The Project Gutenberg eBook of Progetto filosofico di una completa riforma del culto e dell'educazione politico-morale del popolo ebreo, Tomo II

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Title: Progetto filosofico di una completa riforma del culto e dell'educazione politico-morale del popolo ebreo, Tomo II

Author: Aron Fernando

Release date: May 23, 2019 [eBook #59583]
Most recently updated: November 12, 2019

Language: Italian

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*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK PROGETTO FILOSOFICO DI UNA COMPLETA RIFORMA DEL CULTO E DELL'EDUCAZIONE POLITICO-MORALE DEL POPOLO EBREO, TOMO II ***

Nota di trascrizione in coda al testo.

Progetto Filosofico
Di una completa riforma del Culto
E
Dell'Educazione Politico-Morale
del Popolo Ebreo

di A. Fernando


Tomo Secondo

Capitolo 1.

In che propriamente consista la prima Educazione morale, che un barbaro Costume fa da lungo tempo conferire a' fanciulli ebrei.

Le orali tradizioni passano regolarmente da' genitori a' figli, e da questi al lignaggio susseguente colla stessa facilità, e colle prerogative medesime che si farebbero passare direttamente i beni di famiglia: ognuno riceve da' propri genitori gli stessi documenti, ad un tale riguardo, che hanno essi medesimi ricevuto da loro; ma ognuno altresì gli dilata, gli ristringne, gli modifica, e gli rappresenta a misura delle passioni che sente intimamente delle idee delle quali è nutrito, ovvero dell'interesse individuale che lo muove. Il Cervello dell'uomo, sopra tutto nell'infanzia, è una cera molle, suscettibile di ricevere qualunque siasi impressione che affiggere gli si voglia; l'educazione, che giustamente si dice essere una seconda natura per esso lui, gli somministra quasi tutte le di lui opinioni; e ciò che v'ha di peggio ancora in un tempo in cui esso è nella massima impotenza di discernerle, se ottime per adottarle, e trarne de' solidi vantaggi, se riprovabili per sfuggirne l'incontro, e rigettarle. Noi crediamo ciecamente di avere ricevuto dalla natura, o di avere portato seco noi nascendo, le idee vere, o false, che in un età inesperta si è fatto con violenza entrare nelle nostre teste; a questa fatale persuasione è stata sempre mai riconosciuta una delle più venefiche sorgenti de' travviamenti che cospirano l'intera perdita dell'uomo. In darno ci avvertiscono sensatamente i filosofi che le prime impressioni che si fanno prendere a' fanciulli sieno tali per esse medesime che non abbiano duopo di essere in verun modo nè emendate, nè represse, onde non venghiamo di essere costretti a sostituirne delle nuove, o che giungasi all'arduo procinto di doverle riformare; è in vano che i nostri benemeriti maestri antichi ci gridano indefessi che tutto quello che da noi viene imparato sia di bene, sia di male ne' primi intervalli della nostra fanciullezza, si è ciò appunto che ad indelebili caratteri più agevolmente ritenghiamo; ma noi sempre sordi agli avvertimenti salutari degli uni, ed insensibili ognora alle grida amorevoli degli altri, fabbrichiamo da noi stessi i tormenti crudeli che ci affliggono, senza traccia di scampo, nè di conforti, preparando ad un tempo così la nostra perpetua irreparabile sciagura, e quella insieme de' traditi nostri figli (1). Insensibili tiranni! Sembrami udire questi rinfacciarmi amaramente un giorno, se da voi riconosciamo la nostra misera esistenza sulla terra, ci diranno essi lacrimando, da voi soli ripetere dobbiamo unicamente ancora le affliggenti calamità, delle quali saremo un giorno le vittime eterne sopra d'essa; l'avarizia l'ignoranza, e il fanatismo di cui siete fieramente predominati da una parte ci resero tante macchine automate fra gli enti ragionevoli, di aggravio a noi stessi, inutili alla società, ed i venefici principi de' quali ci faceste imbevere dall'altra finirono di abrutirci a questo eccesso.

E che! Tale forse appunto non è l'umiliante linguaggio, che gli sventurati fanciulli ebrei possono tenere meritamente co' propri loro parenti, o genitori? Dicasi di grazia quale è mai il solido reale vantaggio, che questi esseri innocenti possono in verun modo ritrarre da' medesimi che sia efficace a compensarli de' danni incalcolabili che gravemente risentono dalla depravata educazione che loro è infelicemente conferita? Appena un bambino fra noi comincia a sviluppare le sue facoltà loquaci e auricolari, tosto che desso mettesi a portata di balbettare qualche tronco accento quali sono mai i primi suoni, quale il primo linguaggio articolato che percuote le orecchie sue nascenti? Quello, senza dubbio, il più delle volte, o di genitori superstiziosi, ed ignoranti, ovvero quello di una torpida servente, o di un domestico imbecille, che gli si assegna per guida, i quali forse insieme co' loro errori, comunicano ad esso molto sovente ancora i propri vizj.

Tali sono, per sciagura universale, gl'istruttori odierni della prima infanzia de' fanciulli ebrei, ed in ispecie di quelli nati nel suolo dell'Italia, da opulenti famiglie.

Or la mente di un fanciullo, che quale tenera cera, come lo abbiamo rimarcato non è che un istante, è suscettibile di qualunque impressione che vi s'introduca, cosa diverrà esso mai, imbevuto dagli ammaestramenti della più ributtante depravazione, e dalle voci corrotte, deformi, e male sonanti, quali appunto sono quelle che debbono continuamente uscire dalle bocche di costoro (2)? Un ammasso stranamente confuso di ogni orrido assurdo, ed il deposito infetto di tutte le idee le più stravolte, ed insensate; dopo tutto ciò oseremo lagnarci ancora di vedere gl'ingannati fanciulli ebrei de' tempi nostri anche adulti, e fatti uomini per ciò che riguarda il loro fisico soltanto, e d'altronde conservarsi tutta via sempre fanciulli per tutto quello che concerne la loro parte razionale? Non ci rechi dunque altrimenti stupore, se l'infanzia di quasi tutti i nostri bambini dura per l'ordinario, l'intero periodo della loro vita, e se anche provetti gli accompagna sovente fino alla tomba (3).

Ma tutto ciò non rapportasi fino ad ora solo che alla prima puerizia de' fanciulli unicamente, inoltriamoci avanti qualche breve passo, e noi vedremo, con pena, il caso diventare molto peggiore, se non ancora più disperato.

Il contegno detestabile che osservammo tenersi generalmente con quest'illusi fanciulli per lo passato, dovrà senza mistero, farci chiaro comprendere quale dovrà essere il riprovabile metodo d'istruzione che loro preparasi nell'avvenire.

Fin quì l'odibile ingerenza di corrompere, o alterare l'opera stupenda della natura, sembra che solo fosse d'ispezione degli snaturati genitori, o degl'insensibili mercenarj; ma la loro incombenza ributtante cessando nel momento istesso in cui l'infante è pervenuto all'età di 5, o al più 6. Anni, è al termine di questi che la vittima innocente è rimessa fra le mani spietate di nuovi manigoldi civili, i quali compiono l'opera spregevole con tanto funesto successo miseramente cominciata dagli antecedenti. Un nuovo Institutore gli si presenta; il depravato linguaggio di cui questi si serve è fra essi comune, essendo quello medesimo appunto che lo sventurato alunno apprese già nel patrio tetto per sino dal primo istante ch'egli si produsse fra i viventi. Il primo suo ufficio si è quello d'istruirlo di ciò che gli ebrei chiamano דקדוק (sottigliezza) (Dichduk.) consistente nella cognizione de' Caratteri ebraici, de' punti che ne tengono luogo di vocali (di cui quell'idioma è affatto mancante) delle pause che marcate non sono, di sorte alcuna, in detta Lingua, e delle note armoniose, e degli accenti, che si rendono alla medesima essenziali (4); ma tutto ciò si eseguisce materialmente dal primo stupido maestro senza principj grammaticali di sorta alcuna, ed ecco frattanto sparito un intero biennio almeno; che tale è lo spazio di tempo che si fa credere in certo modo presso che indispensabile a questo primo non meno inutile, che lacerante meccanismo (5).

Divenuto in seguito il fanciullo mediocremente conoscitore della semplice forma de' Caratteri ebraici (oltrepassare non potendo un tale circoscritto confine) si fa ripetergli per varie volte le lunghissime preghiere de' giorni solenni, e quelle ancora de' quotidiani, e feriali, fino a tanto che le une, e le altre, ammucchiate gli restino confusamente in testa, in modo che a tempo debito egli possa recitarle colle solite ripetute cantilene senza mai nulla capire di tutto ciò che esprime, come veggiamo accadere oggi appunto fra i cristiani alle femmine, ed alla massima parte degli uomini ancora che recitano tutti d'accordo con tanta devozione le loro quotidiane preghiere nell'idioma latino, senza intendere la minima parola di ciò che le medesime racchiudono.

Gionto ch'è dunque il fanciullo all'età di 9. o 10. anni, si procura di farlo tosto passare alla lettura del Pentateuco, indi gli si fa scorrere i Profeti con tutto il resto della Mikrà, facendolo ad un tempo dedicare nella spiegazione, e nelle glose interminabili de' Commentatori, non meno degli uni, che dell'altro; si ha inoltre la cura di renderlo quanto è possibile intelligente ne' Divini (di cui abbiamo a sufficienza ragionato altrove), giacchè gli espressi motivi dell'osservanza de' precetti, e de' doveri che incumbono l'ebreo sono in essi tutti onninamente racchiusi in un intero Corpo che ha per titolo שולחן ערוך (Sciulhan' ngharuh) mensa preparata, se poi il fanciullo manifestasse un declivio espresso alla professione del rabanismo, è allora che procurasi di renderlo instruito ne' Medrascim, o Rabbot, nel Talmud, nel Zoar, antichissimo Commento della Scrittura che tutto si diffonde sulle allegorie, su' tratti d'immaginazione e su' misteri (6); nelle opere sublimi del celebre Maimonide o Rambam, il quale può dirsi con giustizia, il più colto, ed il più illuminato di tutti i Rabbini dell'Israelismo, ne' dotti Commentarj di Abarbanel sensatissimo critico pur esso, ed in qualche altro più recente ancora, oltre que' tanti già menzionati, che la sua nuova elezione gl'impone di conoscere minutamente per detaglio.

Ecco, in una parola, a che mai si riduce la mostruosa educazione, più teocratica, senza dubbio, che sociale, conferita a' fanciulli ebrei di nostra età, e se malgrado i pessimi principj co' quali pretendesi condurli al premeditato disegno, alcuno di essi per fortuita combinazione vi perviene, ciò non succede che nello spazio di venti anni almeno, senza che in questo lunghissimo intervallo si pensi a fare entrare giammai nella sua testa la benchè minima coltura, non dirò già di scienze astratte, o contemplative, o di amena erudizione, mentre ciò impossibile rendevasi all'ebreo sotto l'orizzonte dell'Italia specialmente si funesto per esso lui ne' tempi andati (siccome dovrò, pur troppo, dimostrarlo in seguito con orrore) ma una semplice pratica di scrivere, una mediocre perizia della stessa lingua del paese in cui vive, usata da quel popolo col quale ha esso duopo di contrarre ad ogni istante stretti legami di Commercio, e di Società, e che per una sventura inconcepibile non giugne mai l'ebreo che a balbettare macchinalmente nella guisa che mirasi fare sovente a' perucchetti, o papagalli, i quali non fanno che ripetere in tronche articolazioni que' pochi vocaboli medesimi che odono (7). In fatti quanti ve n'ha fra gli ebrei che nell'età di 12, o 15 anni leggeranno Onkelos (parafrasi caldea della Bibia) intenderanno Jarki, spiegheranno Ezechiello, conosceranno il Zohar, e non sanno appena vergare il proprio nome, e quanti altri parimenti ve n'ha che ci recano insoffribile nausea ad udirli parlare di cinquanta? Ma almeno è un conforto per questi di potere dividere la loro sventura con infiniti altri individui non ebrei, attaccati fatalmente dallo stesso contagioso malore (8).

Barbari uomini che sì indegnamente vi usurpate il preclaro attributo di padri di famiglia, senza conoscerne giammai nè le leggi rispettabili, nè gli urgenti doveri! Ecco l'opera vostra, genitori spietati di misera prole che la vostra detestabile negligenza rende perpetuamente sventurata, fremete! I complici voi siete di ogni smarrimento che l'ignoranza (sorgente inesauribile di tutte le sciagure che affliggono l'umanità) in cui abbandonasti crudelmente i propri figli farà loro commettere un giorno; ma che dico? No, no, irragionevole sarebbe l'imputare i medesimi della più leggera colpa in questa parte, quando i soli rei siete voi, voi siete i colpevoli, e di essi con più debita ragione riportare voi dovrete la terribile meritata pena; e quale avversione per la vostra rimembranza non dovrà non recare agli stessi vostri figli un tempo, allorchè sviluppata dagli anni la ragione de' medesimi, si vedranno costretti a riconoscere nello stesso autore della loro propria esistenza la cagione fatale di ogni loro triste avvenimento? A che vi gioverà di querelarvi allora contro voi medesimi, detestando la vostra indifferenza brutale per la loro negligentata Coltura? Se con un rincrescimento intempestivo mitigare forse credete il vostro fallo enorme, o se immaginate che possa non esservi dagli altri imputato quello come tale, vi lusingate indarno; ogni rimorso è inutile, superfluo il pentimento per un male che da voi soli dipende di allontanare onninamente o d'impedire; ma che per l'ordinario inevitabile si rende una volta che lo abbiate permesso; in vano finalmente vi sforzerete di palliarli entrambi, attribuendo la colpa alla supposta inclinazione avversa dagli stessi figli per illuminare il loro spirito, e coltivare i loro talenti, allorchè promettendo, forse, per loro intimo declivio, i più rapidi avanzamenti, se tenuto aveste seco loro tutt'altro differente sistema, meno barbaro, e più sociale, costituire gli potevate in tale stato da ricolmare voi di onore, essi medesimi di gloria, la società di ammirazione (9).

Ma la natura, e la ragione sono sufficientemente vendicate degli oltraggi proditorj che dalla vostra insensibile fierezza si commettono in tante guise differenti contro di esse.

(1) Se lo spirito di un fanciullo, si arrendevole per sua natura, si limitato, è una volta sovvertito dal malefico pedantismo di una ignorante educazione, invano tenteranno in seguito le scienze di rischiarare quelle dense tenebre delle quali essa l'ha ingombrato; indarno lo studio, il più metodico ancora, potrà giugnere a dileguarlo dall'errore, ad elevarlo fino alla verità; esso in tale deplorabile stato inutilmente userebbe ogni sforzo d'ingegno e di artifizio di cui fosse capace per ritrovare lo smarrito sentiere, che diretto lo avrebbe con sicurezza nel vero acquisto delle utili Cognizioni se tradito non lo avesse la barbara negligenza di chi più dovea interessarsi per la di lui morale educazione; ond'è che per infondere nell'animo sovvertito di un fanciullo un numero adeguato di verità utili, e necessarie, sarebbe duopo, come lo pensa Elvezio, di svellere dalla sua corrotta fantasia lo stesso equipollente di quelle assurde illusioni delle quali essa ritrovasi miseramente colma, e penetrata; quale rimozione si complicata, e difficile richiederebbe, senza dubbio, un tempo assai lungo; ecco un nuovo argine al felice progresso degli sventurati fanciulli non meno pernicioso di tanti altri, che rendono pur troppo la loro infanzia interminabile, come ce ne convinceremo, con ribrezzo, nel seguito delle nostre successive osservazioni sopra un tale particolare.

(2) Ecco sembrami ritrovata la soluzione del problema per tante volte agitato da' curiosi; per che mai il dialetto dell'ebreo si fa per lo più si notabilmente distinguere da quello degli altri popoli fra i quali esso vive, sia col mozzamento di parole, sia collo strascico di reiterati accenti, ovvero colle nojose inflessioni di vocaboli, ed altre tali deformità le quali sono talmente abituali ad esso, che anche gl'individui più colti di questa nazione vi si mirano cadere assai di frequente. E quale meraviglia? essi con ciò altro non fanno che ripetere, essendo adulti, uomini formati, ed anche decrepiti, le stesse disgustose modulazioni di voci, che sono state loro comunicate nelle fascie: ciò che vieppiù contribuisce ad avvalorare la nostra preallegata opinione che le prime idee succhiate, per così dire, alla mammella insieme col latte nella prima infanzia, sono quelle appunto che restano sempre dominanti nell'uomo.

(3) Quanto sarebbero stati più rapidi, e più felici i progressi di coloro i quali per intima natura forse dotati di una perspicace inclinazione alla coltura, ed allo sviluppo dello spirito, se il primo linguaggio che si è fatto eglino imprimere, non fosse stato corrotto nè vizioso, ma bensì quello di persone instruite, di tersi parlatori, di coltivati soggetti? Non v'ha, per quanto io penso, dice un saggio antico, la benchè minima differenza, tra l'affidare ad un rozzo, ed inesperto manovale la direzione de' primi radicali sotterranei di un edifizio, e l'abbandonare, sia per incuria, sia per ignoranza, i primi anni dell'età di un fanciullo alle perniciose cure di un domestico imbecille, od alla direzione di una persona incolta, o scevra di virtù e di talenti. Quale grave torto non si fa a' giovinetti, quale immenso nocumento non ne risente l'inesperta fantasia de' medesimi abituandogli all'esecrando linguaggio di costoro, che in seguito disimparare hanno duopo, ed anche con somma fatica che rarissime volte giugne giungono a superare felicemente? Natura (dice il più dotto precettore della gioventù) tenacissimi sumus eorum quae rudibus annis percepimus ....... non assuescat ergo puer, ne dum infans quidem est sermoni qui didiscendum sit

Quintili. Instit. Lib. 1. C. 1.

(4) Il Pentateuco, tal quale ritrovasi scritto nel viluppo che viene denominato ספר תורה (Sefer Torah) Libro della Legge di cui fanno gli ebrei pubblica lettura in certi determinati giorni dell'anno entro la Sinagoga, è scritto senza punti vocali, mentre questi sono stati, dopo vari secoli dalla promulgazione fattane da Mosè inventati da masoreti o critici ebrei (de' quali fu già da noi parlato nel 1º. vol.) ad oggetto di fissare, o renderne più agevole l'intelligenza a coloro che non ne avevano una perizia sufficiente; anche gli accenti, o note che gli ebrei chiamano טעמים (Tanghamim) tuono, gusto, armonia di voce è parimenti l'opera di quelli; essi ne hanno inventati di due speci, di cui l'una serve a distinguere le parti del discorso, nella stessa maniera che i Greci, ed i latini usarono i primi de' punti, e delle virgole, affine di separare i differenti periodi de loro variati ragionamenti; gli altri poi hanno per oggetto d'indicare le pause, l'elevazione, e l'abbassamento della voce, leggendo, o piuttosto cantando com'essi fanno, seguitando il costume antico i vocaboli medesimi e le frasi della Scrittura; vi si è finalmente rimarcato in essi qualche analogia molto prossima colle note medesime, che noi impieghiamo usualmente nella musica.

(5) Non è già che gli ebrei manchino di eruditi, ed ingegnosi grammatici, essi ne hanno da disputare con successo la palma di trionfo a tutte le altre nazioni civilizzate del mondo. I Rabbini Jeudah, e Jonah, si distinsero mirabilmente in questo ramo: R. David Kimhi, così nomato per antonomasia Radak, si rese oltremodo classico ancora, ed Abenesdra più di tutti quelli che lo avevano preceduto; ma Elia Levita celebre Rabbino Tedesco gli ha tutti sorpassati; questi al dire de' dotti, è il più perspicace critico che abbia la nazione d'Israel nell'arte della Grammatica. Non bisogna certamente obbliare fra i moderni il rinomato R. Arieh conosciuto altrimenti sotto nome di Leon di Modena; e gli eruditi Rabbini Calimani, e Saraval veneti entrambi, i quali tanto nell'arte della grammatica, quanto in quella della predicazione, oserei dire, che non hanno lasciato successori da eguagliare; ma a fronte di tutte le utili cognizioni che gli ebrei potrebbero acquistare in questa parte, nulla di meno quel tanto che i medesimi posseggono dell'idioma ebraico, non è regolarmente fondato che sopra un abitudine macchinale che fece loro meramente contrarre un lungo uso, senza potere giammai in verun modo renderne motivo, nè ragione. Quindi è che pochi giungono fra essi ad approfondirla, ed a conoscerne il vero spirito.

(6) Il metodo di cui gli ebrei si sono sempre serviti per spiegare le Scritture è stato differente secondo i varj tempi, e la diversità de' luoghi; ma in qualunque siasi maniera è ben di raro ch'essi si siano applicati a trovarvi il senso puramente letterale. In quasi tutti gli antichi Commentari sulla bibblia non vi veggiamo altro che allegorie, giuochi di spirito, istorie immaginate a piacere, e pochissimi concetti morali. Alcuni, per altro, volendogli giustificare, vanno fino a sostenere che lo spirito di quegli antichi scrittori è stato condotto all'invenzione di si fatte stravaganti parabole, o mistiche allegorie, in preferenza delle spiegazioni letterali, per che quelle erano allora molto più gustate dal popolo di ciò che lo fossero queste incapaci del tutto ad eccitare l'attenzione assidua de' loro ascoltatori.

(7) Non si saprebbe cominciare troppo presto una saggia ed istruttiva educazione. È ben vero, per altro, che la tenera fanciullezza non può ancora contenere uno spirito giusto, e moderato, ma per rimediare a questo primo inconveniente è duopo fare prendere alla ragione de' fanciulli un abito da fanciullo; e questo dovrebbe essere propriamente l'ispezione de' genitori, e delle genitrici, a dovere tutti esaminare minutamente da vicino, ed a studiare con assidua precauzione la portata de' soggetti che quelli possono soffrire; tale è l'espediente il più efficace per trarli, con successo dal loro ingenito letargo, ad un simile riguardo, la pena è breve, ed il solido vantaggio che se ne ritrae è di una interminabile durazione. I pregiudizj, e le passioni si impossessano ben presto della vita dell'uomo e presto ancora si corrompono lo spirito, ed il Cuore, quando a' fanciulli troppo tardi si parla, ed allorchè la ragione viene per collocarsi, lo spazio, per così dire, che dee contenerla, è già preventivamente occupato.

(8) È un difetto quasi universale in queste parti di mantenere i fanciulli fino all'età di 8. e forse ancora di 10. anni immersi nella totale ignoranza di ogni cosa, e scevri affatto eziandio del proprio natio idioma. Alcuni filosofi opinano che non si debbono fare applicare i fanciulli agli studj avanti ch'essi abbiano compiuti gli anni sette: Quidam Litteris instituendos, (dice Quintiliano riferendo il sentimento de' medesimi) qui minores septem annis essent non putaverunt quod illa prima ætas, & intellectum disciplinarum capere, & laborem pati non possit (Instit. Cap. 2. Lib. 1.). Però questi sembra essere di opposto pensiere, appoggiato, senza dubbio, al sentimento di Crisippo filosofo Stoico, il quale avendo ragionato estesamente sull'educazione instruttiva de' fanciulli assegna tre soli Anni alle balie, alle quali raccomanda che persino di allora si applichino a formare i costumi di essi, ed a reprimere, per quanto elleno è possibile, la veemenza delle loro passioni che fino a quell'età cominciano a farsi con tutta forza sentire: or prosegue il medesimo Quintiliano, se questa età può essere capace di norma per rapporto a' Costumi, per che mai non dee esserlo egualmente per ciò che almeno riguarda il solo studio delle Lingue? Cur autem non pertineat ad Litteras ætas, quæ ad mores jam pertinet (Ibid). Ma che direbb'egli mai quello stesso Quintiliano se spettatore un solo momento ritrovare ei si potesse fra noi ad osservare il detestabile contegno che si tiene in queste parti, concernente l'educazione morale de' fanciulli? Cosa opinerebb'esso mai, vedendo quella professione stessa che ha egli per lungo Corso di Anni esercitata felicemente con altrettanto luminoso decoro, quanto avventurati universali successi, oggi renduta fra noi sì abbjetta, sì comune, sì popolare? Quale giudizio farebbe degl'insensati genitori, e quale prognostico darebb'egli mai degli sventurati loro figli? Ci reputerebb'egli reprobi, stravaganti, o forsennati?

(9) È certamente un assurdo ripugnante, ma d'altronde molto comune il credere, che ci sieno pochi uomini i quali naschino colla facoltà di bene acquisire le idee che loro si presentano, e di abbracciare gli studj ne' quali si fanno i medesimi applicare; siccome pure ingannasi di gran lunga chi s'immagina che la massima parte de' fanciulli perviene con grande stento a superare quell'accidia molesta, che mirata, per così dire, porta seco lo spirito di questi, poichè quasi tutti, al contrario, sembrano egualmente organizzati ad applicare, a pensare, a ritenere con la massima facilità e prontezza: C'est un talent (dice Elvezio P. 1. de l'Education) aussi naturel a l'homme comme le vol aux oiseaux, la course aux chevaux, et la ferocité aux bêtes farouches. La vie de l'ame est dans son activité, & son industrie, ce qui lui a fait attribuer un origine celeste. Les esprits lourds, & inabiles aux sciences, ne sont pas plus dans l'ordre de la nature, que les monstres & les phénomènes extraordinaires, ces derniers sont rares.

Dal che mi sembra potere fondatamente conchiudere che agevole cosa si rende di ritrovare ne' fanciulli delle risorse considerabili, le quali per sciagura universale o non si conoscono affatto, o si lasciano, pur troppo, sfuggire coll'età: quindi è che allora non dobbiamo qui incolpare la natura, o il talento de' giovani, ma la nostra insensata negligenza per la loro instruttiva educazione unicamente, la quale se una volta giugneremo ad emendare de' suoi perniciosi errori, resteremo a sufficienza convinti della pretta verità di ciò che quì fermamente asseriamo.

Cap. II.

I mostruosi principj de' quali sono i fanciulli ebrei miseramente imbevuti nella loro età puerile, rendono la loro ignoranza pressochè inemendabile durante il Corso di tutta la loro vita.

L'Uomo, dice Seneca il filosofo, nasce barbaro, nè lo miriamo allontanarsi dall'abbjetta condizione delle bestie, che per il solo efficace mezzo dell'educazione morale, de' lumi, e della coltura del suo spirito; più questo è raffinato dall'istruzione, e vieppiù con sufficienti ragioni può esso vantare meritamente nella società il rango eccelso di uomo, cioè, della più ammirabile produzione tratta dall'eterno Consiglio dell'opifice supremo; appoggiato senza dubbio, a questo evidente inconcusso principio, uno de' più gran genj dell'Inghilterra solea ripetere sovente che la scienza, e l'ignoranza erano i positivi essenziali principi del bene, e del male di cui era propriamente suscettibile tutta la specie umana (10).

Ma, che dissi, educazione, lumi, Coltura? Eh! quali nomi ignoti, e scevri di sentimenti a' nostri tempi! I pregiudizj, le sregolate passioni, gli errori, ecco l'odierna educazione dell'uomo; essi lo assaliscono senza ritegno, e gradatamente s'impossessano dell'illuso suo Cuore; la superstizione accorre a perpetuare le di lui calamità, e quindi ne compie il misero edifizio, e mette il colmo alla fatale clessidra; quell'orrido mostro persecutore inesorabile del genere umano, diventa l'unica guida dell'uomo, esso lo fa degenerare dall'esimia sua specie e di gran lunga più feroce lo rende di selvatica fiera. Smarrito esso trovasi allora dall'ameno sentiere di quella solida, e perenne felicità, che una saggia, e metodica educazione gli avrebbe profusamente preparata, senza ostacolo, e quale forsennato vaneggiante al cupo baratro delle chimere esso la cerca laddove non vi è, e persuaso egli resta di ritrovarla laddove appunto non vi può essere (11); questa informe produzione dell'umano delirio, sedotto che abbia un solo istante il credulo mortale a' suoi tenebrosi agguati, inutile gli fa supporre l'educazione per la sua vita, di aggravio la coltura dello spirito, i lumi perniciosi, e costringendolo ad ignorare i vantaggi incommensurabili della prima, vietandogli con ogni sforzo di conoscere i salutari disegni che gli ultimi si prefiggono, esso rinunzia di buon grado all'una, più gli altri non cura, e ciò è pur troppo allorquando la più necessaria, e la più sorprendente produzione della natura, la più inutile diventa la più spregevole[.]

Tale è lo stato deplorabile a cui ridotti io vi miro o sventurati fanciulli d'Israel! Ma ciò che più di ogni altra cosa mi attrista si è il vedere la somma difficoltà de' mezzi efficaci a liberarvene, e di credereavere presso che inutili riconosciuti da gran tempo fino ad ora tutti i miei sforzi, onde rischiarare le insite vostre tenebre, istruirvi, e migliorare la vostra sorte (12); ma con quale fondamento lusingarcene giammai, dopo l'abominevole preparazione, che testè riprovato abbiamo, e che il loro spirito ritrova, senza pena fino dalla culla? Se anche prescindere si volesse da tutti que' panici timori, e ridicole apprensioni che s'incutono a' fanciulli col vano disegno forse di contenerli nel loro dovere, ed abituarli per tempo all'obbedienza, costume generalmente riprovato da' saggi, ma che non lasciasi frattanto di praticare dalla massima parte (13); come supporre che co' tanto venefici elementi de' quali gli abbiamo noi veduto imbeversi possano quelli giugnere una volta a superare quegli argini funesti che formeranno sempre mai un ostacolo presso che ineluttabile alla sviluppo delle loro facoltà intellettuali, come sperare che condurre si possano un giorno fino alla verità, se loro mancano affatto i mezzi opportuni di conoscerla, se la ignorano i loro primi Institutori, e se i propri loro parenti si fecero sempre uno scrupolo di sapere ciò ch'ella fosse? Ingannati eglino stessi grossolanamente fino da' loro primi anni, è ben naturale che si crederanno in dovere d'ingannare alternativamente i propri figli, trasmettendo loro quel tessuto informe di errori, e di Contraddizioni che hanno essi medesimi ricevute come in retaggio da loro travviati progenitori (14). Indi col soccorso dell'abitudine malefica che fanno loro sì per tempo contrarre, ed i panici timori che loro incutono come si disse, fino dalle fascie, essi pervengono a farli tenacemente persistere nelle assurdità più materiali, nel mentre che queste sono il più chiaramente significate. In vano tenterebbe la ragione di fare in simile procinto formalmente valere i suoi diritti; la ragione nulla può contro l'abitudine, la quale diventa, come suole dirsi, una seconda natura per lo spirito umano (15).

Inoltre quando ancora questi miseri fanciulli arrestati non fossero da tale funesto impedimento, con quale coraggio si indurrebbero essi mai ad affrontare le opinioni di quelli che loro fece amare natura, e che mirano cotanto impegnati ad istruirli? Essi non solo gli credono più abili di loro, ma debbono supporli anche intimamente convinti di tutto ciò che da quelli viene loro di proposito comunicato; ed ecco un valido motivo di più onde rendere maggiore la confidenza di questi esseri inesperti verso i propri genitori, dalla parte de' quali non sospettano giammai nè frode, nè menzogna, e quindi fatti adolescenti ancora sentono aumentare la loro sicurezza per essi, in ragione dell'incremento di età, memori delle cure che quelli presero per l'infanzia de' medesimi, allorchè erano impotenti di sostenersi da essi, e senza l'influenza di straniero soccorso (16).

Ecco in quale maniera si fanno insinuare gli errori più grossolani, e si perpetuano i pregiudizj i più degradanti nell'animo degl'ingannati fanciulli dall'Israelismo, senz'altra base fondamentale fuori l'equivoca parola di coloro a' quali essi debbono l'esistenza; ed ecco finalmente il solo genuino motivo per cui una gran parte di essi, specialmente in molte Città dell'Italia, non giugne mai a sviluppare l'intelletto, anche nelle Cognizioni le più agevoli ad abbracciarsi, e le più triviali: quindi vedendo riuscire vani tutti i possibili sforzi per arrivarvi, stancasi per ultimo al segno, che ne abbandona totalmente l'impresa, e più non si cura di proseguirne i tentativi. Egli è dunque così che quella stessa ignoranza ch'ebbero come in retaggio dal primo infelice istante che si produssero al mondo gli accompagna durante la loro vita, nè gli lascia in alcun tempo fino all'estremo periodo delle loro forze.

Ma non vi sono forse altre cause da potersi fondatamente assegnare, oltre le testè menzionate all'alienazione decisa che osservasi nelle 8/10 parti de' giovinetti ebrei per l'assidua coltura delle scienze, e per una solida istruzione? Questo è ciò appunto che noi andiamo ad investigare con ogni diligenza possibile nel cap. Seguente.

(10) Tale è il sentimento di Bacon. In fatti s'è vero, nel modo che in tante guise fu da' saggi dimostrato, che le sole scienze possono rendere l'uomo felice (purchè pago egli resti di coltivarle da uomo, cioè da essere creato, ed efficiente) quanto l'ignoranza farebbe sulla terra meno progressi funesti a danno degli enti ragionevoli, se questi cospirando unanimemente d'accordo, la perdita estrema di quell'orrido mostro, si dedicassero onninamente all'esercizio di quelle, e premurosi di seguitarne con trasporto i salutari ammaestramenti, essi perverrebbero allora a sbandire dal loro spirito que' malefici prestigj che risultano direttamente dall'ignoranza, che formano il tormento perpetuo dell'uomo, e la sua più avvilente degradazione. E appunto ad un tale riguardo che la Grecia ebbe diritto di chiamare barbaro tutto il resto del mondo, mentre non vi ha niente di sì grossolano, e ripugnante dell'ignoranza, siccome niente avvi di più proficuo per l'uomo, e di più salutare per la sua specie della coltura dello spirito, e dello sviluppo della ragione.

(11) Come mai ritrovare felicità in mezzo delle chimere che ci tormentano senza ritegno, come pervenire a possederla, combattuti dall'ignoranza, assaliti da' pregiudizj che ci fanno continuamente una guerra spietata e universale? Essa naturalmente schiva l'incontro disgustoso di questi mostri detestabili, cotanto familiari pur troppo alla specie dell'uomo della nostra età; e questa frattanto assurdamente persuasa di poterla ritrovare nel tumultuoso conflitto delle passioni criminose che da quelli derivano, prende l'illusione che queste fanno ciecamente sullo spirito umano come una vera felicità, si pascola di essa riguardandola per tale, e non si accorge, ch'ella si offrì qualche volta a suoi sguardi nel suo integro sembiante, ma che i suoi deplorabili errori allontanare la fecero dal suo cuore, trasformandola in un labile fantasma che lo inganna, e lo tormenta: Il est du bonheur comme de la verité, dice un illustre antico, elle s'offre quelque fois à nos regards, sans que nous la reconnoissons, & c'est alors qu'elle nous échappe pour toujours.

(12) Questa è una verità con mio intenso rammarico esperimentata da me in 20. Anni consecrati alla istruzione della gioventù; nè sapea intendere la cagione per cui io ritrovava i progressi de' fanciulli ebrei di certi paesi, specialmente dove la lingua è più corrotta, e l'ignoranza è loro più omogenea, sempre più lenti, e più incerti di ciò che lo fossero quelli di coloro nati in certi altri climi differenti, malgrado tutte le mie più assidue cure per farneli riuscire, e ruminando in mestesso quali potessero essere i veri motivi di sì strano inconveniente, due principali soltanto io vidi risultarne il primo può dirsi certamente la superstizione l'ignoranza, e l'avarizia di una gran parte de' loro genitori i quali dopo di avere tenuto sepolto lo spirito de' propri figli nel vortice di una brutale stolidezza per 6. e 7. anni gli affidano in seguito per altrettanti all'abominevole istruzione di un ignaro pedante, dalle cui mani essi ne sortono molto peggiori di quando vi sono entrati. E quale di questa ritrovare si può mai cecità più deplorabile? È ben vero che il grato prezzo rende agevoli e comuni le cose più rare; ma un Calcolo sì assurdo, e pregiudicevole al progresso della gioventù, non si fa in simile caso, che dagl'insensati unicamente, i quali non potendo pervenire a conoscere il grave nocumento che apporta un tale risparmio ai propri figli, giusta l'opinione di un dotto Inglese, si abbandonano con essi nel più orrido precipizio: Some persons employ such masters, as these to save expences, others for want of knowing them; indi conchiud'egli saggiamente. These are blind people who suffer themselves to be led by others, that are also blind, and all of them fall down the precipice together. Johnson's Works.

Quindi le loro menti abbacinate dell'enorme affluenza di errori insinuatigli da quegli infelici maestri, più non sono capaci di sostituire a questi altrettante verità utili, e salutari; e quando ciò ancora riuscisse, una sifatta rimozione richiederebbe un lungo tempo, ed ecco un nuovo argine al progresso di questi sventurati fanciulli, niente meno pernicioso degli altri testè indicati.

Il secondo motivo poi io ritrovai essere il lunghissimo tempo che si fa loro inutilmente dissipare nello studio della religione, il quale distraendoli da tutto ciò che rapportasi allo studio delle Scienze, delle Belle Lettere, alla Società, e all'uomo, gli fa considerare ogni altra applicazione come profana indegna totalmente di un vero Israelita; ed opposta alle pratiche bizzarre delle quali sono que' fanciulli macchinalmente impressionati.

(13) Fra i tanti difetti condannabili all'eccesso che paralizzano l'educazione morale de' fanciulli, che distruggono al loro nascere i migliori successi che potrebbero aspettarsene, può certamente annoverarsi il primo quello che quì noi riproviamo. Qual esecrabile sistema! Credere che non siavi altro mezzo più pronto, e più efficace per ridurre i fanciulli all'obbedienza, che mettendo in pratica le ridicole apparizioni di notturni fantasmi, ed i panici timori che in varie guise differenti gli s'incutono nello spirito, il quale in simile foggia abituato a temere, tutte le volte che si vorrà, mentre è fanciullo, o reprimere le sue passioni, o renderlo più saggio, si sarà costretti di minacciarlo con si fatte apprensioni, e queste resteranno talmente inveterate nella sua mente fatta un giorno adulta, che tutta la sua vita non sarà poscia che una serie successiva di timori, e questi inseparabili dalle di lui azioni, lo abrutiranno in tale maniera, che credere, e tremare saranno un giorno per lui la cosa stessa.

(14) Tanto è ciò vero quanto che se noi interroghiamo non dirò già i fanciulli i quali mancano di discernimento, e di esperienza; ma gli stessi vecchi, e provetti genitori che che dobbiamo supporre consci, e inveterati nelle massime della Religione che professano; se noi ci facciamo, dico, ad interrogarli de' giusti fondamentali motivi per cui essi le praticano, noi gli udiremo sempre aggiugnere l'uno all'altro assurdo, senza dare giammai la benchè minima evasione alla nostra obbiettata ricerca, e tutto al più gli vedremo impegnati a farci credere, che siccome i loro padri gli hanno costretti di rinunziare alla teoria del raziocinio, così appunto debbono essi obbligare i propri figli ad imitarli, non solo, ma a diffidargli ancora della testimonianza de' sensi, e sottomettersi ciecamente a ciò ch'essi loro annunziano come positivo, e irrefragabile, con niun altro fondamento, che le stupide asserzioni de' loro troppo creduli progenitori.

(15) Siccome l'abitudine regolarmente si contrae ripetendo le medesime azioni, o rinnovando con frequenza la pratica delle medesime Cose; quindi è che l'anima vi si porta prontamente, e con piacere, di modo che sembra essere quella trascinata verso l'oggetto che la attrae appena ei si presenta, o che s'egli è assente essa lo brama con un trasporto estremo: è per ciò che l'uomo difficilmente perviene a distruggere un abitudine profondamente inveterata nel suo spirito, massime se questa tende al vizio; e quando ancora egli fosse capace d'implorare i soccorsi della ragione per liberarsene, questa si troverebbe nell'impotenza di prenderne parte, atteso i grandi ostacoli ch'essa v'incontrerebbe dalla parte dell'uomo predominato da un'abitudine viziosa.

(16) L'inesperienza massima nella quale si ritrovano i fanciulli di questa età, generalmente parlando, gli trascina molto sovente a credere quello appunto che in una età più avanzata essi vorrebbero rigettare per che riconosciuto in ogni parte assurdo, pernicioso, ed opposto interamente alla verità; ma è troppo tardi, e infatti a che mai gioverebbe loro il tentarlo, dopo di essere divenuti le vittime eterne della loro propria imperizia macchinale, e lo scherno fatale della torpida ignoranza di coloro che gli astringono ad imitarli, facendo loro adottare ciecamente tutti que' mostruosi delirj de' quali furono eglino medesimi primi già imbevuti? Quindi è per che questi miseri fanciulli trattenuti dal riguardo ridicolo di non doversi opporre giammai a ciò che fu loro fatto credere ne' primi Anni della loro esistenza, e venerare come fanno da quelli a' quali essi debbono le prime luci vitali, non possono in verun tempo dipartirsi dal tenebroso loro stato primievo, e non giungono a misurare le loro azioni, e i loro pensieri che unicamente sopra un semplice udito dire Quale di questa ritrovare si può mai condizione più deplorabile!

Cap. III.

L'ignoranza di tutto ciò che tende allo sviluppo della ragione che i Rabbini (concordi in questa sola parte con tutti gli altri preti de' Culti che conosciamo) prescrivono come ovvia alla salute dell'anima, allontana gli ebrei dallo studio delle scienze.

Si è osservato in ogni tempo, e si è per reiterate volte ripetuto in varie Lingue che tutta la specie umana è diretta onninamente dalle sole abitudini. Or lo stato dell'educazione (come lo pensano Elvezio, e Mirabeau) altro per se stesso non è che l'arte, o la maniera di fare prendere agli uomini le abitudini adeguate, che si giudicano loro necessarie nelle differenti circostanze alle quali si suppone che possono essere richiamati.

Tanto è ciò vero quanto che veggiamo tutti i legislatori antichi servirsi della sola educazione pubblica, come di un espediente il più ovvio, ed il più efficace a sostenere, e a propalare le loro istituzioni differenti: alcuni di questi, e Licurgo in particolare, hanno sempre considerata la gioventù, come l'assoluto patrimonio dello stato, non lasciando a' rispettivi genitori che la mera soddisfazione di avere procreati degl'individui, utili alla patria che vide nascerli. E appunto in questa verdeggiante età che vollero essi radicare i primi germi salutari della messe sociale. Ma alcuni individui troppo interessati per il loro benessere unicamente in preferenza di quello della patria, e dell'intera società umana, meditando di annientare le idee già propalate, come opposte onninamente a quelle che dessi tentavano di estendere, e perpetuare fra i mortali, hanno delusa l'aspettazione universale, miseramente rovesciando da colmo a fondo quest'edifizio salutare già con ammirabile successo preparato da quegli uomini, cotanto benemeriti della specie umana (17).

Per altro alcuni eruditi critici rimarcarono che gli accennati Legislatori, presso che tutti in sifatta maniera procedendo tentavano di fare contrarre agli uomini delle abitudini affatto contraddittorie, e distruttive di quelle che la natura avea in origine disposte, e sistemate in vantaggio de' medesimi: ciò potrebbe anche essere da una parte; ma io veggio frattanto che quella sifatta classe di uomini di cui parlammo, dall'altra, occupata unicamente di garantire i suoi interessi particolari da ogni esame, e persuasa che il suo ascendente basato sopra certe pratiche superstiziose e assurde, il più delle volte, non potea mai conservarsi, che sugli appoggi medesimi soltanto, che servirono un giorno a farla cominciare ad esistere, ad introdurla fra i popoli, ha usato di ogni sforzo per illaqueare l'umana ragione, e paralizzando lo spirito nascente di quegli esseri deboli e limitati, co' mostruosi principj de' quali l'ha essa funestamente imbevuto, fece credere superflua l'abitudine della prima, e quasi come pernicioso lo sviluppo del secondo (18).

Comunque sia che si riguardino le abitudini che si fanno prendere a' fanciulli dell'Italia specialmente; sotto qualunque siasi aspetto che ci rappresentiamo lo stato deplorabile in cui è attualmente ridotta la gioventù dell'Israelismo di queste nostre contrade, non possiamo certamente astenerci dal commiserarli tutti d'accordo; acciecati dall'errore dal primo istante della loro fanciullezza; avvinti co' ceppi tenaci dell'opinione; vessati da' continui panici timori; marciti nel vortice immenso dell'ignoranza, come sperare che quegli sventurati fanciulli, sia che appartenghino ad una, o ad altra credenza religionaria, possano giugnere a conoscere in alcun tempo le vere cause legittime delle loro sofferenze laceranti, o che pervenghino giammai a superarle (19)? Qui odesi da una parte il rabbino altamente gridare che ogni libro fuori della Mikrà, della Misna, della ghemarà, tutto è inutile, tutto è pernicioso, tutto è profano sopra la terra; che il vero Israelita non ha duopo di conoscere che questi; e chiunque si versasse nelle scienze filosofiche è dannato irremissibilmente (20): colà intendesi dall'altra i ministri di altro Culto ripetere incessantemente alle loro gregge che la terra non è già la vera loro patria, che la vita presente altro non è che un labile tirocinio, e quindi che le Scienze si rendono affatto inutili per l'uomo in questo mondo; che essi non ritraggono la loro autorità che dal solo Essere Supremo dal quale dipendono, e che come suoi organi assoluti, e mediatori, tutti gli uomini debbono rendere loro unicamente un conto esatto delle loro operazioni, facendo riguardare come un delitto eccessivamente criminoso di resistere al loro feroce teocratico dominio (21): altrove finalmente mirasi il Dervigi avventarsi a braccio armato contro le scienze ed i scienziati, riguardare come un infamia la coltura dello spirito, e idolatrare l'ignoranza come il primo requisito necessario per un vero fautore dell'Alcorano essendo questo uno degli attributi essenziali (nel modo che osservammo distesamente altrove) che caratterizzavano il venerato promulgatore di questo codice, e l'indole di presso che tutti i popoli orientali di que' tempi (22). Ed in tale strana guisa procedendo si perviene ad iterizzare fra i popoli l'ignoranza la più oltraggiante, a scoraggirli ed a farli vilmente sacrificare ogni loro più sacro interesse in favore di questi sedicienti plenipotenziarj dell'Essere Supremo (23).

Tutto che noi convenghiamo di proposito col primo, come è positivamente di ragione, che la mikrà, la misna e la Ghemara sieno opere utili a conoscersi, e la prima di queste in particolare sovra di ogni altra necessaria ad intendersi, ed oltremodo utile a praticarsi; sebbene ancora accordiamo al secondo che instantanea, e caduca è la vita dell'uomo sopra la terra, ciò che è troppo evidente per dubitarsi; ne risulterà egli però l'esecrabile illazione dell'ultimo che debbasi proscrivere dal mondo la coltura dello spirito, e che senza l'ignoranza l'uomo speri in darno di conseguire l'eterna salute dell'Anima?

Insensati! Può egli farsi mai un ingiuria di questa più enorme alla specie dell'uomo, alla natura allo stesso Opifice Eterno creatore dell'uno, e fondamento dell'altra, che è la stessa increata sapienza universale con cui la regge, la governa, le alimenta entrambe? Eccitati a gran forza da queste massime venefiche, ciecamente guidati da sì esecrabili principj, oseremo noi sorprenderci ancora per che l'educazione de' nostri fanciulli ebrei, e quella specialmente che si pratica in Italia ci fa fremere, per che quella è si opposta all'indole umana, per che si recalcitrante alle Leggi del Cielo, e della terra? Nè ci lusinghiamo di pervenire in verun tempo a migliorarla fino a tanto che il fanatismo si farà risentire ne' nostri Cuori con un trillo più squillante, e più sonoro di quello che la voce consolante dell'esimia ragione ci tramanda, e che storditi a tal segno dallo strepito di quello ci abbandoneremo alle cure proditorie di certi esseri automati che sotto un illusoria sembianza umana o per insofficenza ci corrompono co' loro contraddittori, e assurdi principj, o ci abbrutiscono per pravità, impressionandoci sinistramente contro lo studio delle Scienze, pregiudizio il più funesto di quanti altri mai abbiano ferocemente soggiogata la specie umana, e che noi passiamo a distruggere senza ritardo.

(17) L'interesse particolare di tali pericolosi individui di cui parliamo non è ad altro scopo fatalmente diretto che a distruggere que' sani principi che riconoscono contraddittorj a quelli ch'essi tentano ovunque fare valere scapito de' lumi, della verità, della ragione, che molto sovente essi pervengono pur troppo a soffocare nello spirito abbacinato degli uomini, e quegli sventurati che ne restano le vittime, imbevuti funestamente da tali funestivenefici principj, più non sono in istato discernerne il nocumento, ne più si curano di ritrovare uno scampo sicuro onde sottrarsi al baratro infernale dell'ignoranza, e de' pregiudizj, che loro si apre sotto il passo, e dove la loro indolente buona fede dovrà tosto, o tardi miseramente trascinarli.

(18) Non so per quale consuetudine malefica si è fatto in molti luoghi tenacemente prevalere l'uso pernicioso di affidare ad una certa classe inutile di fanatici, e devoti l'arduo malagevole assunto di formare il Cuore, e lo Spirito de' giovani destinati un giorno al governo di Popoli, o al maneggio d'importanti affari. Ma quali cognizioni, di grazia, possono avere Istitutori di tal fatta, di quale interesse possono quelli essere animati? Ferocemente soggiogati essi medesimi da' pregiudizj i più enormi, è ben naturale ch'essi mostreranno a' loro alunni la superstizione come la cosa la più urgente all'uomo, e la più sana per condursi nella vita; l'intolleranza, e lo spirito persecutore, come i più solidi fondamenti di un regnante, o il corredo essenziale di un anima devota; essi procureranno di farne un Capo di partito, ed un tiranno, od un fanatico sleale, e turbolente; essi soffocheranno di buon ora, nell'uno la ragione, nell'altro la morale, e chiuderanno, e chiuderanno l'accesso ne' loro cuori alla verità, e alla giustizia, onde non possino giammai arrivare a penetrarvi, gli mostreranno come inutile la coltura dello spirito; i talenti perniciosi, ridicole le scienze, e l'ignoranza al grado massimo convenevole per l'uomo. In una parola, essi faranno un devoto imbecille dell'uno, un furibondo entusiasta dell'altro, che non avrà nè questi la benchè minima cognizione di morale, nè di virtù, nè quegli alcuna idea di giusto, nè d'ingiusto, nè di solida gloria; e che saranno entrambi sprovveduti di lumi, e di criterio necessari alla differente loro destinazione.

Ecco in compendio delineato quale dovrà essere propriamente per se stesso, il piano detestabile di Educazione che potranno conferire quegl'insensati maestri a que' fanciulli, che debbono formare un giorno la felicità permanente, o la sventura inevitabile de' popoli, o la sorte lacrimevole, o ridente di molte numerose famiglie.

(19) Quintilliano ci avvertisce sensatamente che l'uomo non dee già ripetere che da se stesso la massima parte delle orride sciagure delle quali noi lo veggiamo rendersi la vittima sì di frequente: frustra mala omnia ad crimen fortunæ relegamus; nemo nisi sua culpa diu dolet, dic'egli: Institut. X. volendo, senza dubbio inferire all'efficacia possente dell'educazione morale sull'animo umano.

(20) Non è mancato chi volendo in qualche modo giustificare i Rabbini per rapporto a questa loro opinione, la quale sembra in vero trascinare seco le più dannevoli, ed assurde conseguenze, adduce che gli ebrei antichi non avevano duopo di profondi Studi per formarsi lo spirito il quale non dovea essere continuamente preoccupato che da quello solo della religione; (sempre che intendere vogliasi almeno per istudio la cognizione di molte lingue, o la lettura, e l'applicazione di opere instruttive differenti, come da noi si considera); addetti nel modo ch'essi erano alla vita campestre, circoscritti ne' loro bisogni, isolati nella società, la loro lingua materna era per essi alquanto sufficiente, e questa era l'ebraica, tale come noi la veggiamo nella Scrittura. Oltre a ciò pare verosimile che uno de' motivi principali che rendeva gl'Israeliti affatto alieni dallo studiare i libri stranieri, si era il timore d'imbeversi delle menzogne e delle favole, che allora formavano il soggetto primario, ed essenziale della Teologia di tutte le idolatre nazioni del mondo antico.

Or ammettendo quanto si espone, io aggiungo che tutto ciò potrà essere stato forse adattabile all'epoca della prima infanzia del Popolo d'Israel; ma ora che questo più non ha per patria la Giudea; ora che l'idioma ebraico più non è quello del Commercio di sua vita; ora in fine che più non ha motivo alcuno di temere le favole, o menzogne de' popoli fra i quali esso vive, non è egli vituperevole, in ogni senso, il vedersi accreditare tutta via da gran parte di ebrei, e col massimo fervore, un opinione sì ributtante, e sì lesiva al carattere onorifico di ente ragionevole?

(21) Non v'ha delitto più esecrando in faccia degli amministratori de' Culti, generalmente parlando, di quello di mettere in dubbio un solo istante ch'essi ricevono direttamente da Dio solo l'autorità assoluta che i medesimi pretendono arrogarsi sullo Spirito de' mortali; ed è questa una verità renduta omai troppo evidente presso qualche popolo moderno, specialmente poichè un individuo che commette un misfatto qualunque, per sacrilego che siasi, e quando ancora questo offenda la Divinità medesima è tosto completamente assoluto da' suoi mistici rappresentanti col mezzo di poche monete le quali o si convertono in loro profitto, o si fanno servire per acquistare della cera da ardersi sopra gli altari in gloria di qualche martire (così distinguendo quegl'entusiasti che si fanno straziare sopra un patibolo follemente immaginando di rendere con tale stravaganza più autentica la supposta verità della credenza per cui soffrono): ma se alcuno osasse dubitare, per esempio che due dita allungate del Pontefice romano sono sufficienti a purificare un milione di anime umane in un solo, e medesimo istante, colui che in tal foggia opinasse, dovrebbe essere, secondo gli statuti monacali, dannato senza scampo nell'altra vita, e punito religiosamente in questa come iniquo, e ribelle alla mistica possanza di colui che si fa credere l'arbitro disponitore di ogni Cuore, di ogni pensiere umano, e la suprema Divinità della terra, e che come tale qualunque Cattolico romano, sotto pena di eterodossia e degli orribili flagelli che da questa derivano è obbligato per se stesso di riflettere, di credere, e di sostenere che il Papa pensa giustamente nel medesimo tempo ch'ei s'inganna.

Tale è presso a poco il carattere imponente che da tutti gli altri popoli conosciuti mirasi fare de' loro Capi o ministri di Altari.

(22) Tutti gli Storici Arabi si accordano a descriverci questa nazione come all'eccesso barbara, ed ignorante; ciò è comprovato dall'esperienza medesima, se si riflette che quando Maometto intraprese di passare per Profeta, non vi era, al dire degli storici, che il solo Varakak in tutta la Mecca, che sapesse leggere, e scrivere, e ciò anche per accidente, atteso che essendosi fatto ebreo, indi cristiano, esso apprese dopo il di lui commercio con entrambi i due partiti a scrivere l'arabo in caratteri ebraici. La poca cosa che questo popolo avea presa di coltivare le Lettere dette luogo di disegnare sovente gli abitatori della Mecca col termine di ignoranti, nella guisa che si chiamavano, al contrario gli abitanti di Medina: Il Popolo del Libro a cagione ch'essi sapevano leggere, e scrivere, e basare i loro discorsi sulle regole della Lingua.

(ved. Pocok Speci. p. 157. Al Bochari.)

(23) La confidenza illimitata che i ministri delle Religioni, generalmente parlando, seppero profondamente ispirare nello spirito de' popoli in loro favore indusse questi da lungo tempo ad abbandonare, di buon grado, nelle mani di essi l'educazione morale della gioventù, intimamente persuasi che le loro instruzioni edificanti ne formerebbero lo spirito, e il Cuore.

Io non nego per altro, che molti ve ne abbia fra questi capaci superiormente d'intraprendere questo assunto spinoso, e di riuscirci ancora con avventurosi successi; ma dove ritroveremo noi attualmente un Fenelon; quanti Bossuet possono con giustizia vantare i popoli odierni; chi mai fra questi può annoverare oggi un Condillac, quanti Millot si conoscono nel mondo, e dove sono attualmente fra gli ebrei gli Abenesdra, i Calimani, i Casses e i Saraval? Pur troppo al loro confronto l'esperienza contrappone oggi molti altri che animati da interessi onninamente differenti da quelli che guidavano quegli egregi venerabili ministri, contaminano lo Spirito de' fanciulli colle loro massime superstiziose, e chimeriche, a cui fanno tenere il rango, e le qualità di sani doveri, e facendo loro un inquietissimo scrupolo di elevarsi fino alla contemplazione della verità, tentano di soffocarne la ragione, e molto sovente di allarmarli ancora contro di essa; e come dunque le Scienze che gli servono di alimento ritrovare potranno giammai un libero sentiere, onde penetrare senza ostacolo, fino al Centro del loro Cuore, se questo è già infelicemente preoccupato, dal primo istante che cominciò a respirare aura di vita, dalla più deplorabile delle follie, qual'è quella di riguardare le Scienze come nocive alla Religione, e di considerare l'ignoranza come l'unico efficace mezzo indispensabile all'eterna salute dell'uomo?

Cap. IV.

De' pregiudizj dannevoli su' quali fondano i nemici delle scienze l'avversione decisa ch'essi nutrono tenacemente d'accordo contro di quelle; vantaggi delle medesime; danni incalcolabili dell'Ignoranza.

Quali giusti, e bene fondati motivi possono avere fatto determinare J. J. Rousseau a smentire sì altamente se stesso, a rinunziare in un istante al carattere suo, alle sue vaste Cognizioni, a' suoi perspicaci talenti, dichiarandosi apertamente L'apologista dell'ignoranza, ed il deciso difensore del suo partito? Esso non ebbe, per quanto si suppone, altro disegno che quello di distinguersi nel mondo coll'imponente soccorso de' numerosi mezzi che gli offriva la sua capacità, sostenendo arditamente un paradosso filosofico, che i suoi più inesorabili antagonisti non poterono astenersi di ammirare, e che una delle più rinomate Accademie della Francia (Dijon) ha decorato della sua approvazione, e del suo premio (24).

Gli odierni panegiristi poi dell'ignoranza i quali non hanno nè la facondia, nè i talenti, nè le tante risorse morali del filosofo di Ginevra, si appoggiano ad un punto assai più edificante, palliando col misterioso velo della religione l'odio inveterato ch'essi nutrono contro le Scienze, non meno che contro di coloro che le professano.

L'opinione di Rousseau, tutto che riprovata, e combattuta da' più illuminati fautori delle scienze, e che sempre condannabile sia per se stessa, è almeno fondata sopra basi filosofiche, sulle quali lo spirito di questi ha dovuto necessariamente arrestarsi: ma dove mai si regge l'irragionevole avversione che tanti fanatici settarj dimostrano univoci contro lo sviluppo della ragione? Essi dunque assurdamente pretendono che le scienze non solo conducono alla irreligione, ma che si oppongono altresì a que' fini salutari a' quali tende propriamente il vero Culto, che la specie umana è in dovere di prestare all'Essere onnipossente; e tanto è ciò vero, aggiungono essi, quanto che ogni uomo che ragiona diventa bentosto incredulo, adducendo come per autentica prova gli esempi di Spinosa, di Hobbes, di Lametrie, di Voltaire, di Mirabeau, di Bolingbroek, e di tanti altri. Quale deduzione inconseguente! Dunque per che alcuni uomini scienziati, non saprei per quale sinistro disegno, hanno fatto un uso pessimo e riprovabile de' loro propri talenti, si dovrà inferirne quindi l'illazione di dovere considerare la filosofia come perniciosa, e che debbasi proscrivere dal Consorzio degli uomini l'applicazione, e lo studio delle scienze? Se nella moltitudine prodigiosa degli esseri pensanti de' quali è popolato l'universo, alcuni di questi abusando delle loro facoltà intellettuali e de' loro lumi, si abbandonano inconsideratamente all'adulterio, all'omicidio, alle dissolutezze, si dovrà forse dedurre che tutti gli uomini debbono essere, o sieno in fatti per loro intima natura micidiali adulteri e dissoluti? Chi è mai che non discerna l'eccelsa destinazione delle scienze dall'abuso detestabile che se ne ha potuto fare da pochi individui corrotti dall'orgoglio, e travviati dalla religione? Sarebb'egli forse ragionevole di mettere in un cratere della bilancia alcuni epigrammi di Catullo, o di Marziale per contrapporli nell'altro, co' numerosi volumi filosofici, politici, e morali di Cicerone, ovvero colli dottissimi poemi di Virgilio, di Pope? E chi mai senza delirio azzarderebbe di porre in un livello stesso gli smarrimenti ontologici dello Spinosa, e l'assurda metafisica dell'autore del sistema della natura col sublime Intendimento umano di Loke coll'ammirabile Fedone di Mendelshonn? ma finiamo una volta di garrire contro l'infamia di costoro, e conchiudiamo che ben lontano dall'essere le scienze opposte all'esimio culto inalterabile che l'uomo dee rendere al suo eterno Creatore; e tutt'altro ch'essere il filosofo incredulo di quanto la sana Religione prescrive, non vi ha che quelle che sieno più omogenee ad essa, siccome a questi appartiene unicamente l'impegno eccelso di conoscerlo, estollerne le glorie, e propalarle: altrimenti sarebbe necessario supporre che per sostenersi avrebbe duopo delle tenebre, della cecità, degldell'ignoranza: qual esecrabile bestemmia (25)!

Ovunque si rivolga il nostro sguardo scorgere dovrà indizj evidenti degl'immensi vantaggi che ci apportano le scienze; non avvi oggetto nell'ordine della natura, che quasi rimproverando l'indolenza umana per la coltura delle medesime col più dotto degli uomini non esclami melior est enim sapientia cunctis pretiosissimis, & omne desiderabile, ei non potest comparari (A). Tutto finalmente ci manifesta l'uopo urgente che abbiamo delle scienze, tutto ci addita il grave nocumento che all'uomo apporta il trascurarle, per che senza di esse la ragione vien meno, stupida si rende qualunque religiosa adorazione, inutile diventa ogni talento ancora più elevato; ma affine di restare viemaggiormente convinti di questa verità troppo evidente, e ad oggetto di potere assegnare alla medesima un giudizio più ragionevole, più sensato, più inconcusso ed imporre così un perpetuo silenzio vergognoso a' calunniatori delle scienze, analizziamone brevemente lo scopo essenziale che le medesime si prefiggono, ed i solidi vantaggi perenni che ricavare incessantemente possiamo quando almeno intendere vogliasi per scienza, ciò che ne capiscono i filosofi, vale a dire, la vera cognizione di Dio, quella dell'uomo, e della Natura (26).

La Logica (la prima delle scienze che si fa conoscere all'uomo) forma l'Intelletto umano, lo sviluppa, lo abilita a pensare con esattezza, e precisione; gli addita un metodo infallibile onde acquisire le idee distinte colle quali potere discernere sicuramente il vero dalla menzogna, l'erroneo soffisma che ci nuoce, e che rigettare dobbiamo, dal sano argomento che ci è necessario, e che ci giova; in una parola, condurre l'uomo a conoscere al grado massimo, e ad apprezzare gli eccelsi requisiti della Ragione.

La Metafisica, e tutte le altre scienze astratte che vi sono racchiuse, ci porta col pensiere (già renduto precedentemente sistemato dall'arte ragionatrice) alla investigazione delle verità ostensibili al discernimento umano, e necessarie alla sua specie, e col mezzo del raziocinio ci fornisce le più sublimi cognizioni, nel vero progresso delle quali è riposta essenzialmente la più cospicua magnificenza dell'uomo, ci eleva fino alla contemplazione dello stesso Dio Creatore dell'universo.

L'Etica (in certo modo, più di ogni altra scienza necessaria per la vita dell'uomo) c'instruisce de' mezzi co' quali possiamo agevolmente conseguire una felicità permanente sopra la terra, ci rende sobrj, morigerati, e frugali, ci somministra la vera cognizione di noi medesimi, ci emenda i Costumi, ci corregge i difetti, e mostrandoci le funeste conseguenze che seco portano i vizj, ce ne insinua la ripugnanza, e l'abominio, e ci allontana da' medesimi; essa dirige infine al sentiere del vero bene la condotta nostra, e le nostre passioni, origine molto sovente malefica, e vantaggiosa delle tante calamitose sciagure che fanno gemere l'umanità.

La Fisica scortata, per così dire, dalle Matematiche, si aggira a guidarci alle più positive cognizioni alle quali pervenire mai si possa da noi, e assoggettando l'intelletto umano alle regole infallibili, ci offre le idee generali di tutti gli esseri della natura, che l'increata Sapienza dell'artefice Divino trasse mirabilmente dal Caos, li quali servono al filosofo come di altrettanti esemplari delle sue innumerabili perfezioni, siccome per la loro assoluta contingenza quelli formano la prova irrefragabile della di lui necessità.

La Geometria oltre il rendere perfetto l'intellettuale dell'uomo concorre a giovarlo anche nel fisico, insegnandogli un metodo con cui potere facilmente costruire abitazioni comode, e bene distribuite nelle Case per uso della propria sua vita; macchine di ogni specie, che rendono agevole il progresso delle arti, ripari che lo difendono dalle aggressioni de' nemici, e de' perturbatori della sua tranquillità, e che formano la sua sicurezza.

La Nautica non è dessa il risultato delle matematiche, e dell'Astronomia sostenute dall'Algebra? Senza le infinite risorse che la medesima ci porge profusamente, e nel Commercio, e nelle scoperte più interessanti, come sussistere giammai potrebbe una gran parte del mondo un solo istante, cosa mai diverebbe allora l'intera società degli uomini?

La Medicina (quantunque molto lontana dalla infallibilità) la notomia, la chirurgia (più di quella sicure, e più evidenti) fanno sovente prevedere in noi de' mali, che formerebbero, senza dubbio, la distruzione della specie nostra, se per mezzo di quelle immantinente, o in tutto, ovvero in parte non se ne troncassero i funesti progressi.

La Botanica, la Chimica, oltre le numerose utili esperienze che ci mostrano, esse ci apprestano ancora gli antidoti efficaci i quali molte volte ci liberano dalle più gravi malattie, ci sottrano sovente dalle spietate braccia medesime della morte.

La Giurisprudenza, in ultimo mette al sicuro la proprietà de' beni, il decoro dell'uomo, la riputazione dell'illibato Cittadino; ci addita i pubblici doveri che convengono all'ente ragionevole, non meno verso i suoi simili, che relativamente alle Leggi sotto le quali esso vive, ed al sovrano da cui esso è governato, e tutte in somma le scienze unite, non meno che ciascuna di esse in particolare non forma dell'uomo una creatura degna del Creatore, un individuo utile a se stesso, e necessario al Consorzio de' suoi simili (27)?

O demenza commiserabile de' Censori delle scienze! O stupenda confusione delle loro strane id[ee!] Quale forsennato pensiere può mai trasportare l'uomo ad inveire si accanitamente contro di ciò che più di ogni altro oggetto ei dovrebbe apprezzare nella sua vita che in darno spererebb'esso di rendere felice, o conservare senza di quelle. Ma non è già nel solo uomo, nell'individuo isolato che si limita il bene che recano le scienze; a qualunque siasi popolo proclive a coltivarle, ne risente ad ognora gli effetti salutari. Infatti dove mai si supporrebbe che la gloria durabile di uno stato essenzialmente consista? Forse nell'affluenza delle dovizie che possiede? Nell'estensione del territorio che occupa? Nel numero esuberante de' suoi medesimi abitatori? No; essa non è riposta solo che nelle scienziate cognizioni delle quali è ornato, e ne' lumi che può meritamente vantare; la stessa carta geografica io ne attesto per comprovarlo. Vi si lanci uno sguardo, facciasi ciascuno a misurarvi l'immenso territorio del dominio musulmano, quello della Persia, e la massima parte della Russia ancora (Avanti che il czar Pietro avesse cominciato ad in...tenirla ...d a scuotere quella ubertosa popolazione dal suo natio torpore, barbaro, ferino), e quelle ci mostraronomostreranno insieme, che nel globo terracqueo esistono delle numerose popolazioni eccessivamente opulenti, le quali sanno possedere un incommensurabile paese inutilmente. Per poca erudizione che si abbia, chiunque dovrebbe ampliamente conoscere a quale grandezza inalzarono le scienze l'Africa un tempo, e il rinomato Egitto, in cui ebbero Culla un giorno le arti liberali, le scienze le più sublimi e le più utili cognizioni; ed in quale abbiezione all'opposto si videro entrambe quelle monarchie miseramente cadere da quando fu negletta da que' popoli l'educazione morale, e che la coltura dello spirito fu da essi posta in abbandono; ed a quale apice di gloria non fecero i lumi, e le scienziate cognizioni ascendere il territorio degli ateniesi, quantunque ristretto di estensione, e fausto di dovizie, e di tenuissima popolazione? Ma che pensare si dovrà di quella metropoli stupenda, della magnifica Roma? A chi dovette mai la Capitale dell'Italia quel grado eccelso a cui pervenne se non alla coltura dello spirito, alle instruttive Cognizioni, ed all'inerenza costante che i suoi stessi abitatori nutrivano per le scienze? Fu certamente in qualità di uomini scienziati che i romani soggiogarono quasi tutte le monarchie della terra, formarono l'ammirazione de' loro stessi nemici, e giunsero non solo a contendere la gloria alle più cospicue, e formidabili nazioni, allora conosciute nella circonferenza del globo, ma di gran lunga a superarlo ancora, e dall'infelice momento in cui questa gran mole reggente ogni loro antico fasto, cominciò gradatamente a indebolirsi, e a deperire, fu in tale epoca lacrimevole che vinti da tutte le parti, i terribili vincitori del mondo, sobirono in qualità d'ignoranti lo stesso giogo fatale de' popoli del Nord (28).

In seguito di tutto ciò può egli supporsi giammai nella natura uno stato più deplorabile di quello dell'ignoranza per le infelici nazioni che ne sono predominate? Toute nation sans lumières, dice Elvezio, lorsqu'elle cesse d'être sauvage, & feroce, est une nation avilie, & tôt ou tard subjuguée. Ce fut moins la valeur, que la science militaire des Romains qui triompha des gaules. Si consultino le Istorie di ogni età dell'universo, si esaminino i monumenti di tutti i popoli che conosciamo, e noi resteremo a colpo d'occhio convinti che i secoli d'ignoranza sono stati in ogni epoca i più funesti per l'umanità; il regime di quello che comanda non è allora che il dominio della crudeltà, e della frode; al buon ordine che rimunera la virtù, e punisce il vizio, succede una scossa continua di una turba di malvaggi contro il tenue numero di giusti, è allora quando i poteri rivali si fomentano da ogni parte al prezzo detestabile di sangue umano, che trucemente si fa scorrere a impetuosi torrenti; è allora che le infelicisventurate nazioni contaminate dall'alito pestilenziale di questo mostro, si abbandonano in preda a ogni delitto, più non conoscono i fondamenti delle Leggi nè i doveri sociali, nè i rapporti dell'uomo col suo simile, nè i sacri diritti di natura; ma tutto infine si converte in abuso tirannide, ingiustizia; è, per ultimo, in tale situazione deplorabile, quando l'impostore profittando scaltramente della credula ignoranza delle abbacinate nazioni sparge ovunque il suo recondito veleno, fomenta la dissenzione fra i popoli, agguzza il cruento pugnale, e quale nuovo Coribante di un Dio sanguinario che vittime domanda, ei lo porge fra le mani dell'uomo, il quale dimentico de' vincoli religiosi di società, calpestando gli altri doveri che il vero Culto rispettabile prescrive, è costretto a divenire il carnefice tiranno del suo simile (29).

Ecco l'orribile quadro dell'ignoranza; ecco gl'infaustissimi effetti che necessariamente risultare ne debbono; or dopo un prospetto sì disgustoso, e sì lacrimevole, si oserà insistere ancora nel delirio condannabile di sostenere l'ignoranza come utile all'anima ragionevole, e come ovvia alla Religione?

(24) Elvezio rapporta di avere egli stesso veduto esultare alcuni fautori dell'ignoranza inebriati dalla radicata fiducia dell'eminente conversione positiva di J. J. Rousseau, in conseguenza della ripugnanza costante che desso manifestava asseverantemente contro le Scienze: Perchè mai, ripetevano essi continuamente disperare di sua salute? Gian Giacomo protegge l'ignoranza con tutta quella fermezza di cui l'uomo è capace; odia i filosofi, si allarma contro i loro sistemi, e gli combatte; sdegna qualunque ottimo, e sottile ragionatore; se lo scrittore di Ginevra fosse un santo, cosa potrebb'egli sperare più a proposito? (Ved. Elv. T. III. Sect. V. Nº 28.)

(25) Chi ha mai opinato, senza delirio, che le tenebre producessero la luce, e che l'ignoranza fosse il risultato della Ragione? È all'opposto assai bene riconosciuto che le prime non convengono che a que' miserabili etiopi, che nemici della luce si ritiravano entro i latiboli i più neri, onde schivarne l'incontro, e che l'altra non fu in alcun tempo utile che a' nemici della ragione, ed a' promulgatori dell'errore, della menzogna. D'altronde, l'ignorante assomigliato da un pensatore Inglese ad un frale ragnatelo che ritiratosi in un angolo tenebroso si avviluppa nella sua tenuissima tela, ed è insensibile alle innumerabili bellezze che lo circondano: The ignorant (dice Bacon) is a spider which into some dark corner, and wraps itself in its own dusly cobweb, insensible of the innumerable beauties which sorround it.

Ben contraria, per altro, la destinazione dell'uomo colto questi conoscendo esattamente quanto v'ha di ammirabile nella natura, sa trarre profitto della sua propria Intellezione, in gloria del di lei autore supremo, ed in solido vantaggio de' suoi simili.

Da tutto ciò si può ragionevolmente conchiudere che l'ignoranza disonora la Religione, avvilisce i suoi pregj, e che la scienza la rende più venerabile, più sublime, e che per conseguenza la credulità dell'ignorante non ha per base che la cecità la più insana, e la più brutale, e che quella dell'uomo scienziato è sostenuta dalla verità la più integra, e nutrita dalla ragione.

(A) Sal. Proverb. Cap. 8. v. 2.

(26) Seneca il filosofo c'insegna, e ci consiglia non solo a non dovere mai trascurare le scienze, ma a studiarci ben anche di trarne tutto quell'ameno giovamento che se ne dee aspettare; quindi è che noi considerare la dobbiamo non già come nostro fine speciale, ma come mezzi soltanto che possono condurci con sicurezza; e se quelle non hanno per oggetto immediato la virtù, preparano ad essa, ed agevole ne rendono l'acquisto: elleno sono (per servirmi della frase medesima del citato filosofo) rispetto a questa, ciò che i primi elementi della Grammatica sono verso le Belle Lettere; non quia Virtutem dare possunt, sed quia animum ad accipiendam virtutem preparant. Quemadmodum prima illa, ut antiqui vocabant Litteratura per quam pueris elementa traduntur &c. Ep. 88. E Cicerone con sensi meglio espressi avea già detto avanti Seneca che lo studio delle scienze è l'alimento della gioventù, ed il sollievo della vecchiezza; nella prosperità esse ci servono di ornamento, e di asilo nelle disgrazie; ci diletta in casa non c'impedisce fuori, e in viaggio, e nella solitudine, in ogni tempo, in qualunque siasi luogo forma la più grata delizia della nostra vita: Studia adolescentiam aliusto senectutem oblectant secundas res ornant adversis perfugiunt præbent delectant domi, non impediunt foris, pernoctant nobiscum, peregrinantur, rusticantur: Cicer. Tuscul. Qæst.

(27) Io quì altro non faccio che passare celermente sopra tutte queste Scienze, attenendomi soltanto alle principali, le più generalmente conosciute, e praticate dagli uomini, tacendo le tante altre che già accessoriamente o direttamente possono tutte essere comprese nella Categoria di quelle medesime da noi già menzionate, siccome coloro che sono sufficientemente versati nelle medesime possono rilevarlo agevolmente in tutta l'estensione. Ho stimato, per altro, quì prescindere dall'Eloquenza, la quale sebbene utile sia per se stessa, qualche volta necessaria, e sempre amena, ed istruttiva, non tanto essa non fu mai riconosciuta da' dotti come scienza, ma solo semplicemente come arte.

(28) Qualunque male da cui sono gli uomini tormentati, e oppressi non trae, per l'ordinario, sorgente che dalla sola ignoranza; essa forma il terribile supplizio de' suoi fautori medesimi e quale mortifero Contagio infetta, e distrugge tutto ciò che ne comunica; quindi se un tale venefico malore noi possiamo giugnere ad aumentare dal Consorzio degli uomini, possiamo inoltre essere presso che garantiti di avere dissipato ancora ogni germe funesto del male morale; in certa guisa niente di meno del fisico pericoloso per il genere umano. L'ignoranza, come giudiziosamente lo rimarca il Sidney, non solo trascina le intere azioni entro il baratro de' vizj più degni di abominio, ma estingue del tutto in esse parimenti per sino qualunque sentimento di equità, di umanità, di onore: cosa è quello mai che l'ignorante desidera coll'avidità la più irrequieta? Che l'uomo diventando inferiore di se medesimo sia superstizioso, e assurdo: cosa è mai ciò che il più esso teme? Si è che l'uomo sviluppi il suo spirito, e illumini la propria sua ragione; di qui è che i più ignoranti sono, senza contraddizione i più brutali ed i più spietati: chi si mostrò nelle guerre decorse il più tiranno, ed il più sanguinario di tutti i popoli? L'ignorante e il barbaro Portoghese; esso recideva trucemente il naso, e le orecchie egli sventurati prigionieri che aveano l'infortunio di cadere fra le loro mani; e quanti altri autentici esempi di medesimo valore non concorrerebbero a confermare queste verità, se arrestare io non sentissi la mia penna dall'orrore nel riportarli!

(29) Chi potrebbe calcolare, se non al certo, almeno al verosimile, il giusto numero di secoli consecutivi, durante i quali noi ci siamo straziati mostruosamente per contendere alla natura il suo incontestabile potere, ovvero per sostenere delle mistiche favole, e delle sacre chimere, che gl'insensati apologisti dell'ignoranza mettevano in campo ad ogni istante adombrate dall'orpello seducente di simulata religione? Questa pratica brutale non è ancora interamente distrutta; essa è soltanto indebolita; le traccie malefiche, pur troppo, rimangono tutta via intatte fra gli esseri umani, ed è la sola truce maniera di eseguirla che ritrovasi unicamente cambiata.

Dopo che per uno spazio incommensurabile di tempo si vide scorrere ovunque a lunghi, e perenni ruscelli il sangue umano apparentemente in onore, in gloria, e per la difesa della verità, si fosse almeno pervenuti a crederla, o a distinguerne il sembiante in tutta la sua integra purità! Ma ciò era in fatti per viemaggiormente consolidare, e propalare l'errore, per cimentare l'ignoranza, e il fanatismo, ed affine di procurare loro il punto d'indestruttibilità a cui desse anelevano d'accordo colla più tormentosa impazienza; ciò che riuscì eglino infine, molto agevole di conseguire, mentre, siccome pensa giustamente Pascal: jamais, dic'egli, on ne fait le mal si pleinment, & si gaiement, que quant ou le fait par un faux principe de coscience. Pens. 38.

Ma l'illusione finalmente cessa, e si svanisce quando più non ha la menzogna per suo Centrale punto di appoggio, nè la criminosa ignoranza per servirgli di rilievo; ed è allora che l'esimia verità sbalza, per così dire, agli occhi nostri in tutto il suo più fulgido splendore: potessimo almeno rimirare questo prodigio edificante a' nostri giorni!

Cap. V.

La Riforma dell'educazione è talmente relativa, ed accessoria alla Rigenerazione del Culto che proclamata quest'ultima con successo noi vedremo quella immediatamente risultarne

Se il felice sentiere della verità fosse stato quello persino dall'origine del mondo unicamente praticato, e battuto, e che di una in altra generazione gli esseri umani vi avessero fatti de' solidi, e durevoli progressi, ma senza divagarsi però nelle tortuose regioni delle chimere, il sacro codice della Religione non meno che l'Istoria delle scienze sarebbero entrambe oggi per noi gl'infallibili monumenti della ragione; essi tramanderebbero insieme la luce la più nitida, e la più sfavillante, e nell'una, e nell'altra vi ritroverebbero gli uomini con sicurezza la scorta indefettibile della condotta loro della loro vita, tanto nella speculazione, quanto nella pratica, e attualmente si sarebbe ormai raggiunto il positivo disegno commendevole a cui esse tendono, d'accordo, per la felicità universale del genere umano; cioè, di avere sopra ogni specie di soggetto quella precisa certezza della quale possono, e le une, e le altre essere suscettibili: comme le bon usage des sciences, riflette un pensatore moderno, affermit en nous le penchant qui non porte au bien, de même notre amour pour la verité augmente aussi les lumières dont nous avons besoin pour la defendre (30).

Riguardandole sotto un simile punto visuale, niente al certo è più eccelso, più ammirabile, nè più adeguato a costituire la solida gloria, e la delizia dell'uomo quanto lo è la religione alla chiara purità da noi fin quì ridotta, quanto lo sono le scienze, quelle meramente utili, e necessarie alla condizione degli enti ragionevoli (31); ma da quanto questa progenie cominciò ad abbandonarsi ciecamente a' prestigi del fanatismo, dal momento fatale in cui si lasciò essa ferocemente predominare dall'ambizione, dall'errore; gli smarrimenti tennero le veci dell'una, le passioni degradanti formarono lo scopo essenziale dell'altro. Quale soggetto di sensibile stupore non avrà dovuto mai recare ad una mente illuminata di vedere le innumerabili pratiche informi, palliate sotto il nome illusorio di Religione, che dal troppo credulo Popolo d'Israel professavasi fino ad ora, e la mostruosa educazione che conferivasi, dopo tanti secoli, agli sventurati rampolli di questa Nazione? Quanto era essa mai opposta a quella che riceveva già questo medesimo popolo ne' tempi andati (32)! Quale orrore di osservare le turbe immense de' fautori dell'una sostenere a gran forza i loro mistici travviamenti e lo sciame spregevole de' partigiani dell'altra quali forsennati garrire contro chiunque opporre si volesse all'ignoranza loro a' corrotti ammaestramenti? Non è appunto così che l'età decrepita del mondo non differisce dall'infanzia di esso relativamente all'ebreo nato in certi climi, che per mezzo della superstizione, dell'ignoranza? Incongruenze sì enormi non sembrerebbero fatte espressamente per confondere gli spiriti, renderli alieni dall'edificante Religione, dalla proficua coltura delle scienze, piuttosto che ad alimentare ne' medesimi una vera tendenza verso di quella, ed una decisa propensione per questa (33)?

O uomini! o illusa progenie d'Israel! o miei fratelli! Scuotiamoci una volta per sempre da sì torpido letargo; quando mai c'indurremo finalmente ad abjurare quegli errori umilianti imbevuti nella prima educazione che tanto ci degrada? Quando arriveremo a distruggere ancora que' venefici elementi che l'ignoranza, e il fanatismo c'insinuarono un giorno, e che formeranno eternamente l'ostacolo funesto insuperabile a' felici progressi della nostra abbacinata ragione? Proclamiamo, per tanto la riforma universale de' Costumi con quel successo medesimo avventuroso con cui già quella opportunamente proclamammo della stravagante credenza de' tempi andati; usciamo dall'abisso dell'ignoranza di ciò che più dovremmo interessarci di conoscere, in cui gli ammalianti prestigj di una supposta Religione ci aveano immersi, e sgravati allora da que' Ceppi crudeli che ci tenevano avvinti, noi potremo fissare con successo un nuovo metodo di educazione morale, capace a distruggere quegli automati, che l'antico fatalmente produsse, ed ovvio, nel tempo stesso a rigenerare de' Cittadini illuminati degni del sovrano eccelso che gli governa, utili alla patria che vide nascerli, e ne' quali essa ripone onninamente la più solida sua felicità (34).

Per altro, dissimulare non posso in alcun modo che le indagini che io mi sono proposto esigono, senza dubbio, una discussione analitica, e profonda, ed in faccia alla generalità degli uomini ogni esame di tale natura mirasi riuscire per l'ordinario annojante oltremodo, e disgustoso: ma è egli mai possibile di spargere degli ornati che dilettino sopra de' soggetti cotanto gravi, ed importanti? Comunque sia, io non iscrivo già per gli uomini di genio, pe' filosofi abituati al raziocinio, ed alle fatiche della mente; da questi non esigo (come ho altra volta fermamente protestato) che il loro Compatimento; io mi prefiggo soltanto d'illuminare l'idiota, l'uomo ignorante che incapace di profonda riflessione, si disgusta facilmente di ogni soggetto che la richiede, e pago esso resta unicamente di ciò che intende dagli altri, abituati al pari di esso a confondere la menzogna colla verità, e ad ammettere alla rinfusa tutto ciò che si ebbe un interesse di fare con violenza entrare nelle loro teste (35); e l'esperienza, che rare volte inganna, mi ha, pur troppo, infinite volte convinto ch'egli è sopra tutto nel grembo dell'Israelismo che queste macchine umane sono il più agevolmente reperibili, più di ogni altro luogo partitamente in Italia.

Ma ciò nulla di meno poco importa, l'assunto non è sì arduo ad intraprendere quale immaginare si potrebbe, nè la pena tanto eccessivamente malagevole a soffrirsi: ma prima di ogni altra cosa diffinire ci è duopo, cosa intendere mai dobbiamo per religione. Altro questa certamente non è che l'esatta pratica di doveri che vincolano l'uomo al suo Creatore, ed il pubblico esercizio di quelli che in complesso denominasi culto si riduce alla Cognizione, ed all'adorazione di quest'Essere Supremo, che è lo stesso che dire, avere delle idee nette della sua Divina onnipotenza, e de' di lui ineffabili attributi, amarlo, confidarvisi, temerlo, e modellare, infine, sulla sua eterna volontà tutte le nostre morali, e religiose azioni: or, come mai l'uomo potrebbe compiere tutto ciò esattamente, senza l'immediato soccorso della propria sua Ragione (36)?

Proseguiamo ancora: a che mai si ridurrebbe il Culto che prestato fosse all'onnipossente da una ragione imbevuta di que' tanti venefici principj che per reiterate volte riprovammo, allora quando ci emerse di parlare di coltura, di talenti, e di religione? A quali massime perniciose non abbiamo veduto noi soggiogato l'ebreo più di una volta, nelle pratiche stravaganti del suo Culto antico; quali venefici elementi noi lo vedemmo imbeversi ancora nella sua depravata educazione morale? Dal che può illativamente dedursi quale prossima analogia esista fra l'esercizio del vero Culto, e lo sviluppo della Ragione, di maniera che si comprende ad evidenza, come la riforma dell'una sia in ragione diretta della riforma dell'altro, ed ad un tempo ci fa con eguale chiarezza conoscere, che se la prima è necessaria, urgentissima è la seconda; e restiamo pure convinti senza difficoltà che non v'ha solo che l'uomo saggiamente educato il quale possa conoscere a perfezione l'esimio prezzo di una tersa, e consolante religione, siccome è incontrovertibile ancora che questa senza l'educazione diventa una follia, ed una mostruosa infermità dell'intelletto; per maggiormente comprovarlo anche una volta, io ne attesto la Religione che veggiamo praticare specialmente all'ebreo Italiano, al Polacco, all'orientale, può essere quella giammai più opposta al vero Culto che rendere dobbiamo al sommo autore dell'Esser nostro, più avversa allo spirito integro che dee essergli di guida? È essa da mettersi a livello coll'eccelsa Religione professata da' Maimonidi, dagli Abravanel, da' Menasse Ben Israel, da' Mendelshon, e da molti altri, che formeranno l'ammirazione de' secoli avvenire, come lo furono dell'età in cui vissero e che tanto poco si curano i recenti Israeliti d'imitare. Frema pure ogni anima profana nel mirare il solo filosofo depositario del puro inalterabile Culto che gli enti ragionevoli debbono prestare all'eterno creatore della ragione; io frattanto non cesserò di ripetere mille volte ancora che al solo filosofo appartiene superiormente di conoscere le divine perfezioni, e com'egli è il solo a sentire la necessità, ed il dovere di apprezzarle, di venerarle, così è che ad esso, e non ad altri spetta l'alta benemerita ingerenza d'instruirne anche la specie, malgrado che da questa vedasi lanciare sovente per guiderdone delle fraterne sue Cure il dardo micidiale della reproba superstizione contro di esso (quale pur troppo è regolarmente l'unica mercede che l'esimia filosofia ottiene dall'uomo ingrato). Il sano filosofo, per che dell'esistenza indelebile di un Dio intimamente convinto, e persuaso dell'urgente necessità di dovergli rendere un culto semplice, veridico, e perfetto, invariabile nel suo credere, circospetta nell'osservare, e nell'ammettere sempre riserbato, e costante (37); lungi dal fomentare la superstizione la detesta, ne misura l'abominio alla società de' suoi simili dimostrandola come ingiuriosa oltremodo alla Divinità che adora, ed abbandonato a contemplare negli esseri creati la feconda inesauribile mano dell'onnipossente vivo conserva in se medesima ed inspira nell'animo degli altri l'amore, il rispetto, e la riconoscenza verso di esso, dove in massima consiste l'ingenuo e il vero Culto che gli si compete: è desso quello che dall'ordine incommutabile con cui osserva dirigersi l'universo con tutti gli esseri che lo compongono, riconosce una sovrana Provvidenza che gli regola, egli sostiene siccome dall'armonia stupenda inalterabile degli astri, dall'ordine costante della reciproca loro ligagione dalla periodica rivoluzione de' giorni, delle notti, delle stagioni, degli anni; dalla mutua concatenazione delle cause cogli effetti, e di queste con quelle, dalla vegetazione delle piante, dall'organizzazione degli animali di ogni specie, dall'uniforme varietà de' differenti fenomeni della natura, che ad ogni istante ci si offrono allo sguardo, non può esso di tutto ciò non riconoscere l'opifice sommo, il Conservatore, l'arbitro padrone. Ripieno il filosofo a tali edificanti riflessi[oni] di stupore, e di ammirazione, rapito il fautore delle Scienze da un estasi quasi divina, dopo di avere in darno ricercato ovunque, fra tutti gli oggetti che lo circondano quella solida felicità presso la quale esso anela, e niente ritrovando in questo profugo domicilio che possa rendere quanto è duopo soddisfatte le sue brame, esso consacrasi onninamente all'adorazione di questo Opifice immenso che tutto regge, e dispone con imperscrutabile Consiglio, e formandosi esso, in fine, un sistema sacro, e infallibile di tutte queste incommutabili verità eterne, lo stabilisce come per base inconcussa di quel Culto Divino che si prefigge di rendere con verità, con sentimento, e con candore al Creatore supremo de' Cieli, e della terra (38).

Or se tali principj solidi, e inoppugnabili sono ad esuberanza efficaci per formare la pura edificante religione del filosofo, per che non potrebbero essi del pari essere idonei a costituire quella dell'intero popolo d'Israel? E quali più sani, più eccelsi, e più invariabili motivi di religione può alcuno idearsi mai, che debba credersi di questa più favorita, e più accetta dal Dio di verità, utile a coloro che la professano con animo integro, ed oltremodo vantaggiosa alla società degli esseri umani? Ma d'altronde, con quale fondamento presumere di potere giugnere ad imprimere, con successo, una pratica di Culto sì Divino, e sì ammirevole, senza le debite preparazioni che possono direttamente condurvici, vale a dire, senza un profondo accurato studio della morale, e della scienza importantissima dell'educazione (39)?

E a chi mai affideremo noi con qualche lusinghiera speranza, un intrapresa sì ardua, e sì delicata, se non è a quegl'individui, che arbitri del Cuore, della volontà, e delle azioni de' popoli seppero acquistare un ascendente tale sopra de' medesimi da farli risolvere, pensare, e forse ancora gestire a loro talento (40)? O ministri de' culti! O Rabbini dell'Israelismo! Dunque a voi soli, si unicamente a voi un ministero sì eccelso, e più di ogni altro importante dal popolo d'Israel restavi affidato; ma cominciare frattanto vi è duopo dal rinunziare perpetuamente voi stessi i primi alle vostre chimere, alle vostre insulse querele; relegate per sempre nelle tenebrose regioni dell'obblio quelle mistiche allegorie, quelle bizzarre cerimonie, che se di qualche validità sarebbero forse nella primitiva infanzia dell'ebraismo, oggi che questo è ormai fatto adulto, convenire più non gli possono in verun modo; studiatevi di meritare debitamente il tuono, i diritti, e il grado che pretendete arrogarvi in faccia di esso, predicandogli le virtù realmente utili, e sociali, distruggendo gli abusi di questo Popolo, e riformando ad un tempo medesimo la sua educazione morale, e i suoi Costumi ed in vece di empiergli lo spirito di futili controversie, che ad altro non tendono che a vieppiù farlo smarrire dall'ameno sentiere della verità (41), rendet[evi] gli apologisti del buon senso, ed i zelanti difensori della ragione; in tale commendevole foggia procedendo, voi sarete l'onore del vostro popolo, come lo furono già ne' tempi andati coloro che Rabbini essendo, e filosofi insieme, sapevano essere gli uni colle mire, lo spirito, ed i talenti degli altri, meritando ad un tempo i riguardi, e la considerazione di tutti i civilizzati popoli dell'universo.

(30) I filosofi sono tutti concordi nell'asserire, che l'uomo ritrova sempre in se medesimo i mezzi pronti, ed efficaci per conoscere la verità; ciò potrebbe essere anche vero, mentre quanto sarebbe mai deplorabile lo stato di un ente ragionevole, s'egli non avesse assolutamente qualche sicuro mezzo con cui separare la menzogna dalle verità le più utili, e le più evidenti? I bruti sarebbero di esso molto più felici, poichè quelli almeno ritrovano nel loro naturale istinto delle risorse, che la stessa ragione non ha giammai fino ad ora somministrata agli uomini: ma quando questi mezzi sono paralizzati da noi, o che carpiti ci vengono dagli altri, come sperare di riuscirci in così ardua impresa? In vano potremo noi sperarlo, con fondamento fino a tanto che gli uomini suscettibili di pensiero, e capaci di ragione, invece di cercare di nuocersi mutuamente, a distruggersi l'un l'altro per difendere, o sostenere delle follie, non delibereranno d'accordo di riunire i loro sforzi per combattere l'errore, e per cercare la verità, e sopra tutto, per annientare dalla terra i pregiudizj di cui tutti gli esseri umani soffrono il egual grado, e gli stessi accaniti fautori de' medesimi finiscono o tosto, o tardi, coll'essere le vittime, senza scampo.

(31) Siccome la Religione che ha per base la purità nelle sue massime, la semplicità ne' suoi dogmi, e la chiarezza nelle sue induzioni, esente da quelle cerimonie abusive che ne adombrano i veri pregj, quale l'abbiamo noi radicalmente sistemata, forma il più solido conforto di coloro che la professano, così le scienze coltivate con metodo, e saggezza, sono di un pronto efficace soccorso all'anima umana per liberarla dalle truci catene de' suoi inveterati pregiudizj, e per sanarla da que' ridicoli micidiali terrori, che questi pregiudizj medesimi gl'inspirano a danno irreparabile della propria sua ragione.

(32) L'educazione de' fanciulli presso gli ebrei antichi sembra esser stata presso che uniforme a quella praticata generalmente dagli Egizj, e da' Greci dell'antichità (ved. Plat. De Repub. 2. & 3.). Essi formavano il loro Corpo colla fatica, e con gli esercizj, e lo spirito con la musica. La fortezza, e l'agilità del Corpo erano da questi popoli considerati come gli oggetti i più fondamentali dell'educazione de' loro propri figli; ed i Greci in particolare le ridussero entrambe in arte che denominarono Ginnastica, per che si esercitavano ignudi; e Ginnasii chiamarono i luoghi ne' quali questi esercizj si facevano.

(33) Se non meno in Religione che in coltura di talenti, tutto è pur troppo contraddittorio a' nostri tempi, quale meraviglia, se cotanto frequente mirasi fra noi prendere le pratiche le più ridicole, e le più assurde cerimonie per altrettanti dogmi sacri di religione, e se l'educazione della nostra gioventù, sì depravata, e stravagante, non è ad altro capace che a farne degli esseri torpidi, e macchinali, senza speranza d'instruirli, e d'illuminarli sopra ciò che più importa loro di conoscere, di acquistare? Tale sarà mai sempre il destino infausto di quella, e l'esito infelice di questa, intanto che non faremo servire l'una di appoggio infallibile all'altra, ed entrambe promiscuamente regolate sopra un sistema del tutto differente da quello praticato da noi fino al presente.

(34) In tanto che le nazioni (come lo riflette sensatamente Hume) non giugneranno a perfezionare la ragione umana, in darno si lusingheranno di rendere perfetti i loro sistemi religiosi, di megliorare le loro Leggi, e di ristabilire la loro politica. Infatti in un paese dove scarseggiano gli uomini distinti nelle scienze, e nelle Lettere, non vi può essere certamente nè gran politici, nè periti Capitani. D'altronde come persuadersi che un popolo il quale non sa l'arte di scrivere, nè quella di ragionare possa giammai stabilirsi ottime Leggi, e liberarsi, ad un tempo, dal giogo crudele di quella detestabile superstizione, che forma l'eterna ignominia de' secoli? L'esempio memorabile di tanti Legislatori filosofi, provano a sufficienza quanto i progressi della ragione possono contribuire alla felicità pubblica delle nazioni.

(35) C'est le propre de l'abitude de changer la face des choses, dice Boulanger (Pens. diver. T. 8. C. 24) les hommes se familiarisent peu à peu avec ce qui les revoltait d'abord; le tems parvient à confondre la mensonge & la veritè; les faussetés les plus demontrées finissent par devenir des faits indubitables pour les ignorants & les paresseux qui font par tout le plus grand nombre. Infatti quando l'errore, o l'impostura ha durato per lungo tempo sopra la terra, acquista una solidità che niuna causa può rimuovere; ciò che molte persone hanno fermamente creduto per vari secoli, pare avere de' fondamenti reali, e tutto l'aspetto di probabilità. Allorchè una volta le traccie dell'impostura sono state cancellate dal tempo riesce più difficile di rinvenirle; ed è così che quasi tutti gli uomini ritrovano più agevole di appigliarsene all'opinione ricevuta che di ricercare penosamente ciò ch'essi dovrebbero pensare.

Ecco le vere genuine cagioni dell'indolenza che gli uomini dimostrano generalmente tutte le volte che trattasi di rendere conto a se stessi de' motivi delle loro opinioni, specialmente tradizionali, essi restano paghi di seguitare il torrente comune. D'altronde, quando il pregiudizio è sostenuto dalla forza, (come lo pensa un politico filosofo) e diventa necessario agl'interessi di un Corpo potente, si rende assai pericoloso di combattere e pochi individui hanno il coraggio di reclamare contro le menzogne che tutto il mondo approva, e che l'autorità sostiene con impegno. Inoltre l'errore quando è abitualmente inveterato passa per verità, e diventa, in mente di coloro che ci si abbandonano, tanto dilettevole com'essa. Noi tenghiamo a' nostri vizi, ed a' nostri pregiudizj; le virtù, e le opinioni che loro sono opposte, ci appariscono ridicole, o dispiacevoli: sono queste disposizioni inerenti alla specie umana, [e le] quali fanno che le nazioni s'identificano a poco a poco colle opinioni le più stravaganti, colle fa[vo]le le più ridicole, e co' più assurdi sistemi.

(36) Eh! che? È egli mai possibile, esclama Bolingbroek che il Dio dell'universo non possa mai essere da' popoli adorato che pel gran Lama, per Mosè, pel Pontefice Romano, per Maometto, senza che alcuno vi sia, nell'immensa folla di questi adoratori, capace di conoscerlo, amarlo, adorarlo in forza della propria sua ragione? Una sì strana procedura, aggiugn'egli, a cui la massima parte degli uomini lasciasi trascinare sull'assunto primario, e il più importante per la felicità di questa Specie, non parrebbe concorrere a dimostrare essere la medesima composta di macchine animate, l'istinto limitato delle quali non oltrepassa i momenti presenti?

Tale era l'inconseguente pensiere di Bolingbrock ma quest'Inglese era deista, ed il di lui sistema non potea dettargli de' principi differenti: noi però che abbiamo la sorte di appartenere ad una credenza vera, infallibile, e divina facciamo servire la ragione di appoggio alla rivelazione, col mezzo della quale reputiamo un dovere di conoscere, obbedire, e adorare l'infinito autore della natura.

(37) Alcuni si fecero bizzarramente ad opinare che tutto ciò che era al di sopra dell'umana percezione riuscendo di sua natura propriamente inintelligibile, dovea essere per tanto riguardato come inutile, o assurdo, e che per conseguenza l'ignoranza, o il disprezzo delle scienze che illuminano, sosterrebbe le veci del sapere. Quale insania!

Se la credulità cieca, dice Charron (Trait. de la Sagesse, T. III.) è una debolezza che degrada la ragione, la prevenzione precipitata che condanna è un ingiustizia che la sana filosofia abomina, e disprezza; il saggio non crede, e non giudica di veruna cosa temerariamente senza esame; esso cerca d'illuminarsi e su' pensieri, e sulle cose, e s'egli si risolve di svelare l'orrido bandello che l'autorità, e l'educazione avevano tenacemente attaccato sopra i suoi occhi per sino dalla sua più tenera infanzia, ciò non dee essere veramente, che per meglio scorgere da vicino le insidie proditorie della menzogna, e liberarsene con felice successo; ed affine di potere camminare più sicuramente all'eterno lucore della verità, del buon senso, della ragione.

(38) Non è già come lo pensano assurdamente alcuni che l'uomo diventi incredulo appena comincia esso a contrarre l'abitudine del raziocinio; egli tale non diventa che unicamente delle orride follie che il fanatismo aggiugne sovente alla sana Religione, che la rende contraria a tutti i principj del buon senso, e che porta un colorito di menzogna in fronte di tutte le nozioni che la teologia ci trasmette come sacre, ed essenziali. Quindi l'uomo illuminato rigetta soltanto quella credenza ributtante fabbricata dall'ignoranza, sostenuta dall'illusione, e propalata dalle chimere, per che riconosce sensibilmente che questa lungi dal rendere gli uomini più saggi, e più felici è la sorgente inesauribile de' più gran disordini, e delle calamità permanenti di cui l'umana specie è afflitta; ed esso prende solo ad impugnare la difesa di quella Religione che ha per sua base la nuda verità, per suo scopo la ragione, per sua guida la tolleranza; vi si attacca, e dichiarasene fautore, bene convinto intimamente essere questa l'unica edificante Religione accetta all'Essere Supremo, e capace di rendere al grado Sommo felice gli osservanti che vi si consacrano con un Cuore integro, con un animo scevro da pregiudizj, e con uno spirito suscettibile di lumi, di Coltura, e disinganno.

(39) Ogni uomo di cui lo spirito si abbandona interamente alla riflessione, dice un pensatore anonimo, non può a meno di conoscere i suoi propri doveri di scoprire i rapporti esistenti fra Dio, e lui, e quelli che vincolano esso co' suoi simili, di meditare la sua natura, d'investigare i suoi bisogni, e d'istruirsi di tutto ciò ch'esso dee agli esseri contribuenti alla di lui felicità. Si fatte riflessioni conducono direttamente alla vera cognizione della morale cotanto urgente per gl'individui che vivono in società, ed una scienza tale non si acquista che mediante il solo studio dell'uomo, e de' rapporti suoi: celui qui ne réflechit point parlui même (aggiugne l'anonimo citato) ne connoit point la vraie morale & marche d'un par peu sûr dans le chemin de la vertu.

In fatti è col chiarore dell'evidenza troppo ben riconosciuto, che gli uomini tanto ragionano meno, tanto più il loro Culto è imperfetto, e più sono incapaci di virtuose azioni; gl'individui de' quali si compone la classe infima del popolo sono, per l'ordinario, i più stupidi religionarj non solo, ma sovente riuscire si mirano ancora i più perversi degli uomini, per che sono quelli che ragionano il meno.

(40) La cieca sommissione che ovunque hanno mostrato presso che tutti i popoli della terra per i respettivi Ministri de' loro Culti, fu sempre mai il patrimonio di questo Ceto, il quale non lasciò in verun tempo sfuggire l'opportunità di profittarne, onde acquistare sull'animo di quelli un ascendente assoluto fino a persuaderli non esistere per essi altra regola di Condotta, che quella che piaceva a' medesimi d'indicare loro. Certamente se questo loro ascendente avesse avuto per disegno di megliorare la condizione di coloro su' quali avevano essi diramato il loro aggravante dominio, il giogo che da quelli era imposto, sarebbe loro riuscito alquanto più soffribile; ma sotto pretesti d'instruire, e d'illuminare gli uomini, esso non si è mai aggirato che a ritenerli propriamente nell'ignoranza, a togliere loro il desiderio di conoscere gli oggetti che gl'interessano il più, ad insinuare loro un avversione fin anche per la verità, da quando essa non si accorda colle opinioni che questo ceto pretende di avvalorare fra i mortali. E pur troppo così che tutto concorre a rendere i popoli devoti, ma tutto si oppone altresì a ciò che essi sieno umani, ragionevoli, e virtuosi. Non si potrà egli mai fare accordare la religione co' lumi dello spirito, colla virtù, e col buon senso? Da voi soli o ministri di altari l'umana specie attende con la più avida impazienza questo bene.

(41) Noi abbiamo già dimostrato altrove che gli ebrei non mancano di eruditi autori, e di ottimi instruttive produzioni dove potrebbero essi attignere, con successo, le più chiare nozioni di virtù, di coltura, e di buon senso; ma l'uso riprovabile sembra che abbia oggi fatalmente prevaluto a fare loro preferire le opere nelle quali le insulse inutili questioni, le prolisse controversie occupano la più estesa parte, ed è da queste che follemente pretendesi attignere que' sani principj di cui hanno essi tanto urgente bisogno; in vano ci lusingheremo noi di vedere consolidarsi una riforma durabile nell'educazione, e ne' Costumi del Popolo Ebreo, fino a tanto che coloro destinati a conferire l'una, e dimostrare la necessità degli altri, adotteranno de' metodi tutt'affatto contrarj per pervenirvi.

Cap. VI.

Metodo indispensabile per sistemare solidamente le teorie sulle quali erigere si potrebbe un nuovo piano interessante di scientifica educazione universale.

Le indagini accurate da noi fatte fino al presente, relativamente all'educazione, non ebbero altro scopo che dimostrarci in chiari sensi, che di tutti i metodi di educazione morale praticati fino ad ora, il più inutile per l'uomo, e sovente ancora il più pericoloso per i fanciulli ebrei in particolare, dovette, senza dubbio essere quello che adottavasi nel conferirla in Italia dopo alcuni secoli. Noi rimarcammo, inoltre, come tutti i flagello dello spirito, sia dalla parte della religiosa superstizione di cui essi erano imbevuti, sia da quella di una depravata educazione ch'era loro insinuata, assalivano quegli sventurati innocenti fino dalla culla, per quindi riprodursi nelle scuole un giorno, e soggiogare la gioventù dopo di avere dannevolmente ingannata l'infanzia. È ben tardi per fare gustare all'uomo i melliflui frutti dello spirito, da quando gli errori, e le debolezze, con cui si tenta di corromperlo, ne hanno già profondamente radicati vizj letali, e fattone pullulare i germogli funesti. L'uomo saggio, il viaggiatore istruito sdegnati da si detestabile abuso, rappresentandolo come un assassinio civile, fremevano entrambi di orrore al solo considerarne i malefici effetti; attualmente più essi non vi pensano senza deridersene, vedendo oggi gli assurdi passare in abituale consuetudine, ed io me ne dileggio con essi, benchè non senza qualche interno rincrescimento; io che nato nel seno di quella stessa religione, educato, e vissuto sempre fra i suoi abitatori, ebbi adito sovente di verificare, con positiva certezza i dati esposti, e di esperimentarne, in un tempo medesimo, in ogni parte i perniciosi effetti.

Ma io inerisco a giudicare niente di meno che l'antidoto a questo gran male non opererà facilmente e lascerà per lungo tempo le traccie della sua venefica infezione. I mali dello spirito saranno mai sempre i più lenti e i più difficili a guarire, specialmente se dessi trassero sorgente dagli usi e dalle massime palliate con viluppo seducente della Religione, e profondamente inveterate (42).

Una gran parte delle nostre vaghe, ed opime contrade fornisce attualmente uno spettacolo penetrante e pare che somministri delle speranze fondate; ma vi è motivo sufficiente ancora da temere l'influenza fatale delle pessime abitudini, e la debole attività delle conferite Istruzioni. Se l'Italiano specialmente non lasciasi guidare per se stesso dalla convinzione felice di cui esso ha estremo bisogno; s'egli non tenta di ogni mezzo possibile per procurarsela, egli ondeggerà ben tosto in un pelagio d'incertezze, che dovrà un giorno esporlo, senza scampo, a tutti i disordini immaginabili, e la minima sventura che gli potrà soppraggiugnere sarà quella di risentire i timori, i rincrescimenti, e le debolezze di un essere sfuggito piuttosto, per qualche breve istante al baratro infernale della superstizione, dell'ignoranza, che nato per la coltura dello spirito, e per gustare le soavi delizie delle scienze: C'est l'éducation (dice G. G. Rousseau) nel suo Emilio) qui doit donner aux ames la forme qui leur convient dans les société, & diriger tellement leur opinions, qui elles soient sages par inclination, par passion, par necessité.

Questa è una verità che noi dobbiamo fare intendere sensibilmente agli ebrei italiani in particolare, i quali sebbene appariscano cotanto proclivi agli smarrimenti della ragione, per altro, confessare dobbiamo ch'essi non mancano di quella dose d'acume necessaria per distinguere i pregj, ed i vantaggi; noi dobbiamo ispirargliela ancora, per che i medesimi sono divenuti fino ad un certo punto amanti della novità. Ma l'esecrabile pregiudizio, l'abitudine imperiosa, e intollerante, la cieca macchinale venerazione che si ha regolarmente da' medesimi per le opinioni ricevute: questi sono gli alberi funesti che l'Italiano in generale giugne difficilmente a sradicare e intanto che i germi pestilenziali di questi alberi non saranno a gran forza diffinitivamente svelti, i rampolli venefici ripulluleranno, e si mischieranno agli arboscelli che loro si farà con tante sostituiti (43).

Ecco dunque, in breve, quale dovrà essere lo scopo primario, ed essenziale che ora tento prefiggermi; ecco il solo punto centrale dove tutti i miei fraterni disegni hanno concorso lusingato dal buon esito degli altri omai fin quì tentati; sebbene io non ignori quanto ogni proposizione di riforma tanto nel Culto quanto relativamente a' Costumi sia stata sempre mai riguardata dall'ebraismo generalmente in uno de' suoi medesimi individui come una temerità punibile ad ogni riguardo (44); io però, senza bilanciare sull'intrinseco valore di simile contegno, non vi oppongo frattanto che una semplice osservazione morale, ed è questa precisamente quella che allontanando dal suo spirito qualunque renitenza in contrario, mi ci fece risolutamente determinare; or se l'uomo (tali furono i miei ponderati riflessi) dee la verità unicamente alle sottili ricerche dell'uomo, che può esporla senza timore al chiaro giorno (45); se la fondata cognizione di quella è sempre utile al mondo; se chiunque interessato ad illuminare gli esseri che riconosce appartenere alla sua specie, ha diritto di proporre ciò ch'esso reputa potere essere di qualche utilità per i medesimi ogni Cittadino dunque, amico de' suoi simili, ed illibato, per gli stessi imponenti motivi ha esso un diritto inappellabile di progettare alla medesima sua nazione della quale fa parte, tutto ciò ch'egli riconosce idoneo a potere contribuire alla di lei felicità permanente, e universale (46).

Ma senza digredire di soverchio in altre prove, o argomenti, il nuovo metodo interessante d'Istruzione morale che noi passiamo a stabilire, senza ritardo, farà più sensibilmente conoscere l'integrità delle filantropiche intenzioni, e la ferma solidità de' miei principj ad un tempo medesimo, prevenendo però non avere io rivolti i miei disegni alla parte di una coltura universale, o di una enciclopedica letteratura, nè credasi già che con tale metodo io aspiri a formare degl'individui Israeliti, o di tutti coloro, che al pari di essi ne hanno duopo estreme un consorzio di filosofi, o di genj versati in qualunque ramo di Letteratura; a me basta soltanto di potere somministrare con esso il mezzo più agevole onde accrescere il numero degli uomini saggi, utili alla patria, e illuminati, facendo loro conoscere ancora quanto le sublimi cognizioni riescano vantaggiose, e necessarie a tutta la specie umana a cui non mancano certamente abbondanti risorse in questa parte (47).

Entrando dunque nello sviluppo analitico del metodo in proposito, noi ne ridurremo la vera pratica alle ristrette classificazioni seguenti.

Prima; gionto sia il fanciullo all'età di 4. anni si cominci ad iniziarlo nella cognizione de' caratteri epistolari, e delle cifre arabe, e de' numeri, facendosi compitare gli uni, e calcolare le altre, e nel tempo medesimo gli si farà contrarre l'abitudine di servirsi non meno quelli di queste; notando però che da questa età potrebbe cominciare a farsi luogo ancora lo studio della Religione, il quale si dovrebbe fare consistere da principio per i fanciulli ebrei nella spiegazione, e compitazione de' Caratteri ebraici punteggiati indi a quella di alcuni brevi preci quotidiane, affinch'esso possa mettersi a portata un giorno d'intenderne il valore, e di usarvi così maggiore cautela, ed attenzione quando le recita.

Da queste prime macchinali operazioni due solidi vantaggi risultare noi vedremo; l'uno sarà quello di fare applicare i fanciulli per varie ore consecutive del giorno accostumandogli, come per gradi, a sfuggire l'ozio, ed a conoscere, per isperienza, ciò che sia per se stesso metodo, assiduità e disciplina; l'altro sarà poi quello di farci scuoprire per tempo le loro inclinazioni naturali nello sviluppo successivi delle idee che di una in altra lezione vederemo succedere in essi, onde poterli un giorno destinare a quel genere di vita a cui essi inclinano maggiormente.

Tutte queste elementari lezioni dovranno compirsi tutto al più nello spazio di un solo biennio.

Seconda; renduto che avremo il fanciullo, col mezzo di si fatte preparazioni, a sufficienza pratico di una nitida calligrafia, di un esatta aritmetica, ed intelligente di una parte dell'idioma ebraico, e del volgare gli si farà distribuire il suo tempo ora nella Spiegazione del Pentateuco, ed ora nell'esatta Cognizione della sua lingua patria, che dovrà essergli insegnata per principj; è allora che bisogna fare a poco, a poco esercitare la sua memoria, in particolare sugli elementi della morale, i quali ridotti ad altrettanti precetti si avrà cura di farglieli ripetere sì di frequente, che infine gli restino indelebili nella memoria; lavoro che per felicemente riuscirci esiga per lo meno il completo intervallo di altri due anni.

Terza; qui avrà luogo la topografia del proprio paese che si dee supporre noto già per pratica agli alunni, e quella farà introduzione alla Geografia parziale, e generale; indi la medesima darà accesso facile alle istruzioni della sfera, nel modo che questa incamminerà agli elementi della Geometria, la quale al parere di Loke, dee essere meccanica, e ridotta alle dimostrazioni solide, e materiali, e non già nè di soverchio astratte nè troppo poco contemplative; è anche oltremodo necessario d'instruirlo nell'Istoria, cominciando da quella del proprio suo paese, poscia de' limitrofi, in seguito de' più lontani, e discendere finalmente alla storia universale del mondo conosciuto.

Per altro, il tempo più opportuno sembrami questo di fare apprendere a' giovani anche le lingue viventi le più comuni quali sarebbero la francese, l'Inglese, la tedesca, e la spagnuola col soccorso dell'idioma Italiano, di cui dobbiamo a quest'ora crederli mediocremente intelligenti; e questo utile esercizio dunque appiana loro il difficile sentiere alla vasta cognizione delle così dette Lingue morte, ovvero di quelle che ora più non si parlano nel Commercio della vita. Contemporaneamente all'applicazione di questi ameni studj non debbono i fanciulli ebrei porre in abbandono, o trascurare quello importante della Religione, la Lettura, e la spiegazione de' Profeti, degli scritti che ci restano di Salomone (48), de' salmi di David, del patetico, ma energico, e sublime poema di Job, e di tutto ciò che resta dell'intera Mikrà; cimentandoli a fare delle ponderate osservazioni sullo stile, ed i pensieri di ognuno di questi sacri scrittori, e metterli a portata di trarne le conseguenze le più esatte, e le più giuste, e le metodiche induzioni. Tutto questo Corso, sia di uno, sia di altro ramo inserito da noi nella terza classe potrebbe, senza dubbio effettuarsi entro lo spazio di sei anni, termine in cui l'età del giovine conterebbe anni quattordici (49).

Quarta; il destino de' talenti comincia quì a decidersi, e l'accorto Institutore si può accignere con qualche sicurezza a calcolarvi, e a pronunziarlo; ma qui fa duopo essenzialmente di una rigorosa circospezione, affine di non ingannarsi nelle tendenze naturali de' giovani (50); quì entra l'adolescenza, età nella quale succede l'intero sviluppo della ragione dei fanciulli; è ora che indagare ci è duopo la loro intima inerenza, e conforme il sentiere dove questa gli conduce, dirigere così le nostre mire, e i loro passi; ad un semplice negoziante, per esempio, è sufficiente quanto fu indicato nelle tre prime Classi, nel sacro non meno che nel profano; ma per coloro che fossero chiamati dal proprio genio a qualche professione più elevata, questo è il tempo il più opportuno di fare loro apprendere l'idioma greco, ed il latino co' precetti più semplici, e più brevi; indi si faccia loro un corso ragionato di eloquenza, di poesia, e di Mitologia per abituarli a conoscere, a leggere con profitti, ed a gustare i poeti antichi; quindi la Logica, e la metafisica succederanno alle accennate didascaliche applicazioni, e volendo procurare a' giovani alunni, che manifestassero un denso trasporto per lo studio, qualche piacevole distrazione, ora è quando si potrebbe renderli edotti de' capi d'opera di scoltura, di pittura e di disegno, siccome ancora di architettura, dove lo spirito de' medesimi troverebbe insieme utilità, e sollievo; non tacendo essere questi parimenti il tempo in cui i fanciulli ebrei che inclinano alla professione rabbinica, possono accoppiare a tutti quegli studj letterarj le lezioni misniche, e talmudiche, così pure che la cognizione de' più insigni Commentatori della scrittura Kimhi, Jarki, Maimonide, Abenesdra, Abravanel, e alcuni altri. Per compiere questo Corso di una, o di altra erudizione, noi assegneremo loro il periodo di Anni otto; ciò che farebbe due terze parti dell'adolescenza di tali fanciulli.

Quinta: l'ultima sarà questa delle classificazioni, sotto le quali abbiamo ridotta la pratica del nostro nuovo metodo di educazione universale. Ora già più non si tratta di elementari principj, nè di superficiali rudimenti; lo studente pervenuto agli anni venti due di sua età, corredato di tutte quelle amene, utili, ed interessanti cognizioni, apprese nelle tante varie Lezioni gradatamente decorse, gli uni sdegna come inutili, rigetta come spregevoli gli altri, e niente adatte ad occuparlo; aprirsi ei mira sotto il di lui passo il teatro incommensurabile dell'umana sapienza; ardito esso innoltravi allora lo sguardo indagatore, ed ampliamente ritrova di che inalzarsi sopra se stesso, e pascolare con profusione lo spirito, e il Cuore; le matematiche, l'astronomia, la fisica, la chimica; la storia naturale, l'etica razionale, purchè metodicamente coltivate, faranno dello studente uno scienziato egregio, un filosofo distinto, ed aggiugnendo a queste scienze le Instituzioni mediche, la notomia, la botanica, queste lo renderanno successivamente un perito medico teorico, ed un clinico perfetto; gli esercizi pratici, e regolari di una parte di queste scienze coll'ostetricia unite, ne faranno un abile chirurgo; inclinando esso poi alla Giurisprudenza, gli s'insegnerà il diritto Civile, e canonico, le pandette, l'arte notarile, ed una breve teorica, e pratica criminale, il tutto sul piede, e sulla formula del Codice, e delle Leggi patrie. La diplomatica, e l'economia pubblica finalmente, lo formeranno un esimio ministro di stato, un accorto, sottile, ed ottimo Governante di Città, o di Provincia.

Il vasto metodo da noi fin quì delineato non ha per iscopo che schiarircidimostrarci delle idee troppo generali, ed assai profonde sul sistema regolare da tenersi periodicamente co' fanciulli dalla prima loro infanzia fino allo stato virile in cui essi dovranno stimolati, dal proprio loro intimo declivio, eleggersi diffinitivamente una professione, o religiosa, o civile, o politica, o militare: ma questo metodo, per altro, quantunque sufficientemente vantaggioso per se stesso, ha duopo frattanto di un regolamento determinato, non meno per quanto concerne la distribuzione delle materie didascaliche, le quali debbono costituire le ingerenze analoghe spettanti ad ogni Professione, che per tutto ciò che riguarda la solida Instituzione delle scuole, i fondi necessarj, ed intangibili, per conservarle, e la congrua esatta disciplina per dirigerle, ed ordinarle.

Ecco propriamente ciò che più di ogni altr'oggetto si richiede ora necessario per giugnere felicemente al propostoci disegno, qual è quello d'imprimere nelle menti de' fanciulli ebrei, per quanto è in poter nostro, de' principj sistematici di radicata Coltura, e di scelta morale, a scapito de' moltiplici funesti pregiudizj che hanno tentato sempre, e ovunque di allontanarveli.

(42) A detto de' moralisti i mali dello spirito riescono tante volte per l'uomo assai più molesti delle malattie fisiche medesime, le quali sovente altro non sono che l'immediata conseguenza di quelli: quindi è per ciò chiaramente provato che la nostra infelicità nasce da' primi più che da queste; massime quando la Religione v'ha qualche influenza: noi non istiamo quasi mai con noi medesimi, non esistiamo presso che mai nel momento pressante. L'immaginazione ci tiene assiduamente sempre occupati fuori di noi, nel passato, o nell'avvenire: ecco infatti la positiva origine de' nostri mali morali; ed il più efficace rimedio che i filosofi vi assegnano si è di richiamare l'animo travviato dall'immaginazione alla sensazione fisica degli affetti. In tal guisa l'abbacinata fantasia dell'uomo ritroverà essa pure un antidoto possente contro i malefici prestigj di una supposta Religione.

(43) Il lungo spazio di venti anni completi di ammaestramenti scientifici, e letterari esercitati da me nelle più ragguardevoli città dell'Italia, mi hanno renduta questa verità come troppo espressamente dimostrata. Tutte le mie più accurate diligenze usate assiduamente per il progresso de' giovani di cui la prima educazione fu la più negligentata, mi riuscirono sempre inutili, e del pari sarebbero esse riuscite inconcludenti se quelli avessero avuti anche per istitutori gli stessi Quintiliano, Dalembert, Fenelon, o Condillac; gli enormi difetti che l'ignoranza crassa de' primi loro maestri, e l'apatia riprovabile de' propri loro genitori hanno fatto ad essi miseramente contrarre, riprodurre si vedrebbero incessantemente in mezzo delle salutari lezioni di questi celebri precettori nella guisa medesima che io vedea riprodursi fatalmente ad ogni istante nelle mie, senza rimedio di reprimerli, nè di allontanarli.

(44) Tutti coloro che hanno tentato di riformare il Culto ed i Costumi degli ebrei si sono in ogni tempo attirati l'odio, e l'anatema di questi senza speranza di riconciliazione, e finirono in ultima col desistere da un impresa, che riconoscevano del tutto inutile, e di un esito infelice, e restarne interamente segregati, come avvenne appunto alla setta de' Caraiti, allo Spinosa, ed a vari altri.

(45) Non si è difensore della verità, dice S. Ambrogio, se dal primo istante che ci è accordata la grazia di ravvisarla, di conoscerla non assumiamo l'impegno commendevole di propalarla fra gli uomini senza riguardovergogna, nè timore: Ille veritatis defensor esse debet qui cum recté sentit loqui non metuit nec erubescit.

Infatti qual dono funesto per l'essere umano sarebbe mai la verità, s'essa non fosse sempre buona a dirsi? Quale appannaggio superfluo riuscirebbe la ragione, se questa fosse fatta per essere cattivata, o subordinata, e non sarebbe un degradare enormemente la specie umana, volendo sostenere sì ripugnanti, e sì assurdi principj? Credere che v'ha delle verità ch'è meglio lasciare eternamente sepolte nel seno della natura, che produrle al chiaro giorno, è lo stesso che favoreggiare l'errore, la barbarie, e l'ignoranza.

(46) Il più leggiadro, ed il primo Drammatico dell'Italia (Metastasio) disse con sublime ingegno

Inutilmente nacque

chi sol vive a sostegno

Sia di ciò la verità, a che mai servirebbero tutte le cognizioni le più profonde, tutti i talenti ancora più elevati che potesse l'uomo d'altronde fondatamente vantare, s'egli non impiegasse gli uni ad illuminare i suoi simili, e le altre ad instruirli, e restandosene spettatore neghittoso de' loro smarrimenti non cercasse la via la più pronta e la più sicura di sottrarveli? Ce serait souvent manquer essentiellement à la société que devoir les hommes s'enfouir dans le gouffre des erreurs, sans les soustraire, & les detromper; ci lasciarono scritto i più insigni filosofi del mondo. Quindi è che io presi coraggio di porre sotto gli occhi de' miei connazionali tutto ciò che ho creduto efficace a potere contribuire al loro meglioramento, e imperturbabile, non già perchè io mi reputi il più illuminato fra quelli nè dotato di entrambi gli accennati requisiti necessarj per condurre ad ottimo fine una sì ardua impresa; questo mostruoso egoismo fu sempre mai ripugnante al mio cuore, come affatto straniere alla mia mente, ma indotto dalla sola ragione di conoscere per isperienza quanto basta i loro inveterati travviamenti a questo riguardo.

(47) Sono ben pochi quegli uomini, osserva ingegnosamente Elvezio, co' quali la provvida natura sia stata così tiranna di non lasciare loro la capacità conveniente di potere liberamente spiccare nell'una, ovvero nell'altra scienza. Non si può di proposito negare esservi in qualunque mente umana una certa piega, o inerenza per le cognizioni scientifiche, che con agevole maniera può essa da uno studio regolare, scortato già da solidi principj ricevere accrescimento, ed attenzione.

Quindi si può con qualche probabilità fondatamente dedurre che l'ineguaglianza di spirito, che sovente sembra di rimarcare nella varia specie degli uomini, non dipenda d'altra parte se non che o dal Governo più o meno saggio, e illuminato al quale sono sommessi, o dal clima che respirano, o dal secolo più o meno colto in cui nascono, o dall'istruttiva educazione ottima, o perniciosa che loro viene somministrata, o dalla brama più, o meno intensa che hanno essi di distinguersi nella società, o dalle idee più, o meno vaste, e feconde delle quali formano i medesimi l'oggetto principale di ogni loro studio, ed il primo luogo delle loro più assidue meditazioni. Tali sono le cause che si possono assegnare alla diversità de' progressi dell'uomo.

(48) Tutte le opere di Salomone pervenute oggi fino a noi si riducono alla Cantica de' Cantici, agli esempi, o proverbi, e all'eclesiaste. Ma essendo esso quale rappresentato ci viene dalla scrittura, il più scienziato di tutti gli uomini, così per grazia speciale accordatagli prodigiosamente dall'Essere Supremo, non pare verosimile che i suoi scritti si limitassero a sì poco soggetto: e infatti i Rabbini, siccome ancora i Dottori cristiani sostengono d'accordo, che avendo Salomone conseguita da Dio la scienza infusa, egli dovea essere un uomo completamente versato nella scienza universale della natura, e in quella del Cielo, e della terra; e per conseguenza esso dee avere scritto sulle piante, e le loro virtù medicinali, sulla medicina, sull'astronomia, sulla fisica, sulle matematiche, nel modo che il libro de' Re ne fa espressa menzione; ma che le infauste crisi moltiplici, alle quali soggiacque il Popolo ebreo durante la serie complicata de' secoli decorsi da questo monarca fino al presente, avranno senza dubbio, fatto smarrire quelle utili, ed interessanti produzioni. Essi gli attribuiscono ancora l'arte di espellere i de[mo]nj, in maniera c'essi più non ritornassero fra gli uomini; e Flavio rapporta (antich. Lib. VIII. Cap. II p. 257) che un certo nomato Ezechiello cacciava i demoni alla presenza di Vespasiano, col mezzo di una radica che diceva indicata dallo stesso Salomone per tal effetto; esso recitava in seguito i sortilegj immaginati da questo Principe, e il demonio più allora non compariva; e così che sedotti da questo pregiudizio gli ebrei, ed i cristiani gli attribuiscono la clavicola, dove sono contenuti i segreti di questa grand arte cabalistica.

(49) Recherà forse ad alcuni stupore, come pervenuti alla terza classe, io non abbia fatto ancora menzione di sorte alcuna dello studio, e dell'applicazione della lingua greca, e latina, dopo di avere insinuato quello delle lingue dotte. Questo silenzio non dee già ripetersi per che io consideri tale applicazione come inutile, o indifferente; ma per che io la riguardo avanti l'indicata età presso che del tutto sterile, inconseguente, e per lo più di un incerto successo, massime col metodo lunghissimo, e tormentoso, che a scapito della gioventù si tiene attualmente per insegnarle nelle scuole dell'Italia; a quale disegno di fare stancare miseramente un debile fanciullo i tre o quattro cinque o sei migliori anni della sua età verdeggiante sullo studio di due Lingue, che non giugne in verun tempo a possedere a perfezione (e se gli esempi in contrario ve n'ha, questi si annoverano a dito) sia per che mancagli l'esercizio per poterle familiarmente coltivare nel Commercio della società, sia per l'indole della costruzione delle medesime e specialmente dell'ultima sì vasta, e sì complicata che adattabile non è a verun altra? Questa penosa applicazione noi abbiamo dunque stimato stimato dunque opportuno riserbarla all'età dell'adolescenza, come la più capace a ritenere, e la meno sensibile a soffrire.

(50) Se le determinazioni alle quali appigliasi, per l'ordinario, un fanciullo dipendono talvolta dal proprio genio, e da quel recondito declivio che in esso infonde la natura, quelle procedono frequentemente dall'arbitraria volontà de' propri genitori che prescrivono fortuitamente i destini de' loro figli, avanti ch'essi manifestino veruna specie d'inclinazione. Quindi è che noi veggiamo si sovente nella carriera dell'uomo tante professione male esercitate, innumerabili talenti soffocati, o resi inutili, tante braccia che sarebbero per molte parti proficue oltre modo alla società ridotte inerti; in somma un affluenza incalcolabile di malcontenti, o sventurati, per avere, come si disse equivocata, o male intesa la vocazione della natura. Qualche volta n'è cagione la sordida avarizia de' respettivi genitori, e sovente dall'ambizione, o dal fanatismo de' medesimi un inconveniente sì pernicioso giustamente si ripete.

Cap. VII.

Seguito del medesimo Soggetto: Vantaggi della pubblica educazione sulla particolare: Regolamento generale per la fondazione di un nuovo Instituto elementare per i fanciulli Israeliti

Dopo tutto ciò che tante celebri penne hanno dottamente dissertato sulla preferenza notabile di una pubblica educazione morale a qualunque domestica Instituzione particolare, cosa mai aggiugnere io potrei per farne risentire i moltiplici evidenti vantaggi, per dimostrarne l'importanza di gran lunga preponderante che ha quella, per ogni riguardo sopra questa? uno de' più rimarcabili vantaggi che si può ritrarre dalla prima si è, senza dubbio, quell'intensa emulazione ch'essa misura; il più sicuro mezzo di alimentare l'amore de' talenti, e della virtù, comparando il fanciullo gli uni, e le altre con quelle ch'esso per esperienza riconosce allignare ne' suoi propri condiscepoli (51); mezzo che assolutamente gli verrebbe a mancare nella seconda infatti come prenderebb'egli fra i vezzi di una madre, la condiscendenza di un padre, i riguardi di un precettore, la sommissiome de' domestici, un risoluto gusto per la fatica, e per il metodo ne' suoi studj; come ritrovarvi quello stimolo possente che scuote le anime, e le svelle alla loro naturale inerzia, che forma gli uomini eroi, ed i sapienti; in una parola, come mai l'emulazione si farebb'ella sentire nel Cuore di un fanciullo, il quale non ha nella Casa paterna nè un rivale a superare nè un concorrente a temere? Un proposito stesso non solo può tenergli sullo studio delle scienze in generale; ma esso dee inoltre applicarsi all'Esercizio parimenti delle arti: infatti, in quale languore brutale non ricadrebbero esse mai, privandole di ciò che potrebbe farle solo esaltare nella società; cosa diverebbe mai ogni talento, ogni sforzo, ed ogni zelo umano, senza l'efficace incoraggiamento dell'emulazione? L'Intelligenza, e l'industria retrograderebbero a passo di gigante verso la culla de' loro grossolani saggi primitivi, e quanti altri inconvenienti non se ne risulterebbero ancora (52)? Dove rivolgere mai lo stato si potrebbe per ritrovare Ingegneri esatti, accorti militari, nautici esperti de' quali ha esso sì estremo bisogno per mantenere il suo decoro, per suo sostegno, e sua difesa, se gli studi necessari a questi utili soggetti fossero stati fatti sotto gli occhi de' propri genitori, testa a testa con un solo Professore domiciliario, ed anche molti? Non avvi che il penetrante esempio altrui che lanci, per così dire, gli alunni nel sentiere delle scienze, e delle più elevate cognizioni, che faccia loro superare qualunque ostacolo che vi si opponga, e gl'incammini a gran passi verso la gloria: non abbiamo che gettare uno sguardo sulle scuole pubbliche nelle quali s'insegna le cognizioni utili, e necessarie al servizio della patria per restare ampliamente convinti non esservi alcuna cosa da potervi surrogare in vece dell'emulazione che vi regna, onde riportarne sicuramente identici successi con eguale celerità (53).

Un altro vantaggio, non meno certo che salutare del primo si è l'intelligenza de' Professori, la quale difficilmente si spiegherebbe in tutta la sua energia, e vastità esternandosi ad un solo scolare sotto il tetto paterno nella breve lezione di un ora per giorno fossero anche due.

L'ultimo, che vale forse per tutti si è l'urbanità che vi s'impegna, il metodo che vi si tiene, la fermezza che vi si conserva, ed altri simili requisiti, che la domestica educazione potrebbe raramente garantire, almeno per lungo tempo, e ciò per due efficaci motivi; il primo per che l'Istruzione domestica, come lo pensa Elvezio, non inspira mai un deciso coraggio; infatti i genitori solo interessati più del fisico che del morale del fanciullo temono di stancarlo coll'applicazione sedentaria, e non si occupano che della conservazione meramente del di lui Corpo con detrimento del suo spirito, ed a spese de' suoi studj; e ciò che v'ha qui di peggio si è ch'essi defferiscono a tutti i suoi puerili capricci, dando a questa vile compiacenza il falso titolo di amore paterno; il secondo, per che nè i metodi regolari in proposito di studio, e di coltura si possono giammai tenere privatamente atteso il tempo, e la diligenza che si richiede nel comunicarli, nè la politezza de' Costumi verrà insinuata giammai completamente a' fanciulli nella stessa loro abitazione, e alla presenza de' loro propri genitori (54).

Tale è dunque l'utilità radicale che ricavare noi realmente possiamo dalla pubblica Istruzione, e tali sono, in una parola gl'imponenti motivi che sempre mai la renderanno in ogni maniera preferibile a qualunque siasi educazione particolare, anche la più assidua che immaginare possiamo, la più metodica, e la più istruttiva.

Ma tutti questi edificanti vantaggi per che mai non furono essi qualche volta partecipati all'ebreo, per che non gli hanno i figli d'Israel in alcun tempo risentiti? Eppure ovunque esistono de['] pubblici Licei, e de' Collegi dove chiunque può concorrere a suo migliore piacere a profittarvi; ma d'altronde quale giovamento recavano e gli uni, e gli altri mai agli altri sventurati fanciulli di questa nazione, accostumati a riguardare con ripugnanza qualunque Instituzione sociale che avesse potuto allontanarli da certe superstiziose cerimonie, e da quello strano metodo di vita a cui furono tenacemente attaccati dal primo istante che cominciarono ad esistere, e a pensare? E l'accanito disprezzo con cui sarebbero stati quelli riguardati anche dagli altri alunni concorrenti malignamente impressionati da' rispettivi loro genitori contro il solo nome, ed il carattere di ebreo, non dovea essere questo al loro speciale riguardo un motivo sufficiente di più per considerare con orrore la religione di tali Condiscepoli (55)?

Ecco probabilmente quali furono gli ostacoli funesti che impedirono già ne' tempi andati i fanciulli ebrei di profittare de' vantaggi moltiplici che dimostrammo ritrarsi da' pubblici Instituti, ostacoli che saranno eternamente ineluttabili fino a tanto che il metodo ripugnante dell'odierna educazione morale rigenerato non venga completamente da noi sulle basi radicali già fissate, e per il Culto, e per l'Istruzione, e pe' Costumi (56).

Ma siccome non avvi male nella natura, al detto de' moralisti, senza qualche opportuno rimedio, così quello che applicare noi possiamo con successo a questo pernicioso inconveniente, sarebbe un fondato stabilimento di pubblica Istruzione destinato per i soli fanciulli ebrei, dove questi potessero attignere, senza detrimento del Culto, nè timore di cristiana persecuzione, tutto ciò che si rende al grado massimo necessario per illuminare la mente delle verità più interessanti, e ad un tempo medesimo corredare lo spirito delle più proficue, ed erudite cognizioni (57).

Un Instituto di tale natura potrebbe dunque fissarsi nel centro di ogni capo luogo di Dipartimento. Un vasto locale dovrebbe esservi destinato a simile importante stabilimento che potesse contenere tante camere segregate quante saranno le Classificazioni de' generi di studi che vi si dovrebbero insegnare; cioè quelle altrove riportate nella pratica del metodo già descritto nel Capitolo antecedente, eccettuatead eccezione però dell'ultima la quale non può appartenere a questo nostro nuovo stabilimento, giacchè le scienze che vi si racchiudono debbono essere di spettanza unicamente della prima Scuola del paese, quale sarebbe la pubblica università. Quattro Professori mi sembrerebbero forse bastanti per compiere esattamente tutti gli studi che comprendono le cinque testè indicate classi, oltre però un maestro per ogni dodici alunni, destinato ad insegnare i principj elementari di scrittura, e lettura ebraica, e volgare, con una nitida Caligrafia di purgata pronuncia, e delle prime operazioni di Aritmetica; notando altresì che in questa ultimainfima classe non dovrebbonsi ammettere i fanciulli dell'età minore di quattr'anni, nè maggiori di sette, nè trattenerli oltre i due anni.

Il primo Professore dovrà insegnare le Lingue viventi, cioè, l'Italiana, la francese, l'Inglese, la Tedesca, e la Spagnuola; esso detterà, e spiegherà inoltre Eloquenza Italiana, e francese, somministrerà i principj fondamentali della Poesia Italiana, ed i precetti della Poetica; egli potrebbe inoltre supplire all'istruzione della mitologia, senza la quale il linguaggio de' poeti riuscirà sempre un enigma, e per conseguenza del tutto impossibile ad intendersi. La di lui classe sarà aperta ore sei per ciascun giorno, eccetto soltanto il giorno di Sabato, e tutte le altre feste d'intero precetto disegnate nel nostro nuovo piano di Riforma.

Vi si assegnerà un secondo per lo studio della Religione in generale la di cui ingerenza sarà 1.º La chiara, e metodica spiegazione in Italiano (se non fosse possibile in francese) di tutte le preghiere che più sono usitate dagli ebrei; 2.º quella del Pentateuco, delle Profezie, e degli altri libri ammessi per canonici da noi; 3.º quella di alcune paragrafi più facili, come sarebbero i Commenti di Rascì, o Jarki, e quelli di Radak, o Kimhi; ed incaricando per tali urgenti lezioni qualche Rabbino colto, e perito nel ramo importantissimo dell'istruzione, esso potrebbe anche supplire all'ammaestramento di molti altri classici Commentatori ebrei, siccome pure alla spiegazione della misnah, e del Talmud. Quattr'ore periodiche del giorno dovrà una tale classe essere esposta agli alunni concorrenti colle medesime vacanze della prima.

L'ispezione del terzo Professore sarà l'insegnamento dell'Istoria antica, e moderna non meno sacra che profana, quello della Cosmografia, e della Geografia elementare, esso spiegherà nel temo medesimo la sfera Armillare, sviluppandone i tre sistemi differenti che fecero maggiore strepito nel mondo Letterario, cioè, quello di Tolomeo, quello di Copernico, e quello di Tico Brahe: lo studio della Lingua Latina, e quello della Lingua Greca potrebb'essere affidato a questa classe. Sei ore per giorno dovranno essere impiegate in tali amene didascaliche Lezioni.

L'assunto importantissimo d'investigare la verità e di comunicarla agli altri di regolare la vita umana, e perfezionare i suoi Costumi dovrà essere l'occupazione di un quarto Professore, il quale col metodo il più sicuro, e il più conciso sarà destinato all'insegnamento elementare dell'Etica Razionale, dell'arte critica, della Logica, delle Matematiche, e della Metafisica, con tutte le scienze astratte che vi si racchiudono; ma siccome abbiamo riconosciuto che queste filosofiche Instituzione riguardare non possono lo stabilimento da noi quivi fissato, così questi Professore potrà limitarsi a conferire a suoi alunni le nozioni meramente preliminari delle testè indicate scienze, rimettendone l'esercizio profondo, e universale, in tutta l'estensione della quale possono quelle essere suscettibili, alla sola pubblica università, unitamente alla storia naturale, alle fisiche, ed a tutte quelle altre scienze che ne derivano.

Tale è dunque il numero de' Professori de' quali dovrebbe comporsi questo nuovo Instituto Isralitico, eretto sotto i benefici possenti auspicj del nostro eccelso Monarca dalla cui augusta deliberazione dipenderà unicamente la nomina di quelli non meno che l'elezione di un Direttore (quale ingerenza potrebbe essere conferita al primo de' quattro destinati Professori al quale incumberà la vigilanza per l'esecuzione degli ordini nel metodo, e qualità delle Istruzioni da conferirsi a' giovani studenti, siccome ancora per fare loro eseguire gli essenziali doveri della Religione, e nel caso poi di malattia, di assenza, o di morte di questi, uno degli altri Professori ne compirà le veci provvisoriamente fino a tanto che venga dal Governo provveduto alla nuova Installazione di altro Direttore.

Ciascuno di si fatti Institutori, per tutto quello che riguarda le sue scientifiche, o didascaliche applicazioni dovrà avere terminato il di lui Corso co' rispettivi studenti della sua classe nell'intervallo tutto al più di un triennio durante il quale non si ammetteranno altre vacanze fuori di quelle già menzionate, ed un giorno per ogni settimana da fissarsi a comodo, e piacere de' medesimi Institutori. Nel termine di ogni anno tutte le scuole dovranno dare pubblicamente i loro saggi in quella materia che formò il soggetto dell'applicazione decorsa di quell'anno; vi si fisserà l'incoraggimento di emulazione solito a distribuirsi a coloro che più si distingueranno per talento, per genio, e per coltura (58); ed è solo in questo caso che il Direttore, dietro la fede del rispettivo Professore accorderà a quel tale studente un Certificato nelle forme, comprovante la di lui capacità, la sua morale ed i suoi irreprensibili Costumi; e con cui esso potrà quindi abilitarsi a passare da una in altra classe, e da questa infine alla grande università pubblica (la quale si potrebbe anche stabilire non doverlo accogliere in verun modo, se munito esso prima non fosse di un tale indispensabile documento) a compiere la sfera delle scienze delle quali egli non apprese che le sole nozioni superficiali, riportate da noi nella quarta classificazione del nostro metodo, e destinarsi a quel genere di vita, o professione alla quale più esso inclina. E ad oggetto di cimentare con successo migliore l'impegno de' figli d'Israel a profittare de' considerabili vantaggi che risulterebbero immediatamente da un simile Instituto, si potrebbe inoltre stabilire, che niuno fra questi potrà giammai aspirare fondatamente a verun grado nella società, nè conseguire avanzamenti nella patria di sorte alcuna durante la sua vita, s'egli non produce l'attestato autentico emanato da una, o da varie delle suddette scuole da cui apparisca la sua capacità in qualche ramo di amena Letteratura, sia nella cognizione di due lingue almeno, ovvero nel possesso di qualunque siasi altro ramo di proficua erudizione.

In quanto poi agli annui emolumenti da fissarsi a tali Professori, ed alle altre spese indispensabili da erogarsi per uso del medesimo Instituto, non meno gli uni che le altre potranno essere regolati della della maniera seguente:

 F. 2400. al Direttore dell'Instituto, e suo 1. Professore.
    4200. A' tre altri Professori, calcolati F. 1400. annui per ciascheduno.
     600. All'Instruttore di Caligrafia, di Lettura ebraica, e volgare, di Aritmetica &
     600. A due Inservienti Ispettori destinati a presedere alla pulizia ed al buon ordine delle scuole, in ragione di f. 300. annui per ciascheduno.
F. 7800.

Ciò che nella totalità monterebbe alla somma di F. 7800 la quale dovrebbe essere a carico de' più facoltosi ebrei di quel Dipartimento dove tali scuole si potrebbero fissare, che o quotizzandosi un tanto per ogni famiglia, o consecrando per una sol volta un fondo solido, e intangibile per il mantenimento di esso, e per la sua durabile conservazione, vedrebbero a grado a grado quest'utile quanto urgentissima stabilimento prendere possanza e vigore, con vantaggi considerabili, e decoro del Popolo d'Israel.

Per altro, non debbo io già ommettere di avvertire che una si fatta Instituzione non dovrebbe avere luogo se non se in quel Dipartimento laddove il numero degli ebrei abitanti eccedesse il numero di tre mila individui, ed il capo luogo di esso ne contenesse per lo meno la metà, giacchè quelli che contengono una quantità più modica, e più ristretta, o potrebbero unirsi con qualche altro Dipartimento limitrofo, ovvero limitare la sfera degli studj, attenendosi unicamente alle Istruzioni più utili, e più essenziali, come sarebbero le Lingue viventi, l'eloquenza, e la Geografia.

Eccoci finalmente pervenuti all'estremo termine delle nostre interessanti osservazioni sulla coltura de' fanciulli ebrei, a vantaggio de' quali sembrami di avere dimostrato quanto basta ne' Capitoli precedenti la necessità pressante ch'essi hanno d'istruirsi, e d'illuminarsi, e di scuotersi una volta da quel torpore macchinale in cui gemere fatalmente si veggono; ciò che riescire mai non vedremo fino a tanto che i pubblici stabilimenti de' quali parlammo non venghino eretti, e generalmente basati sul sistema che accennata abbiamo, e dove questa classe d'individui la più proficua, e la più interessante di ogni altra, cogli affluenti considerabili vantaggi che può la medesima per tante parti ricavarvi, possa felicemente giugnere ad illustrarsi un giorno nella società degli enti ragionevoli, e non essere mai più considerata come una frazione inutile della medesima.

E voi o uomini che superbi andate del soave attributo di genitori, l'opera memorabile da voi soli si compia, studiatene i doveri! Procurate, per quanto vi è possibile, di rendervi più degni di un tanto raro pregio di cui la natura volle fregiarvi; ma fino a quando mai vorrete voi essere sordi, ed insensibili al suo linguaggio penetrante? Consultatela di buon senno, e voi allora sentirete con quale improperio essa giustamente condanna la vostra insensibile negligenza intorno a ciò che relativamente a vostri propri figli più dovea per ogni motivo interessarvi. Se coll'avere solo gettati, per così dire, i primi germi elementari della loro macchina, se coll'averli soltanto generati, supponete di avere acquistato sopra di essi un merito reale, un assoluto patrocinio, erroneamente vi lusingate; con ciò presso che nulla voi avete operato in loro giovamento fino ad ora nulla essi debbono a voi, ma tutto alla natura; voi non vi contribuiste per la loro esistenza, che solo con un azione meramente organica, accidentale, cui lascerà sempre ambiguo il giudizio, se avesse per obbjetto la vostra sensuale concupiscenza, ovvero fosse diretta a procreare un ente ragionevole. Siate sensibili una volta per la porzione di voi medesimi procurate a' vostri figli una vita felice, adempiendo all'obbligo pressante che vi corre di bene educarli. Cessino infine di predominarvi l'avarizia, e il fanatismo nell'importante ricerca di saggi, colti, ed illuminati Professori (59); togliete da' vostri fattizj, e chimerici bisogni ciò di che possiate supplire all'educazione de vostri propri figli, e così vedrete voi rinascere in essi gli antichi luminari della discendenza d'Israel, che tanto degni si resero dell'ammirazione universale di tutti i popoli, altrimenti da quale acerbo rimorso non dovrà essere lacerata l'anima vostra un giorno allorchè fattosi avanti la tradita ragione, querula, e dolente vi farà tutti quanti impallidire co' suoi troppo fondati sensibili rimproveri? Giunga la sua voce salutare a scuotervi una volta da quel turpe letargo in cui la rea superstizione vi tiene sepolti, e fatevi a riflettere per tanto che un anima senza educazione è quale appunto sarebbe una gemma informe nella sua rozza cava, i di cui pregj peregrini restare dovranno sempre sepolti fino a tanto che la mano industre dell'opifice accorto ripulendone le deformità, purificandone ciò che v'ha di migliore, non ne scuopra tutto quanto vi si asconde di magnifico, e di raro, per quindi produrla a tutta quella nitida perfezione di cui può essere la medesima suscettibile: Infatti, quanti uomini celebri giacciono sovente palliati, o nascosti fra que' tanti regolarmente avviliti, e disprezzati, per che un ingiusta sorte fa loro avere la sembianza d'individui plebei i quali sarebbero forse un giorno riusciti uomini distinti o nelle scienze, o nelle arti, se l'industre esercizio di una istruttiva educazione gli avesse purificati e quindi prodotti felicemente al giorno (60). O Genitori! esclamerò, per ultimo, con Aristippo, ecco il più cospicuo, il più dovizioso, ed il più solido retaggio che voi possiate mai trasmettere un giorno a' vostri propri figli: esso di gran lunga più fermo, e più durevole di qualunque pingue ed opulente patrimonio, contrastato sovente da funesti inopinati avvenimenti, da avverse crisi, per che non può essere peribile giammai, nè può andare in alcun tempo soggetto a naufragio mentre non è mai suscettibile di ciechi imprevisti accidenti della sorte.

(51) L'emulazione, purchè sensatamente diretta, è la prima virtù morale dello Spirito umano, senza di essa i talenti languiscono nell'avvilimento, e nel torpore; con essa si rendono vasti, colti, e illuminati, nè alcun ostacolo dee essere capace a rallentarla; essa giova a' fanciulli, ed agli adulti, a' dotti, ed agli inscienti; la sola difficoltà consiste di sapere allontanare per tempo i malefici pregiudizj, e le passioni depravate che potrebbero sovente contaminare gli effetti consolanti, e salutari che dalle medesime assolutamente derivano.

(52) L'Istoria ci dice, che il celebre Licurgo non ha sdegnato di adottare da' Cretesi il loro famoso sistema di educazione Comune. Questo Legislatore profondo conosceva bene quali impressioni riceve il cuore dell'uomo da tutto ciò che lo circonda; esso avea esperimentato che i doveri praticati per abitudine diventano più forti allorchè vengono modellati sul percuotente esempio altrui; quindi è che ignorare ei non potea la somma importanza di questa vicendevole azione la quale fissata una volta fra gli uomini gli rende come surveglianti della condotta l'uno dell'altro, il modello, il precettore: Dans une éducation particulière, dice uno Scrittore illustre, un enfant lachement abandonné aux flatteries de ses parents, et de leurs esclaves se croit distingué de la foule, parcequ'il en est separé; dans l'éducation commune l'émulation est plus générale, les états s'égalisent, & se rapprochent; c'est là qu'un Jeune homme apprend chaque jour, à chaque instant, que le mérite & le talent peuvent seule donner une superieurité réelle. Voy. du Jeun. Anach. Cap. 6.

(53) C'est l'émulation, si potrebbe quì ripetere con Elvezio (De l'Hom. T. III. Cap. 6.) qui produit les genies, & c'est le desir de s'illustrer qui crée les talents; c'est du moment où l'amour de la gloire se fait sentir à l'homme, & se developpe en lui, qu'on peut dater les progrès de son esprit.

Ed io col soccorso dell'esperienza ho molto sovente rimarcato che la scienza dell'educazione altro per se stessa forse non è che la scienza di bene conoscere i mezzi ond'eccitare l'emulazione; tanto in teoria agevole a compirsi quanto ne riesce oltremodo ardua l'esecuzione.

(54) Varie sono, e discrepanti le opinioni degli eruditi per rapporto a questo importantissimo soggetto; v'ha chi pretende che l'educazione istruttiva che si dà pubblicamente ne' Collegi dee essere preferita a quella che ricevono i fanciulli privatamente nelle loro proprie case; e ve n'ha chi sostiene, al contrario, che la gioventù può ritrarre maggiore profitto dall'ultima che da quella; moltiplici sono alla verità i vantaggi solidi, che questa offre in preferenza dell'altra, ed i successi felici che risultare se ne videro sovente, concorrono ad avvalorare questa opinione, la quale è alla prima ovunque finalmente prevaluta: ma taluni, per altro, poco persuasi, o indifferenti a simili vantaggi, sono tenacemente attaccati all'uso di educare i propri figli nelle loro case, malgrado ne riconoscano la lentezza de' progressi, e il danno irreparabile che ne risulta contro di essi.

(55) È un barbaro costume generalmente inveterato nella cristianità d'imbevere i fanciulli appena cominciano ad intendere, ed a parlare delle massime le più detestabili contro l'ebreo in generale; quest'odio inesplicabile si trasmette da' padri a' figli, e in conseguenza da questi al linguaggio susseguente con lo stesso metodo, e accanimento con cui si fa da' medesimi tradizionalmente passare tutti que' prestigj religiosi de' quali restano un giorno essi pure le vittime, e ciò che di peggio ancora si è che il loro vano forsennato livore non solo si estende ad impressionare i propri figli contro il morale di esso, ma giugnere lo fanno fino a denigrarlo anche nel fisico, rappresentandolo come un essere straordinario, un mostro di natura: non è tutto al più che un mezzo secolo da quando l'imbecille spagnuolo, ed il truce portoghese delineavano la figura di un Israelita a' propri figli un animale bipede con lunga coda pendente nell'estremità delle reni. Se il Cattolico romano poi delle nostre parti non delinea oggi l'ebreo con tale arnese, esso tenta di ogni mezzo per avvilirlo, e renderlo il più spregevole degli esseri umani, ciò che noi metteremo al più chiaro giorno, con orrore, ne' Capitoli seguenti.

(56) Fino a tanto che l'uomo dovrà sempre lottare contro i perniciosi errori di una depravata educazione di genitori fanatici, e ignoranti, o contro le viziose lezioni di stolti, o malpratici maestri, qualunque progetto di riforma, sia alla parte dell'Istruzione, sia relativamente a quella del Culto, che si potrebbe presentargli, saranno affatto inutili per esso, ed egli finirà, in ultimo, coll'esserne il bersaglio, se non si procura, per tempo, di svellerlo al baratro di quella, e di sostituire a queste i sublimi ammaestramenti di una sana instruttiva educazione.

(57) Siccome niente avvi assolutamente che più sia capace di paralizzare lo spirito umano di ciò che lo è il disprezzo che dimostrasi per esso, e la persecuzione irrazionale che si esercita sovente contro di quello, così fino a tanto che gli uomini dalla loro parte, divenuti meno superstiziosi, e più illuminati, non si determinino d'accordo ad usare coll'ebreo un trattamento più equo, più sociale, più fraterno, indarno spereranno di vedere sostituire a' pregiudizj di questo popolo i lumi, e le virtù necessarie per metterlo a livello delle nazioni le più colte, le più distinte a cui esso potrebbe fondatamente aspirare, se lasciare ei si vedesse libero il campo all'esercizio del suo Culto, ed alla coltivazione de' suoi talenti, poich'egli è ormai riconosciuto da infinite prove convincenti che solo da una vasta latitudine accordata non meno all'uno, che all'altra, noi possiamo aspettare la solida permanente Rigenerazione del Popolo d'Israel.

(58) Due sorta di prezzi relativamente all'emulazione possono distinguersi molto efficaci ad eccitare i desideri dell'uomo; cioè, la stima di se stesso, ed il suffragio degli altri, quella è il primo de' beni, e l'istromento essenziale della felicità, ma il di cui valore inestimabile non è conosciuto che dal più tenue numero, e l'emulazione ch'essa inspira è soltanto quella de' saggi; questa ha un impero maggiore sulla generalità degli uomini. Da questa potenza dell'ascendente dell'opinione (come lo rimarca un dotto moderno), risulta che l'emulazione ch'esso dà è assai più generale; che la medesima si dilata sopra un orizzonte più vasto; ch'essa è molto più adeguata a sviluppare detagliatamente le passioni comuni, ed insieme le interne tendenze ordinarie dell'uomo sociale. (Ess. sur l'Emulat. Chap. 1.)

(59) Se i genitori non possono per eglino medesimi dar a' propri figli quella instruttiva educazione della quale abbisognano, ad esempio di Paolo Emilio, di Crisippo, di Lefebre, e di vari altri, atteso che per loro fatale disgrazia la massima parte di essi più de' propri figli sarebbe in circostanza di essere educata, mentre vive in una crassa ignoranza eziandio de' propri doveri; ma non posso d'altronde astenermi dal condannare quale opposto alle Leggi della natura, ed oltremodo esecrabile l'idea che da taluni, per qualche loro abominevole disegno si reputa vantaggiosa, qual'è quello di mantenere sepolto lo spirito di un fanciullo per otto e dieci anni ancora entro il vortice di una totale ignoranza, e scevro interamente ancora della benchè minima superficiale nozione di lettura, o di scrittura; indi affidare l'educazione di esso forse per altrettanti anni alla stupida insofficienza di un ignaro pedante dal di cui abominevole insegnamento la tradita gioventù sorte assai peggiore di ciò ch'essa era quando vi è entrata, per che unitamente agli assurdi che la medesima vi contrae, s'imbeve ancora di vizj che difficilmente giugne a cancellare. E quale di questa ritrovare si può mai cecità più deplorabile! E ben vero che il grato prezzo rende più triviali e più comuni le cose le più rare; ma un calcolo sì stravagante non si fa in simile caso che da uomini all'eccesso ignoranti unicamente i quali non potendo giugnere a conoscere il grave nocumento che apporta un simile risparmio a' propri figli, giusta l'acuta sentenza di un dotto Inglese, cadono insieme co' medesimi nel baratro il più orrido, e inevitabile: Some persons employ such masters as these to save expenses, others for want of knowing them: ed indi conchiud'esso giustamente: These are blind people who suffer themselves to be led by others, that are also blind, and all of them fall down the precipice together. Johnson's Works.

Si può egli mai fare in poche parole un ritratto più genuino, e più veritiero dell'educazione depravata che usualmente si conferisce dalla massima parte de' genitori de' nostri tempi?

(60) Io credo di potere con ogni fondamento assicurare dice Montagne (Ess. IV.) che di Cento individui v'ha più di novanta che sono ciò ch'essi sono morigerati, o viziosj; inutili, o proficui al consorzio degli uomini; dotti, o ignoranti finalmente in rapporto all'ottima, o depravata educazione morale che hanno essi ricevuta. Se così è dunque solo da questa unicamente dipende la discrepanza notabile rimarcata fra i medesimi e sia ch'essa tende alla parte della virtù, o a quella della depravazione, non dobbiamo ripeterci l'assoluta cagione solo che da noi stessi che ne siamo gli autori. Per altro, se fosse vero, come lo pretende alcuno, che l'organizzazione contribuisce il più a farci quasi in intero ciò che noi siamo, non vi sarebbe certamente allora un motivo adeguati di rimproverare a' genitori la stupidità de' propri loro figli, nè al maestro l'ignoranza de' suoi respettivi alunni; mentre sopra quale fondata base imputare all'istruzione il torto che ripetere unicamente dovremmo dalla sola natura? Indotti che noi siamo per necessità ad ammettere un si fatto principio, come negarne di proposito la conseguenza immediata? Ma il più delle volte l'esperienza stessa concorre a dimostrarci del tutto erroneamente, il principio, ed affatto inverosimile la presunta deduzione.

Cap. VIII.

L'Intolleranza di alcune Leggi, e la superstizione di certi popoli, hanno entrambe fin qui sempre delusi gli sforzi della filosofia ad un tale riguardo.

È cosa ormai troppo generalmente esperimentata che l'ignoranza, e la schiavitù sono fatte per rendere gli uomini ad un tempo medesimo perversi, e disgraziati; siccome l'esperienza concorre parimenti a dimostrarci, che le scienze, la ragione, e l'amplia libertà delle Coscienze possono sole emendare i loro errori, e renderli felici. Ma quando si troncano loro i mezzi di avanzarsi nell'una, di usare dell'altra, di profittare dell'ultima, a che servono mai le risorse de' talenti i più elevati, nè lo stimolo ancora il più pressante di qualunque perspicace disposizione, sia per correggere i propri travviamenti, sia per aspirare al solido possesso di una felicità imperturbabile? Noi fin quì, per reiterate volte riprovammo, è vero, la depravata educazione dell'ebreo Italiano specialmente, la sua ripugnanza per le scienze, e la torpida pigrizia che desso apparve sempre dimostrare per lo sviluppo delle sue proprie facoltà intellettuali; ma dicasi di grazia francamente la genuina colpa che gli fa essere tali, è dessa forse tutta di questi? E quando ancora l'individuo Israelita mostrato avesse qualunque forte declivio per coltivare i suoi talenti, e illuminare il suo spirito, i quale maniera avrebb'esso potuto effettuarlo giammai con ottimo successo? Ogni specie di scuola di scienze, o di arti liberali era chiusa per esso lui, qualunque Letteraria Instituzione gli era vietata, per tutto ei non trovava che ostacoli tenaci e ineluttabili tendenti ad abrutirlo, ed a farlo allontanare dall'acquisto di quelle utili, e necessarie cognizioni che ogni ente dotato di ragione ha diritto di pretendervi. E se anche qualche ebreo dovizioso avido di fare instruire i propri figli avesse tentato in parte superarli, provvedendosi di un abile maestro nella propria sua casa, quanti altri disordini non gli restavano a riparare, quanti funesti argini a vincere? O il metodo delle sue lezioni era inesatto o esso procurava malignamente di tenere allo scuro l'infelice scolare delle cognizioni le più urgenti ad acquisire, e le più proficue a ritenere; o egli usava di ogni artifizio proditorio per indurlo, o colla persuasione, o colla violenza, o coll'inganno ad abjurare la religione de' suoi avi, ed attirarlo quindi alla sua fede (61); aveano un bel declamare d'accordo la filosofia, e la natura contro questi abusi tirannici, esecrabili, antisociali; essi erano frattanto autorizzati, e protetti dalle barbare leggi che gli facevano, con violenza ovunque valere: si sa bene, d'altronde, che il sovrano forma il popolo, e le leggi fanno i suoi Costumi (62).

E quale meraviglia dunque se gli ebrei a' quali un barbaro destino avea dato per patria il Piemonte, Modena, la Romagna, il Parmigiano, o qualche altro angolo tenebroso dell'Italia, erano sì alieni dallo studio delle scienze, si poco inerenti alla coltura dello spirito, ma tutti dediti, al contrario, al lucro, al Commercio, e sovente forse anche all'usura. E come potevano quelli mai non essere tali, soggetti quali gli erano agl'infamanti statuti de' superstiziosi regnanti di Savoia, alle condizioni antisociali della sede apostolica romana, ed alle insensate Leggi degradanti di vari altri regoluzzi dell'Italia? Perche mai gli ebrei, non dirò già i Francesi, gl'Inglesi, i Tedeschi, i Prussiani, e gli Olandesi i quali hanno la felicità di vivere sotto que' limpidi Cieli dove non alligna giammai quella densa caligine da cui mirasi adombrato fatalmente l'orizzonte dell'Italia; ma gli ebrei abitatori della Toscana contano fra essi anche a' nostri giorni de' medici periti, degli abili chirurgi, degli energici poeti, degli ottimi Letterati che inutilmente si cercherebbero fra gli altri? Ciò avviene per che questi avevano per loro sovrano un Leopoldo il quale conoscendo perfettamente l'intimo prezzo dell'umana ragione, e convinto che unicamente sullo sviluppo di essa è basata la vera gloria del Regnante, e la felicità del vassallo, ricusare non le potea i suoi diritti qualunque ne fosse il possessore sia che si nomasse Giovanni, opure Abramo; quando gli altri all'opposto, ignorandone il valore, o prendendo la demenza per ragione, o la riguardando come superflua nell'ebreo, ovvero come affatto incapace di averne, chiunque fosse alieno, o separato dalla loro Comunione (63); e di ciò. Inoltre sotto quel Principe Filosofo, più dedito ad accrescere di proseliti alla virtù, che premuroso di reclutare anime per la fede (64), gli ebrei che avevano la sorte di essergli sudditi potevano chiamarsi Cittadini, quando, all'opposto, altro non erano che miseri abitanti tollerati sotto l'impotente regime degli altri zelanti devoti della vergine, e nemici accaniti del genere umano; sempre intenti ad usare di ogni mezzo che la violenza, e l'inganno potevano fornire affine di svellere l'individuo Israelita dalla credenza de' suoi progenitori, e da' ten[eri] amplessi dell'innocente sua famiglia di cui esso era la guida, ed il sostegno per farne un Catecumeno (vedi l'annot. 61.) E quale impressione dovevano mai fare gli esempi si funesti, e si ributtanti nell'animo de' popoli? Questi seguitavano certamente con macchinale sommissione le infami traccie medesime de' loro cristianissimi padroni. E allora che lo stendardo criminoso della superstizione, dell'Intolleranza, si spiegò impunemente contro quelli sventurati che gemere si facevano sotto le vessazioni le più crudeli, dopo di avere per infinite volte futilmente tentato di cancellarli dalla categoria di esseri umani, per renderli abrutiti come ci riuscirono, pur troppo in molte parti, ed in tante guise differenti (65).

Or in seguito delle innegabili verità esposte, quale fondata risorsa, domando, potrà dunque restare ad un orda sciagurata profuga, e dispersa quà, e là sulla superficie della terra, senza patria, senza amici, di cui l'industria era di continuo in lotta colle più acerrime calamitose peripezie, la virtù screditata, cambiati i costumi, ed i talenti sospetti (66)? E vi sarà egli ancora che osi ricercare di proposito, perche sì alieno apparisse l'ebreo Italiano fino ad oggi allo sviluppo delle sue proprie facoltà intellettuali, sì straniere cogli altri popoli, e sì poco merente al fasto, ed alla gloria? Se alcuno per accidente ve n'ha, rivolgere si potrebbe a tutte le differenti nazioni che abitano la terra presso le quali esso ritroverebbe agevolmente la positiva soluzione di simile problema, per tante replicate volte agitato, e tutta via oscuro, e impercettibile per l'uomo. D'altronde, troppo evidente, che l'intolleranza e la superstizione vi ebbero gran parte (67) se non ne furono almeno la sola, e l'immediata cagione (67).

Ma senza più oltre divagare col pensiere fra le ipotesi, e le congetture, che non tutte le volte ci conducono al vero; si può in ultimo conchiudere, col soccorso dell'esperienza, che rare volte inganna, che lo spirito di setta, per l'ordinario, non si alimenta che di oppressioni, e finisce coll'eccesso di esaltarsi in un trasporto di maniaco entusiasmo, e di pericoloso fanatismo, il quale sovente gli fa perdere infine in un istante tutti que' proseliti che lo snaturato suo zelo attirati avea nel suo grembo in dieci secoli. In prova convincente di questa verità io ne attesto le terribili dissenzioni scismatiche suscitate già ne' secoli decorsi da Nestorio, da Giuliano, da Arrio, da Hus, da Wiclef, da Lutero, da Calvino, e da pochi altri denominati apostati volgarmente, come in chiari sensi ho altrove dimostrato (A), i quali benchè altro non facessero a fondo che opporre assurdi nuovi a' vecchi assurdi, ridussero frattanto l'intero cattolicismo quasi all'estremo periodo di una totale irreparabile dissoluzione; questi scismi, dico, sarebbero essi mai forse accaduti, se i fautori del cristianesimo in vece di allarmarsi contro di essi, e le loro differenti opinioni, avessero tentato di persuadere gli uni colla ragione, convincere le altre con quello spirito di carità, e d'indulgenza, che sempre vollero esclusivamente attribuirsi, e che vantano sovente fino alla nausea, ne saprei per verità sopra quale base (68)? E l'Israelismo se predominato esso pure non fosse stato un tempo dalla smania esecrabile di persecuzione quanti scismi avrebbe un tal popolo soffocati ancora, quante dissenzioni prevenute che accelerarono infine la sua caduta estrema, e resero sì lungo tempo durabile nel mondo il suo triste avvilimento, e la sua penosa dispersione? Prescindendo da tanti scismi de' quali abbiamo diffusamente ragionato altrove (T. 1.) suscitati nell'antica sinagoga, la moderna potrebbe oggi annoverare un Ben Israel, un Ben Eliahu, un Uriel Accosta con tutta la vastissima Setta del Caraismo per la quale si dichiararono, e sovra di ogni altro essa vanterebbe attualmente il possesso di uno Spinosa che al pari de' Maimonidi, de' Chimhi, degli Abenesdra, degli Abravanel, e de' Menasse Ben Israel avrebbe consolidato il decoro di questo Popolo che l'ortodossa persecuzione dell'età dell'ignoranza faceva penuriare di uomini scienziati; ma le furibonde oppressioni degli stessi zelanti connazionali, alimentate dall'intolleranza rabbinica fecero perdere a quella nazione, unitamente a tanti celebri Letterati, il più insigne filosofo che avesse potuto giammai forse vantare dal secolo dell'Egregio Rambam fino al presente.

Dal che può illativamente dedursi quanto l'intolleranza resti delusa nelle insensate mire che si prefigge, e come avvenga ch'ella stessa inghiotta la massima parte della sua letale preparazione, poichè l'insana fierezza che la trascina ciecamente a violentare le opinioni degli uomini per renderli fautori del suo partito, gli allontana intieramente, non solo, ma gli trasforma sovente in atei, e gli fa presso che sempre miscredenti alla rinfusa di tutto, cioè, non meno di quello che abominare si dovrebbe, come pregiudicevole, o assurdo, che di ciò che ammettere ci è duopo come necessario, e salutare (69); nè dee recarci stupore che di tanto sia capace quell'orrida produzione dell'umana demenza, se ci faremo a riflettere anche di slancio che le opinioni fra gli uomini tanto più divengono forti, e dilatate, quanto sono più tenaci le persecuzioni che si esercitano per costringerli a rinunziarvi. Quale infame vittoria! Quali odiosi trofei (70)!

Ma se la religione (mi si permetta d'interrogarvi entrambi) come ciascuno di voi con tutta forza insiste, e come il filosofo stesso ne conviene di buon grado, non fu accordata agli uomini che ad oggetto solo di riunirli, donde dunque procede che dalla Religione medesima, veggiamo sorgere appunto quelle acerrime dissenzioni, e que' furibondi partiti che inaspriscono i cuori, che abrutiscono l'uomo, rendendolo sì sovente il manigoldo crudele del proprio suo simile, ed eternizzano fra i popoli lo spirito irascibili di astio, e di vendetta inconciliabili (71)? Inoltre oserei anche soggiugnere ammettendo, come dobbiamo, che una si fatta religione sia un dono assoluto dell'Autore della natura, per che dunque violentare uno straniere adottarla, mentre tale per se medesima essendo, impossibile gli riesce di sentirne la possanza, di apprezzarne l'intimo valore, di gustarne i vantaggi, senza l'immediata predilezione del donatore? A quale oggetto dunque sempre turbolenti e inquieti empiere il mondo di furori, e di eccessi per tormentare chi non vi nuoce, e per erigere l'edifizio di una setta sulle calamità di un altra, che se della vostra il caso la renderà forse più debole per ispignervi ella sarà senza dubbio, più forte per l'attaccamento a' suoi principj, per commiserarvi, e per soffrire con decisa inalterabile fermezza le vostre ingiurie? Non est religionis cogere religionem, quæ sponte suscipit debet, non vi: scrivea Tertulliano a Scapola governatore di Africa, il quale ferocemente perseguitava i Cristiani (72).

E quante altre ricerche di tale fatta non si potrebbero qui avanzare ad un simile proposito in eterna confusione de' perturbatori delle coscienze, e delle religiose opinioni? Se io mi proponessi di abbandonare il soggetto interessante di cui mi occupo attualmente ed in sua vece mi prefiggessi di rediggere quì l'Istoria spaventevole delle tante inumane persecuzioni che lo zelo irrazionale di un apparente religione ha fatto in ogni secolo suscitare nelle quattro parti dell'universo, vi si vedrebbe ora gli uni, ora gli altri, quando superbi, e quando vili, ma sempre feroci per sostenere la propria causa, perseguitati, e persecutori alternativamente (73): tanti filosofi distinti aveano un bel declamare contro questa massima detestabile, ad ogni riguardo, che fa fremere la natura; essi non erano ascoltati, e frattanto il cruento furore di persecuzione profondevasi ovunque, divenuto già era l'arbitro dominatore della terra, al di cui cenno solo illaqueato restava il cuore di ogni mortale; l'uso sterminatore infine, s'introdusse così generalmente in sistema, sul quale tutte le nazioni pretesero in seguito fondare i loro particolari diritti di dovere non solo sterminare i così detti da quelli apostati, cioè gli uomini che conoscono l'intima estimazione della ragione e che ne sono guidati, ma quelli altresì che osavano giustificarli, o che tentavano di risparmiarli alla falce crudele de' devoti che ne erano in agguato per mietere la preda, e quindi a braccio armato distruggersi l'una l'altra mutuamente senza idea di pietà, nè di riserva (74).

Mi si condoni, di grazia, una soverchia digressione, che la verità, e la giustizia mi eccitarono quì a dovere fare in loro tributo, onde rendere meglio contestato il grave torto che ad esse fanno sconsigliatamente i popoli della terra aggravando gli ebrei di que' difetti de' quali la minima colpa forse è la loro, altro questi non essendo realmente che l'opera dell'Intolleranza, e del fanatismo, che tutti gli spiega, e gli comprende: nous avons le pouvoir en mains, dice l'eloquente Mirabeau, nous l'avons toujours eu, c'etait donc, & c'est encore à nous à guerir le Juif de ses préjujés, qui sont notre ouvrage, en nous dégouillant des nôtres (Reflex. Polit. des Juifs. p. 71.). verità che infiniti esempi concorrono a provarci d'accordo, e che io propongo di rendere con evidenza più sensibile dimostrata ne' capitoli che debbono immediatamente seguitare.

(61) Fra le tante pratiche detestabili conosciute e autorizzate ne' secoli di barbarie, e d'ignoranza dal Cattolico romano specialmente sotto il Cielo dell'Italia, una si era quella di abilitare qualunque siasi persona di questa Setta a conferire a' non cattolici l'immersione batezzimale fin anche a' bambini entro la Culla. Infatti quante volte si vide in questa cristianissima regione i più oscuri individui dell'uno, ed altro sesso della feccia del popolo, ed anche i più ignoranti non solo, ma i più infami, e lordati di esecrabili delitti introdursi furtivamente nelle case degli ebrei con un ampollina di acqua mistica preparata per tale oggetto, e quindi battezzarvi a nome della Trinità i bambini anche nelle fascie: avevano un bel declamare Giovanni, Bernardo, Tertulliano, Lattanzio, ed il Gesuita Mariana, che Nihil tam est voluntarium quam religionem profiteri in qua, si animus adversus est, jam sublata, jam nulla est: volendo con ciò tutti d'accordo probabilmente inferire che la violenza forma i falsi devoti, non i veri credenti. Ma frattanto le pie istituzioni cristiane autorizzavano senza riserva si fatte violenze brutali, di cui cercherebbero invano le tracce presso que' popoli ancora che l'Istoria ci rappresenta i più feroci, ed i più insensati.

(62) Non v'ha che l'Istoria la quale possa dare a questo sentimento il grado di certezza che gli conviene; essa ci dimostra in mille foggie come il destino delle nazioni dal solo Carattere omogeneo del sovrano che le governa unicamente dipende, nella guisa che i costumi delle medesime saranno sempre ciò che vogliono le leggi alle quali sono quelle sottommesse. Perche mai i popoli della Spagna, e del Portogallo furono sempre, e si conservano tuttavia sì feroci, sì fanatici, e ignoranti? Ciò è per che tali erano appunto coloro da' quali erano essi quattr'anni avanti governati, e per che lo spirito delle loro antiche Leggi non era in massima rivolto che a confermarli viemaggiormente nello stato deplorabile medesimo in cui oggi si scorgono. Perche mai gl'Inglesi, ed i francesi sono attualmente le due nazioni le più civilizzate, e le più colte dell'universo? Quest'è per che i primi sono diretti da Leggi le quali non inspirano che lumi, tolleranza, e disinganno, e perchè gli altri sono felicemente governati da un monarca filosofo, che sarà sempre mai il modello de' Regnanti della terra, ed il più prezioso monumento de' secoli avvenire.

(63) Questo è un difetto che da uomo illuminato non può assolutamente compatirsi agl'Italiani senza indignazione; quando loro si parla di alcuni uomini scienziati, i quali si sono distinti superiormente in qualche ramo di coltura nell'una, od altra Città di Europa, essi non esitano tosto di ricercare se sono buoni apostolici romani, se sono pii, e zelanti ortodossi; ma se per avventura loro si dice, che questi sono Giansenisti, Riformati, arabi, o ebrei, allora presso di essi Le Clerk passa per uno stupido, Bayle un forsennato, Elvezio un mentitore, Averoe un visionario, e il rabbino Leon di Modena un ignorante; la loro fantasia sovvertita dall'illusione dal fanatismo gli trascina miseramente fino all'eccesso deplorabile di opinare che non solo non debbasi essere dotti, ed instruiti di sorte alcuna, non appartenendo alla loro setta, ma che non si possa avere senso comune da quando uno è straniere a' loro dogmi, e separato dalla loro Comunione. Quale orribile infamia!

(64) Tutta la Casa Medici di Toscana che precedette di circa mezzo secolo nella sovranità di quel Ducato Leopoldo di cui parliamo, non occupavasi di altro che di fare carpire de' bambini ebrei per battezzarli, ed in mancanza di questi essa non lasciava mezzo intentato, affine di attirare al medesimo partito non solo gli adulti, ed i provetti, ma ancora i più spregevoli individui di questa nazione i quali scevri affatto sovente di ogni mezzo di risorsa adescati dalle moltiplici lusinghe, promesse di lucro d'impieghi, o di onori che loro non mancavano di far sedotti da qualche tenue moneta che aveasi l'accortezza di offrire loro anticipatamente, cadevano finalmente a ricevere l'immersione battezimale: ma siccome non conosceva questa per base, che lo stimolo pressante del bisogno, o l'eccesso della disperazione, ovvero la remota speranza di un vantaggio futuro, così cessato il primo, instigata la seconda, e svanita la fiducia nell'ultimo, essi vi rinunziavano interamente, riassumendo il pubblico esercizio della loro credenza natia. E gl'innumerabili catecumeni che lo zelo fanatico di Ferdinando di Parma ha reclutati così p[ure] per la gregge apostolica romana non ebbero certamente un successo migliore.

(65) Prescindendo dal tirannico Decreto con cui il Re Sigebut obbligò gli ebrei domiciliati in Ispagna a farsi Cristiani sotto pena d'uscire dallo stato (Isid. Hispalens Chron pag. 396. 402. Concil. Tolet. IV. Can. 37. Quæst. 1.); e dall'altro non meno spietato di Dagobert 1. il quale risolvette di estirpare il Giudaismo dalla Francia, e comandò con pubblico editto che gli ebrei venissero battezzati, in difetto banditi con pena di morte, se più rientravano nel paese, e da tanti altri feroci Decreti simili, che non attentavano a meno che a distruggere onninamente dalla Categoria de' viventi il nome d'Israel, leggasi il Cap. IX. susseguente con tutte le annotazioni che vi si contengono e noi avremo sufficienti motivi di raccapricciare osservandoci a quale eccesso la barbarie degli uomini si lascia trucemente trasportare a tale riguardo.

(66) Non abbiamo che richiamare tutto ciò che a questo riguardo fu già da noi di proposito ragionato nella nostra Introduzione Preliminare per restarne quanto è duopo ampliamente convinti che gli ebrei in generale avranno in ogni epoca, e per tutto una giustificazione valida, e molto bene fondata della loro Condotta infaccia della società, in quella delle Leggi alle quali sono i medesimi soggetti, e nelle moltiplici barbare maniere differenti di procedere verso di loro di que' popoli fra i quali essi vivono.

(67) L'Intolleranza non va quasi mai disgiunta dalla superstizione; l'una forma la base della tirannia, l'alimento dell'altra è l'ignoranza; queste sono entrambe fra d'esse concordi, e inseparabili, per cospirare insieme la depravazione de' popoli, e lo sterminio della specie umana. Il popolo ebreo ha per lungo tempo risentiti sopra la terra gli orrori dell'una, e le calamità dell'altra; lo spirito persecutore che deriva da questa, non si vide mai allignare presso un popolo umano, colto, e sviluppato; siccome i sentimenti feroci che inspirati vengono da quella non furono mai l'appannaggio d'un monarca giusto, e illuminato. Federigo Secondo era filosofo, e per ciò il più tollerante de' sovrani: gli Spagnuoli, e i Portoghesi sono superstiziosi, e ignoranti e quindi nemici persecutori inesorabili di tutti coloro che non pensano com'essi, e per conseguenza i più intolleranti di tutti i popoli. In Prussia, in Batavia la prosapia d'Israel ritrovò protezioni, umanità, giustizia: in Ispagna, e in Portogallo, roghi, confische, proscrizioni, massacri. Io lascio a' sensati fautori della ragione il trarre le giuste induzioni da sì odioso confronto.

(A) ved. L. annot. 88. dl T. II. delle Not. Campe.

(68) La Religione degli ebrei Talmudisti de' nostri tempi è appunto ciò che era la Cattolica nel suo nascere. Allorchè i Cristiani erano in ristretto numero, ignoranti, poveri, e soggetti agli stati stranieri, non parlavano che d'umiltà, e di pazienza, non ispiravano che la tolleranza, ed il candore; ma dal momento che il loro numero si accrebbe, essi predicarono ferocemente ovunque l'intolleranza, divennero sanguinarj, ambiziosi, e inesorabili, come diverebbero precisamente gli ebrei, se ne avessero il necessario potere per eseguirlo: chi potrebbe in simile caso trattenere il loro accanito furore, e la loro religiosa intolleranza? Se gli ebrei potessero fare risorgere dalle tombe i loro unti teocratici antichi di quali eccessi religiosi non sarebbero essi mai capaci, specialmente contro i loro stessi connazionali, se alcuno fra questi vi fosse il quale dotato di lumi sufficienti tentasse di svellerli all'inganno e di rischiarare la loro abbacinata ragione? Si vedrebbero a mano armata combattere tutto ciò che potesse fare contrasto a' venefici progressi della loro superstizione nel modo appunto che i cattolici fecero al primo cambiamento propizio di loro Crise, allorchè col ferro, e coll'intrigo tentarono la distruzione universale del Paganesimo, e costrinsero i frisoni, i sassoni e quasi tutto il nord ad abbracciare il loro vangelo quindi allora si vedrebbe l'ipocrito zelo di taluni farisei moderni rinnovare sopra la terra que' feroci supplizi medesimi già in uso presso gli antichi contro di coloro ch'essi distinguevano coll'odioso attributo di (Kofferim) eretici. In una parola finalmente se i cristiani, solea dire Belarmino, non detronizzarono i Neroni, i Diocleziani, e tanti altri simili Principi che non favoreggiavano troppo lo stabilimento della loro setta, non è già per che non ne fossero avidamente disposti, ma per la sola cagione della deficenza di forze opportune ad effettuarlo; quindi l'esperienza ci contesta in mille incontri, che non hanno i medesimi esitato lungamente a farne uso da quando essi hanno potuto.

(69) L'esempio percuotente dello stesso Spinosa n'è una prova certa, e irrefragabile; questo filosofo ebreo mentre vivea fra i di lui connazionali in Amsterdam sua patria ebbe a lottare colle più barbare vessazioni per parte de' medesimi, per che la mente peregrina di questo genio sublime non potea contenersi dal reprimere gl'innumerabili abusi riguardati da essi come sacri, e le tante superstizioni delle quali mirava orribilmente aggravata la credenza della posterità di Jacob; ma in ricompensa del suo filantropo zelo dopo di farsi una sera sentito vibrare di repente intorno d'esso un fiero colpo di coltello, che l'accidente resi fallito al braccio proditorio del devoto Aggressore, si vide scomunicato juridicamente dal Rabbino Abuab, capo della sinagoga di Amsterdam, senza speranza di riconciliazione ed ecco infatti la vera, e sola cagione che fare determinare Spinosa a rinunziare al giudaismo, bench'ei non si determinasse per niun altra setta, ma bensì contro tutte (vie de Spin. par Coler. p. 21. e seg.)

(70) Si vuole che una fazione qualunque prenda radicalmente possanza, e vigore fra gli uomini? Non v'ha, per riuscirvi, altro mezzo che perseguitarla. Senza i massacri della S. Bartolomeo, e de' vespri Siciliani le riforme di Lutero, e di Calvino conterebbero a' nostri giorni pochi proseliti nel mondo; e gli scritti di Voltaire, di Elvezio, di Montesquieu, e di tanti altri, avrebbero trovati uno scarso numero di acquirenti, sarebbero stati letti da pochi, se non fossero stati proibiti, condannati e abbruciati da tribunali, da parlamenti, da Inquisizioni. Tale è il destino delle cose umane; la privazione fomenta il desiderio, siccome la pienezza genera l'indifferenza, e sovente l'avversione. Questo non è già il solo de' mali che le prosecuzioni cagionano alla specie umana; esse producono sempre, o l'ipocrisia o il fanatismo, o per meglio dire l'uno, e l'altro nel tempo medesimo: come l'uomo sarebb'esso mai in sicurezza, circondato da tali orribili mostri? Oltre a ciò essa porta la tristezza ne' Cuori la quale si converte poscia in una malincolia epidemica; malattia più pericolosa in un clima che in un altro ma che lo è per tutto. Alcuna specie di persecuzione non irrita questo male come la persecuzione religiosa che lo fa degenerare in mania, e in fanatismo, per che nè la miseria, nè l'oscurità, nè la virtù nè i talenti possono garantirci da si fatta persecuzione, e le Leggi, (come lo riflette dottamente Montesquieu) il rifugio dell'innocenza sono ciò che l'innocenza ha sovente il più da temere: Il n'y a point de plus cruelle tirannie que celle que l'on exerce à l'ombre des Lois, & avec les couleurs de la Justice, lorsqu'on va, pour ainsi dire, noyer des malheureux sur la planche même sur la quelle ils s’étaient sauvés. Montesq. Grand des Rom. Chap. 14.)

(71) Se i popoli della terra si fossero consecrati per tempo con un animo integro alla ricerca della pura, e vera religione per esercitarla qual essa è, questa avrebbe in ogni tempo formata la loro più sicura, e perenne felicità; ma indifferenti per il loro proprio giovamento: essi hanno d'accordo follemente supposto di ritrovarlo nella pratica delle più insensate superstizioni, che ne rappresentarono il carattere, e tenere ne fecero le veci, e la condizione dell'uomo frattanto si si rese così di giorno in giorno peggiore on peut dire (ci lasciò scritto un pensatore illustre) que le genre humain s'est fait plus de maux par sa superstition, que tous les déluges, & tous les embrassemens de la terre n'ont été capable de lui en faire; questa è una verità che l'esperienza ci dimostra pur troppo ad ogn'istante; la natura si è riparata, ma lo spirito umano non lo è mai stato, per ch'esso ha da se medesimo alimentata una piaga della quale ha renduta la guarigione incurabile.

(72) Ben lungi, dice Lattanzio, dal marcare i riguardi che sono dovuti alla religione con uno zelo snaturato con cui si è per tante volte ferocemente tentato di costringere alcuno ad abbracciare la credenza di un altro popolo, non si fa che trasgredirla, imbrattarla, e disonorarla enormemente: si sanguine, si tormentis, si malo religionem deffendere velis, jam non deffendetur illa, sed polluetur, & violabitur. Latt. Lib. X. Justit. C. 20. E presso di noi si vide per tante volte porre in sistema la violenza, la crudeltà, e l'inganno, come fu già da noi diffusamente rimarcato, per accrescere de' proseliti a quella medesima comunione, di cui lo stesso Lattanzio sforzavasi di correggere le massime, e i costumi.

(73) Non avvi devoto il quale seguendo il suo detestabile temperamento o non abomini, o non oltraggi, o non riguardi con occhio d'insultante commiserazione i fautori d'una setta differente dalla sua. La Religione così detta dominante (la quale non è infatti che quella del sovrano, e delle armate) quante volte ne' secoli barbari specialmente, ha fatto ella sentire la di lei assoluta superiorità di un modo non meno crudele che ingiurioso alle sette più avvilite, e le più deboli? Ed oggi ancora ogni nazione, qualunque popolo della terra, non si reputa esso il solo amico, il solo protetto, e favorito del Dio dell'universo ad esclusione di tutti gli altri? E per fare valere questo preteso favore, si allarmano ferocemente tutti d'accordo; perseguitano, e sono perseguitati; il Cattolico romano inferisce trucemente contro tutti coloro che tali non lo sono, mentre che questi è sotto il Cielo musulmano oppresso, e trattato da giumento, la stessa sorte può aspettarsi un calvinista in Roma, siccome di un papista in paese protestante.

(74) Ciò che dee sembrare molto straordinario si è riconoscere per isperienza che queste orribili scene non si videro suscitare giammai fra i filosofi, che il mondo volgarmente denomina Deisti; ma esse si mirano altresì rinnovare bene di frequente fra coloro che baldanzosi arrogansi l'esimio attributo di veri credenti per eccellenza: Ma quale diversità enorme fra la truce maniera di credere degli uni, ed il sacro ponderato sistema di osservanza degli altri! un filosofo è quello che dice a Dio: io vi adoro, io seguito la vostra volontà eterna, e che non cessa di ripetere al Russo, al Chinese, al musulmano: io vi amo come esseri simili a me: un settario poi è quello che crede non potere altrimenti servire l'Essere Supremo, e adorarlo che massacrando i suoi simili, e che arrogante dice ad un altr'uomo, o pensa come io penso, o che io ti uccido. Da questa rimarcabile opposizione di sentimenti agevole ci riuscirà il decidere quale di entrambi questi individui sia il più pernicioso alla società, il più degno dell'abominio e dell'esecrazione universale.

Cap. IX.

L'Avvilimento a cui soggiacque il Popolo d'Israel per tanti secoli nel mondo non deesi ripetere che da due sole cagioni: 1º. dalla sua soverchia compiacenza nella di lui cattività: 2º. dalle ingiuste Leggi che l'opprimevano in mille guise differenti, affine di prendere un barbaro pretesto di depravarlo.

Deux obstacles (dice un erudito anonimo) presqu'également invincibles s'opposent au bonheur de l'homme; son ignorance qui le place où il n'est pas; sa faiblesse qui l'empêche de l'aller trouver où il est.

Infatti non è egli appunto questo lo stato dell'Israelita gemente sotto la soma aggravante de' pregiudizj suoi, e de' suoi ceppi, non li abbraccia esso entrambi? Lo spirito del giudaismo infetto miseramente da fantasmi spaventevoli, e diretto da uomini interessati a perpetuare la sua ignoranza, le sue debolezze, i suoi timori, come in tale infelice situazione avrebb'egli giammai potuto fare qualche progresso, come aspirare, con fondamento, a divenire più saggio, più libero e migliore? Costretto a vegetare nella sua stupidità primitiva di cui lo stesso David, e i Profeti lo rimproverano sovente; quale meraviglia, quale meraviglia, se l'ebreo fu, e restò sempre un fanciullo senza esperienza, uno schiavo senza coraggio, uno stupido che paventa di contrarre l'abitudine del raziocinio, e che sottrarsi giammai egli non seppe dall'orrido labirinto in cui lo avevano fatto smarrire gl'ingannati suoi predecessori? Egli è creduto astretto a gemere in perpetuo sotto il giogo ferale de' suoi Talmudisti che per altro canale ei non conobbe che per l'influenza de' suoi rabbini; questi dopo averlo, per così dire, manettato co' lacci indissolubili dell'opinione si sono renduti i suoi arbitri dominatori, che fecero in seguito, quale automata macchinale, gestire, risolvere, e pensare a loro capriccio. Quindi è che l'ebreo miseramente infatuato delle più bizzarre opinioni, più non riconobbe se stesso, dubitò delle sue proprie facoltà intellettuali, si diffidò dell'esperienza, paventò la verità, sdegnò la sua ragione, e l'abbandonò per seguire ciecamente le visioni tradizionali da esso lui riguardate come altrettante intenzioni discese prodigiosamente dalle impenetrabili regioni della Divinità. In tale guisa dunque l'ebreo condotto sempre da schiavo delle stravaganti opinioni altrui, non dee recare dunque sorpresa se in ogni tempo, e ovunque desso ne portò sempre i vizi, ed il Carattere. Ecco propriamente la vera, e l'unica sorgente fatale della prima causa assegnata all'avvilimento, ed alla corruzione de' Costumi del popolo d'Israel (75).

Or tutto cospirando pertinacemente fino ad ora a rendere l'individuo Israelita sempre più indifferente nella sua cecità, a perpetuare il suo infortunio, ed a confermarlo nel tumulto de' suoi propri smarrimenti, illuso da' suoi rabbini, pervertito da' suoi simili, soggiogato dalle infamanti catene dell'Intolleranza de' suoi tiranni, come mai la depravazione de' suoi costumi potea non essere la conseguenza immediata, fino a rendere le sue laceranti calamità ognora più abituali, e quasi ancora necessarie, e indispensabili (76)?

E dunque così che a tale orribile stato ridotto in vece di condurre lo sguardo sulle cause naturali, e visibili della proprie sue miserie, questo popolo attribuiva unicamente il loro concorso alla conseguenza immediata della sua Cattività, esso offriva al Cielo i fervidi suoi voti per impetrarne l'estremo termine senza potere accorgersi giammai, che quelli non erano realmente dovuti che alla sua propria smodata credulità, alla superstizione de' suoi venerati conduttori, alla alla follia di una gran parte delle sue instituzioni, alla stravaganza de' suoi usi, agl'insensati prestigj de' quali era ogn'individuo Israelita radicalmente imbevuto fino dalle fascie, alla confidenza cieca ch'essa riponeva interamente ne' prodigj, tutto aspettando da' medesimi colla massima freddezza, anche in mezzo a più pronti, e rovinosi pericoli, e nulla dalle sue facoltà, dal suo valore che reputava un delitto d'averne, o dalle sue cognizioni, e da' suoi lumi, che non curavasi mai di acquistare (77). Se l'ebreo avesse riempito di buon ora lo spirito di vere, giuste, e metodiche idee; se cultivata si avesse per tempo la sua ragione, se foss'egli stato diretto da uomini interessati di stirpare i suoi pregiudizj, e d'illuminarlo, esso gionto sarebbe omai a conoscere la cagione primaria de' suoi mali senza avere avuto bisogno d'opporre al torrente de' medesimi la barriera impotente della sua cattività. Chi non riconoscerebbe da tutto ciò la causa positiva, e incontrastabile dell'avvilimento d'Israel, nel modo che aggiugnendo que' barbari trattamenti che alcune spietate leggi facevano esercitare contro d'esso in tutto il mondo, chi non rileverebbe gli altri genuini motivi della triste degradazione alla quale il medesimo soggiacque dopo una sì lunga, ed una sì complicata rivoluzione di secoli? Per quante parti, non si è da quelle tentato mille volte di combatterlo, di umiliarlo, se non di sradicare onninamente dalla terra finanche il nome, e la reminiscenza di questo popolo? Vi fu egli mai strage, o tormento di cui fatta ei non ne fosse la vittima, delitto di cui non foss'egli imputato, o disonoranti mancanze che non gli venissero malignamente attribuite (78)? Prescindendo dalle feroci costituzioni alle quali resero gli ebrei soggetti la Spagna, e il Portogallo, ed i terribili roghi che la truce Inquisizione di tali stati avea eretti per distruggerli senza commiserazione, senza ritegno, le tiranniche leggi de' Visigoti non tendevano esse parimenti allo sterminio universale di questo popolo ed all'annientamento radicale della sua religione, nella guisa medesima che quella di tanti stati altri avevano per solo scopo di ridurlo agli estremi della miseria ed alla più spregevole abbiezione (79).

Che diremo noi di quelle Leggi, non saprei se dettate da mente umana, oppure se da spirito diabolico create, le quali garantivano l'assoluta impunità a chiunque si fosse fatto l'assassino, o l'aggressore d'un ebreo (80)? Sono questi forse i principj salutari che insinua la Legge di grazia? Per quanto a me sia noto, G. Cristo non gli ha mai consecrati; si ha un bel ripeterci che Ecclesia nescit sanguinem, mentre oltre che tutto ciò resta smentito da infiniti monumenti che ci fanno raccapricciare[;] non è ella in ogni senso un illusione condannabile di sostenere, che la chiesa non ha temperato per tante volte le proprie sue mani nel sangue di coloro specialmente che ne erano separati (81), quando essa fece armare in mille incontri il braccio secolare per la severa punizione di coloro che avea già essa crudelmente condannati (82)? E allora quando questi fieri tormenti non so per quale rara sconosciuta clemenza loro erano risparmiati, non si faceva supplire la lingua nelle pubbliche tribune? E là che colle diatribe le più mordaci e co' più insultanti sermoni udivasi rappresentare l'ebreo, come la più spregevole delle creature terrigene, degna del vilipendio universale, astrignendolo ancora ad intervenirvi con sua stessa presenza, udire freddamente, acquiescerle, e confermarle (83): è la che l'eco tramandava la massima perniciosa, e antisociale del Vescovo d'Hippona, che spoliare si debbono gli eretici de' loro beni, giacchè tutto ciò ch'essi hanno non non è che illegittimamente posseduto. È sopra que' pergami finalmente dove miravasi Crisostomo spignere ad un eccesso tale il suo livore contro la sinagoga ebrea, fino a proferire che desse erano case di dissolutezze, altrettanti ricetti di bestie feroci, e il domicilio de' demonj (Chrysost. Adv. Jud. Homel. 1. pag. 391. Homel. 3. p. 439). È questi forse il linguaggio edificante che dee tenere un Dottore della Chiesa, un pastore de' popoli? Quale forsennato potrebbe mai agitare un proposito di questo più stravagante, nè più insano?

In seguito di un quadro sì affliggente vi sarà egli chi ricerchi la seconda cagione dell'avvilimento d'Israel, ovvero chi si sorprenda di vedere questo popolo persistere tutta via negli stessi travviamenti di spirito de' secoli barbari decorsi? E come avrebbe potuto mai non discendere l'ebreo alla più umiliante prostituzione, come poteva esso mai non dedicarsi al lucro anche illecito qualche volta, ed all'usura, s'era comunque considerato come non suscettibile di morale nè di virtù, se per tutto eragli interdetto qualunque mezzo d'onesta sussistenza? Ridotto sempre ad errare quale forsennato da una in altra provincia, ovvero a battere l'uno, e l'altro mare ad oggetto di procacciarsela; riguardato per tutto incapace di possedere de' beni stabili, e di fruire di qualunque siasi pubblico impiego; esso era necessariamente costretto a disperdersi, profugo, e ramingo da regione in regione, da uno in altro Cielo, senza potere fissare giammai in alcun paese un domicilio permanente per mancanza di potere, di lumi e d'appoggio; fu allora che l'arte del Commercio da qualche tempo negligentata, e vilipesa dalla massima parte dell'Europa, divenne per gli ebrei la più fondata, la più opima, e l'unica risorsa, ne' tempi specialmente in cui a tutt'altro pensavasi fuori che al Commercio ed essendo questi allora i soli a professarlo, essi si arricchirono considerabilmente senza gran pena; ed ecco il momento in cui l'invidia spiegò il suo recondito veleno contro questi sventurati, trattandoli da usuraj, da truffatori, da infami, senza considerare i moltiplici vantaggi rimarcabili ch'essi avevano procurati alle nazioni le quali avessero inclinato ad imitarli nell'esercizio di un arte sì onorifica, e sì lucrosa (84). I sovrani di que' barbari tempi non osando frugare nelle casse de' propri loro sudditi, sia che trattenuti venissero dal timore di allarmarli, o disgustarli, sia che arrestati fossero da qualche altro disegno, riserbato solo ad essi, non esitarono di mettere alla tortura gli ebrei ch'essi non riguardavano nè come sudditi, nè come Cittadini, or senza inoltrare di soverchia le nostre opprimenti ricerche ad un tale riguardo, è da credersi di proposito, che ciò che professarono gli ebrei nell'Inghilterra può somministrarci un idea presso che certa delle crudeli vessazioni che i medesimi provarono in altri stati (85): aggiungasi a tutto ciò gli stravaganti pregiudizj che concorsero per infinite volte nel mondo, colle Leggi atroci da noi testè riportate, tutte in massima tendenti a vieppiù aggravare la loro sorte, ed invece di recarci stupore l'avvilimento, e la desolazione del popolo ebreo, dovremo a più fondata ragione meravigliarci, come possa esistere ancora in sembianza umana un solo individuo di questo sventurato lignaggio sulla superficie della terra (86). Voltaire ha rimarcato più volte sensatamente che l'espulsione fatta si sovente degli ebrei da quasi tutti gli stati del mondo, non è servito che a maggiormente diramarli per tutte le Città, e le province dell'universo.

Tale è, senza ombra di dubbio, la vera, o piuttosto l'unica sorgente dell'umiliazione degradante del Popolo d'Israel, e della depravazione generale de' suoi costumi: ma siccome non meno l'una che l'altra non è che (nella guisa che fu da noi testè chiaramente dimostrato) l'opera o delle tiranniche insensate Leggi alle quali fu quel popolo molte volte soggetto, o del fanatismo brutale di certe nazioni fra le quali ei visse; così dalle prime sole dipende arrestarne il progresso fatale dell'una, riducendole più eque, più filosofiche, più sagge, identiche a quelle che servono di norma, di freno, e di sostegno agli altri sudditi dello stato, nella guisa medesima che alle ultime concerne unicamente il sanare l'ebreo dalla corruzione del suo spirito, spoliandosi elleno le prime di quegl'insani pregiudizj da' quali sono esse medesime orribilmente predominate; tanto è questa una verità senza eccezione, quanto che noi ci disponghiamo a renderla più evidentemente dimostrata cogli esempi memorabili di tanti uomini celebri che si fecero sempre distinguere in ogni ramo di coltura fra gli ebrei per tutto dove le Leggi provvide, ed umane loro accordarono una patria, e considerati furono da' popoli come Cittadini capaci di meritarla ad ogni riguardo, non meno per zelo, che per talenti e per saggi Costumi.

(75) Non si può negare che la misera condizione a cui si vide soggetta la Nazione d'Israel da tanti secoli fino ad ora, non fosse tale per ogni ragione, da ridurla a quello stato di avvilimento dove soggiacque in tante guise differenti, e ovunque; ma ciò che ha molto contribuito a renderla sempre peggiore, si è lo stravagante sentimento che ha questo popolo in sempre ogni tempo nutrito, di riguardare le sue sofferenze come un tributo espiatorio in alleviamento di tutte quelle peripezie che la tradizione lo minaccia di dovere necessariamente soffrire, fino all'epoca memorabile da esso lui attesa colla più sommessa rassegnazione, nella quale per la via di segnalati prodigj esso confida di vedere finalmente trasformare la sua sorte, e porre l'estremo termine alle sue Calamitose peripezie, ed alle sue pene.

(76) Un certo Rabbino fanatico, e visionario, capo di piccola Comunità di ebrei d'uno de' paesi del Piemonte dopo alcuni anni di servizio in tale qualità fece un giorno convocare i capi rappresentanti questo Corpo, ad oggetto di domandare loro il congedo, aducendo per motivo che i suoi principj religiosi non gli permettevano di abitare più a lungo in un paese dove l'individuo Israelita fosse risparmiato dal גלות (galuth), cioè cattività, o persecuzione di altri Cittadini, rendendosi questa come necessaria, ed essenziale allo stato di esilio in cui ritrovasi questo popolo dal di lui vetusto suolo di promissione, e che sifatto galuth venivagli a mancare in quel paese soggetto alle sozze intolleranti Leggi della Francia. Quell'infelice gregge che soddisfatto mostravasi del servizio di simile pastore, e di cui avrebbe troppo rincresciuta la perdita, non seppe ritrovare altro mezzo per distoglierlo da sì strana risoluzione, che eccitare un incirconciso devoto, e folle al pari di esso, a proferire contro del medesimo delle ingiurie e delle villanie fino a farlo vergognosamente fuggire, e ritrarsi nel recinto della sua nazione. Ciò che essendo stato dal medesimo eseguito l'accennato rabbino se ne ritornò contento in grembo a' suoi, i quali lo posseggono anche attualmente a sì vilissimo prezzo. Si può spignere più oltre l'imbecillità, e il delirio umano!

(77) Un popolo, dice sensatamente Mably, sarebbe per ogni parte soggiogato da quando esso più non cura di difendersi contro gli stranieri che vengono ad attaccarlo fino entro i suoi propri recinti, come seguì appunto al popolo ebreo il quale assalito fino entro le porte del tempio di Gerusalem da Pompeo, si lasciò massacrare piuttosto che difendersi, indotto dal ridicolo pregiudizio, che essendo quello giorno di sabato, non era permesso di fare la benchè minima operazione che alterasse il riposo consecrato ad un tale giorno; e così quegl'infelici preferirono di rimirare con indolenza il barbaro saccheggio del tempio, unitamente alla città, e così rendersi vittime del furore inesorabile di un possente nemico, alla difesa di essi medesimi de' propri diritti, e delle loro sostanze.

(78) I nemici dell'ebraismo vanamente lusingati di palliare agli occhi del mondo illuminato le accanite persecuzioni, e gli oltraggi proditorj co' quali i medesimi procedevano incessantemente a danno di esso, s'immaginavano riuscirvi facendo tenere le veci di ragione alle calunnie più nere, e le più insultanti; ora imputandoli di negromanzia, ora d'immolare de' fanciulli cristiani; quì di avvelenare sorgenti, colà di calpestare le immagini, altrove di bestemmiare cristo, e la vergine, e per tutto miravasi fare di ogni sforzo per espellerli dalle Città, dalle provincie, non lasciandoli rientrare che mediante le più onerose imposizioni, e nel tempo medesimo che in qualche territorio erano essi tollerati a si fatte umilianti condizioni, si facevano distinguere dagli altri abitanti colle marche dell'infamia, e della prostituzione: tale era dunque, pur troppo, lo stato eccessivamente deplorabile a cui ridotti per lungo tratto di tempo si videro sopra la terra fra i popoli miseri avanzi della prosapia d'Israel.

(79) Di tutte le leggi detestabili che si prefissero la totale perdizione del giudaismo, non ve n'a forse alcuna che con maggior sforzo tendesse a compiere questo perfido sanguinario disegno di quelle de' Visigoti (ved. Leg. Wisigoth. Lib. XII. T. 2. e 3. e in Georigis. Corp. Jur. Germ. aut. 2155. e seg.). Infatti quali trame restavano mai della religione degli ebrei, togliendo loro l'osservanza del sabato, e quella di tutte le altre feste; vietando loro di contrarre matrimonio secondo il rito mosaico, e di regolare il loro cibo, conforme lo spirito, e le prescrizioni di questo Culto, e sopprimendo loro ancora il rito essenziale della Circoncisione? Tali erano gli ordini comandati da queste Leggi esecrabili (Ibid. Lib. XII. Tit. 2. Lib VIII. Tit. 7.) e le pene ordinate contro i trasgressori di queste Leggi, erano o l'ultimo Capitale supplizio, il quale dovea essere inflitto da medesimi ebrei, o la lapidazione, o l'atroce condanna di essere abbruciato vivo. Quelle provocate da' Papi erano alla verità meno crudeli, ma spregevoli del pari, mentre desse gli dichiaravano del tutto incapaci di rendere testimonianza in giustizia, e di essere rivestiti d'impieghi pubblici (Can. X. De Judæis, & Heret.). Le altre varie Leggi che non gli tiranneggiavano a questo eccesso, gli riducevano all'orlo dell'indigenza, e della disperazione cogli aggravi enormi che loro erano imposti i quali di gran lunga eccedevano sovente l'ammontare delle loro stesse facoltà, e ritrovando qualche renitenza dalla parte dell'infelice Contribuente, passavasi allora, senza ritegno alle più inumane procedure, ad oggetto di sortirne più agevolmente il bramato detestabile intento. (ved. la seg. annot.)

(80) Sotto Giovanni il Rosso duca di Bretagna si giunse fino alla truce inaudita barbarie di pubblicare una Legge, la quale dichiarava formalmente innocenti tutti coloro che ucciderebbero cristianamente qualche ebreo, proibendo nel tempo medesimo a' giudici di qualunque siasi tribunale, sotto Comminatorie fulminanti di prenderne la benchè minima parte, o contezza in veruna maniera (ved. Cod. Theol. Lib. XVI. T. 1º.) E si oserà poscia sostenere che il cattolico papista non fu mai sempre sitibondo del sangue Israelita!

(81) Niente è più adeguato ad autenticare la verità di tutto ciò che abbiamo quì esposto, quanto di richiamare colle istorie alla mano gli orribili eccessi de' quali si resero i cristiani per tante volte colpevoli sopra la terra: infatti, v'ha egli strage o persecuzione che non sia stata da medesimi commessa contro di coloro che non erano cristiani; v'ha forse azione criminosa della quale non si sieno i medesimi lordati per costringere i così detti infedeli a seguitare le loro massime ad adottare i loro principj? Fra i moltiplici attentati che fanno vergogna all'umanità, si potrebbe quì citare i massacri delle valli del Piemonte, quelli della Valtellina a' tempi di Carlo Borromeo; le stragi contro gli anabatisti massacrati in Allemagna, lo scempio de' Luterani dal Reno fino agli estremi del Nord; le Carneficine d'Irlanda, e di Scozia al tempo di Carlo 1º. egli stesso massacrato; i flagelli ordinati dall'insensibile Maria ed approvati da Enrico VIII. di lei padre; il cruento Massacro della Vigilia di S. Bartolomeo in Francia decretato da Carlo IX. e fatto eseguire dalla mostruosa Caterina de' Medici sua madre; e 40. anni finalmente d'altri spietati massacrimaccelli umani commessi i Parigi dall'epoca fatale di Francesco secondo fino all'ingresso di Enrico IV. in quella Capitale, senza menzionare quelle inaudite Carneficine fatte devotamente eseguire dalla feroce Inquisizione, la quale sola ne sorpasserebbe il numero. Per verità, se inoltrare noi più vorremmo quest'affliggente pittura, vieppiù essa farebbe inorridire ogni anima sensibile. Io voglio credere, per altro, che questi orrori infernali, e tanti altri di tal guisa, siano unicamente l'abuso della religione cristiana, e non già lo spirito di questa; ma essi frattanto furono infinite volte commessi, e per quanto ci accorgiamo se non di ordine espresso, almeno d'intera quiescenza della chiesa medesima che lo stesso che dire de' sinodi, e de' Concilj, che ha essa in ogni tempo autorizzati di rappresentarla.

(82) Quali calunnie, quali atroci persecuzioni non hanno i cattolici esercitati in ogni tempo contro tutti que' grandi uomini che non sono stati di loro sentimento, dopo Giuliano fino ad Enrico IV. e quali delitti ancora più enormi non ha la loro intolleranza autorizzati sovente, tutte le volte che hanno essi creduto di potere trarre impunemente un vantaggio considerabile per il loro partito? Io ne attesto le tre Lettere scritte da S. Gregorio, così nomato il grande al tiranno Phocas il più detestabile di tutti i mostri della terra, felicitandolo del di lui avvenimento al Trono, da cui dopo di avere fatto deporre l'Imperatore Maurizio suo benefattore, fece scannare in sua presenza cinque suoi figli, ed in seguito commise il barbaro massacro del Genitore, per essersi questi dichiarato in favore del Patriarca di Costantinopoli.

(83) In Roma non è che tre anni appena, erano gli ebrei astretti dalla forza ad intervenire nelle chiese de' Cristiani in certi giorni determinati dell'Anno per esservi uditori pazienti delle ingiurie, e degli oltraggi, che il predicatore vomitava a gran forza contro di essi, i loro riti, le loro cerimonie, i loro costumi, e durante questo disgustoso sermone, uno sgherro staffilatore in abito di chiesa collo staffile alla mano, era destinato a fare de' ripetuti giri attorno di essa, percuotendo fieramente con una sferza tutti quegli ebrei che, o avesse ritrovati sorpresi dal sonno, o che avesse osservati poco attenti alle esecrabili bestemmie che udivano proferire dalla bocca dell'accennato predicatore contro la religione venerabili de' loro avi: ma gli ebrei più facoltosi si sesi ne liberavano agevolmente da questa vessazione mediante una somma che contribuivano annualmente all'erario papale. E il Pontefice Gregorio XIII. non comandò egli che tutti gli ebrei maggiori di 12 anni, abitanti in tutta l'estensione della sede pontificia fossero entro la loro propria sinagoga istruiti da qualche cristiano de' principj fondamentali del Cattolicesimo? Bull. 52. apud Lorinum in act. apostol. Cap. 7. v. 52.

(84) Anche nello stato di proscrizione, e di angoscia in cui trovavansi gli ebrei, essi rinvennero argutamente il mezzo certo di salvare le loro fortune, ad eludere in tale maniera la vigilanza de' loro domestici aggressori. Espulsi dalla Francia da Filippo il Lungo nel 1318, essi si rifugiarono in Lombardia, ivi dettero a' negozianti delle Lett. sopra coloro a' quali avevano essi confidate le loro sostanze allorchè vennero costretti di partire; e queste Lett. furono immediatamente accolte, indi a tempo debito estinte. Ecco dal seno della dispersione scaturire felicemente l'ammirabile invenzione delle Lett. di cambio da cui il Commercio ha successivamente risentiti tanti numerosi ragguardevoli vantaggi.

(85) Il Re Giovanni d'Inghilterra trovandosi in estremo bisogno di denaro per supplire non so a quali spese urgenti, e non osando ricercarlo agli altri suoi vassalli, fece carcerare i più opulenti ebrei del suo regno; uno di essi, a cui si svelse sette denti l'uno dopo l'altro, affine di avere le di lui sostanze, dette mille marche d'argento quando erasi sul punto di sradicarli l'ottavo. Enrico III. trasse con eguale violenza da Aaron ricco ebreo di York 14,000. marche d'argento, e 10,000 per uso della regina: esso vendè gli altri ebrei del suo stato al di lui fratello Riccardo per il termine d'un Anno, ad oggetti che questo Conte sventrasse coloro di questa nazione, che il re di lui fratello avea già precedentemente scorticati, come dice Mathieu Paris.

(86) Ridotta una volta la persecuzione in sistema, si vide gli uomini modellare le loro azioni, ed i loro pensieri al grado del più mostruoso fanatismo, e del livore irrazionale che desso inspira; in mancanza di imputazioni solidamente fondate, o reali ricorrevasi alle calunnie le più nere, o alle più assurde congetture; allorchè, per esempio, l'ordine fisico delle Cose fosse stato alterato al segno di produrre qualche sventura, se ne riportava immediatamente l'origine a' soli ebrei: infatti non è forse ad essi che fu attribuita l'assoluta cagione della frenesia dalla quale fu attaccato Carlo VI. Re di Francia? E per ispiazione di tale sognato fallo, questi sventurati non sobirono l'esilio? (ved. Villar. Hist. de France l'an 1393.) Quando una penuria generale, o qualche epidemico malore angustiava uno stato, o carpiva da' viventi una parte de' suoi abitatori, non dicevasi essere gli ebrei la sola efficiente cagione di simile flagello avvelenando le sorgenti? Non è certamente da supporsi una persecuzione più forsennata nè più inumana di quella che videro gli ebrei suscitare in una quarta parte del mondo contro di essi l'anno 134[?] allorchè un Contagio presso che universale devastò in quell'epoca funesta quasi tutta l'Europa; in Francia, in Alemagna, in Italia, e nella Svizzera il popolo furibondo si lanciò sopra di essi, gli abbruciò, ne fece uno scempio crudele, persuaso di mitigare lo sdegno del Cielo, annientando dalla terra la stirpe d'Israel (ved. Bush. Hist. de la Rel. Juive); oltre a tutto ciò ogni tratto di cattiva fede, ogni soperchieria ed ogni frode, non furono esse in ogni tempo, e lo sono attualmente ancora, altrettante criminose invenzioni che, a senso de' nemici d'Israel, partono dagl'intrighi, e dalla cupidigia di questo Popolo. O perfidia inaudita, estr[ema] o malvagità senza esempio!

Cap. X.

Si dimostra che laddove è permesso agli ebrei d'illuminarsi, lo stato il quale rende loro questo atto di giustizia (che natura non ricusò giammai a verun ente ragionevole) acquista ne' medesimi de' Cittadini oltremodo utili nelle arti, nelle scienze, e nel Commercio. Esempi rimarcabili di questa verità.

Chi potrà mai senza delirio, immaginarsi di dovere esigere dall'uomo, ciò ch'esso moralmente nè fisicamente non è in situazione di potere dare, ovvero pretendere dal medesimo quello appunto di cui noi lo mettiamo nell'assoluta impossibilità di somministrare in modo alcuno? Quale mostruosa, e assurda contraddizione! Rigettare, avvilire, opprimere l'ebreo per non riconoscere in esso i requisiti necessarj all'ottimo, all'illuminato Cittadino, ed allontanarlo nel tempo medesimo da ogni mezzo efficace ad acquistarli, frapponendogli ancora tanti ostacoli differenti per impedirli a divenirlo; e pure in seguito di tutto quanto fu da noi significato fino ad ora, chiaro apparisce tale essere stato in ogni epoca il forsennato reprobo contegno di certe nazioni, se-dicenti illuminate, relativamente a questo popolo, e già pur troppo rimarcammo con orrore quali ne fossero le funeste conseguenze che risultare si videro, bene diverse però da quelle che derivare mirarono gli ebrei dalle procedure più filantrope, più umane, più sensate con cui agivano alcune altre al loro riguardo; e laddove quelli avevano per iscopo di distinguerli colle attribuzioni le più ignominiose, e colle prerogative le più umilianti, si prefiggevano queste di fare ad essi gustare gli ameni vantaggi della società, dividerne cogli altri individui i diritti, e i doveri; ed il successo coincidendo perfettamente nell'uno ed altro caso, o coll'indulgenza, o coll'asprezza con cui erano i medesimi trattati, o colle Leggi o tiranniche, od umane alle quali essi erano soggetti, vedevansi gli ebrei riescire o abbrutiti orribilmente, o in superior grado illuminati. L'odioso confronto già da noi riportato (Cap. 8.) sopra tale soggetto, n'è una dimostrazione incontrastabile, che le sole autentiche Istorie possono renderci sicura, ed evidente, imponendo un vergognoso perpetuo silenzio a' detrattori snaturati del popolo d'Israel: si scorrino dunque senza prevenzione, ad occhio terso dall'orrida nube di pregiudizj, parlino i Filoni, i Flavii, i Bustorfi, i Surenusii, i Prideaux, ed i Basnage, e tanti altri, e questi ci additeranno per obbrobrio eterno de' nemici del Giudaismo, come un popolo il quale fattosi da tempo immemorabile la vittima della tirannia, lo scherno del fanatismo, ed il bersaglio dell'ignoranza possa in ogni epoca del mondo essere gionto a meritare i ragguardevoli favori de' più illuminati, e de' più formidabili monarchi della terra, non escludendo lo stesso Maomettano, e come abbia esso potuto vedere scaturire in ogni tempo dal suo seno, malgrado gli ostacoli funesti che per tutto facevano argine ineluttabile al felice Corso de' suoi utili progressi, de' Medici sublimi, de' politici eruditi, de' vasti Letterati, de' filosofi profondi (87)?

Prescindendo dall'antichità, e senza sormontare col pensiero fino a' secoli da noi troppo remoti per investigare minutamente i gradi luminosi, ed i parziali favori de' quali furono gli ebrei colmati sotto i felicissimi Governi di Dario (A), di Alessandro (B), di Giulio Cesare (C), di Augusto (D), di Onorio (E), di Costantino (F), di Carlo Magno (G), e di molti altri delle grazie de' quali in vantaggio de' medesimi generalmente ne forniscono amplia certezza i più classici scrittori di quale predilezione considerabile non gli hanno colmati Ferdinando 1º., 2º., e 3º. quali distinti privilegj di giurisdizione, di gloria, e di onore non hanno i medesimi goduti sotto il pacifico dominio di sifatti sovrani (88). La Spagna stessa, e il Portogallo, benchè restate fossero entrambe sempre sepolte nella ferina barbarie an[ti]ca, avanti che il fanatismo religioso contaminasse il loro Cielo col suo recondito veleno, non affidarono entrambe quelle monarchie a tre distinti ebrei le incombenze le più cospicue, le più gelose, e le più importanti dell'uno, e dell'altro Stato (89)?

Ma se più oltre avanzare si volesse intorno a ciò le nostre sottili ricerche, migliaia di esempi noi vedremmo concorrere a dimostrarci la fedeltà saggia, e costante con cui l'industriosa Nazione ebrea prestò sempre i suoi servigj a tutti quegli stati dove le Leggi non confondono giammai la setta col parziale carattere del settario, nè gli usi, le cerimonie o i dogmi di essa collo zelo, i talenti, e la capacità di questi (90); non escludendo già da quelli la stessa di Roma Pagana della prisca età (91) non meno che la Cattolica de nostri tempi, in qualità di ministri di stato, di medici, di filosofi, d'instruiti vassalli, e di soldati? Il Rabbino Sechiel non fu creato sopr'intendente delle finanze di Alessandro Quarto (A); Roffiet non fu segretario intimo di Selim Secondo (B); David Zonana non fu egli tesoriere della Porta, siccome lo era pochi anni sono il di lui figlio (C)? Chi fu egli mai il medico di Cristina sovrana della Svezia, se non l'ebreo De Castro (D)? A chi dovette mai la sua vasta erudizione il rinomato Pico delle Mirandola, se non se al Rabbino Aleman che fu suo Precettore (E)? E quanti altri genj sublimi non ebbe il popolo ebreo negli ultimi secoli decorsi dopo Maimonide, il più esimio soggetto forse che vantasse il Secolo XIII? Quell'egregio Maimonide che si è superiormente distinto nel mondo in qualità di filosofo, di medico, di giureconsulto, di Teologo, e di Politico, che i Classici Scrittori distinguono il Luminare dell'oriente, e dell'occidente, e che il celebre Clavernig, il quale ha con somma erudizione tradotte alcune delle di lui opere lo decanta superiore della stesso S. Tommaso d'Aquino (F) Con quale alta riputazione il profondo Abenesdra che da' più rinomati Autori viene chiamato per eccellenza il savio, ha esso professato nel mondo l'Astronomia, la medicina, e le matematiche (G)? E Manasse Ben Israel non era esso considerato uno de' più illuminati filosofi, e de' più accorti politici dell'Europa, consultato sovente da' più classici giureconsulti de' suoi tempi (H)? Oltre un Chimhi, un Jarki sì rinomati per la loro erudizione universale, quali talenti peregrini non si videro scaturire da questo popolo, anche nelle nostra età recenti (92)?

Ma che diremo già noi, se uno sguardo rivolgiamo nell'Alemagna odierna, non meno che nell'Inghilterra, nella Francia, nella Prussia, e nell'Olanda là dove il prezioso deposito delle scienze è senza ostacolo accordato all'ebreo del pari che ad ogni altro settario che inclina alla felicità di possederle? Quali talenti elevati non si mirarono risorgere in quelli e in altri stati pure a' nostri giorni dal grembo della Comunione degli ebrei, degni di meritare i favori di una illuminata nazione, capaci e per probità, e per ingegno, e per dottrina di contendere la palma a' più celebri filosofi del mondo, sempre che non venghino quelli, per altro, illaqueati, o combattuti dalla furibonda superstizione del cattolico ignorante, o che tolti non sieno eglino i mezzi di potersi elevare fino alla classe benemerita di que' genj fatti per illustrare il secolo in cui vivono? Non è forse nella Prussia dove si osserva i fecondi rari talenti di un Mendelshon, quello stesso che l'Alemagna distingue per Platon Moderno formare il pascolo dello spirito d'un filosofo regnante del Salomone del Nord, e le di lui ammirabili produzioni fastosamente coronate dalle più sapienti accademie dell'Europa? E le sublimi cognizioni del dottissimo Weissell non gli fecero meritare la confidenza intima del più gran genio dell'Austria, d'un Giuseppe Secondo? E fra i suoi Matematici sublimi, e Astronomi profondi del secolo passato non annovera il Tamigi, un David Nieto, quel celebre Autore del Calendario ebraico perpetuo, il solo conosciuto, e seguitato attualmente, con ottimo successo dall'intera sinagoga ebrea? Le prediche dell'Eloquente Rabbino Saraval di Venezia possono essere messe al confronto con quelle di Bourdaloue, e la facondia del Rabbino Casess parimenti di Venezia ugguaglia, senza contrasto quella del Segueri.

Ma io non finirei per lungo tempo ancora se tutti per detaglio annoverare quì mi prefiggessi tutti gli uomini egregj che il popolo d'Israel ci presenta in tutta l'estensione dell'universo civilizzato, ovunque si rivolga il nostro sguardo; per altro, chi fosse avido di conoscerli partitamente rivolgere si potrebbe al Dizionario critico degl'Illustri Ebrei scritto con molta erudizione, e pubblicato recentemente in Parma dall'Abate De Rossi.

D'altronde se accuratamente riflettere vogliamo sopra tutti questi uomini singolari che a forza di un declivio energico, di un genio naturale, e di un assiduità infaticabile, s'inalzarono dal seno di questa Classe (che l'orgoglio, l'ignoranza, e il fanatismo religioso si sono si sovente sforzati di rendere l'ultima, e la più abbietta) al primo rango de' filosofi e degli scrittori che hanno illustrato l'universo, non si può egli asserire di proposito che il loro memorabile esempio dovrebbe coprire d'ignominia, e di confusione coloro che si ostinano accanitamente a delineare gli ebrei come di soverchio avviliti, ed incapaci di potere produrre giammai una classe di uomini stimabili? A tali orride illusioni di fatto io potrei aggiugnere moltissime altre dimostrative del pari, oltre quelle tante già da me per reiterate volte precedentemente riprovate nel corso di quest'opera, per sostenere che non si ha cessato mai d'imputare agli ebrei le loro calamitose peripezie, ed altrettante Colpe denigranti, od a criminosi delitti, senza che fra i moltiplici detrattori, che sempre colpiranno in mille foggie a loro danno, alcuno vi fosse, che o volesse, o potesse, attentamente esaminare, colle Istorie autentiche alla mano, i rapporti politici o morali ne' quali si è questo popolo ritrovato in varie epoche, ed in paesi differenti; l'influenza reciproca delle nazioni fra le quali esso ha vissuto e de' vari governi politici a' quali egli fu sottomesso, quella ch'esso ebbe sull'industria, sul commercio, sui Costumi, e sul progresso delle Istruttive Cognizioni, e delle scienze; e le complicate vicissitudini finalmente che hanno sobito l'indole omogenea del medesimo ed il proprio suo genio originario. In una parola, i gran soggetti, non solo fra gl'Israeliti, ma presso qualunque altro popolo si faranno sempre distinguere in ogni ramo a vantaggio della società, laddove questa riconosca l'urgente necessità di apprezzarli, e sostenerli, ovvero cadere si vedranno miseramente nell'obblio, se avviliti, o non curati si trovano (93).

Quindi se gli avversari inesorabili di questa nazione fossero stati capaci di tali giuste accurate indagini, queste gli avrebbero in ultimo condotti all'espressa quanto positiva dimostrazione, che i popoli, e le Leggi formano il genuino carattere costante degli ebrei, e che per conseguenza, questi considerati come uomini, e come Cittadini, non furono mai tanto corrotti, o degenerati, se non se in quanto che si ha loro ingiustamente contrastate le prerogative dell'uomo, e che ricusati furono ad essi i diritti legittimi del Cittadino.

(87) Persino da' tempi di Aristotile gli ebrei avevano de' filosofi che hanno molto superato i Greci medesimi, e di fatti lo stesso Aristotile ricercato un giorno da Clearco sulla Dottrina degli ebrei, disse che durante il suo domicilio nell'Asia, esso ricevea delle visite molto frequenti da un ebreo si sapiente, e di una sì profonda erudizione, che al di lui confronto gli stessi Greci sembravano ignoranti (ved. Basn. Repub. des Hebr. Edit. de Hol. p. 19.) E lo stesso autore fa inoltre espressa menzione di un altro ebreo non meno dotto del primo, il quale era l'amico il più virtuoso che avesse Platone (Ib. p. 53)

(A) Esdra C. 1. v. 7.

(B) Gantz fol. 13 p. 1.

(C) Flav. Guer. Giud. Lib. XIV. Cap. 19. p. 58.

(D) Ibid. Cap. 8.

(E) Cod. Theod. T. 6. Lib. XX. p. 237.

(F) Ibid. Lib. XIV. Tit. 8.

(G) Gantz Lib. II. p. 56.

(88) Il primo di questi oltre le infinite grazie delle quali esso colmò il totale della nazione ebrea il medesimo concesse parimenti al rinomato Rabbino Keill di Worms in particolare la primazia sopra tutti i di lui Connazionali dell'Impero, creandolo ancora membro delle più distinte accademie della Germania (ved. Piasr. T. 9. Lib. 14. p. 247.)

Una speciale gratitudine verso questa medesima nazione mosse il secondo di questi principi a favoreggiarla, memore della prode difesa fatta da essa nella Città di Gradisca assediata strettamente dalle armate venete (ved. Wagenz. Exer. 3. pag. 103.)

Eccitato fu l'ultimo infine dallo stesso sentimento di riconoscenza in favore di questo popolo, in contemplazione del valore che ha il medesimo spiegato spiegato quando si accinse a liberare la Città di Praga l'anno 1648. dall'incursione degli svedesi (Ibid. p. 108.)

(89) Carlo Quinto nell'epoca delle di lui alterne vertenze con Solimano Secondo, non ritrovò soggetto più abile in tutta la sua Corte per incaricarlo d'una importante missione diplomatica di Daniel Virga, il quale trasferitosi in Asia per comando del suo Sovrano evase le affidatigli incombenze con una capacità insuperabile (ved. Basn. Hist. des Juifs T. 6. C. 16. p. 474.)

Il celebre Abravanel fu creato Primo Ministro di tutti gli stati di Ferdinando il Cattolico, indi passò in Portogallo, dove Alfonso Quinto allora ivi regnante, lo fece suo intimo Consigliere di stato (ved. Dict. Bayle, Mor. e Ladi.) non tacendo però che questo Regno medesimo avea già tre secoli avanti esperimentati gli utili servigj degli ebrei, conferendo il comando in capo delle sue armate a Salomone Jachia, il più distinto filosofo de' suoi tempi, ed il più accorto militare ch'esistesse in Portogallo. (ved. Bart. Bibl. Rabb. T. 4. C. 20.)

(90) Io ho per reiterate esperienze osservato sovente che non solo nella nazione degli ebrei, ma in tutte le altre popolazioni che vivono in uno stato cattolico apostolico romano, sono assai più rari gli uomini celebri (a meno che questi non vi avessero in parte rinunziato) di ciò che lo siano fra quelli che abitano una provincia Protestante. E da quale ostacolo ripetere giustamente dobbiamo un inconveniente pur troppo sì verificato e sì funesto? Il fanatismo religioso, e la persecuzione che ne viene in conseguenza, sono le due barriere invincibili, le quali avendo più che in un paese riformato nello stato romano influenza maggiore, formano d'accordo l'argine fatale alle sublimi scoperte che producono lo studio, e la meditazione: e quale meraviglia? Non dee così appunto accadere laddove un uomo scienziato è costretto di adattare la sua filosofia al sistema intollerante del paese in cui vive, e alla follia deplorabile di quegli uomini che ne reputano un azione all'eccesso criminosa l'abitudine del raziocinio nell'ente ragionevole? Se i suoi sentimenti sono efficaci ad illuminare il mondo, per una parte quegli etiopi lo scomunicano; i terribili magistrati inquisitoriali lo esiliano per l'altra, o confinato crudelmente lo rendono durante la sua vita entro un Carcere angusto, da cui spera in vano d'uscire fino a tanto che gli resta un alito di forza: e vi sarà egli ancora chi domandi la genuina cagione di sì notabile differenza? L'Immortale Galilei fu condannato in Toscana per avere il primo scoperti gli antipodi, il celebre Newton fu ricompensato in Londra per averli dimostrati.

(91) E quì da notarsi che gli ebrei divenuti la conquista delle aquile romane, essi vi si resero utili al segno di conseguire da quello stato delle esenzioni assai distinte, e de' privilegj considerabili, come l'ammissione a tutti gl'impieghi sia civili, sia militari, e sopra tutto la libera facoltà di vivere secondo le loro proprie Leggi, come il Dohm lo ha chiaramente provato con due passaggi di Origene (ved. Lib. 6. Cap. 1. in Epist. ad Rom. e p. 243. Epist. ad Afric.) E quanti altri mai fra noi essi non si sono inalzati fino all'apice delle dignità le più Cospicue fino anche alla stessa Prefettura onoraria (ved. Lib. 22. Cod. Theod. De Jud.) fastigio dignitatum dice il passaggio parlando del patriarca Gamaliel. E quali alti rimarcabili servigj degni di essere trasmessi alla più tarda posterità non resero a Roma Ircano, Erode, Agrippa ed Antipatio? Le storie ce ne convincono ad ogni tratto.

(A) Basnage Hist. des Juifs Lib. 9. p. 317.

(B) Ibid. p. 836.

(C) Morp. Disc. Lett. p. 46.

(D) Basn. Lib. 9. c. 864.

(E) Ibid. 855.

(F) Bust. Bibl. Rabb. e Gior. Ganz Traduzione dell'Etica di Maimon.

(G) Hist. crit. du V. Testam.

(H) Groz. Epist. 244. p. 564.

(92) Il dotto Rabbino Haipsik fu pubblico Professore di Metafisica, Logica, e matematica in Toledo, indi con universale riputazione occupò una cattedra di medicina in Amsterdam (ved. Racc. di Lett. Pat. Parigi 1765.)

L'illustre Gomez, oltre a varie opere d'amena Letteratura da esso lui pubblicate, ha scritto un Dizionario ebraico, Latino, Caldeo, e Italiano di cui fino ad ora ne contano varie differenti edizioni, e che non già per la mole, ma per la precisione non la cede al Dizionario del Castelli, e per l'esattezza può stare in comparazione collo stesso Lexicon del Bustorfio.

Is. Abensid fu l'Autore delle Tavole alfonsiane (Basn. T. 6. Cap. 33. p. 271.)

Il Rabbino Profant è stato pubblico Professore d'Astronomia nel secolo 16 nell'accademia di Montpellier (Lett. d. mil. p. 19.)

Ed il colto Rabbino Jehudah Mentz finalmente non morì egli in quest'ultimo secolo pubblico Rettore dell'Accademia di Padova, e per suffragio concorde di tutti gli uomini scienziati suoi Contemporanei, non fu esso ammirato generalmente come uno de' più vasti genj de' suoi tempi? (mem. accad. T. 2. p. 208.)

(93) In qualunque Governo dove gli utili talenti saranno profusamente ricompensati, queste ricompense, a guisa de' denti del serpente di Cadmo, produrranno degli uomini. Se i Descartes, i Corneille illustrano il Regno di Luigi XIII. I Racine, i Bayle quella di Luigi XIV. I Voltaire, i Montesquieu, i Fontanelle quello di Luigi XV. Ciò procede per che le arti, e le scienze furono sotto questi Regni differenti successivamente protetti da Richelieu, da Colbert, e dal fu Duca di Orleans Reggente: Les grands hommes (riflette giustamente Elvezio) quelque chose qu’on ait dit, n'appartiennent ni au Regne d'Auguste, ni a celui de Louis XIV. mais au Regne qui les protège (De l'hom. Sect. II. C. XII. p. 179.)

Cap. XI.

Della Riforma politica tentata l'anno 1753. nella Gran Bretagna in favore de' sudditi ebrei di quello stato; ma lo spirito reprobo, e intollerante di certi accaniti oppositori ne troncò i felici successi che poteasi aspettarne.

Sebbene scevri affatto noi siamo di monumenti positivi che c'indichino con qualche probabilità l'epoca determinata in cui avvenne il primo stabilimento degli ebrei sul suolo dell'Inghilterra, è d'altronde innegabile che la loro sorte non fu niente meno lagrimevole in tale monarchia di ciò che osservammo esserlo stata in tutte le altre. Però se dobbiamo prestare fede agli storici Inglesi il numero d'essi divenne esorbitante a' tempi di Guglielmo il Conquistatore, il quale col mezzo di cospicue somme di denaro, introdusse una colonia immensa di normanni ebrei in questo regno; ed essa si accrebbe sotto Odoardo Primo sì considerabilmente al segno che questo videsi costretto a dovere fare de' Regolamenti espressi per governarli. Ma il loro affluente numero, e la loro immensa ricchezza bene lontano dal fare ad essi meritare qualche riguardo, non servirono che a vieppiù rendere aggravante la loro condizione; e sotto l'esecrabile pretesto di punirli (nel modo appunto che osservammo praticarsi in ogni altro territorio apostolico Romano) di quegli enormi attentati perfidamente attribuiti agli ebrei, si derubavano, si avvilivano, si opprimevano, come per tutto altrove (94). L'enorme superstizione che predominava in que' tempi, non meno lo spirito de' popoli, di quello de' Regnanti, faceva credere universalmente queste feroci violenze come una specie di crociata religiosa oltremodo gradita all'Essere supremo, e nel tempo medesimo indispensabile ad ogni riguardo per ispiazione generale de' delitti del popolo:

Tantum Relligio potuit suadere malorum!

E ciò che mise il colmo della desolazione di questi sventurati ebrei per la strana condotta tenuta verso di essi da Odoardo Primo, il quale nell'anno 1290. gli espulse interamente dall'Inghilterra, con divieto di ricomparirvi sotto pena di morte (Thul. & Tovey. angl. Jud. 1.e p. 365.). E sebbene questa barbara, quanto ingiusta proscrizione riuscisse molto pregiudicevole al pubblico erario, non per tanto gli ebrei restarono tre secoli e mezzo in tale penoso stato di esilio, fissando il loro stabilimento nelle piazze più commercianti dell'Europa, e particolarmente nella metropoli ragguardevole dell'Olanda.

Questa piazza divenuta in que' tempi l'emporio del più florido traffico del mondo, si rese, a molti riguardi un oggetto immediato d'emulazione per tutto l'intero Corpo commerciante dell'Inghilterra, nella guisa medesima che la tolleranza illimitata che miravasi allignare nelle belgiche provincie formava un nuovo soggetto di astiosa emulazione del Britannico Governo, ciò che non potea in verun modo certamente sfuggire alle menti perspicaci degli anglici osservatori. Quindi se a tali imponenti circostanze aggiugnere si voglia lo spirito di odio, e di vendetta, che allora cominciava a prevalere, o piuttosto come dice Thurloes spiegava altri furori contro il Papismo; niente di più naturale che di vedere da una parte trasformare sotto quel Cielo l'antico accanimento in favorevole riguardo per la nazione d'Israel; ed alimentare le speranze dall'altra nell'Animo degli ebrei di Amsterdam per la nuova ripristinazione del loro Corpo sulle spiaggie del Tamigi, ciò ch'essi videro completamente realizzare in breve spazio di tempo (95).

A fronte di questo beneficio apparente, una nuova impenetrabile barriera di separazione, non meno funesta di quella già in gran parte superata, erigere si vide frattanto in Inghilterra fra i recenti abitatori ebrei, ed il popolo naturale di quello stato. Essi videro, colla rapidità di un baleno, cambiare la loro sorte, la quare era bene differente durante la loro permanenza in quelli stati, da quella che antecedentemente prometteva il loro ingresso, da principio gli pareggiava, in quanto a diritti Civili, agli stessi cristiani protestanti, come ce lo assicura di proposito una scrittore insigne di quella nazione (Blakstone Comment. 375.)

Ma in mezzo ancora di queste fatali peripezie l'esempio percuotente delle colonie americane, dove gli ebrei potevano aspirare alla naturalizzazione dopo una stabile residenza di sette anni consecutivi (Stat. pap. 13. Georg. 2. C. 7.) rianimò le lusinghe degli altri ebrei abitanti già da qualche tempo nell'Inghilterra, fino a sottommettere al parlamento una supplica in comune cogli stranieri, onde vedere portare da questo l'atto medesimo in loro favore. In fatti i loro disegni non andarono delusi per qualche breve intervallo. L'Anno 1751. il Parlamento avea emanato un Bill che dichiarava apertamente la naturalizzazione de' Protestanti, dopo il domicilio d'un corto spazio di anni negli stati Britannici; ed è da rimarcarsi che questo Bill stendevasi da principio anche in vantaggio de' sudditi ebrei di quella monarchia; ma le alternative difficoltà che si suscitarono all'accettazione di esso, lo mise allora in abbandono, dove restò per il corso di un completo biennio, al termine del quale, ciò che seguì il mese di marzo 1753. si vide presentare al Parlamento un altro Bill il quale rendeva gli ebrei Inglesi legittimamente abilitati d'implorare di nuovo da esso la domanda in questione, senza una previa formalità nè sacre cerimonie di sorte alcuna (96).

Ebbero un bel declamare allora tutti i partigiani della Riforma, per dimostrare i vantaggi moltiplici, e perenni che avrebbe procurati a quella Monarchia una Legge sì umana, e si salutare; tutte le più fondate precauzioni prese da' medesimi per farla valere non furono sufficienti per fare assicurare al bill l'unanimità de' suffragj: la Camera alta lo avea già passato, ma esso trovò delle opposizioni irresistibili formidabili nella Camera bassa; tutto il mondo si tumultuò col medesimo livore contro il Bill, ed il Parlamento si trovò inondato da rimostranze insultanti che vivamente instigavano la totale soppressione del medesimo. I libelli satirici si impossessarono in tale incontro dello spirito del pubblico, e tutto vi ebbe parte in queste violenti discussioni. Che non si opinò, che non si disse allora per fare valere ovunque l'intrigo degl'inesorabili oppositori di questa provvida Legge; or s'immaginò che quest'atto renderebbe gli ebrei molto potenti colla facilità che desso accorderebbe loro di acquistare delle terre, ciò che fino a quell'epoca era a' medesimi interdetto dalla Legge; ed ora si andò fino a sostenere che l'enorme affluenza di commercianti di ogni genere che desso attirerebbe, formerebbe l'estrema rovina degli stessi mercanti nazionali col deperimento totale del loro traffico: così dunque per prezzo de' servigj importanti che gli ebrei avrebbero renduti con tale mezzo a quello stato; ecco la ricompensa che da esso era a' medesimi riserbata.

I partigiani poi dell'ammissione del Bill, declamando più alto, non cessavano di fare conoscere al partito antagonista il suo torto evidente, sotto qualunque punto di vista che contemplare si volesse questo atto contro di cui sì accanitamente infieriva senza giusti motivi, e senza base. Infatti quale più assurda illazione della prima, e quale delirio più deplorabile dell'altro? Cosa si può egli mai inferire di più inconseguente della naturalizzazione degli ebrei della presunta potenza che questa loro procurerebbe coll'acquisto libero di fondi stabili a cui si vedrebbero con tale beneficio ampliamente autorizzati? E quale principio più contraddittorio del supposto nocumento che cagionerebbe a' naturali di uno stato il concorso d'industriosi individui che una provvida Legge richiamasse nel suo seno? In quante Città dell'Europa mirasi l'ebreo a' tempi nostri assoluti possessori di beni considerabili, e di allodiali ricchezze; e che? Lo rendono forse gli uni, o le altre meno cauto esecutore de' suoi doveri, lo fanno essi forse questi splendidi agj meno buon suddito, meno buon Cittadino; cessa egli per ciò di essere fermamente rassegnato alle Leggi dello stato in cui vive, è desso meno utile finalmente al suolo che vide nascerlo, benchè da questo si trovasse in tante Circostanze oppresso, e rigettato? Anzi tanto più esso trovasi favorito dalle Leggi, e vieppiù sente il bisogno pressante di divenire l'uno, e prende coraggio di farsi distinguere cogli altri di tali qualificati requisiti (97).

D'altronde, come si può osare di sostenere, senza delirio, che una città debba rendersi sventurata aumentando il numero della sua popolazione, e dilatando il suo Commercio, la sua industria, i suoi capitali, le sue ricchezze? Ciò non sarebbe lo stesso che supporre, come lo pensa giustamente Mirabeau, che un nuovo stabilimento di Commercio non potrà mai prosperare in una piazza Commerciante, che al detrimento degli antichi che già vi fanno l'esercizio, per la concorrenza di un numero maggiore di trafficanti? Quale mostruosa ipotesi? Oltre gl'infiniti esempi che concorrerebbero a dimostrarci l'assurdo di tale strano principio, io solo ne attesto Livorno Amsterdam, Marsilia, Venezia, Trieste, Genova, e tutte quelle altre piazze ragguardevoli dell'Europa in particolare dove ciascuno ha il diritto d'implorare l'auspicio delle Leggi, e fruire i vantaggi a livello eguale d'ogni altro probo, ed utile Cittadino: quale danno risentirono essi mai di avere accolti gli ebrei nel loro seno, e quale scapito ne soffrirono quegli antichi trafficanti dalla nuova concorrenza d'individui, i quali esercitando le stesse professioni arricchivano il commercio, accrescevano industria, ed introducevano per tutto la più florida prosperità, e le più opime ricchezze? E non sono queste sole prove sufficienti (per tacere infinite altre che addurre si potrebbe al medesimo riguardo) per confondere, o ammutolire, ad un tempo, qualunque siasi opposizione in contrario?

Questi furono dunque i più forti Argomenti de' quali si servì una parte, e l'altra in simile ostinata controversia, per passare sopra a tanti altri del pari assurdi, che ridicoli, messi in campo da' feroci oppugnatori della naturalizzazione degl'Israeliti. Ma non è già da tali futili questioni, che dipendeva essenzialmente l'estremo destino della Causa. Da un confine del Regno all'altro si rinnovarono ad un tratto de' fragori allarmanti, e universale, de' sordi intrighi, de' furibondi clamori contro si fatta deliberazione, tutti tendenti a sollecitarne frettolosamente la revoca; e ciò in un fatale momento in cui era per accadere la rielezione generale del ministero, il quale fu ad un eccesso tale intimorito dal pubblico malcontento, che erasi per ogni parte manifestato, ch'esso prese repentinamente il partito di cedere alle alle voci tumultuose del popolo, che in altra Circostanza, esso avrebbe, senza dubbio, represse, e disprezzate, abrogando quell'atto infausto sì tosto che il Parlamento fu di nuovo convocato (Ist. del Commer d'anders.)

In tale maniera dunque il Governo Britannico si lasciò vilmente imporre degli schiamazzi brutali di una turba insana fino a revocare un atto pubblico a suo riguardo, di cui la sanzione avrebbe perpetuata la sua gloria, e recati allo stato de' vantaggi solidi, e illimitati, quanto l'abrogazione formò la sua ignominia, e cagionò alle sue finanze de' danni continui, e incalcolabili (98).

Ma avanti di porre l'estremo fine a questo disgustoso proposito, non dobbiamo, per altro, tacere, che anche gli stessi ebrei, per quanto assicurano gli storici, non erano unanimemente concordi nella brama di conseguire questo atto naturalizzatorio (99); i più zelanti fra i medesimi non iscorgevano in esso che un allontanamento pressochè generale dalla religione de' loro progenitori; i più indigenti di quella nazione temevano di restare isolati, ed essere nel tempo stesso dimenticati dagl'Israeliti doviziosi che loro somministravano de' soccorsi in ogni loro urgenza; altri finalmente supponevano di vedere una emigrazione inevitabile ad altra setta, a spese, e detrimento, della loro antica natia. Quindi sbigottiti da tali panici timori gli ebrei Inglesi si mostravano indifferenti a' moltiplici consolanti vantaggi che quell'atto benefico di Politica Riforma loro avrebbe per tante parti copiosamente procurati; siccome dovettero essere insensibili del tutto alla perdita di quelli allorchè si trovarono delusi nella loro aspettazione. E in ultimo così che tutti d'accordo contribuirono proficuamente dal canto loro all'oltraggio il più enorme, il più infamante che possa farsi giammai alle Leggi, all'umanità, e alla Natura.

(94) È quì opportuno da rimarcarsi col Thurloes (state papery V. 1. p. 387.) che queste persecuzioni non avendo per iscopo principale che le affluenti dovizie Israelitiche si ebbe luogo di osservare che non udivasi parlare giammai di quelle colpe enormi malignamente imputati a questa prosapia sventurata, se non se allora quando i regi scrigni erano esausti di numerario, non osando estorcerlo, come da noi fu detto altrove, agli altri sudditi dello stato, si dediti alla rivolta, ed alla opposizione, in modo da compromettere la tranquillità pubblica, e la sicurezza del Governo.

(95) Tutti gli scrittori Inglesi asseriscono d'accordo, che moltissime trattative fossero state realmente agitate sopra un tale soggetto, e che per esaurirlo con propizio successo, gli ebrei olandesi affidassero l'ampia plenipotenza di sifatta negoziazione al celebre Manasse Ben Israel, il quale era in que' tempi annoverato nella Classe de' primi dotti dell'Europa. In realtà questo egregio rabbino si trasferì per tale circostanza, in Inghilterra, e determinò Cromwel a prendere in seriosa considerazione tutte le varie differenti domande ch'esso fece a nome de' suoi connazionali; in seguito di che esso convocò un Consiglio ad oggetto di potere deliberare diffinitivamente sul partito che prendere dovea ad un tale riguardo; ma s'ignora fino ad ora il risultato delle moltiplici discussioni che vi ebbero luogo in questo disgustoso affare; e le opinioni degli scrittori specialmente Inglesi, sono molto disparate intorno a ciò; alcuni volendo che il medesimo Cromwel accordasse a tutti gli ebrei senza eccettuazione la facoltà di stabilirsi liberamente in Inghilterra; ed altri sostengono ancora che una simile facoltà non fosse loro concessa che sotto il Regno di Carlo Secondo l'Anno 1665.

(96) Non dobbiamo qui ommettere di avvertire che nello stesso momento in cui erasi per sanzionare il primo Bill si vide comparire uno Statuto portante, che niun individuo sarebbe naturalizzato in Inghilterra, a meno che non facesse con sicurezza constare di essersi appressato della sacra mensa un mese avanti la sua naturalizzazione (Stat. pap. 7. jac. 1. C. 2.) ciò che come ognun vede escludeva intieramente gli ebrei, togliendo loro ancora ogni lusinga di vedere felicemente riuscire i loro disegni, a fronte di qualche altr'ostacolo che restava tutta via da superare.

(97) Gli ebrei (nel modo che lo abbiamo già ripetute volte dimostrato) diventeranno sempre ciò che sono gli altri Cittadini in ogni stato, dove i medesimi diritti saranno loro accordati, e le stesse obbligazioni saranno a' medesimi imposti; ed i moltiplici esempi riportati a tale riguardo possono sufficientemente autenticare questa verità, che il popolo ebreo ebbe pur troppo, molto sovente, l'occasione di esperimentare in tante guise differenti.

(98) Il celebre Lord Chesterfield fa un giusto rimprovero (nel T. V. delle sue Lettere) al ministero Inglese d'avere in questo affare troppo vilmente ceduti a furibondi schiamazzi del Popolo, i quali non aveano altro scopo che quello spirito perverso d'intolleranza, di astio, e di vendetta, che ogni saggio e illuminato Governo dee tentare ogni mezzo di reprimere, e opporsi a' suoi progressi malefici, se non può almeno soffocare al suo nascere.

(99) È assolutamente inconcepibile l'idea bizzarra, e antisociale che nutrono gli ebrei, e quelli specialmente che abitano l'Italia, di vivere tutti concentrati, e racchiusi per l'ordinario entro i più mefitici, ed angusti recinti delle città nelle quali essi fanno il domicilio, ed il loro deciso trasporto per i medesimi è a segno tale condotto che la massima parte degli Israeliti dell'Italia rinunzierebbe di buon grado a qualunque siasi vantaggio solido, e ragguardevole, che la società gli offrisse, tutte le volte che questo conseguire egli dovesse al prezzo dell'abbandono della dissoluzione de' suoi ghetti (che con tale nome quelli vengono chiamati); tentando, al contrario, di ogni sforzo per restarvi, tutto che negletti, e vilipesi dagli altri abitatori del paese in cui essi vivono. Molti si sono, per altro, studiati d'investigare la vera cagione di sifatto abrutimento, e non seppero ritrovarla che ne' motivi direttamente conformi, che facevano riguardare come inutili affatto presso gli anglici ebrei l'atto salutare di loro naturalizzazione dell'Inghilterra.

Cap. XII.

Della Condizione attuale del Popolo d'Israel sotto il dominio delle differenti Potenze del mondo alle quali è il medesimo soggetto, e particolarmente in Francia.

In seguito di tutto quanto fu da noi esposto rapidamente ne' capitoli precedenti, troppo ci si rende con evidenza comprovato non avere mai esistito sopra la terra Città, Provincia, o monarchia, che non abbia diviso, e mutato il funesto esempio altrui nella strana quanto barbara maniera di procedere verso la profuga, e derelitta progenie d'Israel: ma d'altronde ommessa non abbiamo di dimostrare parimenti che una sifatta unanimità insensata de' popoli, ben lontano dall'assolvere le loro colpe, o mitigare i rimproveri troppo ragionevolmente fondati che la posterità imparziale loro sdegnosamente prepara, essa non servirà che ad aggravare le une, e ad accrescere il numero degli altri, mentre ogni giustificazione in contrario resta ovunque sufficientemente smentita in mille guise dalla condotta medesima degli ebrei sempre graduata in ragione diretta de' trattamenti ch'essi ricevono dalle nazioni colle quali o vincolano de' rapporti, o ne sono sottomessi; e le prove percuotenti da noi testè riportate, oltre quelle tante che prodursi potrebbe, vieppiù concorrono a confermarcelo in ogni senso, tanto per ciò che riguarda il loro intimo zelo, e deciso attaccamento che nutrono per lo stato che gli protegge, quanto per i talenti perspicaci che dessi manifestano nel prestare al medesimo i loro più importanti, e leali servigi (100).

Ma gettiamo un colpo d'occhio rapido sull'istoria, ed osserviamo col soccorso di questa, se la condizione del popolo ebreo ha deteriorato sotto l'influenza delle nazioni recenti alle quali è egli sottomesso attualmente, da quello che il medesimo era sotto le antiche alle quali fu esso altre volte soggetto: discendendo però dalle epoche da noi troppo remote donde i critici fanno partire le prima dispersioni delle dieci tribù che Salmanasar condusse cattivi nella Media, mentre sarebbe questa una ricerca non solo estranea del tutto al proposito nostro, ma che non farebbe che trascinarci in un pelago immenso di contraddizioni fondata unicamente sopra vaghe congetture, senza mai rivelarci frattanto niente di positivo nè di verosimile, noi ci atterremo a' secoli più recenti, e più da noi conosciuti, onde essere in qualche maniera garantiti di potere colpire la verità di tutto ciò che ha un prossimo rapporto col popolo ebreo; assunto che dovrà essere esaurito da noi colla più gran brevità possibile, non essendo quì mio scopo di delineare il quadro analitico della totale dispersione del medesimo.

Appena dunque accaduta la funesta distruzione del secondo Tempio fatta da Adriano l'anno sessantesimo circa dell'Era volgare, la dispersione de' miseri avanzi d'Israel sfuggiti al brutale furore degl'inflessibili tiranni di questo popolo, si rese presso che generale in ogni angolo di mondo allora conosciuto; ma la posizione dove ha quello fissato i suoi stabilimenti maggiori fu in quell'epoca l'oriente; sebbene alcuni pretendono che un numero considerabile di ebrei fosse già domiciliato in alcune provincie di questa parte di terra anche lungo tempo avanti la fatale proscrizione di questo popolo dal suolo de' di lui progenitori; ma accolti in un luogo, espulsi in un altro, quì derubati, calunniati colà, perseguitati per tutto; essi non potevano fare una stazione permanente di un intero secolo continuato entro uno stato medesimo ed egli fu allora che l'Europa, e tutti gli stati d'occidente, così pure che l'Africa, e l'Asia, si riempirono ancora di queste sciagurate vittime erranti, e con un affluenza infinitamente maggiore di quella che calcolavano esse già ne' tempi fino allora decorsi (101).

Il primo esilio dunque che si procurarono gli ebrei nell'Europa, dopo la loro estrema espulsione dalla Giudea dee essere stato probabilmente la Spagna, in cui Vespasiano gli avea fino da quell'epoca trasportati, siccome il loro stabilimento in Alemagna non è, al parere degli storici, niente meno antico; ma cacciati da tutta l'estensione della Spagna nel 1492. da Ferdinando, il quale per si barbaro eroismo fu denominato il Cattolico (102), e da Isabella, molti di quella nazione si rifugiarono in varie provincie dell'Italia, e particolarmente in Roma, dove avevano lo stabile domicilio fino da' tempi di Augusto; alcuni passarono in oriente, ed altri si diffusero in molte provincie dell'Europa, dove furono ora più, ora meno crudelmente trattati a misura de' tempi, dell'interesse, e delle circostanze.

Allorchè gl'Imperatori si ebbero arrogata la potenza temporale sopra gli ebrei sparsi per tutta la superficie della terra, essi divennero una so[rta] di armento del sovrano a cui erano sottoposti; serfs de la chambre, come dice Basnage; tale infatti essendo il carattere umiliante che dessi portarono per lungo tratto di tempo in Alemagna, dove seguendo Mr. Dohm (ved. la sua Nota 35. sulla Legisl. Germ. relativamente agli ebrei.) fino all'epoca della Bolla d'oro alcuno stato dell'Impero non osava tollerarli, senza una permissione espressa dell'Imperatore. In Francia essi appartenevano al pubblico demanio Servi fiscales. In Inghilterra alla Corona, e non fu che nel secolo 16. che una Legge dell'Impero (come lo pretende il testè riportato Dohm) accordò il diritto a tutti i membri del Corpo germanico di concedere un rifugio alla raminga stirpe d'Israel; ma questo diritto siccome osservano i politici non si vide già mettere in pratica da veruno stato di Alemagna come prescritto lo avrebbe una saggia misura; poichè in varie provincie, come la Svizzera, tutto il ducato di Wurtemberg, il vescovado di Osnabruck ed alcune altre di tal fatta, gli ebrei non sono di veruna maniera neppure oggi tollerati.

La Russia gli ha espulsi ne' tempi decorsi, ed indi gli ha premurosamente richiamati a' tempi nostri giorni, accordando eglino de' privilegj tali che fanno ad evidenza conoscere l'equità, la saggezza, la tolleranza esemplare delle sue Leggi, siccome pure, i perspicaci talenti dell'inclito monarca che la governa.

In Danimarca non era un tempo accordato agli ebrei di abitare solo che certi dati recinti prefissi del paese, ed i medesimi non erano sofferti nè in Norvegia, nè in Isvezia; ma ora sono essi parzialmente protetti nell'una, bene accolti nell'altra, ed onorati nell'ultima. E l'illuminato Regnante di Baviera non è che due anni che gli ha formalmente naturalizzati per tutta l'estensione de' suoi dominj.

La Polonia è il paese in cui gli ebrei si sono sempre trovati in più gran numero, e dove hanno essi ottenuta la maggiore facilità per esercitare il loro Culto, e trarre liberamente partito dalla propria loro industria: è là sopra tutto, dice Basnage (Lib. X. Cap. 35. p. 968.) dove si odono gli alti ripetuti clamori sulla massima impossibilità in cui sono i cristiani a sostenere la concorrenza cogli ebrei, non meno in numero, che in ricchezze, in talenti, ed in Commercio. Quindi è che ogni traffico che mirasi esercitare in tutta l'estensione di quello stato, resta dall'influenza delle combinazioni abbandonato interamente in potere degli ebrei.

Era già da lungo tempo che questi venivano trattati con molto maggiore dolcezza, umanità, ed una politica infinitamente più sana di ciò che scorgevasi per lo passato in varie Città dell'Italia, e partitamente negli stati già dominati dal Pontefice Romano dove da molti anni godevano de' vantaggi ragguardevoli, e la Condotta irreprensibile de' medesimi gli faceva continuare di meritarli.

Reca certamente stupore di rilevare dall'Istoria gli stabilimenti considerabili ch'ebbero da tanti secoli, e che hanno attualmente ancora gli ebrei per tutto l'immenso territorio del dominio musulmano, le esenzioni cospicue che vi godettero sempre, e che vi godono, e l'ascendente assoluto ch'essi prendono sull'animo de' grandi, e de' primarj Magnati dello stato, non meno che sullo spirito degli stessi Sovrani, senza escludere ancora le medesime Potenze Barbaresche (103).

La Spagna, e il Portogallo sono forse i soli stati nel mondo che sieno rimasti in tutta la ferina barbarie de' loro vetusti inveterati pregiudizj, e de' quali non avvi apparenza che possano pervenire ad emendarsene giammai, rimarcandosene inoltre, e non senza stupore, che quegl'individui ancora fra gli ebrei, i quali s'inducono alla conversione dalla loro fede, sono così pure nominatamente distinti da coloro nati ortodossi col carattere offensivo di nuovi cristiani (104).

L'Olanda, e l'Inghilterra si arricchiscono considerabilmente dopo molti secoli degli ebrei espulsi da entrambi i testè menzionati Regni; e che senza calcolare la loro industria, ed i loro talenti, essi vi hanno portato sovente delle dovizie innumerabili. È colà dove gli ebrei sono il più rapprossimati de' Diritti dell'uomo, e del Cittadino; ed è là parimenti dove si fanno quelli distinguere come individui, ad ogni riguardo, infinitamente utili allo stato; e non è che un istante che noi venghiamo di fare menzione onorevole degli ebrei abitanti nell'Inghilterra dichiarati capaci di naturalizzazione, in forza di un atto del Parlamento emanato l'anno 1753. e che avrebbero conseguito agevolmente se la resistenza irrazionale del Popolo allarmato dalla corruzione del ministero allora siedente, nel modo che io lo provai a sufficienza, non lo avesse fatto revocare l'anno seguente[.]

Federigo il Grande in Prussia, Giuseppe Secondo in Alemagna, e Leopoldo in Toscana dimostrarono con sensibili esempi ad evidenza quanto valgono gli ebrei, laddove sono i medesimi trattati con giustizia, con umanità, e con favore. Le distinte prerogative, e le rimarcabili esenzioni che ha questo popolo goduto in superiore grado per lungo periodo di Anni in que' tre felici stati fanno dimostrativamente conoscere che la prosapia d'Israel è suscettibile ancora di una chiara elevata Civilizzazione, sempre che le Leggi sieno esse pure civilizzate, sagge, e tolleranti (105); e provano efficacemente ad un tempo, che dessa può aspirare meritamente ad un rango qualificato nella società degli altri popoli della terra, sempre che accordato venga alla medesima il favore d'essere governata da sovrani più filosofi che devoti, da principi tolleranti, benefici, e illuminati.

Ora passiamo brevemente ad investigare quale sia stata la condizione degli ebrei negli stati dell'antica Francia, e quale quella in cui si ritrovano essi nella moderna. Tale indagine metterà, senza dubbio, il colmo alla persuasione che ci siamo per tante vie proposti di insinuare nello spirito abbacinato degli accaniti nemici di questo Popolo.

Il primo stabilimento degli ebrei nella Monarchia francese è per noi sì oscuro, quanto ci riesce presso che impenetrabile quello fissatovi da essi in tutte le altre, di cui fu da noi fino ad ora sufficientemente ragionato.

Per altro, se si dee prestare fede agli storici, la dimora di questa Nazione in tale parte d'Europa rimonterebbe ad un epoca notabilmente avanti la devastazione del secondo Tempio (Lechmann Chron. Spir. Lib. V. C. 37. p. 472.). Ma senza rigettare questa opinione come improbabile, nè adottarla come sicura, che il domicilio di questo Popolo in Francia fosse antichissimo, chiaro lo dimostrano le Leggi de' Borghignioni emanate da Gondebaud loro sovrano, verso il secolo 15. relativamente agli ebrei (106).

Ma qualunque sia stato lo stabilimento della nazione Israelitica sopra il suolo della Francia de' secoli decorsi, essa più non contava attualmente nelle sue antiche provincie, Corpo, di sorte alcuna, di questo Popolo, a meno che eccettuare si volesse un discreto numero di ebrei Portoghesi i quali godevano in Bordeaux, ed in Bajon de' privilegj ragguardevoli, accordati loro dallo stesso Enrico Secondo, che il primo in quegli stati dette il segnale delle guerre di religione. Ve n'era d'altronde una certa quantità ne' paesi un tempo appartenenti alla sede rom[ana] in Francia, siccome se ne trovano sparsi in un gran numero nell'Alsazia, e nella Lorena, dove ad eccezione del diritto d'Autonomia, essi erano concentrati e oppressi come potevano esserlo qualche secolo fa in Alemagna, o in alcuni paesi dell'Italia.

Del resto se gli ebrei abitanti in Francia furono per qualche intervallo di tempo all'eccesso male trattati dalle insensate Leggi dalle quali era essa diretta, governata, e dalla superstiziosa intolleranza di coloro che la governavano: se quelli ritrovarono un Childebert loro persecutore inesorabile; un Chilperick che gli costringeva colla violenza a battezzarsi; un Clotario secondo che gli privava di ogni umano diritto; e Dagoberto Primo il quale non attentava meno che alla estirpazione totale dell'Israelismo dalla Francia; essi ebbero il contento di vedere trasformato il loro calamitoso avvilimento sotto il felice dominio di Carlo magno e sotto quello di Luigi il Buono, in un auge di gloria, di esultazione, e di trionfo (107).

Tale fu dunque per il corso di molti secoli lo stato in cui si ritrovò il popolo d'Israel in Francia fino a' tempi dell'ultima Rivoluzione, epoca in cui si vide proclamare que' benefici Decreti de' 28 Gen. e 16. aprile 1790. co' quali l'assemblea azionale reggente allora quello stato, costituiva Cittadini Attivi tutti gli ebrei dimoranti dopo tre Anni entro il territorio francese (108).

Ma tutti questi salutari vantaggi, tutte queste notabili preferenze delle quali ha il popolo ebreo goduto dopo un certo periodo di Anni sotto le provvide Leggi di vari umani, benefici, e illuminati regnanti della terra, non furono che la debole Aurora di quel fulgido meriggio, che il gran Dio de' suoi avi gli preparava per il secolo avventurato in cui viviamo. E solo a' nostri giorni che l'opera eternamente memorabile compiere si dovea per l'organo potente d'uno di que' sublimi genj, che l'alta Provvidenza invia bene di raro fra gli enti ragionevoli per confortarli nelle loro pene, per ricompensarli delle loro virtuose azioni durante l'instantanea permanenza di essi in questo mondo; essa dunque prescelse degnamente fra i suoi eletti il grande, l'incomparabile Napoleone onde reintegrare l'abbattuta, e derelitta prosapia d'Israel ne' suoi quasi perduti diritti, rimarginare le di lei piaghe, riguardate fino ad ora presso che insanabili, e consolidare felicemente la sua politica morale rigenerazione, nella guisa medesima che gl'impenetrabili arcani dell'Essere Supremo destinarono in altro tempo gli Antiochi, i Pompei, i Titi, gli Adriani, e pochi altri per istraziarla, disperderla, e ridurla senza speranza di lena, o di conforto agli estremi periodi dell'abbiezione, della calamità, della miseria; a questo eccelso Monarca era unicamente riserbato l'espediente infallibile e salutare onde renderla migliore, rendendola più tranquilla, più saggia, più felice; verità che noi ci disponghiamo a mettere in chiaro giorno in tutta la sua forza, ed estensione, nel capitolo immediatamente seguente.

(100) Benchè dietro quanto fu da noi significato ne' capitoli antecedenti, più non debba oggi rimanervi alcuno che dubiti un solo istante della verità delle nostre esposizioni a questo riguardo, pure desistere non posso di aggiugnerne poche altre ancora per dimostrare a quale grado gli ebrei si sono fatti sempre, ed ovunque distinguere nel mondo per la loro fedeltà leale e per il loro integerrimo affetto a quel qualunque governo a cui il destino delle armi gli rendevano sottomessi: tanto è ciò immaginabile che Alessandro il Macedone persuaso, per isperienza, di questa verità, volle in qualche modo ricompensarli, concedendo loro la provincia di Samaria coll'esenzione del tributo; ed allorchè fece fabbricare Alessandria vi stabilì degli ebrei co' privilegj medesimi che godevano gli altri Cittadini, al segno che (per quanto ci assicura Flavio 12. Antiq. 2.) il medesimi portavano fin anche il nome di Macedoni.

E se il primo de' Tolomei allorchè prese Gerusalem per inganno, condusse gli ebrei prigionieri in Egitto, diramandoli fino all'estremità della Cirenaica; avvedutosi poscia della sua ingiustizia, gli ripristinò nella di lui confidenza, ne aggregò un gran numero nelle sue guarnigioni, e gli protesse al grado che ne attirò un affluenza considerabile di altri a domiciliarsi ne' suoi stati; e Filadelfo di lui figlio redense tutti gli ebrei che erano schiavi sotto i suoi dominj, e mandò una gran quantità di doni in Gerusalem in ricompensa della traduzione che aveva egli a' medesimi commessa del Pentateuco di Mosè (Jos. Flav. Ibid.): E di quanti rimarcabili favori non gli hanno molti Re di Siria per tante volte colmati? Seleuco Nicanore conferì loro il diritto di cittadinanza nelle città fatte da esso lui costruire nell'Asia minore, e nella Siria inferiore, non meno che in Antiochia sua Metropoli cogli stessi privilegj di cui fruivano ancora fino sotto i Romani.

Antioco il grande finalmente in contemplazione de' notabili servigj che ad esso renduti aveano gli ebrei, non solo concesse alla Città di Gerusalem delle immunità e delle grazie sorprendenti, ma per vieppiù assicurarsi della Libia, e della Frigia, le quali non erano molto fedeli, nè costanti alla di lui autorità suprema, stimò conveniente stabilirvi delle colonie di ebrei, loro conferendo il comando, e l'arbitra libertà dell'esercizio del loro Culto; siccome ancora il permesso illimitato di fabbricare delle piazze, di possedere qualunque bene stabile, e di governarsi a loro migliore piacere.

(101) Vari scrittori fanno rapportare il primo stabilimento degli ebrei specialmente nell'Africa fino da' tempi di Tolomeo Sotero Re d'Egitto, il quale, per quanto ci assicura Flavio mandò varie Colonie di questa nazione nella Cirenaica, e nella Libia, indi si moltiplicarono eccessivamente, e si diramarono in tutte le Città di queste due Provincie (ved. Jos. contr. app. Lib. 2. pag. 472. T. II. e Antiq. L. 14. p. 695. T. 1.) col favore delle concessioni di Tolomeo, e de' suoi successori, essi vi godevano parimenti che in Egitto la prerogativa di cittadinanza; vi aveano i loro Magistrati particolari, e vi formavano una specie di corpo di Repubblica, ed allorchè la Cirenaica venne colla Libia in potere de' Romani, gli ebrei stazionati colà ottennero da questi la piena confermazione de' loro antichi diritti, esenzioni, e privilegj de' quali essi godevano (Ibid. p. 799. Cap. 6.)

(102) Non debbo astenermi dal fare quì opportunamente rimarcare che il Papa Alessandro Sesto (che tutto il mondo conosce) dette, come abbiamo poc'anzi osservato, a Ferdinando di Spagna il titolo di Cattolico in benemerenza di avere questi proscritti barbaramente gli ebrei da tutta l'estensione de' suoi stati, quando esso medesimo gli accoglieva favorevolmente in tutti i dominj della sua sede, accordando loro impieghi, protezioni, e qualità distinte: Tale è pur troppo l'enorme incongruenza della natura umana; e tale è l'assurda contraddizione in cui si mira essa cadere bene di frequente.

(103) Per quanto ci rapportano tutti i viaggiatori i più accreditati, non v'ha in tutta l'estensione degli stati Maomettani un solo musulmano distinto, sia per impieghi pubblici, sia per i titoli, o per ricchezza, che non tenga uno, due, ed anche un maggior numero di ebrei al suo servizio, o nella qualità di segretario, o di economo, o di direttore, o di medico, o di chirurgo, o di finanziere; tanta è la buona fede che i Turchi hanno generalmente parlando, negli ebrei, che coloro fra i medesimi che hanno del talento per gli affari politici pervengono ad occupare i primi ranghi qualificati nelle Corte orientali; ed i Principi confidano loro bene di frequente le ingerenze le più luminose, e le più importanti dello stato, come seguì appunto a Pacheco cui l'Imperatore di Marocco destinò Ambasciatore nelle Provincie unite nel Secolo 16. (mis. de Bar. Hist. univ. Juiv.), ed a tanti altri, benchè gli ebrei sieno in corpo esposti sovente ad ogni sorta di avarie, come lo sono i Cristiani Greci specialmente i quali vivono soggetti al dominio Maomettano.

(104) Tale è il carattere detestabile di entrambe queste superstiziose Nazioni; ma esse non sono già le sole per altro, nella Cristianità a procedere in tal foggia verso i Catecumeni ebrei; v'ha fin anche de' popoli i quali dopo di avere, come dimostrammo altrove, ferocemente usata ogni violenza, ed ogni frode per attirare de' proseliti ebrei a' fonti battezzimali, gli abbandonano in seguito all'inedia, all'avvilimento, all'ignominia, rigettandogli come più spregevoli degli esseri, insultandogli sovente, e non curandogli giammai: infatti quanti ve n'ha di questi che ridotti agli estremi della disperazione, sono astretti a mendicare laceri, e famelici per le pubbliche contrade, o una miserabile moneta che non è appena sufficiente per impedir loro di morire, ovvero un tozzo di pane muffito, e nero, che non avrebbero voluto, essendo ebrei, porgerlo ad un loro simile per timore di nuocerlo. Sono questi forse i vantaggi che ritraggono coloro che si abbandonano alla fede? Così dunque ricompensa la chiesa romana gl'iniziati ne' suoi mistici arcani!

(105) Noi attribuiamo sovente alla natura delle cose, dice un critico moderno, alle quali vogliamo con la forza delle Leggi provvedere, ciò che deriva da' mezzi che s'impiegano per ottenere il fine propostosi. Quindi è per che sì di frequente si fanno Leggi pessime, e insofficienti, e che per conseguenza non si arriva a conseguire il fine, che ha avuto in mira il Legislatore, e per ciò assurdamente si opina non essere possibile riescire nell'impresa. In varie parti di mondo si sono fatte delle Leggi relativamente agli ebrei; ma siccome poche fra queste ebbero per iscopo il meglioramento di essi, si giunse follemente a conchiudere che non ne erano capaci, e che inutili per tale oggetto riuscivano le Leggi: quale insana deduzione! Proscriveteasi dalla società, grida Mirabeau, ogni distinzione avvilente per essi, apriteasi loro tutte le vie di sussistenze, e di acquisti, facciansi delle Leggi che gl'incoraggischino a dedicarsi alle arti, ed a' Mestieri, ed alle scienze, che gli pongano, e gli mantengano in possesso di tutti i diritti di Cittadini, e bentosto questa Costituzione equa gli porrà nella classe de' membri i più utili allo stato, e riconosceretemo allora come queste Leggi utili, e salutari per elleno medesimi rimedieranno, ad un tratto, a tutti que' mali che loro si ...... sono fatti, ed alle mancanze, delle quali furono essi costretti a rendersi colpevoli: cette nation a reçu de la nature comme toute autre la faculté de devenir la meilleure et plus heureuse & c'est une entreprise favorable à l'humanité ordonnée par la Justice, invoquée par une saine politique, d'améliorer sa situation (Esprit de mirab. T. II. Lib. IX. Phil.)

(106) L'una di queste Leggi delle quali parliamo fa chiaramente vedere che gli ebrei erano sparsi negli stati di questo Principe, che comprendevano una parte della Provenza, il vivarese, il Delfinato, la Savoja, il Lionese, il Ducato di Borgogna, la franca contea, e la Svizzera. Fa duopo credere che essi fossero in gran numero nella massima parte delle Città di questo Regno, il quale avea per capitale il Paese di Vienna, poichè lo scopo essenziale di questa Legge, che verosimilmente apparire ci potrebbe alquanto rigorosa era di reprimere gli inconvenienti gravi risultanti dalle questioni religiose che si suscitavano assai di frequente fra essi, ed i Cristiani (ved. Lex Burgund. add. Tit. XV. in Cad. Leg. antiq. p. 305.)

(107) Gli onori de' quali furono gli ebrei colmati sotto questi due monarchi sono inesprimibili, siccome anche l'ascendente che alcuni individui di quella nazione acquistarono sull'animo de' medesimi, pare al di là del verosimile. Un ebreo chiamato Isaak seppe sì bene cattivarsi la confidenza del primo di que' menzionati Principi, che questi lo destinò per accompagnare i Conti Lautfrid, e Sigismondo, che mandò in ambasciata al Califfo Alrashid, il quale regnava in Gerusalem Asia con molto maggiore fasto, e splendore, di c[iò] che dominasse in occidente il più formidabile Principe cristiano di que' tempi (Chron. orient. p. 57.) Ma siccome i due Ambasciatori cristiani morirono in Cammino, Isaak evase con molta intelligenza da per se solo l'importante commissione affidata a' medesimi. Questi ricevè in detta corte tutti gli onori che erano dovuti al suo Carattere, ed esso ne partì ricolmo di magnifici doni per Carlo Magno (ved. Elmarc. Ist. Saracen. Lib. 2. Cap. 6. p. 112. E Abulfar. Ist. Dynast. p. 150.)

Il credito degli ebrei si accrebbe considerabilmente sotto il Regno di Luigi il Buono, figlio, e successore di Carlo Magno; egli non cessava di testificare a' medesimi delle marche di sua benevolenza in loro favore. I Cortigiani stessi non cessavano di ricercare con trasporto la loro amicizia, reputando un onore sommo il possederla: essi dicevano altamente che bisognava rispettare la posterità degli antichi patriarchi, si raccomandavano alle loro preghiere, e riconoscevano con eguale rispetto il medesimo loro Legislatore. Le femmine ebree partecipavano delle Liberalità stesse di cui erano fregiate le Principesse del sangue e le dame le più qualificate della corte, le quali mandavano elleno de' Cospicui abbigliamenti, e delle ricche suppellettili. Una si potente protezione fece risorgere considerabilmente quel popolo il quale era stato all'eccesso avvilito ne' secoli precedenti (Agob. Epist. ad Nibr. p. 105.)

(108) Le stesse accanite opposizioni che ha incontrato il Bill dell'Inghilterra, quando trattavasi di accordare la naturalizzazione agli ebrei di quello Stato, come già dimostrammo, si sarebbero suscitate senza dubbio, in Francia nella medesima occasione di cui parliamo, se coloro che in quell'epoca vi presedevano fossero stati del pari deboli, o poco energici, come lo fu l'anglico parlamento all'eccesso di lasciarsi vilmente imporre dalla feccia del popolo allarmata dallo spirito di superstizione, e di perfidia da cui era essa orribilmente predominata: mostri che giammai seppero allignare nel petto de' francesi.

Cap. XIII.

Come questo Popolo dopo sì lungo tempo soggiogato, e vilipeso ovunque da nazioni se-dicenti illuminate, potè oggi meritare gli augusti riguardi del più eccelso monarca della nostra età, fino a reputare la sua civilizzazione un oggetto degno d'interessare le sovrane paterne sue Cure.

Decorsi già si videro pur troppo mille sette cento e cinquant'anni di cattività, e di desolazione da quando il Popolo ebreo vivea nell'obbrobrio gemente sotto le umilianti catene dell'oppressione, da che le cerimonie essenziali al suo culto erano interamente abolite, tutta la gerarchia della sua sinagoga rovesciata; le sue tribù e le sue famiglie confuse, i suoi sacrifizj soppressi, atterrati gli altari, senza che durante sì lunghissimo intervallo si manifestasse alcun apparenza di sollievo nè di conforto. L'Avvenimento è a la verità de' più strani, senza che l'Istoria di niuna età del mondo ce ne offra l'esempio. Una seconda circostanza fatale rende più rimarcabile questo inaudito prodigio; poichè questa nazione disgraziata, e avvilita non trovava un solo spazio in tutta la superficie della terra in cui essa potesse riposare tranquillamente la sua testa, nè collocare con sicurezza il di luilei piede; essa era migliaia di volte passata freddamente al traverso de' torrenti di sangue che lo zelo feroce delle sette che ha essa medesima create gli avea fatto spargere impetuosamente sopra ogni angolo dell'universo, e malgrado ciò la discendenza d'Israel vi si è sempre conservata; e tutti que' tratti di accanita barbarie che l'ignoranza e il fanatismo facevano per tante volte esercitare contro di essa, non ebbero nè forza, nè attività sufficiente per farle cessare di esistere, o per annientarla dal ruolo de' viventi; essi altro non fecero che indebolire le sue forze, e paralizzare il suo spirito; e ad onta delle truci inesorabili persecuzioni del papista, del protestante, del musulmano, e dell'idolatra fieramente confederate insieme per il suo ultimo inevitabile sterminio, il popolo d'Israel esiste ancora (109).

Uno spettacolo si commovente non potea a meno di penetrare il sensibile cuore magnanimo di un Monarca fatto per essere il vero modello esemplare de' Regnanti, il Baluardo inespugnabile de' giusti, ed il padre clemente de' fedeli suoi popoli: fra le più alte importanti sue Cure una fu quella di vendicare la natura stoltamente oltraggiata dall'umana superstizione, umiliare i superbi, sollevare gli oppressi, proteggere l'innocente contro gli assalti proditorj della calunnia, e fare, in ultimo conoscere al mondo che gl'Israeliti erano uomini, e quindi suscettibili di tutte le prerogative essenziali ammesse a questa specie; l'opinarlo, il volerlo, e l'eseguirlo non fu che l'opera di un solo rapido istante. Attonito restando della rara generosa costanza colla quale seppero essi mantenere, e difendere (colle uniche troppo deboli armi d'una macchinale rassegnazione) e coltivare assiduamente collo zelo il più intenso, la edificante Religione de' loro padri per si lunga continuazione di secoli (110); sdegnato dalle tante orride sciagure che in ricompensa di tale ammirabile fermezza facevasi loro tenacemente soffrire ovunque, dalla prima infanzia del Cristianesimo, fino a' tempi odierni (111), risoluto concepisce il vastissimo disegno di eseguire ciò che i più potenti Sovrani della terra hanno per reiterate volte inutilmente intrapreso nelle epoche decorse; ma però fra tutti quelli non contavasi già un Napoleone Primo alla di cui augusta presenza non avvi alcuno che resista, e qualunque anche più spinosa difficoltà resta molto facilmente appianata, cede senza ritegno al suo supremo volere. I Federighi Secondi, i Giuseppe Secondi, le Caterine di Russia, i Leopoldi ed alcuni altri avanti questi ne concepirono l'idea, lo tentarono sovente senza successo; questo eccelso prodigioso assunto era unicamente riserbato al grande, all'invitto Rigeneratore d'Israel.

Or fremino pure a voglia loro cogli Eisenmerger, co' Bielefeld, co' Michaelis, co' Poujol, e co' Bonald tutti que' meschini declamatori, che osarono inferocire per tante volte contro la causa la più esimia che la filosofia, e la natura insieme abbiano in alcun tempo sostenute; esse ne sono già bastantemente vendicate, e trionfante quella in ultimo rimase de' suoi caparbi, e snaturati persecutori, i quali più non rammenta oggi la Nazione d'Israel che con disprezzo, mercè l'augusto Impero della Ragione affidato dall'Eterno autore della natura al provvido Consiglio del franco franco Italo Regnante per conforto di questo popolo vessato già da tanti secoli in mille spietate guise differenti, che ripugnano l'indole medesima dell'essere umano.

Possa bentosto compirsi, o sovrano magnanimo, l'opera eccelsa che sì gloriosamente cominciare vi piacque. Riconosca da essa la derelitta famiglia di Sion il benefico vostro zelo augusto, come l'unica, e la più solida base di sua perenne felicita! Verrà ben presto il giorno, e di esso comparire già si vide il crepuscolo ridente in cui a vilipendio eterno de' reprobi nemici dell'umanità, che futilmente distruggere tentarono opera si portentosa e sì sublime, essa formerà l'oggetto dell'ammirazione universale di tutto il mondo, e la gloria indelebile dell'Eroe autore risuonerà dall'uno altro Emisfero.

E tu venturato Israel, lena riprendi ti riconforta! Il tempo divoratore di quanto esiste sulla terra ha ormai seppellita in perpetua obblivione l'esecrabile reminiscenza de tuoi perversi ed insensibili oppressori, e se alcuno per fatale combinazione tuttavia mirasi esistere fra noi sfuggito forse all'indefessa vigilanza del tuo Augusto Liberatore, esso non tarderà guari a soccombere sotto la spada ultrice delle sane, quanto eque, ed ammirabili sue Leggi, e sobire così la ria sorte medesima che debbono provare gl'insensati ribelli della natura, ed esso intanto unito a' satelliti suoi atterrito, e fugare corre tosto a seppellirsi coperto d'ignominia taciturno, e confuso nel vortice immenso delle sue criminose passioni da cui lo trassero un giorno i suoi deliri per flagello de' suoi simili, e così di nuocerti la minima possanza più non gli resta. Profitta dunque (nè un solo momento esitare tu dei) della disfatta estrema di esso; infausto può a te riuscire ogni ritardo; sfuggire non lasciare que' fortunati istanti ne' quali è a te accordato di respirare tranquillo il delizioso ambiente di una memorabile rigenerazione salutare, che dal Dio superno protettore degli avi tuoi ti è oggi amorevolmente destinata.

E voi finalmente, o uomini, che con giusti attributi acquistate l'assoluto diritto di comando sopra gli esseri umani vostri simili da' quali siete meritamente riguardati sovrani della Terra! Rammentatevi che tali voi non siete, se non se ad oggetto di rendere felici que' popoli che la sorte fortuita delle armi ha renduti subordinati al vostro alto potere (112); studiatevi pertanto unanime d'imitare il più Benefico de' sovrani, l'Eroe Napoleone, sopprimendo da' vostri stati perpetuamente ad esempio di questo illuminato Monarca di tutte quelle odiose distinzioni che formano l'obbrobrio eterno di colui che vi acquiesce, o le autorizza, e denigrano turpemente l'esimia specie dell'uomo; il vero proprio interesse è impegnato non meno urgentemente di ciò che lo sia la solida felicità de' vostri subalterni, affinchè gli esseri umani sieno tutti riguardati in egual grado, in condizioni eguali, siccome tutti scaturiti da una stessa identica origine, onde tutti gli enti dotati di ragione sieno indifferentemente animati a veri comuni vantaggi della patria, ed alle utili produzioni; e così le scienze vi faranno altrettante nuove conquiste, quanto saranno per elleno medesime abbondanti le ricompense liberali che voi profonderete al felice progresso delle arti, e delle Scienze; fate che nulla vi sia d'impenetrabile allo Spirito di chiunque individuo umano, nè al prode valore de' vostri subalterni; e che, in ultimo, fra i luminosi trofei che decorreranno le vostre giuste imprese, la superstizione, e l'ignoranza sieno i primi de' funesti perturbatori della pubblica tranquillità delle nazioni che avrete col massimo impegno soggiogati, depressi, e combattuti

(109) Da tutte queste calamitose peripezie (da noi già per tante volte descritte nel corso di quest'opera e partitamente rimarcate quanto era duopo nella nostra Introduzione Preliminare) gli ebrei traggono dalla loro parte un soggetto di gloria, di trionfo, e di esultazione, e sostengono sempre colla più insistente asseveranza, che la loro Nazione è il cuore dell'universo, volendo forse inferire con ciò essere la prima, per che la più antica di tutte quante adorarono sulla terra il Dio di Verità: Israelitæ inter populos sunt instar Cordis ad reliqua membra (ved. Buxtorf. in Lib. Cuzarj).

Essi appoggiano questa ferma persuasione sopra ciò che è loro assicurato dal Profeta Amos, ed anche da vari altri che Dio non conosce ch'essi fra tutti i popoli della terra, e che a cagione appunto di simile preferenza egli non cessa di reprimere i difetti de' medesimi e di emendare i loro travviamenti col mezzo delle tante sofferenze delle quali sono essi da sì lungo tempo le vittime. E in tanto alimentati da simile illusorio conforto un secolo vedea succedere l'altro, e la desolazione d'Israel succedevasi con esso parimenti ognor più crudele, e sempre più disperata.

(110) A fronte delle innumerabili tormentose oppressioni sotto le quali ha in ogni tempo gemuto, come lo abbiamo per tante volte dimostrato, la sventurata stirpe d'Israel, per altro, rimanere si vide sempre fedele alla Religione de' suoi vetusti Patriarchi fondatori; ad onta parimenti de' supplizj, de' roghi, delle confische, e delle apostoliche torture che ne fecero per tante volte nel mondo uno strazio crudele, ciò nulla ostante quel popolo offre anche attualmente lo spettacolo commovente, e incomprensibile alla mente dell'uomo di una immobile colonna superstite all'impetuoso torrente de' secoli; e se la primitiva origine di questa Nazione (siccome lo rimarca sensatamente un oratore insigne dell'Assemblea degl'Israeliti convocata in Parigi l'anno 1806) risale all'antichissima culla del genere umano, sembra che le sue reliquie debbano conservarsi fino al giorno dell'estrema sua Consumazione.

(111) Per molto che abbiano ponderatamente dissertato le penne anche le più classiche, e le più scienziate, ad oggetto di pervenire a conoscere la vera positiva sorgente d'un odio talmente inveterato, e sì antico, quale è quello che tutte le nazioni del mondo, senza eccettuarne forse alcuna, hanno sempre nutrito concordemente contro gli ebrei, niuno ha mai saputo dare fino ad ora delle ragioni verosimili almeno se non certe.

Io, per altro, senza risalire col pensiero fino ai tempi da noi troppo lontani, m'indurrei di proposito ad opinare che questo miserabile astio universale, che per quanto apparisce dalla scrittura medesima può datare dal primitivo stabilimento del Giudaismo, non debba in origine conoscere che due sole genuine cagioni; la prima si è quel disprezzo fermo, e deciso, che l'individuo Israelita ha ognora, e per tutto manifestato, per gl'idoli, o pagodi, gli Dei, e semidei conosciuti e adorati da tutti gli altri popoli del mondo antico: la seconda poi si è quella ridicola primazia (di cui parlammo nella nostra Introduzione) che la Comunione d'Israel pretese fare in ogni tempo valere preferibilmente a qualunque altra nazione dell'universo, ciò che sempre la rese isolata da tutte queste, e alimentò una perpetua vicendevole antipatia fra di esse.

(112) Se nella quantità considerabile de' Regnanti, che la Storia di ogni secolo del mondo ci addita avere di tanto in tanto dominato sopra la terra, se ne annovera di quelli che n'erano pur troppo affatto indegni, essa per compenso ce ne mostra così pure degli altri, nell'animo de' quali era una volta riuscito alla Ragione di fissare la sua fede, alla giustizia il suo tempio, alla clemenza il suo sostegno, e dove la filosofia era gionta a penetrare i suoi raggi benefici per illuminarli, e fare ad essi conoscere in ogni senso i veri loro interessi. Mercè l'opportuno soccorso di tali provvidi lumi, essi pervennero a comprendere chiaramente, che un Re non saprebbe essere ingiusto co' popoli ad esso lui subordinati, senza essere nel tempo medesimo il tiranno contro se stesso per che tutti i mali dello stato si rendono ad esso necessariamente personali.

Esempio ammirabile! Sublime Lezione! Per che mai non v'introducete voi entro il cuore indurito di que' deboli sovrani che ripongono il proprio fasto nella miseria de' rispettivi loro popoli, che non si arrendono giammai ad altra voce che all'orribile trillo delle tumultuose passioni dalle quali sono essi furiosamente predominati, per farne eglino capire intimamente che se giusti non sono, saggi, benefici, e tolleranti, meno ricchi saranno, meno felici, meno potenti? Poichè il Regnante non è grande, se non se della grandezza de' propri sudditi, non è opulente che nelle loro dovizie, non è forte che per l'unione de' medesimi; ed ogni suo interesse è indissolubilmente vincolato a quello di essi, ne viene per conseguenza che tutte le di lui mire debbono aggirarsi unicamente a rendere felici quelle popolazioni che sono a quelli sottomesse: Le sort des armes (dice, per quanto Elvezio ci rapporta, un filosofo indiano a Tamerlan Imperatore de' Tartari) nous sommet à toi; es'-tu marchand? vend nous es'-tu bucher? Tue nous; es'-tu monarque? Rend nous heureux. E quale sovrano potrebbe a lui d'intorno sentire, senza ribrezzo, un simile rimprovero?

Per me diceva Seneca il filosofo, se è permesso a' mortali di giudicare degli arcani divini, io credo fermamente che i Principi non si possano per altri mezzi procurare una felicità inalterabile che per quello di creare de' felici: Quin ego si fas piumque mortalibus æstimare celestia nullam majorem crediderim esse Principum felicitatem, quam fecisse felicem. De Benef.

Tale è per se stesso realmente il vero, e l'unico sentiere che può condurre con sicurezza un sovrano della terra all'immortalità più luminosa, e di tutti i suoi tesori, e di ogni suo fausto, questo è il solo certamente che possa consolidate la sua gloria, e perpetuare la sua riputazione al grado più elevato a cui possa l'uomo inalzarsi sopra la terra.

Cap. XIV.

Un'assemblea de' più ragguardevoli fautori della credenza di Mosè dall'Augusta deliberazione di sì Magnanimo Sovrano, viene per tal effetto convocata nella Metropoli della Francia, ed in faccia dell'universo, la Rigenerazione d'Israel è solennemente proclamata.

Nel modo stesso che una venefica preparazione si è per tante volte veduto servire d'antidoto efficace contro gli effetti letali di un rodente veleno, così appunto nel caso nostro un disordine orribile produsse il sommo, e il più salutare di tutti que' beni che l'uomo possa in verun tempo conseguire nella sua vita.

In mezzo di tutti que' distinti memorabili vantaggi de' quali godevano pacifici gli ebrei abitatori della Francia, e dell'Italia dopo il fausto avvenimento a entrambi questi due troni dell'Imperatore Napoleone, pare, nulla di meno, la loro sorte era tutta via mal sicura, e fluttuante. Questo inclito Monarca il quale avea già riempiuto l'universo dello dello strepito squillante delle di lui gloriose gesta, e dell'alta imperibile sua fama, profuse non avea esso ancora le splendide testimonianze delle paterne sue Beneficenze sopra uno de' popoli i più sventurati de' suoi felicissimi dominj; ma de' più esatti, e fedeli osservatori delle ammirabili sue Leggi, e mentre che disponevasi forse a pronunziarle, una folla di reclami accorrono a denunziare a piè del Trono varie ingiustizie, ed estorsioni commesse a danno di certi modici proprietarj da alcuni ebrei abitatori de' Dipartimenti settentrionali dell'Impero francese. Sotto qualunque altro debole, o male prevenuto sovrano si sarebbe veduto, senza dubbio, proporre contro i denunziati fraudolenti de' mezzi perentorj di austerità, e di compressione affine di vendicare que' torti de' quali erano ad essi da mille parti imputati; ma l'Eroe clemente a cui benigna sorte volle renderci soggetti, ben lungi dal colpirli con quegli atti di rigore, che già tante volte gettarono la Nazione d'Israel nell'abisso d'ogni terribile flagello (113), esso fece servire quel disordine come di base inconcussa per il felice successo di quelle benefiche misure che serviranno ad insinuare a questo Popolo le abitudini, e i Costumi adeguati a fare de' Cittadini, ad ogni esperimento utili, saggi, e illuminati. Ecco in quale maniera quello stesso crogiuolo che gli avversarj d'Israel aveano già sollecitamente preparato, ad oggetto di raffinarvi le nuove sofferenze, ed i tormenti di una frazione di questo popolo, e forse ancora di tutto per consenso, diventa la fonderia opima, e inesauribile di ogni sua più intensa felicità (114); è dunque così che il salutare imperiale Decreto (30. Maggio 1806.) il quale sarà ne' fasti del Judaismo il monumento il più luminoso che possa mai quello trasmettere alla posterità, degno di eccitare l'emulazione, e lo stupore degli altri popoli, fece in un istante convertire lo sdegno in protezione, il rigore in provvidenza, nel modo appunto che una furibonda tempesta porta regolarmente seco un cielo ridente, e sereno, e che un turbine di guerra, è sovente il precursore di una pace solida, e tranquilla; e la triste umiliazione a cui ridotto l'uno, e l'altro senza scampo l'avrebbe trasformata si vide in decoro, civilizzazione, tripudio.

Lo scopo primo, ed essenziale dunque di si fatto eccelso Decreto si rivolge propriamente a conferire alla nazione de' credenti mosaiti quelle prerogative sociali, che la stupida criminosa ignoranza de' secoli decorsi avea ad essa in ogni tempo ferocemente rifiutate, e rimetterla ne' suoi diritti assoluti alla stima universale di tutto il genere umano di cui essa fa parte, e dirigendola sull'ameno sentiere che può guidarla senza pericolo all'intero possesso di una felicità deliziosa, e permanente, renderla veramente degna dell'augusto protettore che la sostiene, e della sventurata patria che le è da esso amorevolmente accordata. Quindi è per ultimo, che un genio abituato a concepire colla più saggia belicosa fermezza, quanto v'ha di utile, di arduo e di sublime ad un tempo nell'ordine delle cose terrene; avvezzo a tutto vedere cedere alla perspicacia incomparabile della di lui esimia intelligenza dovea certamente ritrovare un assunto molto agevole quello di rovesciare in un rapido movimento l'edifizio mostruoso che gli umani smarrimenti avevano costruito in tanti secoli, e sotto le sue esecrabili rovine seppellendo una volta per sempre tutte quelle traccie abominevoli d'infamia e di abbjezione, che da tempo immemorabile sembrano perpetuate sopra la terra per cospirare lo sterminio totale degl'infelici reliquati di Gerosolima, la vetusta cospicuità di questo popolo risorgere si mira più fastosa, e più durabile di quella dove sia il medesimo asceso in verun epoca giammai, nè sotto alcun dominio a cui fu egli soggetto in tante parti di mondo conosciuto dopo la di lui estrema dispersione (114).

Per altro, tutte queste benefiche disposizioni, sebbene rivolte ad un fine oltremodo edificante, pure aveano esse duopo frattanto di una certa imponente apparenza di religiosa formalità che loro mancava fino a questo momento, e senza la quale difficilmente avrebbero quelle ricusato il loro salutare opportuno intento (115).

Una si fatta necessaria precauzione sfuggire non potea certamente in modo alcuno alla sottile penetrazione dell'Eroe Benefattore; egli la sentì, la vide, ne conobbe l'intimo valore, e prendere la volle risolutamente l...rebbe, onde ovviare a quest'ammirabile impresa qualunque ostile contrasto, che avesse potuto arrestarne gli avventurosi progressi, interromperne il corso, e allontanarlo; e poichè il popolo non si pascola che di apparati esterni, come da noi fu dimostrato altrove, esso volle quì ancora secondarlo, ordinarlo collo stesso Imperiale Decreto, che una grande Assemblea composta d'individui professanti la credenza di Mosè, e forniti di probità, di talenti, e di coltura sarebbe immediatamente convocata nella metropoli dell'Impero francese, e dietro le ricerche politico religiose (delle quali sarà da noi ragionato sufficientemente) che le fossero state fatte dal Magistrato Supremo, che avea fatto convocarla espressamente, essa proclamerebbe in faccia dell'universo la Rigenerazione formale dell'intera popolazione d'Israel; e così appunto accadere si vide; ma i Capitoli seguenti ci faranno con evidenza più sensibile conoscere ciò che fu dall'Assemblea medesima operato in questo importantissimo assunto, non meno di quel tanto di più che da essa operare si potea in suo speciale solido giovamento.

(113) Non mancano pur troppo, esempi nell'Istoria da farci inorridire di questa fatale verità, e quanto fu da noi esposto, a varie riprese, fino ad ora affine di viemaggiormente comprovarla (ved. il cap. IX. colle annot. che vi sono comprese) non è che un debole saggio di quel tanto che adurre si potrebbe, onde rendere più evidente che oltre le innumerabili calamità di ogni genere, di cui si fecero gli ebrei sempre le vittime in ogni angolo di mondo, e sotto qualunque siasi regime della terra, spignevasi la perfidia contro di essi fino a dichiarare nulli i loro Contratti, e ad assolvere i loro debitori dal pagamento delle somme che avevano ricevute, e ciò sotto mendicato infame pretesto di frode, o di estorsione, e questi miseri creditori senza difesa potevano anche reputarsi felici se dessi non erano espulsi dal paese, o puniti in altra guisa del male che ricevevano. E così che nell'Anno 1347. i Burgravi di Norimberga e nell'Anno 1360. due gentilomini di Boemia furono dichiarati dall'Imperatore Carlo IV. assolti di tutto ciò ch'essi dovevano agli ebrei, capitale, ed interessi. L'Imperatore Venceslao fece ancora di più: l'Anno 1390. con un editto pubblicato in ogni parte dell'Impero, tutti i Principi, Baroni, Signori, Cavalieri, Cittadini, ed altri sudditi dimoranti nel territorio de' franchi furono liberati, e assolti onninamente da qualunque siasi debito contratto con individuo Israelita, capitale, ed interessi.

(ved. Haerbelins teutche Reich Histoire. VIII. p. IV. pag. 5 & 6.)

(114)

(114) Cosa sono essi mai tutti que' vantaggi che osservammo avere conseguiti l'ebreo sotto alcuni Principi saggi, e benemeriti dell'umanità posti al confronto delle calamità incalcolabili alle quali soccomberono sì di frequente sotto il regime sanguinario di tanti altri governanti snaturati, e crudeli? E a che mai si riducono, d'altronde, tutti que' favori de' quali si mirano colmati qualche volta gli individui di questa nazione, livellati al cratere opposto di quelli che la provvida mano del loro augusto liberatore compartisce ad essi profusamente in questo istante? Quelli avevano per disegno un bene precario, ed istantaneo, e che non limitavasi che ad una discreta esigua popolazione; questi hanno per base fondamentale la prodigiosa Rigenerazione universale dell'intero Corpo esercente nel mondo la credenza di Mosè.

(115) Noi abbiamo avuto luogo di dimostrare fin quì molto sovente tale essere appunto la meschina deficienza umana, ch'essa non cede che all'apparenza, non si pascola che di quella, nè si arrende che alle sole sue malefiche ripulsioni; gli oggetti i più triviali, se non ancora forse i più spregevoli divengono sacri alla rinfusa per la moltitudine abbrutita (la quale non giugne in alcun tempo a oltrepassarne la superficie) quando sono corredati da quel falso brillante follemente caratterizzato da essa collo specioso attributo di religiosa decorazione; e quelli al contrario che portano daddovero seco loro ma senza dimostrarsi l'impronta indelebile del sano, e del divino, sono dal torpido volgo riguardati generalmente come antireligionarj, come profani, per che trova esso mancare loro quell'orpello ammaliante, che attrae la di lui adorazione macchinale senza riflessione, e senza esame che offusca la sua mente, e lo confonde.

Cap. XV.

Divisione di quest'Assemblea in Concilio Politico, o Civile, ed in sinodo, o Gran sanhedrim. Origine, e progresso di questo Tribunale presso gli antichi ebrei; quali fossero l'Autorità, la giurisdizione, e i requisiti del Grand Sanhedrim.

L'Alta missione affidata dal magnanimo sovrano delle Gallie, e dell'Italia a questo ragguardevole Consesso, tutto che in superior grado ammirabile per se stessa, nulla di meno acquistata non avrebbe giammai si facilmente presso la totalità dell'Israelismo quella formalità imponente, e religiosa che il bisogno urgente per se stesso esigeva, se fosse stata esaurita solo da quello. Le soluzioni applicate agli articoli indirizzati dalla Cesarea Maestà Reale all'assemblea degl'Israeliti (e di che sarà da noi ragionato quanto è duopo nel progresso di quest'opera) dovevano essere convertite in altrettante decisioni dottrinali, affine di fare elleno prendere il carattere autorevole che era necessario per condurle al proposto disegno salutare, e farne quindi produrre risultati vantaggiosi che l'augusto Protettore si prefiggeva: ciò che non avrebbe potuto per alcun mezzo effettuarsi dalla sola prima assemblea nel modo che allora era la medesima Costituita.

Or per deliberare dunque in un emergenza di tale guisa importante, non vi volea meno di quella previdente saggezza, che è sì omogenea all'acume immutabile di un Napoleone le di cui auguste mire paterne non avendo per oggetto la sola civilizzazione politica dell'immensa famiglia d'Israel (nella guisa ch'egli stesso rese conscia l'Assemblea per l'organo de' Commissari delegati da esso a questo oggetto) ma la perfetta ripristinazione ancora dell'antico suo Culto, alterato enormemente e renduto oggi deforme, siccome ad esuberanza fu da noi opportunamente dimostrato, da tante inutili parafrasi, e allegorie stravaganti; così piacque ad esso risalire fino all'epoca distinta in cui la Nazione tutta d'Israel era diretta onninamente da un tribunale dotto, e venerabile che decideva i suoi destini, che formava il suo più luminoso decoro, e che cadde, e si disciolse insieme col tempo. E questo rinomato Sinedrio che risorgere ei fece con distinta comparsa nel Centro della sua vasta capitale, affine di rendere a quel popolo il servigio importante di migliorare la di lui sorte, illuminarlo intorno i suoi veri interessi, e fissare sopra basi permanenti, ed inconcusse un metodico infallibile nuovo sistema di credenza, sulle traccie medesime uniformi di quella che trasmessa venne da Mosè a' suoi posteri; e sebbene a tanta impresa edificante non siasi tutta via completamente pervenuti (come sarà da noi successivamente rimarcato) nulla ostante non si ommise dalla prima assemblea di esaurire con ogni acume ed esattezza possibile quanto era stato alla medesima richiesto dal Benefico Sovrano che l'avea fatta convocare, dal momento della di lei installazione seguita il 26. Lug. 1806. fino alla sua totale dissoluzione accaduta ne' primi giorni di febb. 1807 colla promozione del Gran sanhedrim che fu a quella immediatamente sostituito, ad oggetto di triturare, e sanzionare più autorevolmente, come si disse, quelle materie le quali erano già state antecedentemente discusse, ed agitate dalla prima assemblea; e in ciò questo pure vi è riuscito mirabilmente; e quanto fu operato da esso, durante la di lui permanenza di un intero bimestre, corrispose in qualche parte l'aspettazione di tutto il mondo, e soddisfece nel ad un tempo medesimo le brame salutari del sensibile Monarca promotore.

Tali sono dunque i fondati motivi di sifatta Divisione in sinodo religioso, ed in Assemblea politica. Ma avanti di passare al detaglio analitico delle operazioni di entrambe queste rispettabili Adunanze, ci veggiamo costretti di arrestarci qualche breve momento sul proposito del Sanhedrim, affine di potere rinvenire colla maggiore chiarezza che ci sarà possibile l'origine sua, e le sue principali attribuzioni per tutta l'estensione della Giudea, essendo questo un tribunale che a molti differenti riguardi, tutti del pari utili, che interessanti, merita di essere ampliamente conosciuto, ed è questo appunto lo scopo nostro del momento.

Gli ebrei, d'accordo uniti a vari critici accreditati (Goesii, Pilatus Judex animadvers. p 4. 6, e 14. Suren. in misnah. Tit. Sanhedrim Pref. Brunus de Bened. XIV XII. Patriar. p. 82. ferrand. Réflex sur la Relig chret T. II. p. 26.) fanno rapportare l'origine del sanhedrim fino a Mosè il quale (siccome abbiamo dalla scrittura) oppresso dall'enorme affluenza delle controversie che erano al medesimo portate incessantemente da tutto il popolo domandò di essere sgravato da una soma che di gran lunga eccedeva le sue forze per sostenerla; fu allora che Dio gli Commise commise di dividere questo peso con 70. Senili scelti dal popolo, e che desso animò del suo Spirito Divino (Exod. C.    v.   ) ciò che fu dal medesimo tosto eseguito. Ecco infatti il più valido appoggio che produrre si possa in favore dell'antichità del Sanhedrim, senza che altri monumenti ce ne restino per comprovarla.

Or l'inferire dell'esposto l'epoca originaria del Magistrato di cui parliamo, sembrami lo stesso che volersi prefiggere di non provarla, mentre dalla medesima scrittura troppo chiaro si comprende che quello più non esisteva ne' tempi che successero la morte di Mosè, ne' quali essa ci mostra che il popolo era governato allora, e diretto da Jesuè con assoluta autorità, e non accadeva che negli affari della massima urgenza, che questi consultava qualche volta gli anziani del popolo, o i padri delle tribù (Jes. Cap. XXII. v. 14.), i quali non erano già fissati in consiglio permanente, come lo pretendono taluni, ma riserbati, come si disse, per i soli casi d'importanza, ed alle ultimate diffinizioni di questi il ConsiglioConsesso era disciolto, ed i consiglieri congedati.

Però tacendo quì le altre moltiplici opinioni, che cospirano univoche al medesimo disegno, e che non giova quì annoverare, mi sembrerebbe più consentaneo alla ragione di ripetere l'origine del sanhedrim da' tempi di Alessandro il Macedone, e tanto più si ha fondato motivo di presumerlo, se si riflette che il nome stesso che quello porta, è senza contrasto, derivato dalla greca etimologia Zanedron, che significa consesso, cioè a dire, adunanza di persone sedute. E niente di più naturale di ciò che i Greci abbiano potuto dare luogo a sì fatto stabilimento, essendo essi in que' tempi assoluti padroni della Giudea (Suren. Pref. ad Misnah T. IV. Tit. Sanhedrim.). Quindi è che l'assunto si rende molto imbarazzante per coloro che pretendono ritrovare la sorgente certa, e primitiva di sifatto Consiglio ne' primi secoli della chiesa giudaica, in cui il dialetto greco era del tutto sconosciuto (116).

Ma non per tante moltissime riprove appariscono concorrere, d'altronde, ad assicurarci che un tale consiglio non possa essere stato istituito che da Giuda, o da Gionata al tempo di Macabei, benchè l'opinione la più generalmente adottata, come l'Istoria de' Macabei chiaro lo significa (Macab. I. Cap. 5. V. 16.) pare che spieghisi per l'ultimo.

Or passando sopra alle varie obbiezioni che si agitano contro i differenti sentimenti riportati sul proposito di questo Magistrato, noi possiamo con qualche fondamento conchiudere che a soli Macabei debbasi l'origine del suo stabilimento, e la nostra asserzione prenderà una maggiore consistenza, se coll'Istoria di questo popolo alla mano ci faremo a ponderare con Basnage, il bisogno urgente in cui esso era in que' tempi di un senato capace di guidarlo, di sostenerlo, e di rappresentarne il corpo in tutta la sua totalità (117).

In quanto poi alle qualità che distinguevano i membri componenti questo rinomato consesso, si osserva che il medesimo era composto di ecclesiastici, e di Laici i quali riconoscevano per capo, o presidente il sovrano sacrificatore che era denominato נשיא (Nassì) Principe, a cui sostituivasi un assessore il quale veniva contraddistinto col carattere di —אב בת דין (Av-Bet-Din) Padre della casa di giustizia. Gli scribi tenevano il primo rango nell'Assemblea, come i più versati nell'intelligenza della Legge, il solo requisito necessario per aspirarvi meritamente. Non aggregavasi giammai a questo Corpo venerabile, se non quegl'individui, i costumi de' quali erano esperimentati irreprensibili, e la professione assai onorifica (misn. Tratt. De Syned. Sect. III. p. 221. T. IV.). I giuocatori gli usuraj, gli eunuchi, e coloro che vivevano sulla disgrazia degli altri erano vilmente rigettati, tutto che avessero in gran copia le cognizioni necessarie per esservi aggregati (118).

Per ciò che in ultimo riguarda la giurisdizione e l'autorità del sanhedrim, è incontestabile che avanti che la Giudea fosse sottomessa a' Romani, essa avea l'assoluto diritto di vita, e di morte sopra tutto il Popolo, ma questa facoltà gli fu tolta da' medesimi appena che quelli ebbero fatta la conquista di quel paese, mentre l'uso generalmente adottato da' Romani era quello di lasciare a' popoli vinti, o conquistati, i loro Dei, la loro religione, i loro Tempj; ma rapporto al civile, essi gli obbligavano a seguitare le stesse Leggi, ed il medesimo sistema praticato dalla Repubblica. (Jos. De Bel. Lib. 1. Cap. V. pag. 720.). Era parimenti di competenza del Consiglio di regolare la pace colle estere nazioni, ed anche pronunziare i voti suoi sulla dichiarazione di certe guerre che potevano farsi luogo nello stato (119).

Io non comprendo per altro in massima con quale solido fondamento vari accreditati soggetti si fecero a sostenere fermamente che la giurisdizione del sanhedrim estendevasi fino ad eleggere, o a deporre gli stessi sovrani della Giudea (Selv. De syned. Lib. II. Cap. 9. p. 434. Grot. De Jure Bel. & pacib. 1 Cap. 3. pag. 141.); quando noi abbiamo d'altronde certi dati positivi che ci assicurano non riconoscersi da questi un tribunale superiore a cui potessero i medesimi essere soggetti (120). E quelli pure che sostengono appartenere al Sanhedrim la nomina de' sovrani, asseriscono che affine di rendere questa nomina grata a Dio, il Consiglio non se ne rapportava già al nitrito di un cavallo, nel modo che praticavano i Persiani; ma esso consultava rispettosamente gli Urim, e Tumim, col mezzo de' quali Dio medesimo comprendere faceva prodigiosamente se spiacevole, o gradita eragli la scelta (121).

Del resto veggiamo che questo Magistrato supremo dilatava il suo potere assoluto, per quanto assicura l'Istoria de' suoi atti, sopra tutte le sinagoghe della giudea, sia de' paesi lontani, sia di quelli esistenti nel centro medesimo dello Stato, e di più ci si fa credere che non solo non facevasi luogo a veruna sorta di appello di tutto ciò che desso avea pronunziato; ma che chiunque individuo altresì il quale si fosse opposto alle sue decisioni dovea essere irremissibilmente punito di morte: esso regolava nel tempo medesimo gli affari i più importanti; giudicava anche gli stessi Profeti, e qualunque siasi caso di coscienza non potea essere discusso che da quello; attribuivasi ancora un potere illimitato sulle ordinanze della Religione le quali erano generalmente ricevute colla più sommessa rispettosa venerazione. In somma, esso dominava tutto l'ebreismo intieramente, ed imponeva delle Leggi le quali erano mantenute, ed osservate rigorosamente da un confine all'altro del mondo abitato dalla popolazione d'Israel, la quale per lunghissimo periodo di Anni altre certamente non conobbe fuori di quelle, non fu diretta, e governata che da esse.

Tali sono dunque le nozioni le più verosimili che ci offrono d'accordo tutti i più autorevoli monumenti che l'antichità ci ha trasmessi relativamente al Sanhedrim, la di cui forma in qualche modo somigliante rinnovare si vide oggi solennemente fra noi, benchè di precaria permanenza, con attribuzioni assai differenti da quelle che costituivano il principale carattere di esso, e con una autorità molto più contingente, e circoscritta di quella che osservammo testè esserne l'antico Sinedrio rivestito.

In sequela, per tanto, di simile preallegato confronto, non mi sembra del tutto inopportuno al mio assunto principale di entrare, per quanto ci sarà possibile, a conoscere, e approfondire le dotte ponderate operazioni del sanhedrim de' nostri giorni, affine di potere con esatta cognizione di causa più metodicamente sistemare quelle che da noi si preparano sull'importante proposito medesimo in questione.

(116) Tito Livio rimarca (Dec. V. Lib. V. p 508.) che i senatori, che i Macedoni mettevano alla testa del loro governo, si chiamavano Sinedrj da cui gli ebrei debbono probabilmente avere tratto il vocabolo Sanhedrim. Oltre a ciò si potrebbe quì aggiugnere ancora che Aristotile avea chiamato parimenti Sinedrj i giudici ch'esso avea prescelti per andare a prendere il loro luogo respettivo nelle occorrenti sedute del Consiglio. Da ciò si comprende che nuovo non era questo termine fra gli uomini quando gli ebrei denominarono con esso il primo Tribunale della Giudea.

(117) Molti scrittori antichi, e recenti, e Basnage fra questi, ritrovando al quanto verosimile questa opinione, dicono che vi era pure in quel tempo una ragione che rendeva questo Stabilimento assai necessario presso i Macabei, atteso che questi cambiando la natura del governo, aveano bisogno del Consenso del popolo, e di determinato Corpo che lo rappresentasse in forma autorevole, e legale e siccome alcuno fra quelli non prendeva giammai verun titolo qualificato di sovranità, era duopo indispensabilmente ch'essi facessero approvare le loro deliberazioni da un senato, od un Consiglio stabilito per tale oggetto (ved. Basn. Hist. des Juifs T. IX. Lib. VI. Cap. 1.)

(118) V'ha inoltre chi pretende che rigettati fossero ancora i vetusti decrepiti, e quegli uomini giovani pure che non aveano prole vivente per che si supponevano crudeli, ed inflessibili a' clamori della umanità supplicante. Tre segretarj erano destinati per questo Magistrato, l'uno scriveva le sentenze di coloro che erano assolti; l'altro i decreti di Condanna, e l'ultimo registrava le vertenze delle parti querelanti; oltre a questi vi erano tre ordini di Candidati per instruirsi, ed il più anziano fra questi era chiamato a compiere le ingerenze del primo impiego vacante: alcuni assicurano, per tanto, che i giudici erano tratti da' tribunali inferiori, per che allora si supponevano periti nella difficile arte di amministrare la giustizia (mis. Tract. De Syned. T. IV. p. 228.)

(119) La Scrittura pare che distingua due sorte di guerre, le une erano ordinate dalla Legge, e le altre non servivano che ad aumentare la gloria del Principe, e a dilatare i Confini dello stato. Il suffragio del Consiglio era indispensabilmente necessario per le ultime, ma in quanto alle altre, siccome quelle altro non erano che un evasione precisa de' Cenni dell'Eterno, colui che era alla testa del popolo, potea prendere le armi a suo migliore piacere, fare delle leve quante sembrate gli fossero a proposito, e ciò ancora senza assoggettarsi ad altra deliberazione che a quella unicamente del suo Consiglio.

(120) Per viemaggiormente provare che il sanhedrim non ebbe giammai la benchè minima influenza sull'elezione de' Principi ebrei, alcuni critici rimarcano 4. maniere differenti di cui si sono serviti i Re di Giuda per montare sopra il trono della Casa d'Israel in tutto il tempo della durazione della Repubblica; cioè gli uni erano eletti immediatamente da Dio, come lo furono Saulle, e David; gli altri succedevano a' loro predecessori, come Salomone, Roboamo, e presso che tutti i Re di Giuda; i terzi usurparono lo scettro coll'intrigo, colla violenza, e colla frode, come fecero appunto Attalia e i Macabei; finalmente gli ultimi erano eletti, ed installati da Pagani nella guisa medesima che lo furono Sedacia da Nabuccodonosor, ed Erode da' Romani, senza fare detagliata menzione di tanti altri che le sacre pagine ci additano (ved. Basn. T. 2. L. I. C. 15. Becan. analog. vet. & nov. Test. C. 16. Quæst. E. opus. T. 3. p. 365.)

(121) Questi due vocaboli significano alla Lettera, lumi, e perfezioni, ovvero, nella guisa che gli spiegano i Settanta manifestazioni e verità; alcuni gli credono di etimologia ebraica, altri Egiziana; ma comunque sieno questi erano gli epiteti delle pietre del Razionale, che per cenno di Dio il sommo Pontefice degli ebrei dovea esserne ornato (Exo. cap. 28. v. 30.) allorquando emergeva di consultare l'oracolo Divino intorno qualche soggetto rilevante concernente l'interesse pubblico della Sinagoga giudaica, e dello Stato. Allorchè trattavasi dunque di consultare l'Urim, e Tumim, il Pontefice abigliato delle sue sfarzose vestimenta di Cerimonia, presentavasi non già nel Santuario, dove non gli era permesso di entrare che una sola volta l'anno, e questo era il giorno di Espiazione (ved. Maimon Cale Amikdash C. 10. & Jalkut fol. 248.) colà essendo in piede col volto diretto alla parte dell'arca dell'Alleanza, sula quale risedeva la presenza ineffabile dell'Essere Supremo, esso proponeva il soggetto per il quale era esso consultato. Dietro di lui, e sulla medesima Linea a qualche distanza di là, e fuori del luogo Santo eravi la persona per cui si consultava, che rispettosa, ed umile attendeva la Risposta dell'Eterno. I Rabbini tutti sono di fermo pensiero che allora il Pontefice avendo gli occhi fissi sulle pietre del razionale che portava davanti vi leggeva la Risposta dell'Eterno. Le Lettere che si elevavano fuori del loro rango, e che gettavano uno splendore Straordinario, formavano la Risposta desiderata (ved. Zohar in Exod. Jalkut ex Lib Siffrè R. Behai in Deut. C. 33. v.8.). Per esempio, David avendo ricercato a Dio, col mezzo degli Urim, & Tumim s'egli ascenderebbe con successo, in una delle Città di Giuda, esso gli rispose עלה (nghalè) ascendi; le tre Lettere ה-ל-ע di cui si compone il termine suddetto sortirono dal loro luogo, sollevandosi al di sopra delle altre per formare la parola che marcava la Risposta domandata (2. Reg. C. II. v. 1.)

Cap. XVI.

Riflessioni critiche sopra i dodici articoli indirizzati dalla Maestà dell'Imperatore Napoleone alla prima assemblea Israelitica, e da questa fatti quindi passare alla sanzione del Gran Sanhedrim, unitamente alle soluzioni analoghe date a quelli della medesima.

Si tosto che per sovrana deliberazione la prima Assemblea generale degl'individui professanti la credenza di Mosè venne convocata in Parigi, nella seconda sua seduta, l'Augusto promotore volle fare sensibilmente conoscere ad essa le sue benefiche intenzioni al solido vantaggio del popolo che veniva da essa in tale circostanza formalmente rappresentato. Eccitato da sì benemerito edificante disegno, egli fece alla medesima indirizzare le seguenti dodici questioni, affinchè a ciascuna delle quali fossero applicati da essa gli schiarimenti necessarj, onde su' quali potere in seguito fondare il vasto piano indefettibile, e permanente della Rigenerazione politico morale del popolo d'Israel; esse dunque si riducono tutte alle appresso Ricerche.

Prima. È permesso agli ebrei di Sposare più di una femmina?

2. La religione ebraica permette il Divorzio? E il Divorzio è valido senza che sia pronunziato da Tribunali, ed in virtù di Leggi contraddittorie al Codice francese?

3ª. Un ebrea può maritarsi con un Cristiano, ed una cristiana con un ebreo? Ovvero la Legge mosaica preferisce che gli ebrei non debbano contrarre vincolo matrimoniale che fra di loro.

4ª. Agli occhi degli ebrei, i francesi sono essi loro fratelli, ovvero stranieri?

5ª. Nell'uno, e nell'altro caso, quali sono i rapporti che la Legge prescrive ad essi co' francesi che non professano la loro stessa Religione?

6ª. Gli ebrei nati in Francia, e dalla Legge trattati come Cittadini francesi riguardano essi la Francia come loro patria? Sono essi obbligati di difenderla? Sono essi tenuti di obbedire le Leggi, di osservare le disposizioni del Codice Civile?

7ª. Chi nomina i Rabbini?

8ª. Qual'è la giurisdizione di Polizia che esercitano i Rabbini fra gli ebrei? Quale polizia giudiziaria esercitano essi fra i medesimi?

9ª. Le formalità di elezione, la giurisdizione di polizia sono esse forse prescritte dalle loro Leggi, o solamente consecrate dall'uso?

10ª. V'ha egli professione, o mestiere che la Legge degli ebrei loro proibisca?

11ª. La Legge degli ebrei proibisce ad essi l'usura co' loro fratelli?

12ª. Divieta, o permette quella l'usura verso gl'individui stranieri?

Questi sono realmente gli articoli che sciogliere si dovevano per cesarea disposizione da quella rispettabile assemblea a cui erano essi indirizzati, la quale malgrado che gli abbia tutti delud delucidati molto dottamente, e con un metodo assai plausibile, e soddisfacente per l'inclito monarca che glieli avea ricercati, come egli Stesso volle farglielo espressamente conoscere, pure oserei opinare che alcune riflessioni specialmente ad una parte de' medesimi non dovrebbero riuscire affatto inutili all'essenzialità del mio intrapreso assunto, giacchè senza togliere il pregio che in esse medesime racchiudono le differenti soluzioni che già ne furono applicate, esse vieppiù contribuirebbero ad ornarli di maggiore chiarezza, e precisione, oltre quella che miriamo rifulgere in queste da ogni parte.

In quanto allo scioglimento dato dall'indicata assemblea alla prima questione, cioè: se sia permesso agli ebrei di sposare più di una femmina ad un tempo? Benchè non possa quella essere più solidamente fondata, dicendo non essere lecito agli ebrei di sposare varie femmine in una volta, mentre le Leggi alle quali sono i medesimi attualmente soggetti non permettendo la poligamia, essi non possono praticarla, quantunque la Religione per se stessa non lo imponga loro, nè non lo vieti pure si potrebbe quì aggiugnere, che questa Instituzione della natura, riguardata come necessaria indispensabilmente alla propagazione del genere umano della primitiva infanzia del mondo, allora esausto di abitanti, oggi che questo è ovunque sufficientemente popolato, sembra che più non ne abbia duopo, ed è per ciò appunto che le Leggi Europee l'hanno condannata come all'eccesso abusiva, e riprovabile ad ogni riguardo.

Non si può, per altro, negare che la massima parte de' Rabbini sia sempre stata proclive a permettere la poligamia, giacchè avvi delle Leggi espressamente nella Misnah (Mis. Tit. Ketuv. cap. 10. Sect. 2. p. 20. Sect. 9 p. 93.) che solo riguardano questo articolo.

D'altronde, molto tempo avanti che il sinodo convocato già ne' tempi andati nella città di Worms (di cui è fatta speciale menzione nella Risposta pronunziata sopra quest'articolo dalla nostra Assemblea) preseduto dal Rabbino Gherzon, e composto di Cento Rabbini, proclamasse l'anatema contro qualunque Israelita il quale avesse sposato più di una femmina alla volta; il Rabbino Gamaliel avea già condannato severamente la Poligamia, e la di lui opinione ebbe per fautori i più dotti, e i più qualificati Rabbini de' suoi tempi, sebbene lo spirito di esso non fosse da questi molto chiaramente percepito (122).

Ma tutte quelle scomuniche, tutte quelle autorevoli minacce colle quali si è creduto di sbigottire i partigiani della poligamia, hanno poco prevaluto in occidente, ed assai meno nell'oriente, mentre colà non sono già gli anatemi che fecero desistere l'ebreo dall'adottare questo costume, e seguitarlo, ma le leggi unicamente furono quelle che allarmate si sono, d'accordo, per sopprimerlo, e per distruggerlo, e tanto è ciò con sicurezza comprovato, quanto che mirasi tuttavia praticare laddove tacciono le Leggi su di un tal particolare, ovvero se ne mostrano indifferenti (123).

Nell'oriente poi essendo la Poligamia protetta, ed ampliamente autorizzata dalle Leggi del dominio musulmano, siccome ancora da certe congetture bizzarre che sembrano favoreggiarla, almeno in apparenza (124); gli ebrei se ne conformano parimenti ed è colà una massima ovunque ricevuta dalle generalità di que' popoli che un individuo, qualunque siasi, può avere al di lui servizio tante femmine vincolate in matrimonio quante ne può alimentare, benchè i settatori di Maometto, per l'ordinario, non oltrepassano il numero di quattro; Atteso che riuscirebbe assai difficile per l'uomo di soddisfare in un medesimo intervallo a' bisogni, ed alle brame di tanti differenti persone. Ma di ciò essendosi ragionato quanto era necessario, passare ci è ora duopo alle seconda interrogazione.

Il Divorzio è egli permesso dalla Religione ebraica? Il Divorzio è valido senza essere pronunziato da' Tribunali in conformità, e secondo il senso del Codice francese?

Quì si risponde che il ripudio è permesso dalla Legge di Mosè, ma non è valido se non viene precedentemente pronunziato da' tribunali in conformità, e secondo il senso del Codice francese.

Che i Divorzi sono divenuti molto meno frequenti presso gli ebrei da quando sono stati questi dispersi fra i popoli differenti della terra, le Leggi de' quali non permettono la dissoluzione de' matrimonj per cause frivoli, o per leggeri motivi, è un fatto che l'esperienza ognora in chiari sensi ci contesta. Per verità vi fu un tempo in cui, al dire degli scrittori, una minima parola, un piccolo disgusto, un sentore di gelosia, qualunque, erano Cause Sufficienti per annullare interamente vincoli maritali; ma le Leggi Civili della nostra Colta illuminata Europa, avendo riconosciuto il nocumento incalcolabile che risentita avrebbe la società dall'abusiva frequenza di sifatte dissoluzioni, sono accorse all'efficace riparo, prescrivendo le indagini le più accurate, e le più rigorose cautele avanti di passare diffinitivamente a pronunziarle nelle debite forme che loro conviene; di maniera che oggi tali separazioni più non sono appoggiate sulle fervide Controversie incessanti d'Illel, e di Sciamaj, nè sulle opinioni bizzarre del troppo indulgente R. Akiba, nè sul prodigioso esperimento delle acque amare che oggi più non conosciamo (125).

Ma le sole cause legittimamente contestate sono quelle che le nostre Leggi sane, ed ammirabili prendono per guida, onde autorizzare giustamente il Ripudio, senza che gli statuti di società, e di natura sieno in verun modo nella benchè minima parte lesi, nè alterati.

Fin quì noi andiamo apparentemente in massima d'accordo, veggiamo se nelle questioni susseguenti noi possiamo con pari armonia uniforme convenire.

La Risposta emessa dall'Assemblea alla terza domanda: un ebrea può maritarsi con un cristiano, ed una cristiana con un ebreo? ovvero la Legge prescrive che gli ebrei non si maritino che fra di loro? Consistente, cioè, nella soluzione seguente:

La Legge non dice che un ebrea non possa maritarsi con un cristiano, nè una cristiana con un ebreo, nè molto meno essa impone che gli ebrei non possano maritarsi che tra di loro.

Questa Risposta, dico, non potrebbe essere nè più sensatamente fondata, nè più certa, se però attaccati noi fossimo unicamente alla sola teoretica prescrizione mosaica, stabilita da noi come la prima base fondamentale della nostra propostaci Riforma della credenza d'Israel; ma la pratica tradizionale che a quella si fa oggi di gran lunga prevalere, ce la fa comparire ben differente. Infatti, a che giova mai di vedere queste unioni da una parte ampliamente permesse, ed autorizzate dalla scrittura medesima (126), se la stravagante tradizione dall'altra vi oppongono di continuo mano forte per farle riguardare, in ogni senso, con ribrezzo, e con orrore, per tacere quelle insensate leggi, che giungono finanche a condannarle, sotto comminatorie di anatema, o di morte (127).

Suppongasi, per puro esempio, un ebrea congiunta in matrimonio ad un incirconciso, come mai potrebbe questo soffrire di vivere separato dal suo Letto maritale, benchè nel medesimo quartiere, presso che una terza parte dell'Anno, ad intervalli differenti, vederle radere la chioma fino alla cute, assoggettarsi a doversi nutrire il sabato di cibi cucinati il giorno avanti, senza potere in quello calcolare sul di lei servizio, di sorte alcuna; e l'educazione ch'ella conferirebbe a' propri figli, potrebbe mai degenerare da' suoi mostruosi principj? Viceversamente retorquendo la Circostanza, vale a dire che il vincolo maritale succeda fra un ebreo, ed una femmina di altra Setta, come mai adattare questa si potrebbe ad una preparazione di cibi, che la Legge formalmente gli ...ta gli gli prescrive a suo consorte e tutta nuova per essa; come ridurre quello mai la potrebbe alle lunghe astinenze di nuziali funzioni; ed alla stretta osservanza d'infinite altre bizzarre cerimonie che una femmina congiunta ad un ebreo è nel pressante dovere di conoscere, e praticare secondo quanto è dalla tradizione Rabbinica severamente comandato (128)? E non è essa forse questa medesima tradizione che gli condanna entrambi, se trasgressori, o indifferenti si mostrassero nell'osservanza scrupolosa delle bizzarre pratiche accennate, che l'ebreo avvezzo a mantenere come sacre, giugne difficilmente a rinunziare? E appunto per simile ponderato riflesso, che io non posso cessare d'insistere, che i matrimonj de' quali trattiamo, non potranno giammai essere permessi agli ebrei, che in forza del nostro fissato piano di Riforma, che esclude interamente con troppo giusti, ed inconcussi motivi, qualunque siasi prescrizione tradizionale, che sola ne forma l'ostacolo funesto, e sovente insuperabile da ogni parte (129); e gli esempi dall'assemblea nostra opportunamente riportati, de' moltiplici nodi conjugali vincolati fra i Cristiani, e gli ebrei in Francia, in Ispagna, ed in Germania, non fanno che avvalorare il mio principio, ed autenticare nel tempo stesso che gl'individui ebrei contraenti sifatti legami, determinati a rigettare tutte le tradizioni misniche, o talmudiche non avranno seguitata che la sola credenza de' primi benemeriti Institutori della sinagoga ebrea, fra i quali dimostrammo, non è che un istante, quanto simili Vincoli fossero frequenti, ed in questo Caso niente certamente di più facile a combinarli col migliore successo; e quindi quelle si fatte cerimonie religiose distinte col nome di Kidushim, senza di cui niun Matrimonio, secondo il Talmud, può essere valido, siccome altro questo non è che una certa formalità consistente in alcune benedizioni che accompagnano la presentazione di un anello che fa l'uomo alla femmina colla quale vuole contrarre matrimonio, e nelle parole seguenti proferite da esso nel momento di porgerlo: הרי את מקודשת לי בטבעת זות כדת משה בישראל (Are at Mekudescet Li vetabaghat Zoth chedat moscè veisrael) Ecco che tu sei consecrata per me, col mezzo di quest'anello, secondo la Legge di Mosè, in Israel.

Tali cerimonie verrebbero dunque a cessare di loro natura, come imposte da un Codice che più riconoscere non dobbiamo come sacro, e scaturite da una sorgente che più non ha rapporto seco noi di sorte alcuna, sostituendosene in vece da entrambe le parti una mutua espressa confessione di reciproco legame nell'atto medesimo della presentazione dell'anello in faccia del ministro civile, e di due testimonj autentici oculari; ecco dove tutte le sane Leggi fanno consistere propriamente la validità la più inconcussa, e permanente di qualunque patto, o vincolo matrimoniale.

Ma di ciò essendosi ragionato quanto fa duopo, conviene ora passare alle indagini che necessariamente offrire ci dovranno ancora le restanti questioni, che noi entriamo bentosto ad esaminare con ogni diligenza possibile.

Nulla mi emerge di aggiugnere alle ponderate soluzioni che le dotte nostre assemblee hanno emanate alla quarta, e quinta interrogazione; esse contengono delle verità non meno positive, che interessanti alle quali non si può certamente non deferire di buon grado in ogni senso: noi ci arresteremo unicamente sulla sesta interrogazione, dove sembrami opportuno di dovere riuscire inutili allo spirito esimio che l'ha dettata; essa dunque consiste a sapere: Se gli ebrei nati in Francia, o dalla Legge trattati come Cittadini francesi, riguardano essi la Francia come loro patria, se hanno l'obbligazione di difenderla; se sono tenuti di obbedire alle Leggi, ed osservare tutte le disposizioni del Codice Civile.

Benchè la risposta che a simile domanda si aduce dal Consiglio Israelitico, non possa essere al solito per se medesima, nè più sensata, nè più analoga nè più certa, dicendo che gli ebrei sono si attaccati al suolo che loro dette i natali, che anche infausto molte volte per essi, non si possono giammai determinare di buon grado a rinunziarvi; a più fondate ragioni essi debbono esservi inseparabilmente attaccati, se ne traggono de' solidi vantaggi, e de' favori; e quì opportunamente si riporta l'ingiunzione fatta da Geremia agli ebrei di Babilonia di dovere considerare questo suolo come loro stessa patria quantunque non vi dovessero permanere che soli settant'anni (Ger. Cap.    V.   ) e vari altri passi della Scrittura tutti tendenti ad inspirare nell'animo degl'Israeliti la fraternità per i Popoli che gli accolgono nel loro seno, ed un deciso affetto verso la patria che loro accorda un filiale pacifico asilo. Tuttoche, dico, sieno queste altrettante verità dimostrate come Certe, e irrefragabili, pure sembrami che non potrebbero quelle andare esenti dall'essere in qualche parte attaccate da' critici, i quali opporrebbero, senza ritegno, che avendo gli ebrei francesi, e gl'Italiani in particolare unanimemente riconosciuto per l'organo de' loro respettivi Rappresentanti gli uni la Francia, gli altri l'Italia per unica loro, e vera patria, abdicando ad un tempo interamente a tutto ciò che attaccati gli aveva fino ad ora alla Gerusalem loro patria antica; a quale oggetto dunque, ci apporrebbero essi, mantenere ancora in tutto il pristino vigore l'osservanza del Digiuno di Tamuz, e quella del nono giorno del mese di Av? (ved. l'annot.   ) Dopo un abbandono si espresso, ed una sì formale univoca rinunzia con quale fondamento nutrire ancora viva la speranza di potere un giorno riacquistare quello su di cui più non restaci da fare valere sorte alcuna nè diritto nè ragione (130). Oltre a ciò, quale idea stravagante di rincrescere, piagnere, o attristarsi per una perdita sofferta è già oltre diciassette secoli, e che malgrado tremila e cinquecento digiuni fatti dall'intero giudaismo durante sì complicata serie di epoche, animato dalla lusinga di conseguire con tale mezzo il totale ricupero, gionto ancora non è a ripararla?

Quanti esempi memorabili contrapporre non si potrebbero, non dico già di quelle tante nazioni che contava la terra i 15. e i 18. secoli addietro, e di cui le Ricchezze, la possanza, i nomi stessi più ora non esistono che in quelle vetuste pagine muffate che i primi tipi ci trasmisero un giorno, ma solo riferire io voglio de' tempi assai più recenti ne' quali si videro quantità di popoli dispersi, Regnanti detronizzati, tempj aboliti, e quasi anche distrutti; immensi tesori predati e che per ciò? Niente più consentaneo all'ordine delle cose terrene di vedere un popolo debole divenire la conquista di un popolo più forte, ed un monarca formidabile soggiogare un Regoluzzo; ed a fronte di tutti que' digiuni che potessero da quello instituirsi, e di tutte le più fervide ossecrazioni che intuonate fossero da questi, il vinto spera in darno di potere ricuperare le sue perdite, e fare quindi valere i suoi diritti fino a tanto ch'esso non divenga, o più, o almeno tanto forte quanto lo è il suo vincitore (131). Ma gli ebrei Talmudisti insistendo ne' loro principj, mi sembrerebbero fuori di questo Caso, ed anche affatto alieni dal pensiere di tentarlo, mentre avvezzi a mirare cadere le mura di Gerico allo strepito di trombe (    ) abituati a sconfiggere numerose Coorti allo spezzare di stoviglie (    ); ed accostumati di vedere il solo braccio di Sansone con una macella di asino fare scempio di 3000 filistei in un rapido istante (    ) così essi attendono fermamente di vedere un giorno rinnovare i medesimi prodigj in loro favore, e credono che la preghiera, e il digiuno debbano essere quelle sole armi portentose, che indipendentemente da ogni umana influenza dovranno un giorno rimettere il Popolo d'Israel nell'intero possesso del suolo venerabile de' suoi benemeriti progenitori.

Quindi per distruggere queste acerrime imputazioni, che lanciare ci potrebbero i critici, ad un tale riguardo sarebbe, per quanto io penso oltremodo necessario di dimostrare col fatto la genuina verità esposta, sopprimendo, ed abrogando tutte quelle preghiere, o astinenze usitate fino ad ora dal popolo ebreo, che parrebbero concorrere a palliarla, se non ancora forse a smentirla, ma di ciò mi riserbo a ragionare di proposito fondatamente altrove.

Niente altro restami a dire sulla settima, l'ottava, e la nona questione, le quali tutte riguardano l'elezione de' Rabbini, le loro ingerenze particolari, o attribuzioni, se non che sarebbe oltremodo necessario essere più circospetto, meno facile all'avvenire di ciò che si era per lo passato nel conferire il titolo di Haham, ossia Rabbino, mentre i soli requisiti accennati dalla nostra rispettabile assemblea non mi parrebbero sufficienti quanto fa duopo a meritarlo, nel modo che si è generalmente creduto fino ad ora. Non mi si negherà certamente che una delle ingerenze principali annesse a questo grado è, senza dubbio, la predicazione, e la spiegazione del sacro Codice. Or domando, come potrebb'esso mai riuscirci senza una profonda cognizione dell'idioma del suo paese? Come giugnerebb'esso a persuadere senza eloquenza? Come dilettare, muovere, convincere, sia in quello, o in questo ramo, senza usare a tempo, e luogo di que' precetti indispensabili che l'arte filologica prescrive, e senza de' quali ogni discorso riesce per sua natura languido, insulso, ed annojante (132)? Quindi è che di somma urgenza, ed essenziale cred'io per coloro che sono richiamati alla professione del Rabanismo di conoscere in tutta l'estensione quanto l'arte oratoria per se medesima racchiude; e che in conseguenza non si dovrebbe graduare per Rabbino, se non se quell'individuo il quale oltre le menzionate doti riconosciute assolutamente necessarie al suo grado, cioè, esemplari costumi ed una profonda versatilità nelle basi della Religione, manifestasse ancora nel tempo stesso una esplicita perizia nell'arte del ben dire.

La Decima domanda aggirasi a sapere: Se avvi mestiere, o professione, cui la Legge degli ebrei loro proibisca? E la soluzione adottata dall'assemblea, e sanzionata dal Gran sinedrio, è quale appunto dee essere troppo giusta, e assai bene fondata; cioè, non solo non esservi alcun mestiere, purchè onesto, che sia dalla Religione interdetto agl'Israeliti, ma col Contesto Misnico, e talmudico alla mano (Tract. Kiduscim Cap. 1. E Tract Avoth Cap. 1.) si sostiene che il genitore il quale non fa instruire il proprio figlio di una qualunque siasi arte, lo alleva, e lo introduce alla funesta carriera de' malvaggi; verità che l'esperienza ci comprova molto frequente.

Solo si potrebbe qui di proposito rimarcare a giustificazione del popolo d'Israel, che se gli individui di questo non si videro sempre, e ovunque dediti specialmente alle professioni mecaniche, una si fatta indolenza non dee già ripetersi per che quelli ne fossero avversi, come assurdamente opinarono taluni ma da tutti quegli ostacoli pertinaci che molto sovente loro contrastavano i progressi nella guisa che osservammo accadere a' medesimi pur troppo nell'acquisto delle scienze, e nello sviluppo della Ragione; e siccome da quando agli ebrei fu permesso di coltivarsi, e di usare delle loro facoltà intellettuali, noi già sufficientemente dimostrammo a quale grado sommo si fecero essi distinguere nel mondo per genio, per talenti, e per dottrina, così laddove non era loro interdetto il libero esercizio delle arti liberali, e de' mestieri, facevano ad evidenza conoscere di esserne stati un giorno perfetti conoscitori, e di poterli anche divenire a' tempi nostri, sempre che il fanatismo, e la superstizione non vi avessero tenacemente opposte le loro malefiche barriere per distorli, ed allontanarneli, in modo che ravvicinare più non si potessero giammai (133).

L'undecima, e la dodicesima questione finalmente hanno per iscopo di conoscere: 1º. Se la Legge degli ebrei proibisce ad essi l'usura co' loro fratelli: 2º. Se questa Legge vieta, o permette loro l'usura cogli stranieri

Quanto fu da entrambe le assemblee Israelitiche sensatamente deciso intorno questi due ultimi articoli, essendo appoggiato alle ragioni le più solide, le più ponderate, ed inconcusse, risultanti dall'analisi il più esatto, ed il più giusto, noi non abbiamo che rapportarvici in ogni senso, richiamando ad un tempo medesimo tutto quello che per reiterate volte fu già da noi significato nel Corso di quest'opera, concernente un tale assunto: solo mi emerge quì fondatamente rammentare co' numerosi riportati esempi alla mano, che gli ebrei in generale saranno sempre mai ciò che vogliono le Leggi alle quali sono i medesimi soggetti, nel modo istesso che noi vedremo il loro Carattere ovunque, ed in ogni tempo modellato sopra quello de' popoli fra i quali essi vivono, o ne contraggono de' rapporti di società, e di Commercio; verità che abbiamo dimostrato più volte con tanti percuotenti esempi, opportunamente da noi già riportati.

Tali sono dunque le ponderate riflessioni che la verità, e la ragione mi eccitarono di proposito a fare sulle assennate Risposte che entrambe le assemblee Israelitiche hanno rassegnate all'augusto Regnante della Francia, e dell'Italia, in evasione alle sovrane Ricerche analoghe che piacque ad esso proporre alle medesime.

Or mi sarebb'egli pur anche permesso d'inoltrare le mie assidue ponderate indagini fino sulle sagge operazioni fatte da questi medesimi Consessi, onde pervenire a discernere se le Ispezioni della prima assemblea, e le ingerenze assunte dal gran Sanhedrim, furono in massima quelle stesse che le auguste disposizioni di Napoleone si prefiggevano, e che il bisogno urgente d'Israel richiedeva immediatamente per tate parti? Ecco ciò appunto che noi passiamo tosto ad esaminare colla più esatta precisione possibile.

(122) I difensori dell'opinione di Gamaliel si è come lo rimarca sensatamente Basnage (Hist. des Juifs T. X. Lib. VI. C. 22.) hanno supposto viemaggiormente sostenerla sulle parole della scrittura Sororem uxoris tuæ in pellicatum illius non accipies, nec revelabis turpitudinem ejus adhuc illa vivente Levit. Cap. 18. v. 18. dove appunto tutt'altro sentimento ci percuote di quello del citato Rabbino, e dove non si accorgono che la Legge non intenda quì di parlare che del matrimonio di due sorelle ad un tempo medesimo, che non era in verun modo permesso si sposare, benchè il patriarca Jacob ne avesse il primo fornito l'esempio fra gli ebrei; ma frattanto ben lungi dall'essere stato quello seguitato in alcuna parte, ei fu sempre mai riguardato dall'Israelismo con orrore, ed avversione. Quindi apparisce verosimilmente che lo spirito dell'accennato autore avea tutt'altro oggetto per iscopo, che quello di si fatte Congiunzioni.

(123) Questo era un abuso presso che generale fra gli ebrei di molte parti dell'Italia, dove non si avea forse tutta via opinato a costituire delle ottime Leggi affine di reprimerlo, e di annientarlo. Vi si teneva, per l'ordinario, la regola che coloro i quali avevano vissuto lungo tempo in conjugo legame (termine fissato per lo più ad un completo decennio) senza procreare nuovo lignaggio, prendevano ad arbitrio un altra moglie unitamente alla prima, la di cui dote era messa tosto al sicuro, onde restasse bene garantita da ogni sinistro inopinato avvenimento. Io stesso vidi ocularmente due individui ebrei in Toscana mia patria, ed un altro simile in Roma dupplicare pubblicamente il Legame conjugale nella precisa forma di cui parliamo.

V'ha inoltre per sino chi pretende, che non solo gli ebrei di qualche paese dell'Italia fossero attaccati da simile abuso, ma che anche il Pontefice Romano stesso accordava allora le dispense della Legge evangelica, autorizzando colle medesime questi secondi matrimoni pure fra i Cristiani: Leon di Modena, per quanto narra Basnage, lo avea di proposito assicurato nella prima edizione del suo trattato delle Cerimonie degli ebrei (ved. Leon di Modena, IV. C. 2. pag. 112. E veter Disp. select. T. II.)

(124) I fautori della Poligamia (dice Beverland nel suo Trattato Polygamia Triumphatrix) appoggiano questa Instituzione sull'esempio de' Patriarchi, e de' Santi che hanno vissuto avanti, e dopo il Diluvio i quali (come opinano essi) avrebbero lasciato il mondo un inospite deserto, se non avessero accresciuto il numero delle donne, e in conseguenza quello ancora de' figli; essi aggiungono altresì che sarebbe impossibile che Dio avesse tollerato quest'uso universale con una quiescenza di tanti continuati secoli, s'egli lo avesse riguardato come un attentato alle sue Divine Leggi, o come un abuso riprovabile in faccia della società. Mosè, il quale riformò gli abusi che si erano introdotti ne' precetti Noakiti, o nella Legge naturale, non fece alcun Regolamento per restrignere i matrimonj al semplice vincolo di una sola femmina. I santi antichi i quali hanno vissuto sotto questa economia, conchiudono essi, non avrebbero osato violare la Legge se la medesima fosse stata loro trasmessa propriamente dalla genuina tradizione, almeno alcuni fra quelli si sarebbero fatti, senza dubbio, un pressante dovere di osservarla, siccome gli altri non avrebbero certamente osato rendere i loro matrimonj così affluenti, e così pubblici come lo furono essi per sì lungo periodo di anni.

(125) Interminabili, ed allarmanti questioni si suscitarono sovente fra l'Accademia diretta da Illel, e quella sostenuta da Sciamaj sopra questa materia, siccome intorno a moltissime altre; il primo pretendeva che l'Adulterio solo era per se medesimo efficace a dissolvere il vincolo maritale; sosteneva l'altro, al contrario, che bastava che la donna avesse fatto cuocere troppo la carne di un convito. Il Rabbino Akibà si vuole che spignesse l'indulgenza ancora più lontano; pretendendosi ch'egli decidesse, che ritrovandosi una femmina più conveniente era permesso di abbandonare quella che tale non lo era: una morale sì rilasciata non potea essere seguitata con trasporto; ma coloro che si piccavano di una maggiore devozione, adottavano di buon grado la massima d'Illel.

In quanto poi alla cerimonia Straordinaria delle acque indicate, allorchè una femmina colpevole di adulterio, confessava la sua infedeltà, il Contratto della sua dote veniva tosto abrogato, e dopo di avergli restituito ciò che dessa avea portato, si espelleva dalla casa del suo Consorte per essere lapidata. S'essa poi negava risolutamente il delitto si conduceva nella porta orientale del Tempio, e colà gli si faceva bere le Acque amare (Sal. Ben Virga Hist. Jud. p. 168.), i di cui effetti si rendevano manifesti appena che l'accusata avea cominciato a trangugiarle, il suo viso diventava livido, il di lei ventre si enfiava, e gli occhi suoi gli uscivano dalla testa (Mis. Sothà Cap. 3. p. 213. 214.) ed allora è quando facevasi luogo l'anatema pronunziata dal gran sacrificatore in faccia della femmina adultera.

Per ciò che riguarda il vero motivo per cui si chiamassero quelle acque amare, vari, e disparati sono i sentimenti de' Rabbini per giugnere ad indagare donde mai procedesse l'amarezza letale delle medesime; alcuni vollero che vi si mischiasse dell'assenzio, il quale dava elleno questo attoscato gusto (Wagenseil in Sothà p. 284.); ma il Nahmanide assicura ch'esse non cominciassero a divenire tali per mero effetto di prodigio, che nella stessa bocca delle femmine colpevoli.

(126) A fronte di tutti quegli scrupoli severi che gl'Israeliti antichi dimostravano per la relazione cogli stranieri, noi veggiamo frattanto che il loro allontanamento non era già per tutti gli stranieri, benchè questi venissero indifferentemente annoverati da essi nella categoria di גוים (goim) che significa gentili; quelli che dessi dovevano sfuggire erano sole in vero le nazioni maledette discese da Canaan, che Dio avea loro comandato di sterminare, prescindendo dalle quali, gl'Israeliti potevano anche accoppiarsi in matrimonio con tutti gli altri popoli, siccome dalla nostra assemblea è saggiamente rimarcato, e tanto è ciò vero, quanto che Mosè sposò una Madianita; Booz è lodato, per avere sposato Ruth Moabita; la madre di Assalon era figliola del re di Gessur; Amassi era figliuolo di un Ismaelita, e di Abigail sorella di David; Salomone stesso sposò la figliuola del Re di Egitto, anche fino dal principio del suo Regno in cui esso era più caro a Dio, ed allora quando la scrittura sembra biasimare i di lui accoppiamenti colle femmine straniere; ciò non si rapporta che alle sole Cananee dal medesimo sposate le quali seppero sedurlo al segno, fino a farli dimenticare il Divino Culto de' suoi avi, per correre presso gl'idoli, e i simulacri delle idolatre nazioni.

(127) L'imperatore Costanzo ha pubblicato una Legge colla quale condannava esso alla pena di morte qualunque ebreo il quale avesse sposato una femmina cristiana (ved. Cod. Theod. Lib. 6. p. 233.) ed il secondo Concilio di Orleans vietò sotto pena di scomunica queste sorti di matrimonj che riprovava la notabile differenza delle due Religioni, ed ordinò la separazione delle due Religioni, ed ordinò la separazione immediata delle persone che gli avevano contratti (ved. Concil. Aurelian II. Car. 19. pag. 1782.)

(128) Il primo dovere che impongono i Rabbini alle femmine ebree che si destinano al matrimonio si è quello di recidersi tutti i capelli della testa il giorno avanti le loro nozze; i medesimi aducono per sufficiente ragione che essendo la chioma nelle femmine uno degli ornamenti i più seducenti per l'uomo, questi potrebbe, a senno loro esserne attirato assai più facilmente di ciò che lo sarebbe, se quella ne fosse priva, e quindi cadere nel delitto di adulterio. Un secondo dovere che con non meno impegno del precedente è prescritto da' Talmudisti alle femmine ebree si è quello di allontanarsi per un certo dato spazio di tempo da' rispettivi loro consorti, sì tosto che il primo atto matrimoniale è consumato avvertendogli non essere loro permesso cinque giorni per alcun mese di toccare elleno nè pure un dito nè sedere appresso di essa, nè mangiare nello stesso piatto, nè bere nel medesimo bicchiere, ed avanti di congiugnersi nuovamente co' loro mariti esse debbono tuffarsi entro di un bagno espresso per tale oggetto, e l'immersione sarebbe inefficace in mente de' Rabbini, se desse portassero soltanto un piccolo anello, che impedisse l'acqua di penetrare in qualunque parte del loro Corpo, giacchè bisogna che esse restino lavate dall'estremità de' piedi fino alla sommità della testa; v'ha per sino delle guardie che survegliano, e che presedono sopra questa sorta de' bagni, affine di vedere se la donna è interamente coperta di acqua; e quanti altri doveri di tal fatta non sono imposti da' Rabbini con eguale rigore a questo scopo, tanto per rapporto al Lampadario del sabato, quanto allo sgombro del formento dalle case avanti la pasqua delle azzime; ed a separare quella porzione di pane lievitato da abbruciarsi che chiamano Halah, per tacere tane altre simili pratiche, delle quali troppo annojante ne riuscirebbe la menzione.

(129) Comunque intendere si vogliano unioni di tal fatta, come appunto la grande Assemblea Israelitica dottamente lo riflette nella sua terza soluzione, l'opinione de' talmudisti è, per altro, contraria onninamente alle medesime, nel modo che lo sarebbe, senza dubbio, parimenti quella de' preti nel caso inverso. E dunque per ciò che volendo noi essere attaccati al senso Letterale della Tradizione, dovremo inesclusivamente riguardare questi vincoli come affatto incompatibili con quella, e recalcitranti a tutto ciò che la medesima prescrive ad un tale riguardo, o pure rigettare questa interamente se vogliamo che si fatti Matrimonj corredati vangano di quella validità necessaria per consolidarli, e con tanta più ragione appigliare ci dovremo risolutamente a quest'ultimo partito salutare, quanto che se noi riflettiamo a quelle tante cerimonie religiose che sono in uso attualmente presso gli ebrei talmudisti nell'occasione de' Matrimonj che si contraggono fra di essi, noi vi osserveremo non esservene forse alcuna che sia stata nè prescritta, nè ordinata da Mosè come precetto obbligatorio, e indispensabile, malgrado che come tali si mirino praticate, e mantenute oggi da' medesimi col massimo accanito fervore.

(130) Lo scopo primo, ed essenziale di entrambi questi digiuni non è tanto per la triste commemorazione delle perdite immense che il popolo d'Israel fece fatalmente in questi giorni, e delle orride calamità alle quali soggiacque in tal epoca funesta; quanto per l'acquisti che spera di potere farne un giorno, e per il ristabilimento del suo pristino dominio; e gl'intelligenti dell'idioma ebraico possono esattamente comprendere che la massima parte delle sacre orazioni, e delle preghiere delle quali usano gli ebrei in questi giorni, regolarmente non tende che a questo solo disegno; ciò che resterà più ad evidenza dimostrato dagli opportuni esempi che noi ci riserbiamo a riportare a tempo debito allorchè ci emergerà di riassumere questa materia per reprimere gli abusi, e rimetterla sul piede di tante altre secondo che lo esigono i nostri stabiliti principj.

(131) Infiniti percuotenti esempi concorrono a dimostrarci, e quello che ci offre il popolo ebreo più di ogni altro certamente che la soverchia confidenza che suole porre per l'ordinario, un popolo avvilito in certe pratiche esterne, come sarebbero preci, digiuni, e Cerimonie religiosi, che si fanno da quello tenere, come osservammo, le veci, ed il Carattere di religione, e che vi attacca per conseguenza l'efficacia la più pronta, e la più sicura, lo riduce per sino a persuadersi che Dio non occupandosi che di essa, in ricompensa dell'esercizio delle medesime opererà incessantemente de' miracoli sorprendenti a suo riguardo; ed ogni nemico il più formidabile diventerà al suo cospetto debole, ed atterrito, ed impotente a nuocerlo, o a perturbare la sua tranquillità. Abbandonato ad una tale smodata fiducia esso resta intimamente convinto, che anche immobile o inoperoso a fronte delle sue ostilità, Dio veglia sempre alla di lui valida difesa, e conservazione; ma il fatale successo non tarda in seguito a provargli, come seguì appunto agli Israeliti al tempo de' Maccabei, quanto caro gli costi una si vana speranza, e la vittoria esso diventa finalmente della illusoria Confidenza nella quale avea egli riposta la sua vera difesa, e il suo sostegno.

(132) Sebbene qualche volta veggiamo riuscire in tutto ciò col soccorso meramente delle sole qualità naturali, non per tanto, sembra che l'uso de' precetti oratorj sia in certa guisa molto necessario per rendersi perito quanto è duopo nell'arte del ben dire. D'altronde l'eloquenza che trae la sua sorgente dalla natura, non essendo sottoposta a prescrizione, essa lo è unicamente alla più, o meno veemenza della passione dalla quale è incitata, ed alla più o meno importante Circostanza che la promuove, di maniera che venendo ad illanguidire l'intensità dell'una, o trovandosi a variare la passione dell'altra, al segno che riescano entrambe indifferenti, l'Eloquenza dovrà cessare così pure con esse, e rendersi suscettibili delle medesime alterazioni di quelle, quando, al contrario, l'Eloquenza che è soggetta a' precetti filologici fa nascere alla stessa la passione che fa servirgli di alimento, e con eguale facilità crea la circostanza che più stima convenirgli. Quindi è che l'eloquenza naturale non sarà che poca cosa se non è accompagnata da precetti che l'arte oratoria stabilisce, e senza i quali la facoltà di parlare al Cuore degli uomini sarà in ogni tempo per noi un arte sconosciuta.

(133) In tutta l'antichità non si conosce alcun popolo, che più degl'Israeliti fosse inerente all'Agricoltura, e per quanto le Sacre pagine ci annunziano (Exo. 31. 4. 5. E 36. 38. e seg.) essi abbondavano di Artefici eccellenti non solo fino da' tempi di Mosè, e in fonditori, e in opifici di metalli, in intaliatori di gemme, in Legnajuoli, Ricamatori, Tapezzieri, Profumieri &c. ma anche molti secoli dopo a' tempi di David, e del di lui figlio Salomone successore il quale scelse per la costruzione del tempio fatto edificare da esso, 30,000. artefici di ogni specie, oltre 80,000 scalpellini tutti ebrei impiegati per l'uso medesimo (ved. Reg. 5. 13.)

Cap. XVII.

Quali avrebbero dovuto essere le Ispezioni essenziali della prima assemblea, e quali le ingerenze urgenti del Gran Sanhedrim, secondo il bisogno d'Israel, e le sovrane mire paterne del suo Augusto Protettore.

Allorchè piacque all'augusto Rigeneratore d'Israel di fare notificare al primo sinodo la sua sovrana soddisfazione, in seguito delle Risposte emanate da questo alle dodici questioni propostigli dalla stessa Maestà Sua, e da noi estesamente riportate nel Capitolo antecedente, in chiari sensi fece ad esso capire quali erano le sue benefiche intenzioni paterne in vantaggio del popolo che da sì fatto congresso veniva formalmente rappresentato. Esse prefiggevansi per primo essenziale scopo di richiamare l'eccelso Culto dell'Israelismo alla sua purità primitiva, confusamente alterato dalla turba immensa de' Commentatori di cui le opinioni affluenti e contraddittorie ne hanno si sovente oscurati i sommi pregj, e gettati eziandio nel dubbio presso che tutti coloro che gli trascorrono, o se ne dichiarano fautori; ciò che non avrebbe potuto giammai effettuarsi, senza rovesciare da Colmo a fondo le moltiplici pratiche superstiziose, le cerimonie stravaganti, e gli usi bizzarri, e antisociali che durante lo spazio di molti secoli, si videro presso la nazione d'Israel tenere le veci, ed il Carattere di Religione, siccome per reiterate volte io mi feci all'opportunità espressamente a dimostrare.

Un secondo ammirabile disegno paterno niente meno urgente del primo proponevansi felicemente le mire salutari di sì benefico Monarca, e questo era quello propriamente di livellare la sorte, e i requisiti di questo popolo al rango equipollente di tutti gli altri, conferendo ad esso quell'esistenza politico morale, che ricusatagli era fino ad ora in qualunque angolo di mondo in cui fissato avesse il suo precario domicilio ciò che non sarebbe del pari, in verun modo riuscito senza prima rifondere, per così dire, i suoi Costumi, e le sue inveterate abitudini entro il crogiuolo de' lumi, della civilizzazione, del disinganno, sostituendone in vece que' solidi principj di coltura, e quelle virtù sociali che un infausto destino costrignevalo ad ignorare per lo passato. Tali sembrami che avrebbero dovute essere in massima le ispezioni edificanti della prima assemblea rappresentante l'intero corpo dell'Israelismo esistente nella Francia e nell'Italia.

Non può cadere indubbio ad alcuno certamente che concentrate non fossero in questo solo punto le cesaree cure del genio incomparabile che all'eterna Provvidenza piacque di accordare alla posterità di Abramo sopra la terra per suo padre, suo monarca, e suo sostegno.

Infatti se al primo scopo eccelso tendere non doveano radicalmente le ingerenze oltremodo urgenti del Gran Sinedrio, a quale oggetto fare dunque risorgere a' nostri giorni il primo Magistrato di Gerosolima, un esimio areopago sì rispettabile nel mondo Israelita, fregiarlo delle medesime supreme attribuzioni che venerava la Giudea nell'antico, se non se affine di illuminare per ogni parte ad imitazione di quello il popolo ch'esso dirigeva, e governava per ricondurre al vero spirito della vetusta sua Legge, dandogliene una spiegazione metodica, ed omogenea, efficace a fare svanire le moltiplici interpretazioni assurde, che a quelle date furono ne' tempi andati? Dicasi pure a qual fine richiamare premurosamente da lontanissime Regioni i più commendevoli soggetti del popolo d'Israel, convocarli in formale assemblea nella Metropoli della Francia, se non fosse stato quella provocato dal disegno salutare di evadere le alte ispezioni ragguardevoli che affidate erano a quella dal magnanimo Sovrano che l'avea convocata; cioè di rigenerare onninamente la civilizzazione, e i costumi del popolo che rappresentava, preparando in tale maniera agli avanzi d'Israel un Era felicemente memorabile, tutta nuova ne' suoi fasti, e quindi assoggettarlo in avvenire a' più lieti, e più avventurosi destini?

Dal che apparisce dunque indubitabile che l'una dovea essere destinata a riformare l'educazione del popolo d'Israel, a civilizzare i suoi Costumi, renduti oggi alquanto depravati dalla penosa Circostanza della sua odierna situazione, a megliorare lo sviluppo del suo spirito, ed a ricondurlo, in una parola, nel seno della società, dalla quale esso vivea da sì lungo tempo separato e proscritto; dovea l'altra propriamente ingerirsi di rifondere nel crogiuolo della Ragione le pratiche del suo Culto, eccessivamente degenerate dalla primitiva limpida sorgente da cui emanate si videro, e ridurla a quello stato di perfettibilità che seco loro portarono nascendo.

Or domando, quali progressi luminosi ha fatto mai l'educazione del popolo ebreo dopo la convocazione della prima assemblea, e quali solidi vantaggi ha in verun modo risentita la sua moderna religione dalle assidue sedute del gran Sinedrio? I talenti sono essi forse più sviluppati da ciò che lo erano mezzo secolo indietro? La civilizzazione ha essa fatti più numerosi progressi? Ben lontano da ciò io vedo i lumi rimanere avvolti nelle dense tenebre antiche, e l'instruzioni a gran passi retrogradi, sembra sfuggire il nostro incontro, e rimontare con isdegno fino a quelle regioni pur troppo del tutto sconosciute per noi. E le pratiche religionarie seguitate oggi dalla Comunione d'Israel in che differiscono esse mai da quelle cerimonie superstiziose adottate dalla medesima avanti la convocazione del Gran sinedrio? Gli stessi usi ridicoli, le medesime pratiche stravaganti che erano generalmente in voga presso gli ebrei per lo passato, non lo sono da essi attualmente del pari con eguale trasporto, non sono quelle osservate oggi, e mantenute da essi coll'entusiasmo precisamente uniforme a quella che lo erano già nelle epoche decorse (134)?

Il Popolo d'Israel avea diritto di tutto aspettare di ottimo, e di consolante dalle dotte operazioni di entrambi tali rispettabili Congressi, e questi, al contrario, possedevano tutti i mezzi più efficaci, onde corrispondere, d'accordo, al felice progresso della sua impaziente aspettazione, ma per fatalità inconcepibile, questo popolo tutta via ritrovasi aggravato dalla salma lacerante de' suoi vetusti pregiudizj tradizionali, e le dense tenebre dell'ignoranza dalle quali la sua educazione rimase involta, pare che cospirino a mantenerlo nelle sue inveterate abitudini Macchinali.

Allorchè l'Augusto Napoleone volle fare conoscere alle indicate Assemblee la sua volontà suprema, nella espressa comunicazione fatta da esso alle medesime ne' sopraccennati dodici articoli, è indubitato, che la spiegazione di questi non dovea soltanto limitarsi al mero senso letterale sottinteso ne' medesimi ma essa dovea assolutamente abbracciare una serie di cognizioni molto più vasta, un analisi molto più esteso, e più profondo di tutto ciò che in se medesima racchiude l'esimia credenza tramandata da Mosè alla posterità d'Israel; e tutto chè soddisfatto apparisse dalle soluzioni date da quella a' suddetti articoli, com'egli stesso lo fece chiaramente capire per l'organo de' suoi medesimi Commissarj, non per tanto, la sovrana Deliberazione di convocare un gran sinedrio ad imitazione di quello generalmente venerato dall'antica Gerosolima dopo di avere fatto solennemente adunare la prima ragguardevole assemblea; non potea racchiudere certamente altro disegno, se non se quello di presentare all'intero popolo ebreo un nuovo Codice salutare modellato sopra quello di Mosè, e basato sulla Ragione, e la cui purità lesa o alterata non fosse dalla folla immensa de' glossatori che sovente oscurarono purtroppo gl'inestimabili pregj dell'antico (ved. Racc. degli Atti dell'ass. degl'Israel. di Francia T. II pag. 55.) nella guisa che abbiamo avuto luogo di rimarcarlo più di una volta.

Ecco infatti il più salutare servigio che rendere poteasi generalmente ad un popolo il quale anche i mezzo delle sue deplorabili peripezie, era gionto a convincersi una volta non restargli altra pronta risorsa che i talenti, la Coltura, e lo sviluppo dello spirito, ed è per ciò che ad altro non aspirava in questa opportuna Circostanza che a vedere rigenerati i suoi Costumi, rischiarare la sua ragione, e ad un tempo medesimo sgravare il proprio Culto da quell'oneroso fardello d'informi pregiudizj, rinascenti ad ognora in mille foggie differenti e ridurlo a quello stato edificante di sua purità primitiva.

Ma quali solidi moltiplici vantaggi avrebbe la nazione d'Israel profusamente ricavati per tante parti dalla proclamazione di un nuovo Codice Religionario Civile fondato sulle inconcusse basi dell'antico, noi passiamo tosto a dimostrarlo.

(134) Dove dunque propriamente consiste la tanto vantata Riforma dell'educazione, e del culto del Popolo ebreo? Se si riflette assiduamente alla meschinità de' progressi che ha quella fatti a' tempi nostri si direbbe che ha essa retrogradato molti secoli addietro, e che per conseguenza i lumi, ed i talenti ritornarono miseramente a sepellirsi nell'infanzia primitiva donde sono essi in origine scaturiti; e quale meraviglia? Se di tutto si ha cura di parlare all'ebreo fra noi fuori che d'Istruzione; se le nozioni che si fanno al medesimo acquistare non sono idonei ad altro, che a confonderlo, ed a farlo travviare dal retto sentiere della Ragione, e se occupando i suoi talenti continuamente di oggetti i più frivoli, ed i più ributtanti, condursi lo veggiamo a gran passi, da uno in altro smarrimento, e perpetuarsi così la stupidità la più cieca, e la più materiale.

E se al Culto attendiamo un solo istante, vedremo che lungi dall'essere stato questo rigenerato, come si è forse vanamente preteso colle operazioni d'entrambe le Israelitiche assemblee, pare che il medesimo rimonti unitamente a tanti altri, fino a' secoli di ferina barbarie ne' quali follemente supponevasi onorare l'Essere Supremo, adottando quelle pratiche ridicole che ne oscurano i sommi pregj, e coltivando quegli usi detestabili, che lo disonorano, e dove stabilivasi per principio che l'uomo per piacergli dovea essere al grado massimo imbecille, contradittorio, e assurdo.

Cap. XVIII.

Piano del nuovo Codice Religionario Civile, che da entrambi que' Sinodi si avrebbe dovuto costruire, e sanzionare, basato su' genuini principj di Mosè, sulla filosofia, e sulla Natura.

Non ostante le ottime disposizioni e lo spirito retto da cui animati erano entrambe le due assemblee Israelitiche, malgrado quegl'insigni perspicaci talenti de' quali erano adorni gl'individui che le componevano, il popolo ebreo frattanto ritrovasi tutta via deluso dalle sue speranze, che credeva radicalmente fondate, quali erano quelle di vedersi aprire sotto il passo un nuovo sentiere di felicità inesauribile da cui contava che scaturire dovessero, come da sorgente perenne i lumi, la ragione, e lo sviluppo de' talenti di cui avea esso tanto urgente bisogno, ed in loro vece pur troppo, le tenebre, il fanatismo, e l'illusione, esso mira cospirare d'accordo la sua perdita fatale, e dare l'ultimo crollo alla sua rovinosa caduta; e come altrimenti avvenire ne potrebbe? La sola risorsa che gli era in tante guise felicemente preparata gli venne in tratto a mancare nel suo nascere, ed ora esso male a proposito attribuisce all'influenza di un avverso destino quello che direttamente dall'opera umana ripetere solo esso dovrebbe (135).

Per quanto l'esperienza chiaramente ci dimostra due si riconoscono essere unicamente le vere Cause che hanno renduto fino ad ora l'individuo Israelita l'oggetto della perfidia, e del vilipendio universale di tutti gli altri popoli della terra: il franco Italo genio che indefesso veglia continuamente alla difesa dell'innocenza oppressa, troppo bene lo conobbe, ed il suo Augusto salutare Decreto (30. mag. 1806.) non prefiggevasi per iscopo che annientarle dalle fondamenta, e quindi opporre man forte al progresso fatale de' malefici affetti che risultare ne potevano: gli accennati dodici Articoli fatti dal medesimo presentare alla soluzione delle menzionate assemblee, implicitamente le racchiudono entrambe: la prima è quella intima persuasione irragionevole in cui erano quasi tutti gli uomini, che la Religione degli ebrei racchiudesse in ella stessa de' principj Contraddittorj a' doveri verso lo Stato, che loro vietasse di rispettare la buona fede, che facesse eglino un dovere di odiare coloro che non sono della loro Credenza, e che permettesse loro finalmente la frode, e la lezione della Morale, cioè, de' Rapporti sociali (136).

Or per distruggere queste maligne, quanto assurde imputazioni, era duopo con un nuovo Codice dimostrare a tali insensati detrattori d'Israel che la Religione consolante di questo Popolo fondata unicamente sulla Legge di Mosè non contiene certamente que' principj mostruosi, e antisociali che testè riportati abbiamo (137); che i suoi Comandamenti non sono già in Contraddizione con quelli che prescrivono la natura, l'umanità, e la giustizia, ch'essi non urtano la buona fede, non ordinano la frode, e la Legge mosaica, lungi dall'attirarvi i propri figli è anche specialmente avversa al traffico, quella di tutte le professioni che può il più agevolmente condurvici.

La seconda di queste cause fatali che a fondo potrebbe dirsi ragionevolmente la derivazione immediata della prima, è il vano ridicolo pretesto della deficenza di lumi, e di coltura che si vuole generalmente attribuire all'ebreo Italiano in particolare, arguendo male a proposito che una simile mancanza possa molto contribuire ad accrescere enormemente la superstizione di cui questo popolo resta imputato, a paralizzare il suo spirito, e quindi ad allontanarlo dalla Società, ed a renderlo in conseguenza come un essere isolato nel Consorzio degli altri suoi simili.

E chi non vede che per convincere d'infamia gli stravaganti promotori di sì fatte paradossali opinioni era necessario essenzialmente con una Riforma generale de' Costumi del popolo Ebreo, di provare loro cogli stessi fondati principj, che si fecero servire di base alla Riforma del Culto di questa Nazione, che l'individuo Israelita può essere suscettibile di qualunque siasi lume, o coltura, laddove non venghino tolte ad esso i mezzi pronti ed efficaci onde pervenirvi con successo (138).

In tale guisa fermamente procedendo si sarebbe in ultimo pervenuti allo scopo salutare a cui tendevano propriamente tutti i dodici Articoli accennati, qual'era quello, in una parola, di appianare al popolo ebreo, senza ledere però o trascurare la Religione Sacra de' suoi avi, nella benchè minima sua parte, l'ameno sentiere di una felicità solida, e imperturbabile, offrendo ad esso un Codice, che insieme purificasse la sua credenza di tutto quanto l'ignoranza, e la superstizione scaltramente v'intrusero di superfluo, di strano, e di aggravante, del tutto straniere allo Spirito del suo primo fondatore, e ad un tempo medesimo gl'insegnasse a conoscere meglio la natura, ed il suo Autore Supremo, la morale, e la ragione, i principj dell'ordine, gli interessi del genere umano, i destini della gran Società di cui questo popolo fa parte: ecco in quale guisa da un male stesso che reputavasi pressochè incurabile, noi vedremmo direttamente scaturire l'antidoto possente, efficace per guarirlo (140).

Ma essendosi limitate le assemblee, come osservammo, alle Risposte meramente Letterali degli Articoli accennati, questi non potevano produrre giammai quella risorsa che il popolo d'Israel avea duopo, e tutti que' luminosi vantaggi ch'esso avea diritto d'aspettare da due Consessi così colti, e così rispettabili, e frattanto gli stessi disordini malefici che paralizzarono per un tempo immemorabile lo spirito di questa derelitta nazione, ripullulare si mirano, pur troppo, egualmente fra noi coll'impronta dell'avvilimento, e della superstizione.

Nè quì giova l'asserire in modo giustificativo, che tali soluzioni abbiano interamente meritata la piena soddisfazione dell'insigne Monarca che le avea ricercate, mentre questi non potea certamente non approvarle riconoscendo avere esse una identica analogia cogli articoli medesimi ce vi aveano rapporto; ma esigere poteasi d'altronde giustamente che quelle soluzioni state fossero più vaste, più analitiche, e universali, i modo che in forza di esse non solo abrogati venissero tutti quegli abusi che riferivansi al Matrimonio, al Divorzio all'usura & come già dalle medesime assemblee si fece, col migliore successo, e col più sottile criterio; ma tutte quelle pratiche ridicole altresì, quelle Cerimonie superstiziose, e quegli usi stravaganti che formavano la base della credenza dell'Israelismo della nostra età, e che noi abbiamo per tante volte di proposito riprovati dovessero essere affatto cancellati dalla reminiscenza di questo popolo, e radicalmente distrutti (139).

Ecco in quale maniera potevasi fare propriamente risentire a questo popolo il valore inestimabile di una solida Rigenerazione, la quale ben lungi dal recare detrimento alla sua consolante Religione, questa ridotta in forza di essa a' suoi primi salutari principj, non solo non avrebbe niente d'incomparabile colla filosofia la più pura, ma ella sarebbe altresì, identica perfettamente del tutto alla natura, ed uniforme a' suoi ammirabili precetti, e quindi avrebbe potuto molto influire ancora sullo sviluppo delle sue facoltà intellettuali, non meno che sulla Riforma generale de' suoi Costumi; verità che noi passiamo a rendere più comprovata, e più evidente in ogni senso, col mezzo delle assidue ponderate osservazioni, che noi ci disponghiamo a fare sopra un tale soggetto nel Capitolo seguente.

(135) Si ha d'altronde un bel declamare contro un destino, che nulla può influire, in verun modo sugli esseri umani sia di bene sia di male, di di cui l'esistenza presso che in intero dall'uomo solo ripetere dobbiamo, siccome lo ha opinato ingegnosamente un dotto antico; ma nulla di meno ad ogni tratto si ode comunemente incolpare questo cieco fortuito destino delle oppressioni che noi medesimi spontaneamente ci procuriamo, non meno che delle calamità che le proprie nostre mani si fabbrichino ad ogni istante, e dalle complicate miserie, le quali altro per loro stesse non sono, che l'opera nostra meramente, ed il solo risultato dell'ignoranza, dell'accidia, e dell'orgoglio insano da cui è l'uomo eccessivamente predominato.

(136) Bisogna essere, per certo, o ignoranti fino alla stupidezza la più brutale, o perversi al grado estremo, per farsi tale idea mostruosa della Religione di un popolo, il primo adoratore del Dio di verità, e diretto da una morale, che non ritrova confronto fra tutti i popoli dell'Antichità. In fatti se le Leggi delle dodici Tavole osservate da' Romani, contenevano secondo il parere de' dotti, la più nitida, e la più eccelsa filosofia; quelle date sul gran Sinaj a Mosè non abbracciano esse tutto ciò che l'umana sapienza può inspirare di grande, e di ammirabile per formare l'uomo rassegnato al suo Creatore Supremo, l'uomo Sociale? A fronte di questa verità innegabile, vi sarà egli ancora degl'insensati che giunghino al delirio d'insultare una Religione basata sopra una Legge, che fra le massime divine che dessa prescrive, ordina per sino di ricondurre al suo ovile la smarrita pecora dello stesso nemico, di non vendicarsi, nè conservare odio contro di esso, e di porgere un braccio soccorrevole nel momento di sua Caduta (Exo. 2. Levit. 19.). Quale altro popolo può mai vantare Leggi sifatte, massime sì alte, sì generose?

(137) E quì essenzialmente da rimarcarsi che questa Legge medesima osservasi bene di frequente avvilire, ed insultare da coloro stessi, che più dovrebbero avere un interesse diretto di difenderla, e di apprezzarla incapaci di riflettere che senza di essa l'edifizio immenso della loro credenza sobissare dovrebbe senza ritegno. In prova di ciò cosa mai diverrebbe il Cristianesimo senza l'appoggio della Religione d'Israel, e come mai senza di questa potrebbe l'Islamismo sostenersi un solo istante? E pure è cosa ormai troppo sensibilmente dimostrata che è dal solo Cristiano, e dal solo settatore di Maometto che quella stessa Religione fu mai sempre combattuta, e oppressa col massimo livore, e coll'accanimento il più feroce, ed il più strano.

(138) Per provare queste verità col chiarore dell'evidenza, le due menzionate assemblee non avevano duopo che citare lo stesso loro esempio; questo avrebbe sufficientemente dimostrato, che sotto una dinastia quale è quella che ci governa può la nazione d'Israel produrre ancora degli uomini capaci per onore, per senno, e per coltura a formare nel suo corpo un Gran Sinedrio, un Consesso rispettabile degni di meritare, a ogni riguardo, gli auspicj di un filosofo Regnante, e l'ammirazione universale di un popolo illuminato. Questa sarebbe stata realmente per se stessa una dimostrazione più certa, e più percotente onde fare ammutolire sopra tale proposito gl'insensati detrattori della nazione ebrea di tutti i più fondati argomenti che addurre si potessero per comprovarla.

(139) Oltre le tante superstiziose Cerimonie religiose, adottate, e sostenute dall'ebreo Talmudista col più intenso fervore, e da noi abrogate interamente nel Corso di quest'opera, quante mai pratiche di tal fatta, usi, o instituzioni ne restano ancora, che, o sopprimere si dovrebbero come inutili; o riformare, da colmo a fondo, come al grado massimo abusive; o distruggere come assurde ed opposte onninamente allo spirito del Culto, che gli si fa servire stoltamente di base, e di sostegno: ma nulla di ciò essendosi fatto in vantaggio di questa Nazione, io mi credo per tanto nel dovere indispensabile di rimarcarne frappoco quelle che più meritano essere o represse, o annullate, secondo la circostanza, o il bisogno, onde nulla resti di essenziale da desiderare sull'assunto importanteissimo che noi abbiamo seriosamente intrapreso ad esaurire.

Cap. XIX.

Progetto di abrogazione generale di tutte quelle pratiche stravaganti che isolarono fino ad ora il settatore rabbanista da tutte le altre sette, e che secondo le più fondate apparenze formarono la prima sorgente fatale di quell'odio irreconciliabile, che queste sempre nutrirono contro di esso.

Se l'uomo potesse completamente modellare tutte le sue intime azioni sugli esemplari precetti della sana filosofia; se tutte le direzioni de' di lui passi non seguitassero altra scorta fuori di quella che aditata gli viene dalla ragione; l'assurdo sarebbe per la sua specie un nome ignoto, ed assai facile riuscirebbe ad esso di conoscere allora che gli orridi smarrimenti ne' quali è trascurato sovente, non potevano giugnere ad impossessarsi giammai del di lui Cuore, se non se dopo che cessando egli di fare un uso proficuo della sua medesima ragione, o incapace si rese di trarre de' sensibili vantaggi dagli utili avvertimenti di questa, o più non gli colse di ascoltare attento le Lezioni salutari dell'altra.

Quindi per poco che noi vogliamo richiamare con diligenza quanto fu da noi significato per reiterate volte concernente gl'Israeliti della nostra età, loro applicando ragionevolmente questo evidente principio, noi perverremo a conoscere con positiva certezza, siccome io l'ho altrove di proposito rimarcato (Spett. Lib. Specul. IX. T. 1. p. 96) che tutte le funeste peripezie, tutte le sciagure, e tutte le desolanti Calamità delle quali furono essi per tante volte le vittime nel mondo, non procedevano più che la loro indole naturale avesse degenerato da quella de' primi benemeriti Institutori della loro edificante religione, come alcuni l'hanno assurdamente immaginato; ovvero per che il temperamento intimo de' medesimi erasi infettato d'una pretesa corruzione di spirito, come altri bizzarramente opinarono (140); ma per che non volendo, o non potendo conoscere in tutta l'estensione la forza di quell'essenziale indefettibile principio, essi obbliarono interamente le semplici quanto ovvie instruzioni, che avevano servito un giorno di base fondamentale al primitivo stabilimento del loro Culto esimio per correre presso le logogrife visioni tradizionali che se ne fecero tenere da' medesimi il Carattere e le veci, senza forse riflettere quanto fossero queste in collusione collo spirito di esso; e per che abbandonandosi con una stupida sommissione a' loro seducenti prestigj si videro costretti a dovere insensibilmente cambiare, modificare, accrescere, o alterare tutte quelle semplici, quanto sublimi prescrizioni che furono eglino trasmesse, e così lusingati di seguitare sempre costantemente in tutta la loro integra purità le medesime Leggi, gli usi medesimi, e le stesse Cerimonie de' loro vetusti predecessori, si ritrovarono, pur troppo, a non più seguitarne, che il mitico fantasma, e lo spettro immaginario.

Quindi non è meraviglia, se in tale guisa procedendo, la degradazione d'Israel divenne sempre più umiliante, la sua proscrizione dalla società sempre ognora più avvilente, il Culto suo vieppiù degenerato da quello de' suoi predecessori; e se per conseguenza, il bisogno di restituirlo al suo decoro antico, di ravvicinarlo al Consorzio de' suoi simili, e di ripristinarlo nella sua Credenza primitiva, sempre più si rese oltremodo urgente, e indispensabile.

Ma quali solidi luminosi vantaggi sarebbero mai per risultare in favore del popolo ebreo, se dopo di avere accuratamente semplificata la sua credenza odierna, e ridotta a quel grado di edificante purità, e di perfezione in cui ammiravasi già quella nella vetusta età de' patriarchi; se dopo di avere purificata la sua educazione, rigenerati i suoi Costumi; appianatogli il difficile sentiere di una metodica Instruzione, si lasciasse abbandonato a se stesso in balia de' suoi mostruosi prestigj tradizionali, da cui mirasi ancora fatuamente ammaliato, malgrado tutti i nostri più energici sforzi per allontanarvelo, e senza cimentarlo a rinunziare con risoluta fermezza a tutte quelle pratiche stravaganti colle quali sembra tutta via inseparabilmente collegato, e indurlo così a desistere una volta di vivere, per folle arbitrio, isolato fra i suoi simili, vilmente proscritto dalla società, e relegato nel vortice immenso de' suoi inveterati smarrimenti: niuna utilità per certo risentire egli potrebbe da tutto ciò che da noi fu detto, ed operato fin qui, per tante volte, a suo riguardo, se con una fredda indifferenza per il suo stato deplorabile noi si lasciasse vegetare nella sua stupidità primitiva, in vece di porgergli una mano soccorrevole, onde trarlo dall'orlo dell'abisso preparato ad ingoiarlo, e fare ad esso, nel tempo medesimo, conoscere, con un Politico insigne (Macch. Disc. IV.), che ogni Religione, la quale fa un dovere delle sofferenze, de' digiuni, dell'umiltà ostentata, non inspira a coloro che la professano che un coraggio passivo, poichè una credenza di tal fatta, lungi dal condurli nella via del paradiso, come follemente si pretende, snerva il loro spirito, lo avvilisce, lo prepara alla schiavitù senza speranza di scampo, nè di Conforto (141). E chi mai con più fondata ragione di quella che riconosciamo avere per se medesimo il popolo ebreo, può autenticare la verità di questo sentimento di cui esso ha si sovente risentiti, e ovunque i genuini perniciosi effetti?

Quali strepiti orribili, quale intenso clamore non fec'esso echeggiare per tante volte ovunque sulla spietata sorte a cui fatalmente soggiacque? Ma tutto ciò pur troppo indarno: a che mai giova querelarci dolenti per un funesto malore che ci assale, quando in vece di apprestarne l'antidoto, ch'efficace sarebbe prontamente a risanarlo, noi ce ne mostriamo indifferenti, e colla più stupida incuria ognora più lo alimentiamo, rendendolo più aggravante, e inveterato? Ritorniamo una volta alle nostre consolanti Instituzioni antiche, si abbroghino finalmente tutte quelle pratiche, usi, o Cerimonie, che inutili, straniere, od anche perniciose molto sovente riescire si mirano allo spirito integro delle medesime; e allora, il lenitivo possente a'contro i nostri mali, sarà bentosto ritrovato da noi senza gran pena. La società riacquisterà, con trasporto allora, nuovi membri aspiranti a contrarre i suoi legami, e ch'essa sdegnava di accogliere nel suo seno per lo passato; i popoli della terra riguarderanno in avvenire come amica prediletta una nazione, che essi hanno sempre avvilita, e combattere, considerandola come degna di odio, e di disprezzo; e questa, dal canto suo, più non avrà per principio religioso di dovere con decisa ripugnanza detestare, o sfuggire l'associazione de' medesimi; e premurosa di vedere franto una volta il talismano fatale dell'anatema che proscritta la rese per un tempo immemorabile dal Consorzio degli esseri umani, riconoscerà l'urgenza estrema di avvicinarli, dividere seco loro i diritti, gl'interessi, e i vincoli sociali.

Ma come potrebbe mai questo popolo effettuare tutto ciò per lungo tempo ancora, con felice successo, persistendo tutta via ne' suoi antichi vaneggiamenti tradizionali? Ecco la barriera oltremodo funesta che superare fa duopo senza ritardo, abrogando perpetuamente dall'edificante Religione d'Israel tutto ciò che d'inutile o di assurdo v'intrusero l'ignoranza, e il fanatismo, non ad altro capace che a soffocare il germe salutare, ad oscurarne gli eccelsi, e i veri pregj (142).

Per altro, in seguito di quanto venghiamo noi di esporre concernente la Riforma degli abusi del Culto Israelitico, sarebb'egli farne di proposito necessario cred'io di fissare quì una metodica restrizione ancora nelle lunghissime preghiere sacre interminabili usitate quotidianamente da questo popolo, dimostrando ad esso l'inutilità delle medesime, o almeno la poca loro efficacia per lo scopo a cui si pretende farle in massima servire (143): tutte le nazioni pregano Dio; ma i filosofi si rassegnano alla sua volontà eterna e lo obbediscono: se noi non possiamo giugnere a tanto, essendo nazione, e non filosofi, almeno procuriamo di rendere le nostre preghiere più concise, meno monòtone, e riuscire le vedremo allora più energiche, più ovvie, e più meritevoli di essere esaudite dal Dio di verità a cui sono esse dirette. Io non dirò già, come opina Virgilio, che inutili si rendono le preghiere, e che questi non faranno mai cambiare i decreti degli Dei:

Desine fata Deum flecti sperare precando.

Æneid. Lib. 6. v. 376.

Ma che debbasi credere lodevole cosa, e conveniente ad un Divino Culto il passare le 4, le 6. ore, e sovente un intera giornata, a ripetere le ossecrazioni medesime; questo è ciò che approvare non si può da mente sana, senza che la sublimità della Religione vengane lesa ed oscurata (144), come veggiamo appunto accadere nel caso nostro dove le preghiere che ugualmente praticare si mirano fra noi, lungi dall'inspirare devozione, e rispetto, producono per la loro prolissità soverchia, la noia nell'intenderle, la stanchezza nel recitarle. Quindi per ovviare a si fatto pernicioso inconveniente, sarebbe dunque oltremodo necessario di ridurre interamente le preghiere usitate dalla sinagoga ebrea ad un numero più ristretto, e più compendioso, allontanando dalle medesime tutte quelle superfluità, o ripetizioni, le quali non so come introdotte a poco a poco fra di esse, e colla successione de' tempi abusivamente passate in consuetudine, e che non tendono ad altro che a renderle più diffuse, e per conseguenza più annojanti, inutili del tutto. In tal modo noi perveniremo agevolmente al grande commendevole scopo, che con tante cure, e fatiche ci siamo noi proposti, qual è quello di rendere il Culto d'Israel degno del nitido fonte salutare da cui ei trasse un giorno la primitiva sua derivazione, abrogando, da colmo a fondo, tutto quanto l'ignoranza, o il fanatismo v'intrusero già di soverchio, d'inutile, o di assurdo a scapito enorme della verità che ne forma la solida eterna base, e della ragione che servì sempre ad esso di guida, e di sostegno.

Questo è l'ostacolo solo che tutta via restavaci a superare, il giogo aggravante è solo questo che rimanevaci a scuotere ancora, onde compiere l'opera perpetuamente memorabile della Rigenerazione del popolo d'Israel; se vincere possiamo l'uno; se riusciamo a liberarci anche dell'altro, la nostra felicità è gionta al colmo, nulla più restaci a desiderare per conservarla: il Culto d'Israel della posterità di Abramo potrà dirsi meritamente allora il più esimio, e il più perfetto di quanti altri mai sieno stati conosciuti, o esercitati dagli uomini sopra la terra; la funesta barriera che odiosamente separava già ne' tempi andati questa nazione da tutte le altre, sarà tolto per sempre, e rinunziando per opera nostra completamente a' suoi inveterati prestigj tradizionali, a' suoi insociabili Costumi, più non si vedrà il popolo ebreo contraddistinto fra di esse nel mondo colle marche dell'avvilimento, e dell'infamia come lo fu pur troppo per sì lungo intervallo di secoli; esse saranno eternamente cancellate dalla reminiscenza delle nazioni le quali divenute così pure dal canto loro meno dedite al fanatismo, più inerenti alla filantropia, e più eque verso di esso, riconosceranno per isperienza che l'individuo Israelita può essere, ad ogni riguardo, suscettibile ancora di virtù, di coltura, e di un illuminato disinganno.

(140) Molti hanno ridicolmente supposto che il genere umano di un tempo avesse potuto essere differente dal genere umano di un altro: questo, è un errore che fa duopo assolutamente distruggere dalla fantasia di esseri dotati di ragione. Un breve intervallo di pochi secoli che può comunemente fissarsi fra gli uomini di un'età più lontana, e quelli di un epoca più recente, ha fatto assegnare a vari scrittori delle differenze assai rimarcabili fra gli uni, e gli altri; in ragione della maggiore, o minore lontananza che gli ha separati, senza farsi per altro a riflettere, che se ritrovasi fra essi qualche varietà, questa non può propriamente consistere che nelle poche cognizioni, che possono avere acquistati gli ultimi dopo i primi; ma che d'altronde tanto per riguardo a' sentimenti o a' pregiudizj naturali, quanto per rapporto a tutte quelle idee, che sono quasi identificate collo spirito, ed il carattere genuino di ogni essere pensante, tutti gli individui umani sono stati i medesimi in ogni tempo, lo debbono essere in ogni età, e lo saranno in tutti i secoli del mondo.

(141) A più forti ragioni, cosa penserebb'esso mai quel gran politico di un popolo il quale potendo vantare meritamente il culto il più pretto, il più eccelso ed il più sano di quanti altri mai sieno stati in alcun tempo esercitati dagli uomini sopra la terra, riponesse la base della sua credenza nella pratica di varie insulse cerimonie, nell'astinenza di certi cibi (benchè la sacra prescrizione non gli condanni, come fu da noi altrove dimostrato), e nell'osservanza di alcuni riti, che non hanno altro fondamento che l'interesse di coloro che pretendono farli ovunque valere a scapito enorme della vera, e nitida religione, cui ne risente, pur troppo, ad ogni tratto il più grave detrimento, ed abbiezione?

(142) Oltre le tante altre prescrizioni superstiziose, e inutili, che per moltiplici volte abbiamo noi fin quì riprovate nella tradizione, quante ancora ve n'ha che meritare dovrebbero per ogni rapporto la nostra ripugnanza, il nostro sdegno, e che l'ebreo Talmudista non cessa di osservare, e mantenere col più denso fervore? Ma qual enorme contraddizione tante volte racchiude la massima di quelle, quali assurdi perniciosi non risultano sovente dalla pratica di esse? Quando la lunga barba sul volto è una marca di lutto, e di tristezza, mentre che questo medesimo segno mirasi conservato in osservanza delle feste ancora le più solenni; e quando si permette di accendere un lume in sera, o in giorno di festa, e si vieta nel tempo stesso di estinguerlo, e chi potrebbe annoverare le tante altre prescrizioni di tal fatta imposte da' Rabbini, tutte implicanti le assurde contraddizioni medesime in occasione di nascite, di morti, di solennità, di matrimonj? Per poca cognizione che si abbia, restare si dee a prima vista colpiti dalla stravaganza della massima parte di fatte cerimonie religiose, senza che io mi diffonda a rinnovarne quì la disgustosa menzione.

(143) Sarebbe egli fuori di proposito di porre quì un assoluta mutazione modificazione anche nelle preghiere sacre interminabili usitate recitate da questo popolo nell'esercizio del Culto, dimostrando ad esso il grave detrimento che la sana credenza di Mosè per tante parti risente in faccia degl'increduli dall'enorme affluenza, e la molesta durazione delle medesime? E quali ragioni potrebbonsi apporre agli argomenti filosofici, e inconcussi de' quali si serve fra i tanti oppositori Massimo di Tyro per dimostrare l'insofficienza delle medesime preghiere, onde con altrettanti solidi, e idonei del pari provare ad esso in contrario l'urgenza, e l'efficacia delle medesime?

L'Essere Supremo, riflette quest'Autore, ha i suoi disegni da tutta l'Eternità: se la preghiera si conforma alle sue volontà immutabili, si rende allora inutile di domandargli ciò che ha essa già determinato di fare. Se si prega di fare il contrario di ciò che ha il fu dal medesimo risoluto, è lo stesso che pregarlo di essere debole, incostante; è credere ch'esso debba essere tale, è un deridersi di lui; o voi gli domandate una cosa giusta, e in questo caso esso la dee, e quella si farà senza che se ne preghi; questo è ancora diffidarsi del medesimo facendogliene instanza; o la cosa è ingiusta, e allora si oltraggia: Voi siete degno, o indegno della grazia che implorate; se degno esso lo sa meglio di voi; se indegno, si commette un delitto di più domandando ciò che non si merita.

Cosa rispondere mai si potrebbe a tali robusti, e inoppugnabili argomenti?

Per altro, gli stessi filosofi osservano che noi non facciamo delle preghiere a Dio, se non se per che la deplorabile fralezza umana lo ha sempre mai delineato secondo l'immagine nostra, quindi noi lo trattiamo come un terreno monarca, ed un sultano, che si può irritare, ed appagare secondo le Circostanze. Chi avesse la pazienza di percorrere i breviarj differenti di tutti i popoli che conosciamo, vedrebbe se tale appunto non è il carattere che da questi si fa generalmente dell'Essere Supremo.

(144) Non è già la soverchia digressione delle preghiere quella che costituisce i pregj fondamentali di un Culto veridico, e divino; ma soltanto pochi accenti proferiti con animo integro, e retto Cuore sono sufficienti per rendere l'omaggio che dobbiamo al Superno Creatore dell'essere nostro; succinta era la prece di cui servivasi Daniel; concise erano del pari le preghiere usitate degli stessi primi Patriarchi, e Profeti d'Israel; e Dio stesso rivelandosi a Mosè, e aditandogli le Leggi che prescrivere dovea a questo popolo, non gl'impose già di ordinargli quelle prolisse orazioni che praticare oggi si mirano da esso.

Cap. XX.

Ricerche filosofiche sul sistema di Religione che più converrebbe di stabilire fra i popoli per riunire le loro Teologiche opinioni: la Specie umana non potrebbe mai riuscire con successo in tale malagevole assunto, se non se proclamando univocamente una sola Religione universale

La Religione vera, o falsa ch'ella sia, tenacemente s'impossessa dell'uomo per sino dal primo istante che natura lo produce fra i viventi, lo accompagna durante la sua vita, senza mai perderlo di vista un solo istante, e bersagliandolo senza interruzione or colla speranza di un tenebroso avvenire, ed ora co' timori di un averno fulminante, lo segue fino alla tomba, confuso, e titubante sul destino che lo attende: quest'orrido spettro più temibile ancora per le sue per le sue minacce inesorabili, che consolante per le sue mistiche promesse è stato fino ad ora un enimma impenetrabile non meno per coloro i quali abituati sempre a tremare al suo aspetto hanno ad esso conferito un esistenza reale che per gli altri i quali non vi hanno potuto scorgere che un labile fantasma bizzarramente immaginato per ammaliare, o sorprendere la credula fantasia de' mortali, senza che niuno fra questi abbia mai osato fino ad ora di rendere conto a se stesso della propria superstiziosa umiliazione; ma tutti, al contrario, servilmente piegando l'abbattuta cervice sotto il giogo pesante de' loro direttori spirituali dall'aurora della vita fino la notte della morte, essi o non vollero curare, o comprendere non seppero, che più i dogmi che ci vengono insegnati ne' varj periodi della nostra età sembrano assurdi, e ripugnanti, e vieppiù la ragione ha un diritto imperscrittibile d'invigilare contro l'errore, e l'impostura, bilicando esattamente il valore delle opinioni che l'educazione, e l'esempio resero in noi radicalmente dominanti fino dalle fascie: sempre sottomessi all'imperioso Cenno del ministro teocratico che comanda di credere, e vieta severamente di ragionare, essi riguardarono come un delitto irremissibile di fare l'esame della verità, e lo scrutinio della ragione, e allora quando si è pervenuti al punto fatale di dovere consultare l'una, o interrogare l'altra più ovunque non s'intese che la voce criminosa dell'ignoranza, e del fanatismo echeggiare, con istrepito, fino alle più recondite parti di ogni Cuore umano i sonori accenti de' loro infami trofei.

Ma appena la filosofia ha renduto felicemente all'uomo il diritto di pensare che accordato avea ad esso la natura, e che l'autorità spietata de' suoi savi ministri gli avea malignamente carpito che il primo uso che ha esso fatto delle sue facoltà intellettuali fu quello di sottrarsi alla truce schiavitù in cui gemea, spezzando i suoi Ceppi diffamanti, di combattere la vetusta superstizione degl'ingannati suoi progenitori, e di fare ricadere sovra di essa l'avvilimento, e l'esecrazione, che meritano ad ogni riguardo i suoi fautori sitibondi di sangue, tiranni ed ignoranti. E per che mai tutto il genere umano non seguita costante le stesse traccie salutari che additate ci sono da questa eccelsa filosofia, non si occupa indefesso de' medesimi consolanti principj ch'essa egregiamente prescrive? Tutte le promesse lusinghiere con le quali ogni religione seduce la mente arrendevole de' suoi credenti, valgono esse mai i dolci incanti che agli uomini procura quell'esimia direttrice delle loro azioni, la quale senza alimentarli di chimere, o di fantasmi procura loro il massimo de' beni, qual è quello d'illuminarli, e di svellere dal loro Cuore que' germi venefici della superstizione della menzogna di cui furono essi per tante volte nel mondo la vittima e lo scherno? Eh, che? tutta la terra coperta ancora di tanti milioni di esseri umani caduti ferocemente sotto il cruento acciaro de' zelanti satelliti di que' mostri non è ella sufficiente per attestarne i terribili furori? L'Europa non è tutta via fumante de' fuochi sterminatori che la consumarono sì di frequente, non mirasi quella gemere ancora sotto un affluenza incalcolabile di tempj, e di altari consecrati a' più orridi smarrimenti, ed agli assurdi? Tutti i sanguinarj flagelli che cospirarono in ogni secolo, e ovunque la distruzione del genere umano, ebbero essi altro appoggio per sostenersi, che un ipocrito zelo di religione di cui si servirono poscia di terribile arma que' mostruosi tiranni che si formarono un piacere di soggiogarlo? Chi non fremerebbe di vedere i popoli condannati a lottare promiscuamente per folle arbitrio contro tante calamitose sciagure, senza poterne calcolare giammai l'estremo termine, e quale orrore di udire l'uomo fieramente gridare al massacro, allo sterminio dell'uomo fattosi per se stesso ciecamente lo spietato promotore delle sue pene? Tale sarà mai sempre il destino deplorabile di questa specie fino a tanto che l'interesse di un popolo non saranno quelli di un altro, i diritti di un uomo quelli del suo simile, e la credenza di tutti gli esseri pensanti identica, e uniforme in ogni sua parte, basata sulla ragione, e diretta da que' salutarj principj sconosciuti pur troppo da essi onninamente fino al presente (145).

Da tale armonia univoca e concorde risultare direttamente vedremo l'uniformità inalterabile fra tutti gli esseri umani de' loro sistemi religiosi, e de' loro vincoli sociali; l'odio, e la persecuzione saranno proscritti per sempre dall'animo di essi; il germe letale di astio, e di vendetta non ritroverà più asilo ne' loro Cuori, più non si vedrà erigere un altare sulle rovine dell'altro, e l'urgente necessità d'illuminarsi, e di sviluppare la loro ragione si farà loro con veemenza più sensibile sentire. In questo modo il talismano esecrabile delle chimere che abbacinarono i popoli verrà bentosto dissipato agevolmente, e le opinioni metodiche, e sane accorreranno ad allignarsi per loro stesse in quelle teste che supponevasi destinate perpetuamente all'errore, alla menzogna.

E soltanto così che l'eterno creatore supremo può farcisi palese a prima vista onde leggervi possiamo in caratteri indelebili quale sia il vero Culto esimio, il più venerabile, il più degno di lui, senza essere costretti di ricorrere alle visioni tradizionali degli uomini, ad oggetto d'investigarne il pretto senso genuino.

Dio ha detto all'uomo, io ti ho creato, io ti ho dotato di una perspicace intelligenza, e di una purgata ragione, affinchè a te servissero entrambe, come due guide infallibili, e pronte per condurti saggiamente nella tua vita, per renderti capace di adempiere la mia volontà sovrana, ed ad un tempo medesimo conoscere ampliamente i doveri che ti vincolano alla società de' tuoi simili, a penetrarti de' moltiplici vantaggi che risultano immediatamente dall'armonia costante di tale mutuo legame.

Ecco il solo, e il vero Culto che potrebbe superiormente inalzare l'uomo rendendolo universale, per che il solo degno di un Essere Supremo, e che può dirsi giustamente marcato del suo sugello eterno e di quello della verità; ogni altro Culto porta seco la fallace impronta dell'uomo, e per conseguenza dell'errore, del fanatismo. La suprema volontà di un Dio giustissimo, e ottimo è che gli enti ragionevoli sieno felici, e per essere tali essi hanno duopo di coltivare la loro ragione, e divenire saggi, e illuminati.

Questi è infatti l'unica, e il sano Culto che un Dio di verità comanda, e che la filosofia sempre intenta a migliorare la condizione umana si studia di propalare fra le nazioni.

Impressionati profondamente da questo sublime edificante Linguaggio riconosceremo ad evidenza quanto la nostra Religione è incomparabilmente più eccelsa, più limpida, e più sana di tutte le altre conosciute, e praticate nel mondo fino al presente, laddove queste impongono alla ragione un obbedienza meramente cieca, e macchinale, quella gli permette di acquistarne ampliamente la vera idea, d'intenderla, e di profittarne senza mistero (146).

D'altronde quale mostruoso confronto rifiutare noi vedremmo analizzandole di passaggio entrambe? L'enorme opposizione fra di esse ci sorprenderà a prima vista; l'una riconosceremo avere per base la contemplazione, la morale il raziocinio, quando non è sostenuta l'altra che dall'avvilimento, dal fanatismo, dall'ignoranza: convinciamocene col fatto (147).

L'uomo atterrito dal niente che lo circonda, costernato dalla natia sua fralezza palpita, e trema ad ogn'istante sulla di lui sorte avvenire: cosa diventerò io mai, esso interroga se stesso, se non esiste un essere più potente di me capace d'invigilare alla mia Conservazione, e di proteggermi? Egli soffre sull'incertezza di meritare un si possente appoggio: egli è sollevato da quando è persuaso di rendersene degno; il primo oggetto che lo percuote, la prima idea che attonito lo rende per oscura ch'ella sia diventa la sua tutelare divinità. E dunque una si fatta idea estesa, e fortificata da una lunga successione di circostanze, e di riflessioni, modificata in mille guise differenti, passando da un uomo all'altro dall'una all'altra nazione, da un confine all'altro del mondo. Tale è infatti l'idea sulla quale si può basare fondatamente il prototipo genuino di tutte le Religioni che ingombrano la terra.

Eh che? Questo principio non è egli una conseguenza naturale delle prime riflessioni dell'uomo risolutamente abbandonato a' prestigj ammalianti della Religione? Non è questo il passo dello spirito umano allorchè comincia a sentire la necessità indispensabile di un Culto? E non si trova forse le trame di questi sentimenti primitivi nel Cuore medesimo di coloro che trassero la Culla dalla Sinagoga, dalla Chiesa, ovvero dalla Moschea? Ma quando è che il popolo si occupa esso della Religione? Quando è che egli opina seriosamente all'esistenza dell'Essere Supremo? Ciò avviene soltanto alloraquando si riconosce infelice, e mentre è pressato dal bisogno di qualche urgente immediato soccorso, che più egli non osa di aspettare nè da se stesso, nè da' suoi simili, nè dalla sorte. Quand'è che la moltitudine resta intimamente penetrata dall'esistenza di un Dio? Ciò accade allorchè un avvenimento inopinato lo abbandona in preda a qualche funesto pericolo, e quando le grandi azioni, o i prodigj sorprendenti gli annunziano la presenza di un essere onnipotente: infatti, le tempeste il fulmine, le calamità della guerra, la fame, la peste, le malattie la morte, hanno persuaso più gli uomini dell'esistenza di un Dio, di tutta l'armonia costante dell'universo, degli stupendi fenomeni della natura, e di tutte le profonde filosofiche dimostrazioni di Loke, di Clarke, di Leibnitz, di Newton. Ecco l'uomo: ecco sopra qual base fondano i loro principj tutti i settarj delle Religioni volgari: Primus in orbe timor fecit Deos &c.

Ma quanto mai ritrovare dovremo a quella opposta diametralmente la Religione salutare del filosofo, quella che quì si propone per modello esemplare dell'eccelsa Religione universale da proclamarsi fra gli uomini? Per

Per poco che si attenda resta con evidenza troppo convincente dimostrato che stabilendo noi per base di tutti i nostri fondamentali sistemi che Dio ha voluto fare esistere un rapporto costante fra esso e gli uomini, che gli ha dotati di libertà, e di ragione, che gli ha renduti suscettibili di bene, e di male, che ha loro indistintamente distribuita quella discreta dose di buon senso che forma il solo, e il vero istinto dell'uomo, e sul quale, secondo i filosofi è unicamente fondata la Legge naturale; quindi chi potrebbe mai opinare senza delirio, che noi guidati da tali eccelsi ammirabili principj, non abbiamo una religione, ed una religione molto più sana, più edificante, e assai migliore di quella che vantano tutte le sette che sono fuori dal grembo salutare di essa, per il motivo incontestabile che tutte quelle sette sono degeneri da' loro fonti primitivi, e per conseguenza, o mendaci, o alterate, e la Legge naturale è vera, e sempre intatta conservatasi quale fu essa in ogni tempo conosciuta nel mondo. Così potrebbesi diffinire con un dotto antico il Deismo altro per se medesimo non essere che il buon senso purificato dall'adorazione di un Dio, e le altre Religioni il buon senso pervertito dalla superstizione: dal che proviene che tutte le sette sono fra elleno si opposte, e si discrepanti, e che la morale su di cui il Deismo è essenzialmente fondato è per tutto la stessa: ciò accadere veggiamo unicamente per il solo motivo che quelle sono l'opera degli uomini, e che questa procede immediatamente dall'Essere Supremo; tanto è ciò vero, quanto che non si ha di sorte alcuna, traccia nell'Istoria che i fautori di questa abbiano cagionato giammai il benchè minimo tumulto sopra la terra, quando si vide questa mille volte lordata di sangue, e di misfatti atroci da' partigiani di quella; la più convincente ragione di tale notabile differenza si è per che i primi sono filosofi; or i filosofi possono fare degli erronei ragionamenti, ma non soliono mai usare intrighi, o violenze per costringere gli uomini che hanno l'infortunio di non appartenere alla loro classe benemerita del mondo ad adottarli come giusti, nel modo che praticare veggiamo agli ultimi ferocemente contro di coloro che ammettere non vogliono le loro mistiche illusioni (148).

A quale speculazione più eccelsa, più utile, più penetrante si è inalzato giammai la filosofia di quella che risulta da un si profondo ammirabile deismo? Ma questo domma sì semplice, sì salutare, non fu giammai in tutta la sua purità la religione fondamentale di alcun popolo, benchè fra questi molti individui si trovino, per altro, che ne facciano aperta professione senza mistero (149). Ma la generalità degli uomini frattanto, che inerisce per lo più alle apparenti dimostrazioni macchinali v'intruse ciecamente le sue misteriose follie, e le stupide assurdità de' suoi spirituali direttori, abbandonando i sublimi principj della Religione naturale, i quali non espongono la società a verun pericolo nè infortunio, ma colle possenti edificanti verità ch'essi per loro medesimi racchiudono, consolidano fermamente la vera felicità degli osservanti, perfezionano le Leggi destinate a proteggere la giustizia, e l'innocenza, e somministrano l'idea sublime inalterabile di un Dio che al solo filosofo concerne assolutamente di estollere con buon senso, e di adorare con animo integro, e con intima fondata Convinzione.

Dal che dovremo quì ragionevolmente conchiudere che siccome la Religione che ha per sua base inconcussa la purità, la semplicità, la chiarezza, esente da pregiudizj, e da cerimonie abusive quale l'abbiamo noi radicalmente fondata, forma il più solido conforto di coloro che la professano, così quella che non si regge che sulle pratiche inutili, su' dubbi, su' misterj, e sul fanatismo, forma il perpetuo tormento de' suoi seguaci, ed è degna dell'abominio degli uomini, e dell'obblio de' saggi. Ma per che mai esclama Shaftesbury il nome di Deista rispettare non si mira tanto che basti; per che mai tutti gli uomini non prendono essi unanimi questo carattere esimio? Il solo Codice che noi dovremmo riguardare sano, il solo vangelo che leggere, e meditare assiduamente si dovrebbe è il gran libro della natura vergato di propria mano dell'Eterno, e sigillato dalla sua Divina incorruttibile impronta, e la sola religione che si dovrebbe generalmente professare da tutti gli enti ragionevoli è quella unicamente di adorare un solo Dio, di essere integerrimi, saggi, e umani; altri santi non si dovrebbe solennemente canonizzare in questa eccelsa religione, che i benefattori dell'umanità, gl'inventori di nuove utili arti, ed i propalatori di lumi, e di coltura; ed altri non potrebbero dirsi riprovati, solo che i protervi malfattori verso la società, i fanatici atrabilari nemici della felicità pubblica, e gl'insensati persecutori dell'umana ragione. Un Culto di sifatta natura non può essere fondato che sopra de' principj eterni, e invariabili, e che suscettibili come le proposizioni della Geometria delle dimostrazioni le più evidenti, sieno attinte nella stessa natura dell'uomo, e delle cose. Or tali inconcussi principj una volta esattamente conosciuti da una classe d'individui, anche da un popolo, per che mai non potrebbero quelli convenire del pari a tutte le nazioni della terra, all'intera società umana? E se l'accidente ci fa scorgere fra di esse qualche apparente varietà, ciò non può succedere che in alcune delle applicazioni a' medesimi ne' paesi differenti dove il caso pone certi popoli, senza che vi concorra forse la loro volontà, o disposizione. Quindi è tanto impossibile che una Religione sì pura, sì eterna, e sì ammirabile produca sulla terra il benchè minimo nocumento, quanto il fanatismo delle sette odierne non ne commettesse a esuberanza in tante guise differenti, malgrado che la stessa Religione sdegnosamente se ne opponga, e le Leggi adirate vi si allarmino contro con furore (150).

Rapiti da un estasi Divina che questo Culto insigne ci prepara in guiderdone della resipiscenza nostra, noi vedremo allora un effetto pronto, e salutare delle nostre fervide ossecrazioni, le quali tutte indirizzate onninamente saranno al solo Essere Supremo, ed esso ci procurerà una folla immensa di beni, allora quando noi ce ne renderemo degni, colla virtuosa condotta nostra, colla nostra ragione; esso può solo somministrarci gli antidoti efficaci co' quali porgere un immediato conforto a tutti i nostri mali; esso non ci punisce, o non ci dimostra de' rigori, se non se quando noi gli volgiamo il dorso per prostituire i nostri incensi all'esecrabile altare delle follie che la nostra imbecille superstizione osa di frequente inalzare sul trono che ad esso appartiene unicamente ad ogni riguardo.

Queste sono tutte verità che autenticate ampliamente vedremo in ogni tempo sempre che l'animo nostro vi sia disposto completamente ad abbracciarle, a trarne quel profitto che all'uomo lice di ricavarne, ed a restare insieme persuasi, non esservi follia più deplorabile, e più meritevole di essere giustamente combattuta di quella che lungi dal procurare alcun bene solido, e durabile alla specie umana, non fa che deviarla dal retto sentiere, cagionarli de' trasporti, renderla miserabile, privandola di quelle proficue cognizioni che sole potrebbero mitigare il crudele rigore della sua sorte. Gli esseri umani enti ragionevoli tenteranno indarno di essere sanati da' loro smarrimenti, se non cercano di liberarsi da' loro inveterati pregiudizj. Non è che mostrando loro la verità ch'essi conosceranno i loro interessi i più cari, ed i motivi reali che debbono portarli al possesso del vero bene. Gl'istruttori de' popoli dopo di avere fissato inutilmente i loro sguardi attoniti sul Cielo, dovrebbero finalmente ricondurli sopra la terra, e proscrivere da' loro ammaestramenti quelle favole ridicole, quelle cerimonie puerili che hanno fatto per tanti secoli travviare lo Spirito umano, per non occuparlo che di verità sensibili, di una tersa morale, e di utili e instruttive Cognizioni.

Fine

(145) Qual'è mai la Religione che possa dirsi giustamente ottima nel senso che inferiamo, e la più efficace a formare per se stessa la solida perenne felicità de' suoi seguaci? Quella, senza dubbio, che è la più colta, la più tollerante, e il di cui Clero non ha la benchè minima influenza sulla morale de' Cittadini. Qual'è mai quella Religione che possa considerarsi daddovero fregiata di sì ammirabile carattere? L'Illuminato Elvezio ci risponde su tale proposito: Celle, ou qui n'a comme la payenne aucun dogme, ou qui se reduit comme celle des philosophes à une morale saine, & élévée, qui sans doute sera un jour la Réligion de l'univers. De l'hom. Sect. 1. C. XIV. p. 77.

(146) Noi udiamo ripetere incessantemente da tutti i settari che le verità racchiuse nella Religione sono infinitamente al di sopra dell'umana ragione: Quale insano pensiere! Dunque secondo questo assurdo principio si dedurrebbe che queste verità non possono essere fatte per gli enti ragionevoli: au moment même (come lo riflette un pensatore insigne[)], qu'on interdirait la connoissance de certaines verités il ne serait plus permis d'en dire aucune: nulle gens puissans, & souvent même mal intentionnés, sous pretexte qu'il est quelque fois sage de taire la verité la banniroient entièrement de l'univers. Aussi le public éclairé qui seul en connoit tout le prix, la demande sans cesse: il ne craint point de s'exposer à des maux incertains, pour jouir des avantages réels qu'elle procure. Oltre a ciò, pretendere che la ragione possa ingannarci è un volere insanamente opinare che la verità possa essere falsa, che l'utile possa essere nocevole: la Ragione è essa altra cosa che la cognizione del vero, e del proficuo? D'altronde non avendo noi per bene condurci in questa vita che la sola nostra Ragione più o meno esercitata, e qual'essa è, e i nostri sensi quali essi sono, dire che la ragione è una guida infedele, e che i nostri sensi sono ingannatori, è lo stesso che dire che i nostri errori sono a noi necessarj, che la nostra ignoranza è invincibile, e che Dio può senza ingiustizia punirci di avere seguitate le sole guide che ha esso voluto profusamente compartirci.

(147) Era dopo d'avere domato i mostri, e punito i tiranni (dice un illustre antico) era col loro coraggio, i loro talenti, la loro beneficenza, e la loro più decisa filantropia che gli antichi eroi si aprivano le porte dell'olimpo, erano religiosi; è col digiuno, la disciplina, l'accidia, la stupida sommissione alle follie tradizionali che i settarj odierni pretendono essere fidi credenti, e suppongono aprirsi attualmente quelle del Cielo; ma siccome è loro severamente vietato di riguardarsi attorno, quindi è ch'essi debbono condursi a tentoni senza potere in verun modo ricercarne contezza del come, del quando, e del per che vi sono essi ciecamente condotti.

(148) Ceux qui persecutent un philosophe, osserva sensatamente Voltaire, sous pretexte que ses opinions peuvent être dangereuses au public sont aussi absurdes, que ceux qui craindraient que l'étude de l'algebre ne fit encherir le pain au marchè; il faut plaindre un être pensant qui s'égare; le persecuteur est insensé, & horrible. In fatti noi siamo tutti fratelli, ciò è evidente; ma se alcuno de' miei fratelli, tutto che pieno di rispetto, e di amore filiale inclinasse di supplicare il nostro padre comune in una lingua, in un tuono, ed in un metodo affatto differente da quello che io fossi portato a praticare, dovrei perciò infierire contro di esso, opprimerlo, straziarlo? Questo è ciò pur troppo, che per molto che lo abbiano tentato i filosofi amici dell'umanità, non si è mai potuto fare imprimere nelle teste abbacinate de' settarj.

(149) Si potrebbe quì asserire senza timore d'ingannarsi, che di tutte le Religioni che conosciamo, il Deismo è il più di tutte le altre diramato nell'universo, essa è la Religione dominante nella China, è la setta de' saggi presso i Maomettani, e fu quella un tempo come già dimostrammo, di tutti i primi padri fondatori della credenza d'Israel e di dieci filosofi cristiani ve n'ha otto certamente di questa medesima opinione. Questa è una specie di setta senza associazione, senza cerimonie, senza dispute, senza zelo, senza persecuzione, sparsa nelle

(150) Le Leggi, e la Religione non bastano contro l'infezione delle anime attaccate dal fanatismo la Religione, lungi dall'essere per quelle un alimento salutare, si converte in rodente veleno ne' cervelli contaminati da quel morbo letale. Questi uomini travviati hanno continuamente presente allo spirito gli esempi detestabili di tante proditorie aggressioni commesse piamente in nome dell'Essere Supremo, incapaci di riflettere che quella stessa Religione, che fanno stoltamente servire di base fondamentale a' loro esecrabili eccessi, è appunto quella che gli abomina in ogni senso e gli condanna. Niente sono meno importanti le Leggi di ciò che lo sia la Religione contro uomini frenetici di tal fatta, i quali persuasi fermamente che lo spirito santo, cui rendono complice di tutti i loro misfatti, e da cui pretendono essere diretti, e penetrati è al di sopra delle Leggi, ne inferiscono stoltamente che non si può giugnere a meritarlo, se non si è attaccati sulla terra da' sintomi spaventevoli del fanatismo.

Nota di trascrizione

Questa edizione elettronica è stata preparata sulla base del manoscritto F18 579, conservato agli Archives Nationales de France.

Nella trascrizione sono state preservate fedelmente l'ortografia e la punteggiatura originale, anche in presenza di varianti, occasionali errori di ortografia, di concordanza o di accentazione francese. Non sono stati corretti nomi errati come Loke o Mendelshonn, errori nell'ebraico (בת invece di בית), e non sono state verificate citazioni bibliografiche nei loro originali. Non sono stati aggiunti accenti (mancanti) a , , per che; è stato invece rettificato l'accento a volte mancante ad È ad inizio di periodo. Abbreviazioni comuni, come quelle per nostro, vostro, giorno, primo, mentre, questo, medesimo, per, parole terminanti in -ente/i/o ecc. sono state sciolte. Integrazioni del trascrittore, per caratteri non leggibili, dimenticati, o punteggiatura mancante sono indicate tra parentesi quadre [].

Il manoscritto usa in modo incostante iniziali maiuscole per sostantivi nel corso del periodo, o minuscole ad inizio frase. In casi evidenti si è tentato di regolarizzare il loro uso, per esempio riportando a maiuscolo il nome Francia scritto sistematicamente con f, o le iniziali di periodo; tuttavia sono state mantenute la maggior parte delle maiuscole apparentemente fuori luogo. L'ambiguità maggiore nell'originale è per le iniziali C ed S, di cui sono usate diverse varianti calligrafiche senza che sia chiara l'intenzione maiuscola. Solo il pronome Ciò a metà frase è stato ridotto a minuscolo.

Le cancellature nel manoscritto sono qui rese come testo cancellato, e le correzioni ed inserzioni segnalate come testo inserito. Il testo delle note (21), (23), (61) e (62) è completamente barrato, così come quello di tutto il Capitolo XX. Solo in quest'ultimo caso non si è marcato tutto il testo per non appesantirlo.

L'unica forma di marcatura nel manoscritto è la sottolineatura, che per uniformità col Tomo I a stampa è stata resa come corsivo.

Le note a pie' pagina sono state spostate in coda ad ogni capitolo. Tutti i riferimenti di nota dalla (114) in poi sono corretti, nel manoscritto, sottraendo una unità, essendo stato previsto spazio per una prima nota (114) non poi sviluppata. Queste correzioni non sono qui altrimenti segnalate. La nota (149) appare troncata, senza spazio nel manoscritto per una sua continuazione.