ossa, e così apare. Questo è provato per papi e per imperadori. E la mascella di sotto e una parte delle gengie e dell'ossa e il piattello ove fu messo il capo, quando gli fu tagliato, sono a Genova, e li Genovesi ne fanno gran [134] festa; e simile festa fanno e saracini di lui. Alcuni dicono, che 'l capo di santo Giovanni è in Amiens in Fiandra, e altri dicono che questo è il capo di santo Giovanni vescovo. Io non so, Dio el sa, ma in qualunque terra si fa onore al buon santo Giovanni: è ben fatto. Dalla città di Sabasta infino a Gierusalem sono XII. leghe.

D'UNA FONTE CHE SI MUTA QUATTRO VOLTE DI COLORE L'ANNO.

Nelle montagne di questo paese è una fonte che IIII. volte l'anno si muta di colore; alcuna volta è verde, e alcuna volta è rossa; una chiara, una altra torbida, e chiamasi la fonte di Iacob. Le gente di questo paese si chiamono Sanmaritani, e furono dagli apostoli convertiti e battezzati, ma eglino non ànno mantenuto la lor dottrina, e mantengono legge per loro discordante da' cristiani, saracini e giudei e pagani. Egliono credono bene in uno solo Dio, e dicono che non è altro che uno solo Dio, il quale ogni cosa creò e ogni uomo giudicherà, e tengono alla bibbia quanto alla lettera, e li V. libri di Muisè col salterio, come fanno e giudei: e dicono, che [135] e' sono diritti figliuoli di Dio; e più d'altra gente amono Dio, e che e' sono eglino e proprii eredi, a chi Dio promisse la eredità. Questi ànno diverso abito dall'altra gente. Per disferenziarsi dagli altri, egliono si invilupono le teste con un lenzuolo rosso, e li saracini si invilupono lo teste con uno lenzuolo bianco; e li cristiani, che abitono in quel paese, s'invilupono le teste con uno panno bianco; e li giudei con uno panno giallo. In questo paese dimorano molti giudei che pagono trebuto, come fanno e cristiani; e se volessi sapere le lettere[64] de' giudei, che sono in quel paese e altrove, sono così fatte colli lor nomi, come vedete qui di sotto.

DELLE CITTÀ CHE SONO NELLA PROVINCIA DI GALILEA, E DOVE NASCERÀ ANTI CRISTO, E DOVE SARÀ NUTRITO, E DOVE REGNIERÀ.

Da questo paese de' sanmaritani, del quale v'ò parlato, si va al piano di Galilea, lasciando e monti da una parte. Ed è Galilea una delle terre de le provincie di promissione; e in questa provincia sono [136] queste città; cioè, Naim, Capharnaum, Bectsaida e Corosaim. Da Bectsaida fu san Piero e santo Andrea: a quattro leghe da Corosaim è la città di Cedar, di cui el salterio parla: Habitavi cum habitantibus Cedar. Anti Cristo nascerà, come dice el profeta: De Babillonia coluber exiet, qui totum mundum devorabit. Questo Anti Cristo sarà nutrito in Betsaida e regnierà in Chapharnum; e però dice la Scrittura: Vae tibi, Corosaim! vae tibi, Bethsaida! vae tibi, Capharnaum! E tutte quelle città sono di Galilea, e sono IIIIº. leghe da Nazareth. Di questa città si fu Simone Cananeo e la femina Cananea, della qual parla el vangelio. Ivi fece il nostro Signiore il primo miracolo alla cena dello Architriclino, quando mutò l'acqua in vino. Ne' confini di Galilea, apresso e monti, fu presa l'arca di Dio: e dall'altra parte è il monte Endor e Hermon, e là d'intorno va un fiume del torrente Sion, altrimenti chiamato el torrente Radamain. Ivi da lato, Barath, figliuolo d'Abimalech, insieme con il figliuolo di Elbora profetessa, vinse l'oste di Idumer, quando il Re Cifaro fu morto con Gebel moglie di Eber Ethath, oltre [137] el fiume Giordano; per forza della ispada uccise Zeber e Salamana. E a V. leghe da Nain è la città di Egeraol, che altrimenti è chiamata Zaraim; della quale città fu Gezebella, malvagia Reina, la qual per forza tolse la vignia di Naabot. Apresso a questa città è il campo di Magredi, nel quale il Re Horia fu ucciso dal Re di Egitto, e dipoi fu portato e soppellito nel monte Sion. A una lega da Zezioel sono le montagnie di Gelboe, ove Saul e Gionatas, che fu così bello, morirono. Per quella cagione David gli maladisse nel salterio, dicendo: Montes Gelboe, nec ros, nec pluvia. A una lega dal monte Gelboe, verso oriente, è la città di Sacophe, la quale è chiamata Bethsam: sopra le mura di questa città fu appicata la testa del Re Saul.

DEL LUOGO DOVE NACQUE NOSTRA DONNA, E DI QUANTO TEMPO ERA QUANDO FU ANNUNZIATA DA L'ANGIOLO, E QUANTO TEMPO VISSE DOPO LA PASSIONE.

Da poi si va a Nazareth per la montagnia dallato al piano di Gelboe. Nazareth soleva essere gran città e bella, ma ora è una cattiva villa di case sparte, in quanto ella non è murata; e siede in una [138] piccola valle con monti intorno. Ivi nacque nostra Donna, e però portò Cristo il pronome di questa villa. E Ioseph tolse per moglie nostra Donna, esendo d'anni XIIII: ivi salutolla l'angiolo Gabriello, dicendo: Ave, Maria gratia plena etc. Quivi soleva essere una chiesa, ma fu distrutta, nella quale era uno grande altare. E ivi allato è uno pilastro di quella chiesa; e quivi è fatto una piccola abitazione per ricevere l'oferte de' pellegrini, e sì la guardono molto bene e saracini per l'utile che ne tragono. Questi saracini qua sono più cattivi e crudeli che altrove, e ànno guasto tutte le chiese. Ivi è el fonte di Gabriel, dove si soleva bagniare il nostro Signiore quando era piccolino. Di questa fonte lui portò ispesse volte l'acqua a sua madre; e in questa fonte lavò asai volte la nostra Donna e panni del suo figliuolo Giesù Cristo: e da qui infino in Gierusalem sono tre giornate a Nazaret (sic), dove fu nutrito il nostro Signiore. Nazaret si è a dire fiore di giardino, e per buona cagione è chiamata fiore, però che in lui fu nutrito el fiore e 'l frutto di vita, cioè Giesù Cristo. Da Nazaret, a due leghe, è la città di Sephor, sopra a la via [139] che va di Nazareth a Achon; ed a meza lega di là da Nazareth è lo salto del nostro Signiore, perchè avendolo e giudei menatolo sopra uno alto monte, e volendolo gittare per ucciderlo, Iesù Cristo passò pel mezo loro e salì fuori, e montò sopra una alta montagnia, nella quale al presente si vegono li passi: e per questo, quegli che ànno paura de i nimici o di altra gente di male afare, dichino: Iesus autem transiens, per medium illorum ibat; a memoria che Giesù Cristo passò per el mezo e giudei crudeli e scampò sanamente da loro: così sicuramente possono passare e scampare delle mani degli inimici loro. Dopo questo dicano questi due versi del saltero: Irruat super eos formido et pavor in magnitudine brachii tui, Domine: fiant immobiles quasi lapis donec pertranseat populus tuus, Domine, quem tu possedisti. Questi versi si dicono tre volte, e da poi si passa sicuramente; e sapiate che nostra Donna partorì nel quinto decimo anno, e conversò col suo figliuolo benedetto XXXIII. anni e III. mesi; e, dopo la passione del nostro Signiore, visse XXIIII.º anni.

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DEL MONTE TABOR, E COME EL GIUDICIO SARA EL DÌ DI PASQUA.

Item, da Nazareth si va al monte Tabor e non v'è altro che IIII. leghe; il quale è bel monte e alto, ove soleva esere asai chiese, ma sono distrutte; e ancora v'è un luogo che si chiama la squola di Dio, ove soleva amaestrare e suoi discepoli, e apriva loro e segreti di Dio. A piè del monte Tabor, Melchisedech, che fu Re di Salem, chiamata poi Ierusalem, al declinare del monte, iscontrò Abraam, il quale ritornava dalla battaglia, nella quale aveva morto el Re Amalech. Item, in questa montagna si trasfigurò il nostro Signiore dinanzi a san Piero e santo Iacopo e santo Giovanni: qui vidono spiritualmente Moisè e Elia profeta, e imperò disse santo Piero a Cristo: Bonum est nos hic esse; si vis, faciamus hic tria tabernacula. Sì vi udirono la voce del Padre, dicendo: Hic est filius meus dilectus, in quo mihi bene complacui: e Iesù Cristo li comandò che non dicesono ad alcuno questa visione, infino che non fussi risucitato da morte a vita. In questo monte e in questo luogo medesimo el dì [141] del giudicio IIII. angeli soneranno IIII. trombe, e risuciteranno tutti e morti, che son morti da poi che fu creato el mondo; e tutti verranno in corpo e in anima dinanzi al cospetto di Dio al giudicio ne la vale di Iosafat; e sarà questo giudicio el dì di pasqua, in quell'ora medesima che risucitò il nostro Signore; e sarà cominciato questo giudicio nell'ora che 'l nostro Signiore discese a l'inferno per ispogliarlo; però che in questa ora spoglierà il mondo e rimunererà gl'amici suoi in grazia, e li nimici a pena perpetua gli condannerà. E in quel tempo arà ciascuno el merito de le sue opere, o bene o male, se la gran misericordia di Dio non anticipa la sua giustizia. Item, a una lega dal monte Tabor è el monte di Emon, e ivi fu la città di Naim, inanzi a la porta de la quale el nostro Signiore e' risucitò el figliuolo della vedova. Item, a tre leghe da Nazaret è il castello di Saffia, dove furono e figliuoli di Zebbedeo e i figliuoli d'Alfeo; e, a V. leghe da Nazaret, è il monte di Caim, di sotto el quale è una fonte; e quivi allato Lamech, padre di Noè, ucciso Caim con una saetta, perchè Caim andava pe' monti a modo d'una bestia, [142] e vivette in quela forma più di CCº. anni, insino al tempo di Noè. Da Saffia si va al mare di Galilea e alla città di Tiberìa, che siede sopra questo mare; e quantunque si chiami mare, non dimeno non è mare nè braccio di mare, anzi è uno lago d'acqua dolce, el quale è lungo Cº. stadii e largo XL; e sonvi dentro di buon pesci; e pel mezo vi core el fiume Giordano. La città non è tropo grande, ma assai magnificenzie vi sono; e là dove si parte el fiume Giordano, all'uscire del mare di Galilea, è un ponte grande, per lo quale si passa da la terra di promissione ne la terra del Re Balsam e ne la terra di Gierusalem, le quale sono tutte d'intorno al fiume Giordano, infino al cominciamento del mare di Tiberìa; e di là si può andare in Damasco in 3. giorni per la regione Traconidia, la quale regione dura dal monte Emon infino al mare di Galilea o al mare di Genezareth, che è tutto un mare. Questo è il lago sopradetto, ma e' muta el nome per le cittade che vi sono sopra; e sopra a questo mare andò el nostro Signore appiè asciutti, e ivi rilevò san Piero, quando era già mezo annegato, quando disse:Modicæ fidei, quare [143] dubitasti? E dopo la sua resuresione aparve un'altra volta a' suoi discepoli sopra questo mare, e chiamandogli che pescassono, empierono le rete di gran pesci. E in questo mare navicò Iesù molte volte, e quivi chiamò san Piero e santo Andrea, san Iacopo e san Giovanni, figliuoli di Zebedeo. Ne la città di Tiberìa si è la tavola sopra la quale el nostro Signiore mangiò co' suoi discepoli dopo la resuresione, el qual non conobono, se non al rompere del pane, come dice el vangelo: Et cognioverunt eum in fractione panis. E apresso a la città di Tiberìa è il monte, ove il nostro Signore con V. pani e due pesci saziò V. mila persone. In questa città per ira fu gittato un tizone ardente dietro a Giesù Cristo; il capo del tizone percosse in terra, e subito rinverdì e crebe in un grande albero, e al presente cresce, e la scorza è ancora abruciata.

DOVE NACQUE SANTA ANNA.

Item, al capo di questo monte, inverso settentrione, è uno forte castello chiamato Saphor, et è posto apresso di Chapharnau ne la terra di promissione; non è castello sì forte, e di sotto è una buona [144] villa, chiamata Saphor. In questo castello nacque santa Anna, madre di nostra Donna; e di sotto fu la casa di Centurione; e questo luogo fu chiamato Galilea da le gente che furono date a le tribù di Zabulon e Nefthali. E ritornando da questo castello, a XXX. miglia, è la città di Naan, che altrimenti è chiamata Selmas. Di questa fu Cesaro figliuolo d'Apollo, el quale sedeva apresso del monte di Libano, dove comincia il fiume Giordano. Ivi comincia la terra di promissione, e dura infino a Bersabè di lungo andando, verso Bissa, infino a mezo dì, e tiene per largo Cº. LXXX. leghe: e da Ierusalem al Giaffo sono LX. leghe lombarde, che sono piccole: queste non sono leghe di Guascogna, nè di Provenza, nè de la Magnia, le quale son grande. E sapiate che la terra di promissione è in Siria, perchè il reame di Siria dura d'Arabia infino a Colizia, cioè la grande Armenia; e questo è da mezzodì verso Bissa, e da oriente inverso occidente, dal gran diserto d'Arabia insino al mare d'occidente. E in questo reame di Siria sono più province, come è Palestina, Gaza, Galilea e Giudea, e senza molte altre di questo paese.

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DELL'USANZA DI QUESTO PAESE, E DI DIVERSE MANIERE DI CRISTIANI E DI LOR COSTUMI, E COME E' FANNO LA LORO CONFESSIONE, E DELLE AUTORITÀ, LE QUALE ALLEGONO PER LORO OPPINIONE.

Egli ànno una usanza, che quando una città o un castello à intorno l'assedio e non possono mandare fuori e messaggi, egli legono le lettere al collo a certi loro usati colombi talmente amaestrati, e quali portono e riportono e lor messaggi, perchè questi colombi sono notriti che vanno da l'un luogo a l'altro, e quali luoghi sì usono comunemente. E sapiate, che tra questi saracini, in ogni parte dimorono molti cristiani di molte maniere e di molti nomi, tutti battezzati; e ànno diverse lingue e diversi costumi, ma tutti credono in Dio Padre e Figliuolo e Spirito Santo; e tutta via mancono in alcuno articolo della fede. Alcuni si chiamono Giacobini, perchè santo Iacopo si convertì e santo Giovanni Batista gli battezzò. Questi dicono che solo a Dio si debe confessare e peccati, e none agl'uomini, perchè si debbe chiamare in colpa in verso colui che si offende: e dicono, [146] che nè Idio, nè e profeti non ordinorono mai che niuno si confesassi da altri che da Dio; sì come disse Moisè nella Bibbia: e per questo disse David nel Salterio: Confitebor tibi, Domine, in toto corde meo; e altrove: Delictum meum cognitum tibi feci, quia Deus meus es tu et confitebor tibi; però che e' sanno tutta la Bibbia e el Salterio, ma non allegono le autorità latine, anzi nel loro linguagio assai convenientemente, sì che e' dicono, che David e gli altri profeti si concordiano co e nostri dottori e con alcune de le loro openione, e massime con santo Agostino, dove dice: Qui scelera sua cogitat et conversus fuerit, veniam inveniat. Cum Gregorio: Domine potius mentem quam verba inspicies respicis; et cum sancto Hilario: Longorum temporum crimina in ictu oculi pereunt si cordis nata fuerit compunctio. E però dicono, che solo a Dio si debono confessare e sua peccati, e a lui promettere d'emendare. Però, quando si vogliono confessare, s'accendono fuoco allato a loro e sì vi gettono dentro incenso e altre spezie odorifere, e nel fummo si confessono a Dio, e dimandono [147] misericordia. Ed è vero, che questo confessare è naturale e primitivo, ma e santi padri e' papi che sono venuti da poi, ànno ordinato di fare la confessione a l'uomo, e per buona cagione; perchè egli ànno riguardato che niuna malizia può essere sanata, e non si può dare buona medicina, se prima non si sa la qualitade e non si conoscie la natura del male; e per lo simile non si può dare buona penitenzia, se prima non si sa la qualitade del peccato; però che e peccati non sono equali ne' luoghi e nei tempi, e però si conviene sapere la qualità de' peccati, e, secondo quegli, dare la debita penitenzia. Item, vi sono altri cristiani chiamati soriani, e tengono el mezo de la fede tra noi e' greci: eglino portano barbe a modo che fanno e greci, e fanno sacrificio di pane lievito; e nel loro parlare usono lettere saracinesche, ma nel misterio della chiesa usano lettere greche, e fanno la loro confessione a modo di iacopini di sopra detti. Altri cristiani quivi sono, chiamati Giorgiani, e quali convertì santo Giorgio, e lui onorono più che altro santo di paradiso, e sempre lo chiamono in ogni suo aiuto. Questi, che vennono [148] del reame di Giorgia, portono cheriche rase tonde, cioè e preti; e i laici quadrata la portono, e questi tengono la lingua greca[65]. E altri vi sono chiamati cristiani dalla cintura. Altri sono Ariani, altri Nubiani, altri Indiani, che sono della terra del prete Giovanni, e tutti questi ànno alcuno articolo della fede nostra e negli altri variono; e perchè troppo sarebe lungo el parlare di tutti, però di ciò farò fine.

DEL SITO DI DAMASCO, E DA CUI FU EDIFICATO, E DELLA BELLEZA E ABUNDANZIA SUA; E COME SANTO PAULO, EL QUALE LEGGEVA FISICA IN DAMASCO, FU CONVERTITO.

Poi che io v'ò divisato alcuna parte delle genti che dimorano infra quegli termini, io voglio ritornare al mio camino. Per ritornare di qua adunque, chi vuole ritornare da la terra di Galilea, de la quale io ò parlato, e' à a venire per Damasco, che è molta bella città e molto nobile e piena d'ogni mercatanzia: è tre giornate dilungi dal mare, e V. giornate dilungi [149] da Gierusalem. Tutto le loro mercatanzie portono sopra cammelli, cavagli, muli e drumedarii e altre bestie infino alla città, e le mercatanzie vengono per mare, cioè d'India, di Persia, Caldea e della grande Armenia e da altre nazione[66]. Questa città edificò Eliseo Damasco, famiglio e spenditore d'Abraam, prima che fusse nato Isach, perchè e' si credea rimanere erede d'Abraam, e chiamò la città del suo propio nome, Damasco. In quela piaza dove fu edificato Damasco, Caino uccise il suo fratello Abel; e allato di Damasco è el monte Seir. In questa città e di fuori sono assai fontane e molti be' giardini e assai diversi frutti: niuna città si potrebe comparare con questa di begli giardini e di begli palagi. La città è grande, e ben murata a doppie mura, e è ben pulita. Ivi sono molti fisici, e santo Paulo, prima che fussi convertito, ivi era fisico per mantenere il corpo in sanitade; ma da poi la conversione, diventò fisico dell'anime; o santo Luca Evangelista fu suo discepolo, per imparare fisica, e molti altri; e però che san Paolo teneva scuola di fisica, [150] e ivi appresso Damasco fu convertito. E dapoi tre dì a la sua conversione, nella città stette sanza vedere, nè bere, nè mangiare; e in questi tre dì fu aperto il cielo, ove e' vedeva di molti secreti del nostro Signiore. Assai apresso a Damasco è un castello, chiamato Arches.

QUIVI DESCRIVE EL SITO DELLA CHIESA DI NOSTRA DONNA DI SARDEMACO E DELLA INMAGINE SUA, LA QUALE È IVI DIPINTA CON DIVERSI COLORI; E POI DESCRIVE LA VALLE DI BELIAR, LA CITTÀ DI TRIPOLI E LA CITTÀ DI BARUTI, OVE SANTO GIORGIO UCCISE EL DRAGONE.

Di Damasco si viene alla chiesa della vergine Maria di Sardemach, che è V. leghe dilungi da Dammasco, e siede sopra a un sasso: e quivi è un bello luogo simigliante a un castello, e ivi è assai belle chiese. Quivi dimorono monaci cristiani, e di sotto a la chiesa è una bella volta, ove dimorono cristiani, et evvi molto buono vino; e nella chiesa di rieto al grande altare nel muro, è una bella tavola di legnio, dove è la immagine di nostra Donna, e fu già dipinta di colori, e quali poi si convertirono in carne per divin miracolo; [151] e la detta tavola sempre è unta a modo d'olio d'uliva; e di sotto è un vaso bene aconcio per ricorre l'olio che gocciola; o di questo olio è donato a' pellegrini che si lavano, però che questo olio viene per divino miracolo: e questo olio sì libera el cristiano da molte malattie; e sì dicono, che chi guarda questo olio nettamente, infine di sette anni sì si converte in carne e in sangue. Da Sardemach si va per la valle di Beliar, la quale è molta bella e fruttifera; e giace questa valle fra montagnie; e sono quivi di belle riviere e di be' prati e di grandi pasture per bestiame; e vassi per le montagnie di Libano, che durono da la grande Armenia verso Bissa, infino a Adam, che è inverso mezo dì, al cominciamento della terra di promissione, sì come è detto di sopra. Queste montagne sono fruttifere: quivi sono di belle fontane, cedri e cipressi, e molti altri alberi; quivi sono di molte belle ville e ben popolate. Dal capo di queste montagnie, fra la città di Arca e la città di Baphian, è una riviera chiamata Sabbataicor, però che il sabato corre fieramente e gl'altri giorni di poco o niente. E tra queste montagnie è un'altra [152] riviera, la qual di notte si ghiaccia fortemente, e 'l dì non è punto aghiacciata. E, ritornando per queste montagnie, si va a una montagna grande e alta, chiamata la Gran Montagna, dove è una gran città chiamata Tripoli. In questa città dimorono molti cristiani buoni, sicondo la nostra legge. Di quivi si va a Baruth, dove san Giorgio uccise il dragone: quivi è buona villa e buon castello forte, come è sopra detto; ed è tre giornate di qua da Sardemach a Baruth, e XVI. leghe dalla città di Sidona in mare. Chi vuole rivenire per di verso Cipro, o vero vien per terra infino al porto di Siron, o vero di Tiro; e di là si viene in Cipro in poco tempo, perchè gli è sotto; o veramente si va dal porto di Tiro più dritto sanza andare in Cipro, perchè si torce ad arrivare ad alcuni porti di Grecia; e doppo si viene a quele parte che altre volte v'ò iscritte. E poi che io v'ò dette e mostrate le vie per le quali si va primamente, per lo più lungo camino, a Babillonia e al monte Sinai e altri luoghi, e quali v'ò di sopra detto, e per quel camino si ritorna pelle terre di promissione; ora vi vo' discrivere la diritta via per [153] andare dirittamente a la santa città di Gierusalem. Però che molti vanno a Gierusalem, che non ànno intenzione di pasare più oltre, o perchè non ànno suficente compagnia, o perchè non possono sostenere le fatiche, o perchè ànno dubio di passare e diserti, o perchè ànno fretta di tornare alle moglie o a' figliuoli, o per altre ragionevol cagione, qui brievemente dirò dove si può andare sanza mettere troppo tempo, e sanza lungo indugio, sì come altre volte v'ò detto.

DELLA VIA PIÙ BRIEVE PER ANDARE ALLA TERRA SANTA PER MARE, E DELLE COSE CHE SI TRUOVONO PER LO CAMINO.

Chi dalle parti occidentali si va per Francia, e per Borgogna, e per Lombardia, al porto di Vinegia, o di Genova, o ad altro porto di que' confini, vassi per mare a l'isola di Gieph, che è de' genovesi; e poi s'arriva in Grecia al porto di Miroth, o di Valona, o di Durazo a uno degl'altri porti: poi si va per terra per dirizarsi, e asai presto si torna al mare; e vassi diritto in Cipri sanza entrare ne l'isola di Rodi; anzi si lascia da lato, chi vuole, e arivasi al porto di Famagosta, el [154] quale è principale porto di Cipri; o vero al porto di Limissa; e poi s'entra in mare, e vassi, passando el porto di Tiro; e, sanza montare altrove, si passa per mare, costeggiando tutta via da questa banda infino a la cità del Giapho: e questo si è il più propinquo porto a Gierusalem. Da questo a Gierusalem non è altro che una giornata e mezo, che sono leghe XVI, sì che, andando da Giapho, si va per terra alla città di Rama, la quale è assai presso al Giapho; ed è bela città e dilettevole. E di fuori di Rama, verso mezo dì, è una chiesa di nostra Donna, dove il nostro Signiore si mostrò in tre ombre, che significono la Trinità. Ivi apresso è un'altra città, chiamata Diospoli, e soleva esere chiamata Sibda, ed è bene abitata; e ivi è una chiesa di san Giorgio, dove fu lapidato. Di là si va al castello d'Emaus, e dipoi al monte Sora, ove giace Samuel profeta; e di qui si va a la città di Gierusalem: e apresso el camino, si è Ramata e il monte Modon, onde fu Mathathias padre di Macabeo; e ivi sono le lor tombe. Item, allato a Ramata è la villa di Theuch, della qual fu Amos profeta: ivi giaciono e santi pellegrini, che muoiono [155] in Gierusalem: altre volte avendone parlato, al presente non vi dirò più. Io voglio ancora ritornare a un'altra via, per la quale si va la magior parte per terra.

DI MOLTE ALTRE DIVERSE VIE PER ANDARE AL DETTO LUOGO SANTO PER TERRA, E DE' LUOGHI E QUALI SI TRUOVONO PER LA VIA, E DE' COSTUMI DI QUELLE GENTE E DI MOLTE ALTRE COSE.

Per quegli che non possono sostenere el movimento del mare, che, quantunque si patisca più fatica e più pena, non di meno gli piace andare per terra quanto più possono, come altra volta v'ò detto si va ad alcun porto di Lombardia, e passasi in Grecia, e poi in Gostantinopoli, e pasasi pel bracio di san Giorgio, e vassi a Ruffinello, dove è un forte castello, e poi si va per Capadocia, ch'è un gran paese, dove sono gran monti; e vassi per Turchia al porto di Chinamont, e alla città di Nicha, che è apresso di questa città leghe VII. E turchi la tolsono a lo 'mperadore de' Romani, ed è molta forte città di mura e di torre: da l'altro lato è un lago grande e largo e lì è una riviera chiamata Lelai. Di là si va per le alpe [156] di Neromonte, e per la valle di Malabruno, e per lo stretto delle montagne, e per la villa di Dormanolch, e per le ville che sono sopra el Rodai e sopra Francona, che sono molte buone riviere. Da poi si va ad Antiochia: ivi intorno sono molti begli monti e boschi e grande abundanzia di bestie salvatiche da caccia. E puossi andare per uno altro camino, per li piani di Romania. Su per le coste è una bella torre, chiamata Florenza; e di sopra, fra le montagnie, è la città di Torsont, e la città di Nongimach, e Assera e Meremistra. E quando son passate le montagnie, si va per la città di Maroste, e per Artessa, dove è un gran ponte sopra la riviera di Ferma, la quale riviera si chiama Faiffar, ed è gran riviera, e porta naviglio, e corre fortemente, e viene da le fonte e da le montagnie verso la città di Damasco. Ivi è un'altra riviera, che viene da le montagne di Libano, chiamata Albana, che corre apresso Damasco. Al passar di questa riviera, santo Eustachio perse due figliuoli, avendo ancora perso la moglie. Questa riviera passa per li piani di Arcadia, e va infino al mar rosso. E poi si va a la città di Fermina, dove [157] sono molti bagni caldi; e poi si va alla città di Ferne. Tra Fermina e Ferna sono di begli boschi: e poi si va in Antiochia che v'è presso a 20. leghe. Antiochia è bella città e ben fornita di mura e di torre ed è molta grande, e soleva essere lunga due leghe e larga una lega e mezo. Per questa città corre la detta riviera di Farfar; e soleva avere intorno a le mura Cº. e L. torre, e per ciascuno pilastro del ponte era una torre. Questa è la più nobil città del Reame di Soria, e a VIII. leghe è il porto di santo Simone. Quivi entra Farfar in mare. Da Antiochia si va a la città di Schiavonia e poi a Gibel, e poi a Chortexa. Ivi allato è la terra della Cammilla, dove è uno forte castello chiamato Maumech. E da Cortexsa si va a Tripoli; e al passare per lo stretto de' monti è la città di Gibeloch; e poi a Baruthi sopra el mare; e poi si va a la città d'Acri. E ivi sono due vie per andare a Gierusalem; la sinistra va a Damasco e per lo fiume Giordano, e la destra va per la marina e per la terra di Flagania. E da lato sono le montagne insino alla città di Caifas, ove Caifas fu Signore. Alcuni la chiamano Castello Pelegrino. E [158] da ivi infino a Gierusalem sì sono ben tre giornate, e sì si va per Cesarea Filipense, per Giafo, per Rama, per lo castello di Emaus, e poi a Gierusalem.

Io v'ò dimostrato alcune vie per terra e per mare, per le quali si può andare a le terre di promissione; e quantunque altre vie vi sieno, sicondo che gl'uomini si muovono, non dimeno queste e altre tornono a un fine. Ancora li è un'altra via, per la quale si può andare per tera sanza mare insino a Gierusalem; e perchè questa è tropo faticosa via, pochi vanno per essa, ma vassi per Alamania, e per Brettania fino in Prussia; e poi per Tartaria infino in Gierusalem. Questa Tartaria risponde al gran Cane, del quale io parlerò poi, però che infin qui dura la sua signioria, e tutti e principi di questa Tarteria li rendono trebuto. Questa è cattiva terra e arenosa e poco fruttifera, perchè poche biade e poco vino vi nasce; nè frutta, nè legname, ma ivi è multitudine di bestiame, e però non mangiono altro che carne sanza pane e beono la broda e latte di bestie, e mangiono cani, lupi, gatte, topi e ogni bestia, e in luogo di legnie ardono sterco [159] di cavallo e d'altre bestie seccato al sole; e il loro principe e altre genti non mangiono se none una volta el dì e poco mangiono. Questa è brutta gente e immonda e di mala natura. In questo paese la state casca spesso tempesta e fulgori e saette e uccidono molte gente; e in un subito è gran caldo in questo paese, e pel simile in un subito è gran freddo; e questa mutazione è da ogni tempo; e per tanto questo si è un brutto paese, povero e cattivo: e i principi loro che governano el paese, el qual loro chiamono Batri, stanno a la città di Ordia. E veramente niuno valente uomo doverebe stare, nè abitare in questo paese, imperò che 'l paese non è pur degno che v'entrino cani. Questo paese sarebe buono per seminare ginestre, spine e roghi, però che ad altra cosa non vale; ma pure in alcuni luoghi è buona terra, ma è di rado. Io non sono però stato per quella via, ma sono stato per altre terre che vi confinano in quella costa. Io non andai mai per quella a Ierusalem; per la qual cosa io no ve la potrei ben divisare. Ma se questa materia piace ad alcuno valente uomo, el quale sia stato per questa via, piacendo a lui [160] vi può questo agiugnere, a ciò che quelli che vogliono fare questa via per queste parte, eglino possino sapere qual camino e' voglino tenere, però che malagevolmente si può tenere per questa via, salvo per gran freddura: e questo è per l'acque cattive e' mari che sono in quelle parti, che non si possono passare, se non quando sono fortemente ghiacciate; però che, se non fussino diacciate, non è uomo nè cavallo che vi potessi andare: e dura tre giornate questa mala via, passando per Prussia infino a la terra abitabile de' Saracini. E li cristiani che vanno a combattere con costoro, conviensi portare dietro vittovaglie, però che none troverebono, e conviene che tutte si facino caricare per lo ghiaccio con carri sanza ruote, che loro chiamono Solens; e tanto vi dimorono, quanto basta loro le vittovaglie ch'eglino portono con loro; però che là non se ne truova per moneta. E quando gli esploratori di quele gente vegono venire e cristiani contra loro, e' fugono a le ville e fortezze, gridando: Herra, herra; e subito s'armono e sì si ragunono insieme. E sappiate, che in quelle parte è maggiore ghiaccio che di qua, e però à [161] ciascuno stufe, nelle quale fanno e fatti loro, perchè sono nelle parte settentrionale presso Bissa, ove fanno grandissimi freddi; però che 'l sole si è dilungi molto da quel paese adietro, sotto lo polo artico. Ivi è tanto freddo che non si può abitare; e all'opposito, a man diritta, verso mezo dì è tanto caldo, che il paese è inabitabile; però che quando el sole è a mezo dì, gitta e sparge e suoi razi dirittamente sopra di quelle parte.

DELLA LEGE DI MAOMETTO E DELLA OPPINIONE DE' SARACINI; E DELLE OPPINIONE CHE ÀNNO DOPO LA MORTE LORO, E DOVE L'ANIMA LORO VADA, E IN QUAL LUOGO; E DI QUEL CHE TENGONO DEL PARADISO E DELLO 'NFERNO, E DELLA FEDE CHE ÀNNO.

E perchè io ò parlato de' saracini e de' lor paesi, se voi volete sapere alcuna parte della loro lege, io ve la dirò sicondo che si truova nel loro Alcorano. Alcuni chiamono questo libro Mesaph e alcuni chiamono Harmen, sicondo le lingue del paese: el quale libro gli dette Maometto, nel quale io spesse volte legendo ò veduto e trovato scritto, che e' buoni [162] anderanno in paradiso e i cattivi allo 'nferno. E questo credono e saracini; e chi gli domanda, che credono del paradiso, e egliono rispondono, che 'l paradiso è un luogo dilicato, nel quale luogo si truova d'ogni tempo di ciascuna maniera di frutti, e de' fiumi di latte e di mele e di vino sempre corrente, e d'acque dolce; e che quivi son case belle e nobile, sicondo el merito di ciascuno, adornate di pietre preziose, d'oro e d'ariento; e ciascuno arà damigelle e sempre userà co loro, e sempre le troverà più belle. Item, lor credono e odono volentieri parlare della vergine Maria e della incarnazione di Dio, e dicono bene che Maria fu annunziata da l'angiolo, e come santo Gabriello le disse, ch'ell'era da Dio eletta, quando gli annunziò la incarnazione di Iesù Cristo, e che ella concepette e partorì vergine. E questo medesimo testimonia il loro Alcorano; e dice questo libro che, Iesù Cristo, come nacque, che subito parlò e fu santo profeta e verace in parole e in fatti, e vero e pietoso e diritto sanza vizio. E dice questo libro, che quando l'angiolo anunziò la incarnazione, la vergine Maria era giovane e aveva gran paura: però [163] che uno, chiamato Tham, el quale era incantatore e Sortiero, era nel paese e fecesi spesse volte in forma d'angiolo, e andava a dormire colle fanciulle; e Maria alora sì temee, che questo Tham non la volessi ingannare sotto spezie d'angiolo, e scongiurò l'angiolo, che li dicessi, s'egli era colui. E l'angiolo rispose, che di nulla dubitassi, che esso era certo messo di Dio. Item, questo libro dice, che, quando ella ebe partorito sotto uno albero di palma, dove era el presepio del bue e de l'asino, che ela si vergognava aver partorito e piagneva forte, dicendo, che ella vorrebbe essere morta. Allora el figliuolo parlò, confortandola, e disse: Madre, non ti dubitare punto, che Dio à mostrato in te el suo segreto per la salute del mondo. In molti altri luoghi dice il libro Alcorano, che 'l nostro Signiore parlò, come nacque. E dice questo libro, che Giesù fu mandato da Dio onnipotente per esere spettaculo, essemplo e spechio a ciascheduno uomo. E per lo simile questo Alcorano dice, che il dì del giudicio Dio verrà a giudicare ogni gente e e' buoni trarrà a sè e' cattivi condannerà a lo 'nferno. E dice, che tra tutti e profeti, Giesù fu [164] il più ecelente e il più propinquo a Dio. E dice, che fece e Vangeli, ne' quali sono di buone dottrine e sapienzia e dilettazione e chiareza e verità e predicazione verace. E quegli che credono in Dio dicono, che egli è vero profeta e più che profeta e sanza peccato, e che illuminò e ciechi e liberò gl'infermi e risucitò e morti; e che el mondo vive in lui. Quando loro vegono e Vangeli del nostro Signiore, gli legono volentieri, e spezialmente quello dove è scritto: Missus est angelus Gabriel. Il quale Evangelo, gli uomini litterati spesse volte dicon con loro orazioni e bacionlo e tengonlo con grande riverenzia e divozione. Item, e' digiunono un mese fra l'anno, e non mangiono infino a notte; e tutto questo mese non usono con femine; ma gl'infermi non sono costretti a questo digiuno. Item, il detto libro parla de' giudei che son cattivi, e che non vogliono credere a Giesù che fusse per parte di Dio e che egli mentono falsamente di Maria e del suo figliuolo, dicendo che egliono avevono crocifisso Giesù figliuolo di Maria, però che non fu mai crucifisso, come dicono, anzi il fece Idio ascendere a sè sanza morte e sanza magagna, ma trasformò [165] la sua forma[67] in uno, chiamato Iudas Scarioth; e questo crucifissono e giudei, pensando che fussi Giesù, che era salito in cielo vivo a giudicare il mondo. E però dicono, che i cristiani ànno poco conoscimento; che semplicemente e falsamente credono, che Giesù Cristo fussi crucifisso; che arebe fatto contro alla sua giustizia a soferire che Giesù Cristo, el quale era inocente, fussi sanza colpa stato messo a morte (sic); e in questo articolo dicono che noi falliamo; però che la grande giustizia di Dio non poterebe così fatta cosa soferire; e in questo manca la lor fede. E sì confesson bene, che furno buone l'opere sue, e che son verace parole li Evangeli e le sue dottrine, e veri e suoi miracoli, e che la benedetta vergine Maria fu santa e buona e vergine prima e poi dopo la natività di Giesù Cristo; e che quegli che credono perfettamente in Dio, saranno salvati. E perchè e' son tanti propinqui a la nostra legge, leggiermente si convertiscono alla fede cristiana, quando si predica distintamente la fede e la lege di Cristo; e se gli dichiarono le profezie, [166] e' dicono che sanno bene per profezie, che la lege di Macometto fallerà, come ànno fallite quele de' giudei; e che la fede cristiana durerà infino alla fine del mondo.

NOTA QUI LA OPPINIONE DE' SARACINI DELLA LEGGE.

E chi gli domanda di ciò che credono, e' rispondono: Noi crediamo in Dio creatore del cielo e de la terra e di tutte l'altre cose, il quale à fatto ogni cosa, e sanza lui niente è fatto: e crediamo che vero sia quello che Dio à detto per li santi profeti. Item, Macometto comandò nel suo libro Alcorano, che ciascuno avesse due o tre o quattro moglie, infino a nove: delle amiche tante quante se ne potessino avere; e se alcune delle moglie falliscono contro a' mariti, lui le può cacciare di casa e separarla da lui e torre un'altra; ma è di bisogno che gli dia parte della sua roba. E quando si parla lor del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, e' dicono, che sono tre persone e non uno Dio, perchè e loro Alcorani non parlono punto della Trinità. Quando si dice loro che 'l Figliuolo è la persona del Padre Dio, e' dicono bene che sanno che Dio à parola che altrimenti non sarebe [167] vivo. Item, quando si parla loro della incarnazione, a che modo Dio per la parola de l'angiolo mandò la sua sapienzia, e obumbrossi nella vergine Maria, e che per la parola di Dio saranno e morti risuscitati al dì del giudicio; e egli dicono, che questo è vero, e che gran forza à la parola di Dio; e così dice il loro libro Alcoram, dove dice, che l'angelo parlò a Maria, dicendo Iddio evangelica parola di sua bocca: e sarà il suo nome chiamato Giesù Cristo. E dicono che Abraam fu amico di Dio; e dicono che Muisè fu imbasciadore di Dio e che Giesù Cristo fu la parola e lo Spirito Santo di Dio, e Macometto fu diritto messo di Dio. Ma dicono bene che di questi IIIIº, el più eccelente e il più degnio fu Iesù Cristo; sì che egli ànno molti articoli buoni de la nostra fede, avenga Dio che non abino perfetta lege, sicondo e cristiani. E, come io ò detto di sopra, leggiermente si convertirebbono, perchè egli ànno la Bibbia e li Vangeli di profeti scritti nella loro lingua, e fanno stima assai della santa Scrittura, ma egliono non intendono la lettera spirituale, anzi quanto alla scorza; fanno come e giudei, che non intendono la [168] lettera spiritualmente, ma corporalmente. Per questo sono persecutori de' veri e savi cristiani che la intendono spiritualmente; e però dice san Paulo: Lictera enim occidit, spiritus autem vivificat. Item, e saracini dicono, che e giudei sono cattivi; imperò ch'egl'ànno volta[68] la lege che Dio mandò per Muisè. E dicono che' cristiani sono cattivi, perchè non oservono e comandamenti degli Evangeli dati a loro da Giesù Cristo.

DELLE PAROLE CHE MI DISSE EL SOLDANO IN SECRETO, LE QUALI CI CONFONDONO.

E però io vi voglio dire quello che mi disse una volta el Soldano al Cairo. Egli fecie votare la sua camera d'ogni maniera di gente, di signiori e d'altri baroni, perchè voleva parlare con meco di secreto. Domandommi: In che modo si governono e cristiani nel vostro paese? Io risposi: Bene, per la divina grazia. E lui mi disse, che veramente non fanno, perchè i vostri prelati non istimono il servire a Dio: egliono doverebono dare esemplo di ben fare a la comune gente, e doverebono andare [169] a' templi a servire a Dio; e egli vanno tutto dì per le taverne giucando, beendo e mangiando, a modo di bestie. E così e cristiani si sforzono, in ogni maniera che possono, di barattarsi e ingannarsi l'un l'altro; e sono tanto superbi, che non si sanno vestire, nè contentarsi mai; perchè quando vestono corto, e quando lungo; or larghi, ora stretti; e quando ricamati, e quando intagliati, et in ogni modo si divisano con cinture e con livrere, e con truffe e con buffe; e egliono doverebono essere semplici e umili e mansueti e meritevoli e caritativi, sì come fu Iesù Cristo, nel quale loro credono. Ma e' fanno el contrario e a rovescio, e son tutti inclinati a malfare; e tanto sono cupidi e avari, che per poco argento e' vendono e figliuoli, le sorelle e le loro propie moglie per fare meritrice; e sì si tolgono le moglie l'uno a l'altro, e non si mantengono fede, anzi non osservono la lor legge, che Giesù Cristo à loro dato per la loro propia salute. Così per li loro propii pecati ànno perduta questa terra, che noi teniamo; e il vostro Dio sì ce l'à data e concessa nelle nostre mane, non tanto per la nostra fede, ma per li vostri peccati: perchè noi sapiamo [170] di certo, che quando voi servirete bene il vostro Dio, lui vi vorrà aiutare, e noi non poteremo contro a voi. E ben sappiamo per profezia, che' cristiani regnieranno in questa terra, quando egli serviranno al suo Dio più divotamente che non fanno ora; ma mentre che eglino stanno in così brutta vita e con tanti peccati, come e' sono al presente, noi non abiamo punto dubbio di loro, perchè il loro Dio non gli aiuterà punto. E allora gli adimandai qualmente sapeva così bene gli stati d'intorno de' principi de' cristiani e il comune stato loro. E lui mi rispose, che ciò sapeva per la gente che mandava per ogni parte e in ogni paese, in guisa di mercatanti di pietre preziose, di moscado e di balsamo, e altre cose per sapere el governo d'ogni paese. Dipoi fece chiamare nella camera sua e signiori che prima aveva cacciati fuori, e mostrommi quatro di questi che erono gran signiori in quel paese, e quali sì mi divisarono così bene el paese de' cristiani, come se fussino nati in detti paesi, e parlavano franceschi nobilmente; e similmente il Soldano, di che molto mi maravigliai. Ahi lasso! quanta vergognia e quanto danno è a tutti e cristiani [171] e alla nostra legge, che gente, che non ànno fede, nè legge, ci vanno biasimando e ispregiando e riprendendo! Quegli che per li nostri buoni esempli e nostra accettabile vita doverrebono convertirsi a la fede di Iesù Cristo, sono per le tristizie nostre e' nostri errori dilungati totalmente! Ma noi siamo per li errori nostri e per le nostre trestizie estratti e dilungati totalmente dalla vera e santa fede! Onde non è maraviglia, se loro ci chiamono cattivi, perchè e' dicono el vero. Ma dicono, che li saracini sono buoni e leali, però che egliono guardono interamente il comandamento del santo libro Alcorano, che Dio li mandò per lo santo messo e profeta Maometto; al quale dicono, che l'angiolo Gabriello spesse volte parlava, mostrandogli la volontà di Dio.

DELLA VITA DI MAOMETTO; DOVE E' NACQUE, E QUANDO COMINCIÒ A REGNIARE, E IN QUAL LUOGO E IN CHE TEMPO.

Sappiate, che Maometto nacque in Arabia, e fu un povero vetturale che andava dietro a' cammegli co' mercatanti; e tanto v'andò, che una volta arivò co' mercatanti in Egitto, e allora era de' cristiani. [172] Ne' diserti d'Arabia era una cappella, dove stava un Romito; e quando Macometto entrò in questa cappella, l'uscio, el quale era piccolo e basso, per lo entrare di Maometto venne grande e largo a modo come una entrata d'un gran palazo. E sapiate, che questo fu il primo miracolo che lui fece in sua gioventù. E da poi cominciò Maometto a venire savio e ricco; e da poi fu governatore della terra principale di Corondaria, e quela così saviamente governò, che, morto el principale, lui tolse la sua donna per moglie, chiamata Cadiga. E la donna, poi ch'ebe conosciuto che Maometto cascava del male caduco, ella si dolse assai averlo tolto per marito. E Maometto tosto si seppe riparare, e dielle a intendere che ogni volta che cadeva, l'angiolo Gabriello gli veniva a parlare; e che per lo grande splendore dell'angelo, il quale non potendo la sua vista sostenere, conveniva che cadessi; e però dicono e Saracini, che l'angelo gli veniva spesso a parlare. E questo Maometto regniò in Arabia negli anni del nostro Signiore V. Cº. X, e fu della generazione di Ismael, figliuolo d'Abraam e di Agar che fu sua cameriera: e però vi sono saracini che si chiamono [173] ismaeliti, e altri vi sono propii saracini di Sara: altri son chiamati Moabites e altri Monites, per li due figliuoli delle figliuole di Lotho, che furono gran signiori in terra, cioè Moab e Amon.

DELLA CAGIONE PERCHÈ I SARACINI NON BEONO VINO, E DELLA FESTA CHE FANNO QUANDO UN CRISTIANO SI FA SARACINO.

Item, Macometto amava un valente eremita, el quale stava nel diserto, una lega dilungi dal monte Sinai, per la via che va da Arabia inverso Caldea e inverso Iudea, a una giornata, ove i mercatanti vanno per montagna. E tanto stava Maometto con questo eremita, che a' suoi servi rincresceva l'aspettare, perchè Maometto si dilettava delle parole dello eremita; e faceva fare vigilia a' famigli; di che loro pensorono d'uccidere questo eremita. E avenne che, essendo Macometto ubriaco una notte e dormendo lui, i sua famigli presono una spada di Macometto e uccisono il romita buono, e poi rimisono la spada nel suo luogo, tutta insanguinata. E la mattina, quando fu digestito il vino, Maometto si svegliò e trovò il buono e valente [174] eremita ch'era morto; e volendo far giustizia de' micidiali, gli dettono a intendere e famigli, insieme concordati, che lui stesso l'avea morto per imbriacheza; e mostrorongli la spada propia sanguinosa; la quale come la vide, credette che ciò fussi vero che dicevono e famigli. E allora maladisse il vino e i bevitori di quello; e per questo e saracini divoti mai non beono vino. Ma molti di loro ancora vi sono, che nascosamente ne beono volentieri, ma se si sapesse, sarebono ripresi da chi è sopra ciò; e beon bene buone bevande dolce e nutritive, che fanno delle canelle di che si fa il zuchero, di buon sapore, e fa buono apitito. Item, quando aviene che alcun cristiano si fa saracino, o per semplicità, o per cattività, o per povertà, gli archiflammi, o vero flammi che lo ricevono, dicono la Elech: ello, ella Macometh, rosel, Alabeth[69]; ciò è a dire: non è Dio altro che un solo e Macometto fu suo messagio. Ma poi che io v'ò iscritto parte de la sua fede e leggie, io vi dinoterò le lor lettere e nome delle figure, come le chiamono, le quali sono qui di sotto[70].

[175]

E ancora ànno quatro lettere più, per diversità del loro linguaggio, perchè egli parlono molto nella gola, sì come noi abiamo in nostro linguaggio di Inghilterra due lettere, che non sono nel suo linguaggio, cioè y e z, che sono aboch hely.

FINE DEL VOLUME PRIMO.

[177]

INDICE.

Al cortese lettore Pag. VII
Trattato bellissimo delle più maravigliose cose e più nobile che si truovino nelle parte del mondo, scritte e raccolte dallo strenuissimo Cavalieri a spron d'oro, Giovanni Mandavilla franzese che vicitò quasi tutte le parte del mondo abitabili, ridotto in lingua toscana 3
Qui discrive il primo camino d'andare al santo sepolcro 9
Della chiesa di Santa Soffia 11
Della Immagine di Iustiniano imperadore ivi
In Gostantinopoli è la croce del nostro Signiore 12
La descrizione della croce 14
Della oppinione d'alcuni cristiani del legnio della croce 15
Della immagine della croce e chi la trovò 16
Della grandezza della croce 17
Della corona delle spine ivi
Della virtù che ànno le spine delle quali fu fatta la corona al nostro Signiore 18
[178]
Del corpo di Santo Giovanni Grisostimo 20
Del corpo di Santo Luca ivi
D'uno vaso che si riempie per sè medesimo ivi
Della città di Gostantinopoli 21
Delle isole che sono in Grecia ivi
Onde nacque Aristotile e dove giace ivi
Del monte Olimpio 22
Del monte Attalante dove è l'aere puro e netto ivi
Della belleza di Costantinopoli 23
Del corpo di Ermes 24
Come el Papa scrisse a' Greci che volessino essere uniti ivi
Della risposta che e' feciono 25
Dello errore de' Greci contro alla consecrazione del Sacramento ivi
Uno altro errore 26
Un altro errore ivi
Di molti altri errori de' Greci 27
Di ciò che fa lo Imperadore 28
Del corpo di Santo Nicolò 29
Dell'isola di Sivo (sic) dove cresce el mastice ivi
Dell'isola di Pathemos dove scrisse Santo Giovanni l'Apocalisse ivi
Della cittade di Epheson dove Santo Giovanni passò di questa vita 30
Della città di Maiolica 31
Dell'isola di Colcos e dell'isola di Crete della quale fu Signiore Ipocras ivi
Come la figliuola d'Ipocras fu trasmutata d'una bella fanciulla in uno orribile dragone 32
In Cipro nasce buon vino el quale el primo anno è rosso, e poi diventa bianco 35
[179]
Qui mette la cagione perchè abissò questa città di Sotalia con l'isola, e fu per uno orribile pecato 35
Dell'isola di Cipri, Niccosia e Famagosta 36
La croce di Dismas 37
Dove giace il corpo di Santo Girolamo e dove giace Santo Ilarione ivi
Del porto di Tiro ivi
Delli roloni, granchi e della fonte di che parla la santa Scrittura 38
Di Saphon, Sidonai, Baruti, Sidona e Dammasco 39
Del Giapho che edificò Iaphet ivi
Di Andromades Giugante 40
Del grande monte, chiamato la Scala di Ichiri 41
Come Sansone amazò e Filistei al palazo 42
Di Cesaria e del Castello de' Pellegrini, di Ascalon, del Giapho, e come in Babillonia dimora el Soldano ivi
Della grande Babillonia, la quale edificò Nebroth primo Re 51
Come il Re Dario partì el fiume in quattro mila secento rivoli piccoli per lo giuramento ch'egli aveva fatto a dispartirlo 52
Lo Imperadore di Persia tiene la grande Babillonia ivi
Della città di Mecha, dove giace Machometto 53
Di Aaron padre d'Abraam (sic) e d'Ephien, che fu gran teologo 54
Come el Nilo cresce e discresce 56
Del paese d'Egitto, o de la cagione perchè quivi sono uomini Astronomi 57
[180]
Delle isole d'Egitto e delli Nubiani che nascono neri come môri 58
Qui fa menzione d'uno mostro, el quale trovò el romito nel diserto 59
Come è fatta la Fenice 61
Del Cairo e de le cose che vi sono ivi
Come si coglie il balsamo, e dove nasce, e come non fruttifica se non si lavora per mano de' cristiani, e come si conosce 63
Per quante vie s'entra in mare per andare in Gierusalem 68
Dell'isola di Cicilia e di certe maniere di serpe che conoscono e figliuoli legittimi da' bastardi, e del monte Mungibello 69
Della via che va per lo porto di Pisa 70
Della via che va dall'isola di Rodi a l'isola di Crete, e da Crete all'isola di Cipro ivi
Perchè si chiama mare rosso 73
Del monte Sinai, ove Moisè parlò con Dio 74
Della chiesa di santa Caterina e della sepultura sua ivi
Come si estingue la sua lampeda quando el Proposto muore 76
Della cappella di Elia profeta che si chiama Oreb 78
Del luogo dove fu soppellita santa Caterina 79
Come si debba torre conmiato da e monaci 80
Del modo come s'arma questa gente 81
Della villa di Bersabè, ove dimorò Abraam ivi
Della casa d'Abraam 83
In questo luogo abitò Adamo et Eva, poi che furono cacciati di Paradiso ivi
[181]
D'una spezie di terra che si mangia in luogo di spezie 84
Della profezia, che un signiore d'occidente guadagnierà la terra di promissione con lo adiutorio de' cristiani 85
Della città di Bethlem e del sito suo e del campo fiorito, e perchè si dice campo fiorito 86
Del luogo ove nacque Cristo 87
Del presepio del nostro Signiore, e dove cascò la stella de' tre magi 88
Come fu chiamata Gierusalem, la quale prima si chiamava Giebul 91
Delle città che sono intorno a Gierusalem 92
Delle chiese e luoghi che sono in Gierusalem 93
D'una lampana che sempre arde inanzi al Sepolcro santo, la quale el venerdì santo si accende da per sè stessa; e del monte Calvario; e dove fu trovato el capo d'Adamo; e di molte altre cose che ivi sono 94
Come Iulio Cesare ordinò l'Anno di XII. mesi, che prima non era se non di X. 96
Delle colonne che piangono la morte di Iesù Cristo 97
Come Gostantino fece fare el morso del suo cavallo del ferro de' chiovi santi, e della vittoria che di ciò ebbe 98
Qui si fa menzione di molti luoghi santi e di gran divozione 99
Dell'onore che fanno e Saracini alle lettere del Soldano 102
Qui discrive quanto durò il tempio di Salamone 103
[182]
Qui descrive la forma del tempio 104
Qui si fa menzione delle reliquie de' Giudei che erono nell'arca 105
Del nome del tempio di Salamone 108
Della crudeltà di Erode e della vita sua 110
Qui si fa menzione come e' furono tre Erodi 111
Qui fa menzione di molti luoghi santi e divoti 112
Del monte Sion dove erono soppelliti Davit et Salamone e molti altri Re 114
Qui fa menzione di molti altri luoghi santi e divoti ivi
Di XXII. martori e quali ragunò el lione per volontà di Dio en nuna notte, e del monte Gioglia, dove giace Samuel profeta 117
Della chiesa di nostra Donna, e del tempo che aveva quando murì 118
Qui si fa menzione d'alcuni luoghi santi 120
Del monte dove digiunò el nostro Signiore e fu tentato 123
Della natura del mare Morto, e della lunghezza sua 124
Del fiume Giordano, e del luogo ove fu soppellito Iob, e altri luoghi 128
Come Giuliano Appostata fece ardere el corpo di santo Giovanni e gittare la cenere al vento 132
Come Teodosio imperadore trovò il capo di san Giovanni Batista 133
D'una fonte che si muta quattro volte di colore l'anno 134
Delle città che sono nella provincia di Galilea, e dove nascerà Anti Cristo, e dove sarà nutrito, e dove regnierà 135
[183]
Del luogo ove nacque nostra Donna, e di quanto tempo era quando fu annunziata da l'angiolo, e quanto tempo visse dopo la passione 137
Del monte Tabor, e come el giudicio sarà el dì di Pasqua 140
Dove nacque santa Anna 143
Dell'usanza di questo paese, e di diverse maniera di cristiani e di lor costumi, e come e' fanno la loro confessione, e delle autorità, le quale allegono per loro oppinione 145
Del sito di Damasco, e da cui fu edificato, e della belleza e abundanzia sua; e come santo Paulo, el quale leggeva fisica in Damasco, fu convertito 148
Quivi descrive el sito della chiesa di nostra Donna di Sardemaco e della inmagine sua, la quale è ivi dipinta con diversi colori; e poi descrive la valle di Beliar, la città di Tripoli e la città di Baruti, ove santo Giorgio uccise el dragone 150
Della via più brieve per andare alla terra santa per mare, e delle cose che si truovono per lo camino 153
Di molte altre diverse vie per andare al detto luogo santo per terra, e de' luoghi e quali si truovono per la via, e de' costumi di quelle gente e di molte altre cose 155
Della lege di Maometto e della oppinione de' Saracini, e delle oppinione che ànno dopo la morte loro, e dove l'anima loro vada, e in qual luogo, e di quel che tengono del Paradiso e dello 'nferno, e della fede che ànno 161
[184]
Nota qui la oppinione de' Saracini della legge 166
Delle parole che mi disse el Soldano in secreto, le quali ci confondono 168
Della vita di Maometto, dove e' nacque, e quando cominciò a regniare, e in qual luogo e in che tempo 171
Della cagione perchè i Saracini non beono vino, e della festa che fanno quando un cristiano si fa Saracino 173

EMENDAZIONI.

Pag. xix, lin. 21. al Cairo, correggi in al Catajo.

Pag. 29, lin. 8. le porte, corr. in le parte.

Pag. 32, lin. 18. forte a ardito, correggi in forte e ardito.

Pag. 43, lin. 4. sì vae innanzi, corr. in si vae innanzi.

Pag. 80, alla nota 1. Mansione vale propriamente fermata, posata, stanza; onde quivi male si interpreterebbe magione, secondo che erroneamente dubitai.

Pag. 98, lin. 3. chiodi auti, corr. in chiodi santi.

Pag. 108, lin. 21-22. molto bella. In una piaza grande e piana; in, corr. in molto bella, in una piaza grande e piana: in.

Pag. 148, lin. 22, dove legge è à a venire per Damasco, si corregga in e' à a venire per Damasco.

Pag. 166, lin. 25. è la persona, corr. in è la parola.[71]

NOTE:

1.  Oltre i Viaggi, lasciò eziandio il Mandavilla un copioso Lapidario, nel quale si divisano i varii ordini delle pietre orientali colle loro virtù e proprietà, non che le isole e i paesi speciali ove ciascuna di per sè si ritrova. Tre edizz. se ne conoscono e tutte e tre in lingua francese: la prima di Lione, senza data, ma del sec. XV, in 8º picc., di fo. 24; la seconda senza veruna nota tipografica, appartenente al 1535 circa, in 16, di fo. 28; e la terza di Parigi, 1561, in 12.

2.  È in contraddizione con ciò che dicesi più sopra. Il Mandavilla fu veramente inglese. V. alla pag. 7. li. 20.

3.  Schernie, beffe, derisioni e simili. Nel Vocab. registransi Caleffare e Caleffatore, ma non caleffo.

4.  Una postilla marginale di mano di A. M. Salvini dice di fronte alla parola vulgare: «le romance.»

5.  e per la città d'Urpen e per lo castello di Neiseburges. Cod. Ricc.

6.  10 altri fiumi: cod. Ricc.

7.  Ungheria e per mezzo Zeffe e per mezzo Tracia et entra. Cod. Ricc.

8.  mantiene la sua dolcezza. Resurgie entro nel mare e meschiasi con l'acqua marina. Dipoi: cod. Ricc.

9.  Occidente: cod. Ricc. e st.

10.  Un grazioso opuscolo fu stampato ultimamente a Vienna intorno alle diverse opinioni sull'origine della Croce, del prof. Adolfo Mussafia: Vienna, 1870.

11.  Cod. Magl. le scale.

12.  Il cod. Magl. legge costantemente pietra in luogo di piastra.

13.  Qui manca il sopraddetto alfabeto ne' codici e nelle stampe.

14.  Nicha e Chineton: cod. Ricc.

15.  Giorgio dove giace il corpo di santo Nicolao e verso molti altri luoghi la vede: Cod. Ricc. Le stampe leggono come sopra.

16.  Questa rubrica manca ai due codd. mss.: sta però nelle stampe del 1488 e 1492.

17.  Ho seguìto la lez. del cod. Ricc. nella maggior parte di questo Capitolo: variano assai le lezz. delle stampe e de' mss. fra loro.

18.  Il cod. Ricc. qui ha una lacuna. Le stampe leggono torse e il cod. Magl. corse.

19.  Qui ripiglia il cod. Ricc.

20.  Isola già gran tempo tolsono allo 'mperadore. Soleva. Cod. Ricc. Le stampe leggono come sopra.

21.  Sono 300. leghe: cod. Ricc.

22.  Questa rubrica manca ai codd.: è però nelle stampe.

23.  Qui il sussidio del cod. Ricc. vien meno per mancanza di una carta: ci gioveremo, al bisogno, delle stampe.

24.  Le stampe: Califfe, ed. del 1488: e Caliphe, ed. del 1492.

25.  Qui ripiglia il cod. Riccardiano.

26.  E voglio che voi sappiate che quando il soldano vuole mettere in istato un cavaliere o vero altro gentile uomo. Cod. Ricc.

27.  240 leghe: cod. Ricc.

28.  sanza scalzarsi, cod. Ricc.

29.  Così i codd.: le stampe hanno vividitade; forse per verdezza, verdura, verdità e simili.

30.  Di Gon altrimenti nominata Nilo; Cod. Ricc.

31.  Vie sotterrane e va nelle loro citerne; e chi gli togliessi quella acqua, eglino non potrebbono resistere: cod. Ricc. Le stampe leggono: et hanno le loro citerne sopra quella aqua.

32.  Che vuol dire la città del Sole: cod. Ricc.

33.  così leggono anche le stampe. Il cod. Ricc. ha rama: brocca per rama dicesi per tutta la provincia di Romagna.

34.  In signif. di falsificare, adulterare e simili.

35.  si per se leggesi comunemente nelle antiche scritture. Il cod. Ricc. ha e s'egli è o rosso o nero ec.

36.  Così il cod. Magl. e le stampe: il ms. Ricc. legge: e così ànno quegli del paese nelle loro croniche.

37.  Manca ne' codd. e nelle stampe.

38.  Nel cod. Ricc. manca Al contrario. Nelle stampe leggesi Al contorno.

39.  Così il cod. Magl. e le stampe: sopra la detta riviera del Nilo: cod. Ricc.

40.  Così amendue i codd. e le stampe.

41.  Il cod. Ricc. ha per giunta: e più altre chiese sono sopra el detto monte.

42.  Il cod. Ricc. a questo luogo legge nel modo seguente: e dicono le genti che tutto è un luogo medesimo et è tutto un paese, perchè l'uno monte e l'altro si chiama Sinai, ma dall'uno all'altro è una grandissima via, e nel mezzo tra l'uno monte e l'altro è una valle profonda.

43.  Così i codd. e le stampe: forse magione.

44.  Così i mss. e le stampe.

45.  Questo avverbio posto così ass. e non seguito dal che, mi giugne nuovo affatto.

46.  Così i codd. e le stampe.

47.  È in contraddizione con quello che l'autore disse più sopra.

48.  Così i codd. e le stampe.

49.  Questa versione leggesi soltanto nelle stampe.

50.  Questi e simili scerpelloni sono scambiati a vicenda nelle stampe e ne' codici: e non vi s'è potuto rimediare.

51.  Nota maniera efficace, che tanto innamorò il Cesari, della quale egli parla nel Dialogo delle grazie. Le stampe leggono gocciono, e il cod. Ricc. gittono.

52.  Così le stampe e il cod. Magl.: il cod. Ricc. legge: quando ella lo vide credette ch'egli fussi uno frate del cordone, che così si chiamavono.

53.  Una torsa vale dieci piedi.

54.  Si poteva narrare sciocchezza maggiore?

55.  Il cod. Ricc. ha residenza, e le stampe e il cod. Magl. stagio o staggio, che vale stallo, cioè stanza, dimora.

56.  Così il cod. Magl. e le stampe: il Ricc. legge ancora sasso.

57.  Così le stampe e il cod. Magl. Il Ricc. offerire colombe e tortore.

58.  Cod. Ricc. Crosoroe.

59.  Cleophas amata dal nostro Signore: cod. Ricc. Le stampe: amica del nostro Signore.

60.  d'india da quella de Arabia: cod. Ricc.

61.  Qui il nostro autore confonde Sichem con Neopoli: non ricorda quel che disse poco più sopra: e di due città ne fa una sola: ma non è nuovo.

62.  dinanzi per insino al mento è a Roma nella chiesa: cod. Ricc.

63.  Le stampe leggono: è tutta bruscolata.

64.  Mancano ne' codd. e nelle stampe, come pur vedemmo altre volte.

65.  Così il cod. Magl. e le stampe. Il cod. Ricc. ha: e questi tengono la legge greca.

66.  altre regioni: cod. Ricc.

67.  Così le stampe: i due codd. leggono la sua morte.

68.  Così il cod. Magl. e le antiche stampe. Il ms. Ricc. legge: eglino ànno violato.

69.  Così le stampe e il cod. Magl.: nel Ricc. manca.

70.  Manca nelle stampe e ne' codd., come altresì vedemmo alla pag. 28. e come altresì vedremo altre volte più innanzi.

71.  I codd. leggon veramente persona, ma l'ediz. del 1488, molto più ragionevolmente, ha parola.

Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici. Le correzioni ("Emendazioni") indicate a fine libro sono state riportate nel testo.

Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.