The Project Gutenberg eBook of Tutto per bene: Commedia in 3 atti

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Title: Tutto per bene: Commedia in 3 atti

Author: Luigi Pirandello

Release date: June 27, 2021 [eBook #65713]

Language: Italian

Credits: Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images made available by The Internet Archive)

*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK TUTTO PER BENE: COMMEDIA IN 3 ATTI ***

TUTTO PER BENE


MASCHERE NUDE


LUIGI PIRANDELLO

TUTTO PER BENE

COMMEDIA IN 3 ATTI

R. BEMPORAD & F. — Editori — FIRENZE
Librerie a Firenze, Milano, Roma, Pisa, Napoli, Palermo, Trieste
Torino e Genova: S. Lattes & C.


PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

per tutti i paesi compresi la Svezia, la Norvegia e l’Olanda

Copyright 1920 by R. Bemporad e Figlio

1920 — Tipografia Luigi Parma — Bologna — Via Tre Novembre, 7


PERSONAGGI

A Roma — Oggi.

[7]

ATTO PRIMO

[8]

SCENA

Salotto di passaggio, in casa Lori, tra la sala di ricevimento e la camera di Palma. Arredo signorile, ma non dovizioso. Usci laterali a destra e a sinistra: quello a sinistra dà nella sala di ricevimento; quello a destra, nella camera di Palma. Nella parete di fondo, verso destra, s’apre un altro uscio, che dà su un corridojo. È il giorno delle nozze di Palma, e anche qui nella saletta son ricchi mazzi e ceste di fiori.

[9]

Al levarsi del sipario la scena è vuota. Poco dopo, dall’uscio a sinistra entra, col cappello in capo, la BARBETTI seguita dal figlio CARLO CLARINO.

La Barbetti ha sessantatre anni, ma è tutta tinta e goffamente parata, come una ricca provinciale. È imperiosa e sguajata, in fondo però non antipatica. Il figlio Cadetto, sui trent’anni, veste all’ultima moda, con un’aria affettata di stanco vizioso, annojato di tutto, trascinato dalla madre ricca e bisbetica a far quello che non vorrebbe.

Entrano in iscena, come in cerca di qualcuno; la madre con una certa risolutezza; il figlio, titubante.

LA BARBETTI

(dalla soglia) Permesso? Non c’è nessuno? Vieni, vieni, Carletto.

CARLETTO

(col tono di chi avverte che può finir male) Mammà, prudenza!

LA BARBETTI

Non mi seccare! Ci hanno piantato lì in salotto come due piuoli...

CARLETTO

Ma introdurci così...

[10]

LA BARBETTI

Bisogna ch’io sappia; che parli con qualcuno... (Si guarda attorno) Ma non c’è un campanello in questa stanza?

CARLETTO

(rassegnato, sospirando) Vogliamo fare per forza una pessima figura, facciamola!

LA BARBETTI

(picchiando all’uscio a destra) Permesso?... (Attende un po’ e ripicchia) Permesso? (Nuova attesa; si prova ad aprir l’uscio e guarda dentro) Neanche qua, nessuno... (Al figlio, irata) Perchè una pessima figura, imbecille? Porto in regalo una «broche» di tremila e settecento lire! (Torna a guardarsi intorno) Vorrei sapere dov’è andato a ficcarsi quell’idiota di cameriere! (Si fa all’altro uscio in fondo e chiama) Cameriere!... Cameriere!

CARLETTO

(dopo una pausa) Sarà andato in chiesa anche lui con tutta la servitù per assistere allo sposalizio.

LA BARBETTI

E lasciano la casa sola?

CARLETTO

(col tono di prima) Forse è una fortuna, mammà! Svigniamocela! Siamo ancora in tempo!

LA BARBETTI

Tu starai qua con me, perchè voglio così! Ti costringerò io a imparare a vivere tra la gente per bene!

[11]

CARLETTO

Figuriamoci che allegria!

LA BARBETTI

Ah, tu hai finito di scialacquarti i miei denari, te lo dico io!

CARLETTO

Mammà! Ma Dio mio!

LA BARBETTI

D’ora in poi, vedrai!

CARLETTO

Perchè speri davvero che ci faranno una buona accoglienza?

LA BARBETTI

No, comunque! comunque! Son venuta via da Perugia per questo. Ti metterai qua sulla buona strada, e con l’ajuto di tuo cognato...

CARLETTO

(con uno scatto) Ma che cognato, per carità! Non dire cognato, mammà, in nome di Dio! Mi fai sudar freddo!

LA BARBETTI

Ma sì, che è tuo cognato! Che storie!

CARLETTO

Mammà, non dire cognato, sai, o io me ne scappo!

[12]

LA BARBETTI

Come vuoi che dica?

CARLETTO

Non voglio esser preso per le spalle e cacciato via con un calcio da nessuno, io!

LA BARBETTI

(risoluta, ponendoglisi davanti) Scusa, sei figlio mio?

CARLETTO

Ma lascia andare, mammà!

LA BARBETTI

Non sei figlio mio?

CARLETTO

Ti dico di lasciare andare, mammà! Sai bene che non si tratta di te!

LA BARBETTI

(adirandosi fieramente) Che credi di dire, imbecille?

CARLETTO

Vuoi litigare qua, scusa?

LA BARBETTI

No! Tu devi parlare con rispetto!

CARLETTO

Ma io ti parlo con rispetto, mammà! E perchè vorrei che tutti ti parlassero con rispetto, torno a ripeterti: andiamocene!

[13]

LA BARBETTI

No, no e no! Sei un povero di spirito, ecco quello che sei! Uno sciocco! Perchè son tutte fisime! Se con tuo padre — posso ammettere — ci fu in prima qualche irregolarità, poi ci sposammo.

CARLETTO

Va bene: poi.

LA BARBETTI

O prima o poi, diventasti anche tu legittimo, tale e quale come fu la buon’anima di Silvia. Sorellastra, sì, sorellastra, va bene. Ma ciò non toglie che questo signor Martino Lori, marito della povera Silvia e perciò mio genero, non debba considerar te — almeno in qualche modo — come suo cognato. Mi par chiaro!

CARLETTO

Già! Bello! Abolendo il prima!

LA BARBETTI

Che vuol dire abolendo?

CARLETTO

Ma sì! Tu abolisti il prima, mammà! Quella irregolarità di prima.

LA BARBETTI

Fisime! Chi vuoi che ci pensi più? Il mio primo marito è morto da vent’anni.

CARLETTO

E io, che non sono suo figlio, ne ho trentadue [14] mamma! È una grave irregolarità questa, a danno del tuo primo marito. Talmente grave che, t’assicuro, non avresti avuto il coraggio di presentarti qua, con tua figlia Silvia ancor viva!

LA BARBETTI

È morta, sì o no? E sono, sì o no, sedici anni che è morta? Sedici, ohè, non sono un giorno!... Ora c’è qua la figlia di mia figlia che sposa, e io me le presento con un bel regalo per le sue nozze.

CARLETTO

Ah, va bene! Così. Come nonna. Presentati come nonna! Nonna sei; nessuno può metterlo in dubbio. Silvia era tua figlia; questa è la figlia di Silvia; dunque c’è poco da dire: tu sei la nonna. Non immischiarci gli uomini, mammà, la cui parentela, neanche tra padre e figlio, santo Dio, può esser sicura; figùrati poi tra cognati!

Dall’uscio di fondo, attirata dal rumore delle voci, si presenta la SIGNORINA CEI. Bionda, magra, alta, sulla trentina, veste, per l’occasione, con sobria eleganza. Usa a nascondere tutta la sua intima vita sotto una composta apparenza, parla e guarda attenta, e dimostra in tutti i modi una finezza naturalmente signorile.

SIGNORINA CEI

Chi è qua?

LA BARBETTI

(voltandosi alla voce) Ah, ecco... Abbiamo chiesto...

SIGNORINA CEI

Ma chi è lei, scusi?

[15]

LA BARBETTI

Sono la nonna della sposa; e questi, lo zio. (Indica il figlio, che fa un gesto di stizza).

SIGNORINA CEI

(notandolo e restando perplessa) Ah... la nonna?

LA BARBETTI

(come a farlo apposta) E lo zio. Veniamo da Perugia.

SIGNORINA CEI

Ma la signora non era attesa, ch’io sappia...

LA BARBETTI

No no: arriviamo di sorpresa.

SIGNORINA CEI

(all’una e all’altro) Prego... prego: s’accomodino.

LA BARBETTI

(sedendo) Grazie. E lei, scusi... sarebbe?

SIGNORINA CEI

Sono... — come vuol dire? — sono qua per tener compagnia alla signorina.

LA BARBETTI

Ah, la dama di compagnia?

SIGNORINA CEI

Se vuole... Ma sono piuttosto un’amica di Palma.

[16]

LA BARBETTI

Ah, bene, bene... di Palma (ripete il nome, come una che lo apprenda per la prima volta).

SIGNORINA CEI

Mi dispiace che la signorina non m’abbia avvertita...

LA BARBETTI

Niente. Non si dia pena. Dev’essere una sorpresa.

SIGNORINA CEI

Già... ma, proprio sul punto...

CARLETTO

(che si è agitato alla battuta precedente della madre) Ecco! dicevo appunto questo a mia madre...

LA BARBETTI

Tu stai zitto lì! (Alla signorina Cei) C’è stato uno sbaglio, veda. Credevamo, per nostre informazioni, che il matrimonio dovesse celebrarsi domattina. Volevamo arrivare alla vigilia.

SIGNORINA CEI

Ma è stato celebrato jeri, veramente...

LA BARBETTI

Ah, come! Jeri?

SIGNORINA CEI

Il matrimonio civile, sì signora. Stamattina, la cerimonia religiosa.

[17]

LA BARBETTI

Ah, jeri il civile, e ora il religioso?... Guarda!

SIGNORINA CEI

Credo che a momenti saranno di ritorno!

LA BARBETTI

Un gran corteo, m’immagino! Un gran festino!

SIGNORINA CEI

No, signora. Niente...

LA BARBETTI

Come, niente? La sala, di là (indica a sinistra) tutta piena di fiori! (Si guarda attorno) Anche qua!

SIGNORINA CEI

Sì, ma nessuna pompa. Jeri sì, ricevimento, pranzo; proprio però nell’intimità...

CARLETTO

Ma sì, come usa adesso! In abito da viaggio...

SIGNORINA CEI

No, signore. Per questo, pochi amici, intimi; ma la sposa, come di rito, stamattina, in bianco e col suo velo e i suoi fiori d’arancio. La vedrà: una bellezza!

LA BARBETTI

Me l’immagino! Un amore! Ma, Dio mio, dico... sposando un marchese...

[18]

SIGNORINA CEI

Già, ma... forse per questo, veda... La signora Marchesa madre...

LA BARBETTI

Non avrebbe voluto questo matrimonio?

SIGNORINA CEI

No no, signora! Anzi! Vedesse che regali ha mandato! Ma... ecco... la salute un po’ malferma...

CARLETTO

(da uomo di mondo) Comprendiamo, comprendiamo...

SIGNORINA CEI

Riceverà con grande festa la sposa nel suo palazzo al ritorno dal viaggio di nozze.

LA BARBETTI

Cosicchè, ora, qua...

SIGNORINA CEI

Oh, tutto finito, ormai. Si fermeranno un po’, credo, per dar tempo alla sposa di rivestirsi per il viaggio. Vi saranno i testimoni, qualche amico del signor Marchese e del signor Senatore.

LA BARBETTI

Mio genero? (A Carletto) Ah senti! Lo hanno fatto anche senatore!

SIGNORINA CEI

(sorridendo impercettibilmente) No, signora. Dico del senator Manfroni.

[19]

LA BARBETTI

Ah, non è mio genero? E chi è questo Manfroni?

CARLETTO

Ma Salvo Manfroni, mammà!, che fu nostro deputato, e poi anche Ministro...

LA BARBETTI

Ah, lui? E come c’entra lui qua?

CARLETTO

Come c’entra! È quello che ha portato su tuo genero fino al Consiglio di Stato!

LA BARBETTI

Ah, sì?

CARLETTO

Quando fu Ministro lo prese come capo-gabinetto; non ti ricordi che te lo dissi a Perugia?

SIGNORINA CEI

E anch’io sono qua per il signor Senatore...

CARLETTO

Fu scolaro del tuo primo marito...

LA BARBETTI

Già, già! sì! Ora ricordo... Del mio primo marito!

SIGNORINA CEI

Il nonno della signorina?

[20]

LA BARBETTI

Un professorone, sa, il mio primo marito!

SIGNORINA CEI

(con maraviglia mal dissimulata) Ah, come... la signora... la moglie di Bernardo Agliani?

LA BARBETTI

Io, io, sì!

SIGNORINA CEI

Un’illustrazione della scienza!

LA BARBETTI

Glie n’ha parlato la mia nipotina?

SIGNORINA CEI

Oh, ma ne parlano tutti i libri di scuola, signora...

LA BARBETTI

E morì disgraziato, sa? nel suo... (a Carletto) come si chiama?

CARLETTO

Laboratorio, mammà!

LA BARBETTI

Laboratorio di... di...

CARLETTO

Di fisica, mammà!

[21]

LA BARBETTI

Di fisica, già... Fulminato! Ne parlarono tutti i giornali.

SIGNORINA CEI

Eh, lo so bene, signora...

LA BARBETTI

Una disgrazia! E mi pentii tanto io, creda, quando avvenne, di non aver avuto pazienza con lui fino all’ultimo. Dotto! Studiava sempre! Stampava sempre! tanti libri!

CARLETTO

Ma sì, mammà! Non vedi che la signorina lo sa? E ne sa qualche cosa anche Salvo Manfroni, mi pare, che ne stampò l’ultimo, postumo...

LA BARBETTI

Già! Un’opera... come si dice?

CARLETTO

Postuma, postuma, mammà!

LA BARBETTI

No! Dico un’opera che questo Manfroni si prese, perchè mio marito l’aveva lasciata... come si dice?

CARLETTO

Ah, inedita!

LA BARBETTI

Come?

[22]

CARLETTO

Inedita, mammà!

LA BARBETTI

Ecco... così... Se la prese, e diventò celebre: senatore!

CARLETTO

Ma non dire così, che se la prese. Pare che l’abbia rubata! Erano tracce, appunti di un’opera nuova...

SIGNORINA CEI

Salvo Manfroni la riprese, la sviluppò, la compì...

CARLETTO

E n’ebbe grandissimi onori!

SIGNORINA CEI

Meritati, io credo. Senza detrarre nulla alla fama del suo maestro.

LA BARBETTI

A Perugia non lo credono! Ah, non lo credono! E sono capace di dirglielo io, sa!

CARLETTO

Ma no, mammà!

SIGNORINA CEI

Pare del resto, che sia stata una fortuna, questa, per la signorina; a quanto ho sentito dire.

[23]

LA BARBETTI

Che cosa, una fortuna?

SIGNORINA CEI

Ma che il senator Manfroni abbia trovato in casa del signor Lori queste carte inedite del suo maestro.

LA BARBETTI

Per lui, una fortuna!

SIGNORINA CEI

Sì, forse; ma anche per la signorina, bambina allora di pochi anni. Costretto a lavorar qui, perchè pare che la signora morta fosse tanto gelosa di queste carte del padre, le si affezionò fin d’allora; e quando poi la signora morì, prese lui a proteggerla, povera orfanella. Rimasto scapolo, ricco, se l’è cresciuta quasi come una figliuola; le ha trovato ora questo ricco partito...

LA BARBETTI

E va bene! S’è sdebitato di quel che prese al nonno! Qualche favore avrà fatto anche a mio genero....

SIGNORINA CEI

Ah, per il commendatore, l’abbiamo tutti veduto, proprio come un fratello!

LA BARBETTI

E lui, lui, dica, mio genero: com’è?

SIGNORINA CEI

Mah! La signora lo saprà...

[24]

LA BARBETTI

Ah no, veda... Mia figlia è morta da tanti anni... S’era data all’insegnamento. Venuta qua a Roma, dopo la morte del padre, conobbe questo Lori, ch’era allora al Ministero, e lo sposò senza neanche dirmene nulla. Sì... perchè, la povera Silvia, vittima anche lei, non creda, della troppa scienza di quel benedett’uomo, ebbe sempre però una vera adorazione per lui, e guaj a toccarglielo! Ora, capirà... una figlia può anche compatire; ma una moglie si stanca; e io — glielo dico chiaro — mi stancai. Separata dal padre, non ebbi più rapporti con mia figlia. Dopo sette anni di matrimonio ella morì. Cosicchè io, mio genero, non lo conosco.

SIGNORINA CEI

Ah, come! Non lo ha mai veduto?

LA BARBETTI

Mai!

SIGNORINA CEI

E neanche la signorina, dunque?

LA BARBETTI

No, neanche!

SIGNORINA CEI

Oh, ma allora...

CARLETTO

Il momento di presentarci non è scelto bene, è vero? Ho fatto notare anche questo a mammà...

[25]

SIGNORINA CEI

È che... capiranno...

CARLETTO

Nel trambusto, lei vuol dire, signorina?

SIGNORINA CEI

Già... E poi...

CARLETTO

L’imbarazzo d’una spiegazione...

LA BARBETTI

Ma nient’affatto! Ma che imbarazzo! Che spiegazione! La nonna che viene a portare il regalo di nozze alla sua nipotina! Sarebbe stato meglio, certo, arrivare alla vigilia. Ma dopo tutto, che vuoi che importi a lei la spiegazione di cose passate da tanto tempo; e anche a lui, a mio genero, vedovo da sedici anni, che vuoi che gl’importi di suo suocero che non ha conosciuto, dei rancori di sua moglie... Non ci penserà più neanche, alla moglie!

SIGNORINA CEI

Ah no, signora, s’inganna!

LA BARBETTI

Ci pensa ancora?

SIGNORINA CEI

E come! Creda... per una donna... non so, è una cosa... una cosa che fa quasi dispetto, ecco. Dispetto non per lui, ma per noi stesse, signora, per la poca stima che abbiamo di noi. Vedere un [26] uomo così perduto, quasi svanito ancora, dopo tanti anni, per la morte della sua compagna...

LA BARBETTI

Ah, sì? Come sarebbe, svanito?

SIGNORINA CEI

Ha certi occhi... non so! Vedesse come guarda! come ascolta! Come se le cose, i rumori, le voci stesse a lui più note, quella della figlia, dell’amico, avessero un aspetto, un suono, ch’egli non riuscisse più ad avvertire. Come se la vita tutt’intorno, gli si fosse... non so, quasi diradata... Sarà forse per l’abitudine che ha preso...

LA BARBETTI

(accompagnando l’interrogazione col gesto) Beve?

SIGNORINA CEI

(con orrore, sorridendo) No, signora! Che dice! (Poi, triste:) L’abitudine d’andar là ogni giorno...

LA BARBETTI

Al camposanto?

SIGNORINA CEI

Tutti i giorni, con qualunque tempo! E ritorna così, come se guardasse tutto da lontano.

CARLETTO

(alzandosi, dopo una pausa) Io credo, mammà, che sarebbe meglio rimandare a un altro giorno la nostra presentazione.

[27]

LA BARBETTI

Sta’ seduto! Lasciami sentire... (Alla signorina Cei, risolutamente, come una a cui non sia facile darla a bere) Scusi, che età ha?

SIGNORINA CEI

Mah... quarantacinque, quarantasei anni...

LA BARBETTI

Meno sedici, quanto fanno?

SIGNORINA CEI

Che vuol dire?

LA BARBETTI

Quarantasei, meno sedici?

SIGNORINA CEI

Eh... trenta...

LA BARBETTI

Trenta, signorina! A chi vuol darla a intendere il signor Lori, rimasto vedovo a trent’anni, con quest’andare ogni giorno alla tomba della moglie? Signorina mia! Siamo di carne, anche!

SIGNORINA CEI

Lei suppone?

LA BARBETTI

Ma ci vuol poco, scusi, a supporlo!

SIGNORINA CEI

Ebbene, creda che non lo dirà più, appena l’avrà veduto. E poi, si saprebbe...

[28]

Entra dall’uscio in fondo il CAMERIERE in livrea per annunziare in gran fretta:

CAMERIERE

Ecco, signorina: arrivano, arrivano...

E via di nuovo per l’uscio di fondo.

SIGNORINA CEI

(alzandosi) Eccoli qua. Mi permettano. O vogliono favorire in sala?

CARLETTO

(c. s.) No no, per carità!

LA BARBETTI

Aspettiamo qua... sarà meglio.

SIGNORINA CEI

Come vogliono.

CARLETTO

Dica la nonna, per favore! La nonna, e basta!

La signorina Cei, via per l’uscio di sinistra.

LA BARBETTI

Ti raccomandi bene, imbecille! Meno male che ci sono qua io!

CARLETTO

Scusa: poni che ti trattino male: che devo fare io?

[29]

LA BARBETTI

Ma tu non farai niente!

CARLETTO

Lascerò insultare mia madre?

LA BARBETTI

Chi vuoi che m’insulti? Perchè mi si deve insultare?

Entra, turbato e concitato, dall’uscio a sinistra MARTINO LORI. È quasi tutto bianco, benchè ancora sotto i cinquant’anni. Curatissimo nelle vesti. Fisonomia viva, segnatamente negli occhi, mobile, visibilmente sospesa ai continui avvertimenti d’una mutevole, acutissima sensibilità, che subito però svanisce, quasi smemorata d’improvviso, lasciando senza difesa lo spirito, che si appalesa allora triste, remissivo e sopra tutto credulo.

LORI

No no, mi scusi, signora. Non so come lei possa aver l’ardire di presentarsi in casa mia!

LA BARBETTI

Parlo con mio genero?

LORI

Ma no! Che genero! La prego! Io non sono mai stato suo genero!

LA BARBETTI

Il commendator Lori?

LORI

Ma sì! Sono io.

[30]

LA BARBETTI

Se sposaste mia figlia...

LORI

Ma appunto per questo, signora! Possibile che lei non senta che è un’offesa — un’offesa per me intollerabile — alla memoria di sua figlia, la sua presenza in questa casa?

LA BARBETTI

Oh Dio mio, ho creduto che finite da tanti anni le ragioni...

LORI

Ma no, signora! Quand’io sposai sua figlia, del resto, lei aveva cessato da un pezzo d’esser la moglie di Bernardo Agliani!

LA BARBETTI

Già, ma non la madre di lei!

LORI

Eh via! Che madre! Lei sa bene che Silvia non aveva più voluto da allora considerarla come madre, e con ragione!

CARLETTO

Oh senta, io la prego...

LORI

Chi è lei?

LA BARBETTI

(subito a riparo del figlio) Questo è mio figlio... (A Carletto) Lascia, lascia che parli io!

[31]

CARLETTO

No, aspetta! dirò io a questo signore, che per mio conto — io — non volevo venire, e non sarei venuto...

LORI

E avreste fatto bene!

CARLETTO

No bene, benissimo! E l’ho detto io stesso a mia madre. Ma ciò non toglie...

LA BARBETTI

(subito, interrompendo e intromettendosi) Che voi dobbiate parlare a me così...

CARLETTO

(c. s. a sua volta) senza neanche sapere che cosa...

LA BARBETTI

(c. s.) già! che cosa io sia venuta a far qui per mia nipote!

LORI

(lottando per non smarrirsi) Io non credo che mia figlia possa avere un sentimento diverso dal mio per ciò che riguarda la memoria di sua madre, e il rispetto che le si deve!

Si ode, a questo punto, dall’interno, a sinistra, la voce di PALMA.

VOCE DI PALMA

Sì, sì, mi sbrigo in due minuti!

[32]

E sopravviene, dall’uscio a sinistra, PALMA, in abito da sposa, avviata di furia verso l’uscio a destra, che dà nella sua camera. Ha diciott’anni. È bellissima. Tratta il padre con mal dissimulata freddezza. Subito al suo apparire, la Barbetti le si fa innanzi tendendole le braccia.

LA BARBETTI

Ah, eccola qua! eccola qua! Oh figlia mia, come sei bella!

PALMA

(così soprappresa, confusa, trattenendosi) Scusi... lei?

LA BARBETTI

Sono la tua nonna! la tua nonna, figliuola mia!

PALMA

(più stordita dapprima, che meravigliata) La nonna? Come! (Poi, volgendosi al padre, con aria di comica incredulità) Ho anche una nonna?

LORI

No, no, Palma!

LA BARBETTI

(al Lori) Come no? (E subito a Palma, con enfasi) La madre della tua mamma!

CARLETTO

(al Lori) Questo non potete negarlo!

LORI

Ma non m’obbligate a dire ciò che mia figlia del resto sa bene!

[33]

PALMA

(sovvenendosi, ma senza dare alcun peso all’indegnità di quella nonna, che per la sua goffaggine le sembra da burla) Ah... lei... già!

LORI

Tu capisci, Palma, che se tua madre fosse qua...

PALMA

(infastidita dall’impiccio imprevisto in cui la mette il padre; stringendosi nelle spalle) Sì... ma... non so! che vuoi fare adesso?

LA BARBETTI

Dice che ho fatto male a venire...

LORI

Malissimo!

PALMA

(seccata, protestando) Ma no! Non mi pare che sia più il caso di pensare ormai...

LORI

(ferito) No? Come?

LA BARBETTI

(subito, esultante) Ecco, sì, è vero, è vero, figliuola mia?

LORI

Di pensare a tua madre?

[34]

PALMA

(c. s.) Ma sì, la mamma, va bene! Ma per carità, ora che sto per andar via...

LA BARBETTI

Ecco, già! sposa... Non ha più, dunque, neanche il diritto d’opporsi, lui!

LORI

Ma io non m’oppongo in nome d’un diritto!

LA BARBETTI

E potete forse impedirmi d’aver le mie intenzioni su mia nipote?

PALMA

(disgustata, fa per avviarsi) Ah, è troppo! è troppo, via!

LA BARBETTI

(ponendosi davanti, per placarla) No, per carità, non turbarti... vestita così...

PALMA

Debbo andare a rivestirmi per partire...

LORI

(smarrito e cupo, ritraendosi) Forse eccedo... forse eccedo...

PALMA

Eccedi, sì, proprio! Ah, ma se Dio vuole, basta!

[35]

LA BARBETTI

Mi dispiace, che per causa mia...

PALMA

(rasserenandosi e tornando a vedere il lato grottesco di quell’incontro inatteso) No, no... Ci vuole un po’ di misura, Dio benedetto! Era, dopo tutto, una graziosa sorpresa, trovar così d’improvviso una nonna, sulla soglia...

LA BARBETTI

(gongolante) Come sei bella! Come sei cara! (Volgendosi subito al figlio per farsi dare il regalo di nozze) Dà, dà, Carletto!

PALMA

(non comprendendo) Che cosa?

LA BARBETTI

T’avevo anche portato un piccolo regaluccio...

PALMA

(volgendosi al padre per richiamarlo a una certa comica indulgenza) Ma vedi! Anche il regaluccio!

LA BARBETTI

E su, su, Carletto! (A Palma presentandoglielo) Questo è l’altro mio figlio...

PALMA

Ah, piacere...

[36]

LA BARBETTI

(seguitando) Che sarebbe, sì... un fratellastro della tua povera mamma.

PALMA

Ah! un quasi-zio, allora?

CARLETTO

Già, ecco, un quasi-zio... Veramente felice! (Porgendo l’astuccio alla madre) Ecco, mammà.

LA BARBETTI

(porgendolo a Palma) Prendi, prendi, figliuola mia...

PALMA

(aprendolo e ammirandolo, per compiacenza, esageratamente) Oh bello! bello!

LA BARBETTI

Ne avrai avuto di ben altri!

CAPRETTO

Con gli auguri d’ogni felicità!

LA BARBETTI

Sì, cara, di quella felicità che ti meriti! E poi penserò a fare ancora dell’altro per te.

LORI

(non riuscendo più a contenersi) Tuo nonno, Bernardo Agliani, restituì a costei tutti i suoi denari, anche quelli della dote, che appartenevano a tua madre; e tua madre ne fu felicissima, e preferì, [37] rimasta orfana, guadagnarsi il pane, insegnando. Ma fai, fai, prendi pure: turbo la tua festa, e non ho più neanche il diritto di parlare, come t’ha detto la signora...

Sopravvengono, a questo punto, dall’uscio a sinistra SALVO MANFRONI, il marchese FLAVIO GUALDI e il conte VENIERO BONGIANI. Il senatore Salvo Manfroni è appena sulla cinquantina, alto, rigido, magro. Se la nomina a senatore non gli fosse venuta per meriti scientifici e accademici, oltre che per il suo passato politico, avrebbe potuto venirgli per censo. Si vede infatti in lui il gran signore, padrone degli altri, ma sopratutto di sè. Il marchese Flavio Gualdi ha trentaquattro anni, ancor biondo, anzi d’un biondo acceso, ma già quasi calvo; lucido e roseo come una figurina di finissima porcellana smaltata; parla piano, con accento più francese che piemontese, affettando nella voce una tal quale benignità condiscendente, che contrasta però in modo strano con lo sguardo freddo e duro degli occhi azzurri, quasi vitrei. Il conte Veniero Bongiani ha circa quarant’anni, elegantissimo, specula in cinematografia e ha fondato una delle più ricche Case per la produzione dei films.

MANFRONI

Che cos’è?

PALMA

Niente, niente: una bella sorpresa! Guarda, Flavio!

FLAVIO

Ma come, ancora così?

PALMA

Ho trovato una nonna, qua in anticamera!

FLAVIO

Una nonna?

VENIERO

(contemporaneamente) Oh bella!

[38]

SALVO

(contemporaneamente) La signora?

FLAVIO

(indicando il Lori) Sua madre?

PALMA

(subito) No, per fortuna! (E immediatamente, rivolgendosi a Carletto): E anche... aspetta! qua... scusi, il suo nome?

CARLETTO

(riscotendosi, con grazia): Ah, Clarino... (e si inchina).

SALVO

(con stupore, in tono di riprensione) Ma che storia è questa? Palma!

PALMA

(apparentemente, senza dargli retta) Ecco, il signor Clarino, figlio della nonna! Quasi-zio! (Subito alla Barbetti) Nonna Clarino, dunque? Vedova?

LA BARBETTI

Sì, due volte, carina....

PALMA

(quasi trionfante, rivolta al Lori): E dunque, via! Come vedi, non c’è proprio bisogno di ricordar Bernardo Agliani, la mamma; e si può prender la cosa, così, leggermente, e anche (si volta a Flavio con uno sguardo d’intelligenza): allegramente, Flavio; quando si sta per andar via....

[39]

FLAVIO

Ma sì, per me, figùrati!

LA BARBETTI

(con sincerità) Ecco, già, come dicevo io!

LORI

(ferito dalle ultime parole di Palma): Potevo non volerlo anche per te, mentre ti stacchi da questa casa....

SALVO

(notando il tono appassionato del Lori e sembrandogli fuor di tempo, fuori di luogo, subito lo interrompe, accostandoglisi): Ma no, ma no, basta! che cos’è, amico mio? (E resta a conversar piano con lui concitatamente).

PALMA

(a Salvo, che mostra di non ascoltarla) Come se l’avesse invitata lui, capisci? (E viene accanto a Flavio e Veniero, che si tengono presso l’uscio a sinistra).

FLAVIO

(a Palma con un sorriso) Mi spiegherai poi...

PALMA

Ma sì! È da ridere veramente!

VENIERO

Una nonna in ottimo stato di conservazione!

[40]

PALMA

Impagabile! Dovreste scritturarla per la vostra casa cinematografica!... (A Flavio): Ti spiegherò poi....

FLAVIO

Ma bisogna, cara, che tu ti sbrighi....

PALMA

Sì, ecco, subito... Ma portateveli di là... (A Bongiani): Fate, fate la proposta anche al figlio... (Poi, forte, conducendoli davanti alla Barbetti): Ecco, vi presento alla nonna: Il marchese Flavio Gualdi, mio marito; il conte Veniero Bongiani. (Rivolgendosi a Carletto) Il signor... Carlo, è vero?

CARLETTO

Carletto, sì....

PALMA

Zio Carletto! Ah; non credevo proprio che dovesse toccarmi di far questa parte in abito da sposa! Con permesso. Vado subito a levarmelo... Voi andate, andate di là....

Palma, via per l’uscio a destra.

LA BARBETTI

(le grida dietro) Cara!... Cara!... (Poi, voltandosi a Flavio e avviandosi verso l’uscio a sinistra) Ah, sono proprio felice!....

FLAVIO

(cedendole il passo, davanti all’uscio) Prego... (Ed esce dopo la Barbetti).

[41]

VENIERO

(c. s.; a Carletto) Prego....

CARLETTO

(tirandosi indietro) Ah, non permetto... (mostrandogli l’uscio) Prego....

VENIERO

(passando avanti) È giusto... Lei è quasi di casa....

Via per l’uscio a sinistra anche Veniero e Carletto.

LORI

(seguitando a voce alta il discorso col Manfroni, appassionatamente) Posso ritrarmi da qualunque sentimento! Da questo, no! no! perchè non vivo d’altro, tu lo sai!

SALVO

(concitato, quasi tra sè) È incredibile! incredibile! (Poi, aggressivo, rapidamente): Va bene; persisti in codesta fissazione; ma accorgiti almeno della pena che fai a chi ti vede intestato così, e vorrebbe cacciarti dal ridicolo in cui ti metti da te stesso!

LORI

Dal ridicolo? Ti pare ridicolo?

SALVO

Ma sì, caro mio, perchè esageri, esageri maledettamente! E giusto ora che Palma si libera e ti libera, santo Dio, potevi farne a meno!

[42]

LORI

Non ho potuto.

SALVO

Lo capisco! Ma perchè appunto ti sei fissato nella dimostrazione d’un sentimento che... sì, va benissimo, è servito finora a scusar tante cose, il tuo appartarti dalle cure che avresti dovuto darti di Palma...

LORI

Perchè c’eri tu...

SALVO

(seguitando) Benissimo; io che m’affezionai alla bambina nel vederla trascurata...

LORI

(protestando) Ma no!

SALVO

(per troncare, irritato) Oh Dio mio, dico per gli altri, adesso!

LORI

(come se guardasse lontano, nel tempo) Eh lo so, che doveva apparir così...

SALVO

(con fastidio) Ma nient’affatto, perchè è apparso invece anche troppo, che il tuo lutto ti escludeva da quegli svaghi, che avresti dovuto procurare alla figliuola. (Con forza, esasperatamente) Ma ora, basta! Ora, basta! È finita! Lei se ne va! [43] Tutto codesto sdegno per la comparsa di quella megera, sul punto di partire, potevi risparmiartelo!

LORI

(con penoso sdegno, quasi avvilito): Con l’accoglienza che le ha fatto lei?

SALVO

(più che mai irritato). Che accoglienza? Ma non hai visto che se l’è presa a godere, togliendosi con molto spirito dall’impiccio in cui tu l’hai messa con la tua esagerazione?

LORI

Ha accettato sotto i miei occhi il regalo che le han portato...

SALVO

Volevi che lo rifiutasse?

LORI

E la promessa della donazione d’un danaro di cui la madre ebbe schifo!

SALVO

(impressionato) Le ha fatto questa promessa?

LORI

Ma io le gridai in faccia la sua vergogna!

SALVO

(sbalordito) E non capisci... (si nasconde la faccia) Dio mio! non capisci che non dovevi farlo?

[44]

LORI

Perchè? Grazie a Dio, Palma... (si corregge) dico grazie a Dio, grazie a te, Palma non ha bisogno di quel danaro!

SALVO

Ma giusto per questo! (Quasi tra sè) È incredibile!

LORI

Giusto per questo? Perchè?

SALVO

Ma sì! ma sì! Non toccava a te di dirglielo, scusa!

LORI

Perchè non ne ho il diritto?

SALVO

Non l’hai! Non l’hai in nessun modo! Quella donna è ricchissima. E tu non puoi sapere se il marito di Palma...

LORI

Con la dote che tu hai generosamente costituito a sua moglie...

SALVO

Ma lascia andare, chè il danaro non è mai troppo!

LORI

(stupito e dolente) Ah! scusa... non credevo...

[45]

SALVO

Che cosa?

LORI

Non m’aspettavo proprio da te che hai venerato e veneri la memoria di Bernardo Agliani...

SALVO

(scrollandosi, al colmo dell’irritazione, accennando ad avviarsi verso l’uscio a sinistra) Oh! ma fa’ il piacere! È veramente troppo!

Rientra a questo punto, di là, FLAVIO GUALDI.

FLAVIO

Permesso?

SALVO

Vieni, vieni avanti, Flavio!

FLAVIO

(ridendo e alludendo alla Barbetti di là) Ah, è bellissima! bellissima! E il figlio, più bello ancora della madre! S’è ingaggiato davvero, sai? per cachet con Bongiani, che se li sta godendo... Meravigliose!

SALVO

Tu hai capito dunque di che si tratta?

FLAVIO

Ma sì! Una farsa... (Ripigliandosi, serio, con uno sguardo d’intelligenza a Salvo) Oh... naturalmente, ragione di più per... (e fa un gesto con [46] la mano che significa: «per tagliar corto») ça va sans dire...

LORI

Nessuno poteva prevedere che avesse l’impudenza di presentarsi...

SALVO

Hai capito, caro mio, che cosa hai guastato? Una farsa. La farsa che quel vecchio pappagallo lì era venuta a offrirci inaspettatamente... (A Flavio): Ma ti dirò poi qualche cosa... Vado io intanto a farle un certo discorsetto... Vieni, vieni con me...

FLAVIO

Ecco, dico a Palma di far presto...

Salvo, via per l’uscio a sinistra. Flavio s’accosta a quello a destra, picchia e sta in ascolto della voce di Palma.

LORI

Vorrei parlarti anch’io...

FLAVIO

(seccato, freddo) Scusi... (Parlando verso la porta) Sono io, Palma... (Pausa; sta a sentire; poi ridendo): No, no, non voglio entrare... (Pausa c. s.) Ecco, sì, perchè è tardi... (Pausa c. s.) Ma lascia fare alla signorina; tu spicciati!... (Pausa c. s.) Sì, penso io... penso io... (E s’avvia di fretta verso l’uscio di fondo).

LORI

Vorrei dirti...

[47]

FLAVIO

Scusi, non ho tempo... (Lo pianta e via)

Il Lori resta come raggelato dallo sprezzo patente del Gualdi. Egli non può supporre, che nessuno creda al suo sentimento; suppone invece che tutti n’abbiano fastidio e non abbian per lui nessuna considerazione, poichè la figlia, per la protezione e le aderenze del Manfroni, uscendo dalla sua casa modesta, entra ora col marito nel gran mondo. Rimane avvilito a guardare innanzi a sè, in una lunga pausa. Finchè s’apre l’uscio a destra e la SIGNORINA CEI si sporge e mette fuori borse, borsette, cappelliere, che il CAMERIERE sopravvenuto dall’uscio in fondo, man mano porta via.

SIGNORINA CEI

(porgendo al Cameriere) Ecco, Giovanni... E questo! Attento a questo!... No no, a poco per volta...

Dallo stesso uscio a destra entra infine PALMA in un ricco abito da viaggio; nell’atto di calzarsi i guanti.

PALMA

(alla signorina Cei) Mi farà il piacere, Gina, di raccomandare che non sbaglino tra la roba da spedire come bagaglio e quella da portare nello scompartimento.

SIGNORINA CEI

Ah, non dubiti. Andrà Giovanni stesso...

CAMERIERE

Sì, signora. Vado io. Non ci pensi...

PALMA

(a Lori) Tu vieni con noi alla stazione?

[48]

LORI

Sì, certo...

PALMA

(alla signorina Cei che sta per andarsene per l’uscio in fondo) Aspetti, Gina... Lei va via di qua ora stesso, è vero?

SIGNORINA CEI

Se il signor Commendatore non ha bisogno di me...

LORI

No, no, grazie... Per me...

PALMA

Chi resta qui?

SIGNORINA CEI

Ma... non so... C’è la donna di servizio...

LORI

Non importa... non importa... Senti, Palma...

PALMA

Abbi pazienza, vorrei dare a Gina certi ordini...

LORI

Fai, fai...

PALMA

(alla signorina Cei) Lei sarà di ritorno prima della fine del mese?

[49]

SIGNORINA CEI

Potrei, se vuole, anche prima...

PALMA

No, no, basterà. Del resto, le scriverò...

SIGNORINA CEI

Non dubiti che al suo arrivo sarà tutto pronto, come lei m’ha detto.

PALMA

Quello stipetto, mi raccomando! (A Lori) E penserai tu, poi, per gli ori della mamma.

LORI

Te li ho già messi da parte.

SIGNORINA CEI

Verrò io a ritirarli, al mio ritorno.

PALMA

Sta bene. E allora, a rivederla, Gina. Mi dia un bacio.

SIGNORINA CEI

Buon viaggio! E le rinnovo tutti i miei auguri.

PALMA

Grazie! Ma la saluterò ancora prima di partire.

La signorina Cei, via per l’uscio in fondo.

LORI

Non vorrei, Palma, che questo spiacevole incidente...

[50]

PALMA

Ma no, basta, non ne parliamo più! (Alludendo alla nonna) È ancora di là?

LORI

Sì, credo...

PALMA

Sarà ora d’andare...

LORI

Aspetta un momento... Devo dirti una cosa che mi sta a cuore sopra tutto.

PALMA

Oh Dio mio, ma perchè? Avrei capito prima! Ma ora?

LORI

No, ora, ora che te ne vai, figliuola mia...

PALMA

Ma se non ce n’è più bisogno, proprio!

LORI

Come! Vuoi che non ti dica, prima che te ne vada via per sempre da questa casa, ciò che è stato ed è ancora il mio più segreto dolore?

PALMA

(piano, con insofferenza, ma pur sentendo la necessità di venire a un discorso che è spinosissimo toccare e che perciò sarebbe stato meglio sfuggire): Ma sì, io lo so...

[51]

LORI

Lo sai?

PALMA

(c. s.) Sì, lo so. E perciò mi pare inutile, scusa, che me ne parli adesso...

LORI

Non è inutile, perchè vedo che non hai indovinato, che prezzo diverso da quello che ha avuto per te, ha avuto per me la parte che mi sono assunta (resta un po’ sospeso, e aggiunge con molta pena) di padre trascurato.

PALMA

Ma mi sembra che ora...

LORI

Lasciami dire! Per me, tutto questo, si riferisce a cose lontane, che tu non puoi sapere, perchè eri allora bambina. Voglio che le sappia, prima che tu vada via.

PALMA

(con un sospiro, non nascondendo l’impazienza, ma rassegnandosi) Ebbene, allora! di’, di’...

LORI

Codesto tuo modo di trattarmi...

PALMA

Ma no, scusa...

[52]

LORI

Lasciami dire! Non te ne fo rimprovero. Codesto tuo modo di trattarmi, sì, è vero, dà ragione ora a tua madre contro di me, doppiamente...

PALMA

Mi parli ancora della mamma?

LORI

(con forza) Sì! Perchè previde questo!

PALMA

(un po’ stordita dal tono assunto da lui) Che cosa?

LORI

(s’arresta, pentito, e non risponde, perchè dovrebbe dirle: «che tu non avresti più avuto per me nessuna considerazione». Poi dice, con dolcezza triste): Non voglio fàrtene un rimprovero, ripeto! Sento solo il bisogno di dirti che ho voluto acquistarmi il diritto di dar torto a lei, che non voleva, non voleva assolutamente...

PALMA

Che cosa, non voleva?

LORI

Ma che Salvo Manfroni stèsse qua, troppo attorno a te.

PALMA

Ebbene?

[53]

LORI

Ho voluto acquistarmelo, dicevo, questo diritto di non riconoscere almeno le ragioni di lei, a costo d’una lunga sofferenza che tu — (non dirmi di no, perchè è chiaro) — non hai, non hai indovinato, non hai supposto, e non supponi ancora in me.

PALMA

Ma chi te lo dice, Dio mio?

LORI

Ecco. Il tono stesso con cui me lo domandi.

PALMA

No, scusa, questo tono è appunto perchè la conosco, e la conosco bene, codesta tua sofferenza, su cui è edificata, vuoi dirmi questo? la mia fortuna. Oh! e vuoi che non lo sappia, scusa?

LORI

Saperlo, non dovrebbe voler dire il fastidio che ne mostri.

PALMA

Ma non è fastidio; è che proprio non vedo più la ragione, scusa, per cui vuoi ricordarmela anche adesso, quando ha già finito di pesar tanto, credi, su te, su me, su tutti... Ecco: il tuo torto è questo, permetti che te lo dica, poichè mi costringi!

LORI

Mi son tenuto tanto da parte...

PALMA

Troppo per un verso, troppo poco per un altro!

[54]

LORI

Cioè?

PALMA

Ma non ti pajono inutili adesso codeste recriminazioni? Via! via!

Rientrano dall’uscio a sinistra SALVO MANFRONI e FLAVIO GUALDI.

FLAVIO

(impaziente) Su, Palma, è tempo d’andare...

PALMA

Eccomi pronta, sì. Andiamo, andiamo... (fa per avviarsi con Flavio)

SALVO

Aspettate un momento. (Al Lori): Senti: è meglio che Palma si licenzii qua da te.

LORI

(restando) Perchè? La accompagno alla stazione...

SALVO

No...

FLAVIO

Per quei due là... (accenna alla sala, dove sono la nonna e Carletto)

SALVO

Se vieni tu, capisci, verranno anche loro, e...

[55]

FLAVIO

Ci sarà mia sorella; ci saranno gli amici...

PALMA

(subito) Ah, no! È meglio qua, è meglio qua, allora...

LORI

Ma quei due si possono mandar via!

FLAVIO

Abbiamo già detto così...

SALVO

Che saresti rimasto anche tu. Si disponevano a venire!

PALMA

Pazienza, via! Licenziamoci qua!

LORI

(raggelato, aprendo le braccia) Pazienza...

PALMA

E allora, addio, eh? (Lo abbraccia senza effusione d’affetto)

LORI

(dopo averla baciata in fronte): Addio figliuola mia. Così all’improvviso... Vorrei dirti tante cose; non so dirti nulla... Sii felice...

SALVO

Andiamo, su, andiamo...

[56]

LORI

(a Flavio che gli porge la mano) Addio anche a te, e...

FLAVIO

Scusi. (Si volge a Palma) Vai, Palma, vai a licenziarti intanto di là...

PALMA

Sì, eccomi, eccomi (Via, per l’uscio a sinistra)

FLAVIO

(a Lori) Diceva?

LORI

(freddo, triste) Niente. T’ho salutato...

FLAVIO

Ah, bene. L’ho salutato anch’io. Possiamo dunque andare...

SALVO

Sì, andiamo! (A Lori, prima d’uscire dall’uscio a sinistra) Noi ci vediamo.

Via Flavio e Salvo. Il Lori resta assorto per lungo tratto nella sua gelida delusione, finchè dall’uscio a sinistra non rientrano in iscena LA BARBETTI e CARLETTO, in silenzio, l’una ingrugnata e l’altro come una marionetta smontata, cascante di noja.

LA BARBETTI

Eh, dico... una bella fortuna maritare una figliuola con un marchese...

[57]

CARLETTO

Mi piace che lui, tante storie per la nostra venuta, e poi...

LORI

E poi? Sono rimasto qua, appunto per la vostra venuta!

LA BARBETTI

Già! Ma vostra figlia...

LORI

Mi ha impedito di fare lo scandalo di cacciarvi via in presenza di suo marito!

CARLETTO

Il quale ci ha accolto con tanta cortesia...

LA BARBETTI

(subito, a rincalzo) E benevolenza!

CARLETTO

Insieme con quel suo amico.

LA BARBETTI

E anche Salvo Manfroni, hai visto come mi ha parlato?

CARLETTO

Ma di quello non ti fidare, mammà!

LA BARBETTI

Io non so! Un padre... capisco, sacrificarsi per il bene della propria figlia... ma farsi poi sostituire così...

[58]

LORI

(contenendo a stento un fremito d’ira) Io vi prego d’andarvene via!

CARLETTO

Subito! Ecco... ce n’andiamo da noi senza bisogno d’esser pregati.

LA BARBETTI

Ma in casa di vostra figlia, tra me e voi, sarò accolta meglio io che voi...

CARLETTO

Andiamo, andiamo, mammà! Lascialo perdere!

LA BARBETTI

Di dove si esce?

CARLETTO

(indicando l’uscio a sinistra) Di qua, passa!

LA BARBETTI

(uscendo) Ma guarda che uomo!

CARLETTO

(uscendo) Lascialo perdere...

Prima che la Barbetti e Carletto escano, entra dall’uscio in fondo la SIGNORINA CEI col cappellino in capo e una borsetta in mano, pronta per andar via.

SIGNORINA CEI

(al Lori) Vuole che li accompagni?

[59]

LORI

(con sdegno) No, lasci!

SIGNORINA CEI

(dopo avere atteso un po’) E allora, signor Commendatore, se non ha proprio bisogno di me...

LORI

No, grazie. Vada pure...

SIGNORINA CEI

Se mi permette, poichè tutti questi fiori rimangono qui...

LORI

(come se li vedesse soltanto ora) Ah, già! Bisogna pensarci... Mi rimane così la casa, tutta piena di fiori...

SIGNORINA CEI

Già... Le possono anche far male...

LORI

Me li ha lasciati qui...

SIGNORINA CEI

Peccato! Ce n’è di così belli...

LORI

Prenda, prenda pure, tutti quelli che vuole...

SIGNORINA CEI

Grazie, ne prenderò un po’, di questi... (si accosta a una cesta di fiori)

[60]

LORI

Non pensa lei che per un padre nessun sacrifizio possa esser di troppo, quando si tratti di fare il bene della propria figliuola?

SIGNORINA CEI

Eh, per un padre come lei, signor commendatore.... Guardi, che rose! (gliele mostra nella cesta, da cui sta per prenderle) Guardi!...

LORI

Belle, sì. Prenda... Vorrei prenderne anch’io... (guarda l’orologio)

SIGNORINA CEI

(triste, alludendo alla sua visita consueta al cimitero) Vuole andare anche oggi?

LORI

Non mi han lasciato andare alla stazione, per via di quei due là; andrò a portarle un po’ di questi fiori della figlia e a dire anche a lei che non voleva, le mie ragioni.

TELA

[61]

ATTO SECONDO

[62]

SCENA

Ricco salone in casa Gualdi. In fondo, il tetto ha una impalcatura più bassa, in legno, sostenuta da mensole. E sono in questa parete di fondo due usci vetrati, di piccoli e spessi vetri opachi, impiombati: da quello a destra si scende nel giardino; l’altro dà nell’interno della casa. Tra i due usci è il camino, che si scorge appena, perchè ha davanti, con la spalliera voltata verso il pubblico, un divano, di modo che tra esso e il camino che gli sta dirimpetto, sia come un salotto a parte, più intimo, raccolto attorno al fuoco. Accostato alla spalliera del divano è un tavolino a sei piedi, antico, su cui è un magnifico vaso di fiori. Di qua e di là del tavolino, due lumi d’alto fusto, uguali, con ampio paralume di seta, e sedie e sgabelli volti verso il proscenio. Sono nella parete a destra, la comune e una finestra. Nella parete di sinistra due altri usci a vetri: quello più vicino alla ribalta dà nella sala da pranzo; l’altro, in quella del bigliardo. Sul davanti della scena, verso la comune, cioè a destra, è una tavola ottagonale, con qualche rivista illustrata, qualche vaso e altri soprammobili; una grande poltrona di cuojo, con dietro un altro lume a fusto, come i primi due, e seggiole di stile con molti cuscini. I rimanenti mobili del salone, disposti tra la comune e la finestra, e tra i due usci di sinistra, siano di ricca e sobria eleganza, quali s’addicono alla signorilità e al buon gusto di chi abita la casa. Il salone è splendidamente illuminato.

[63]

Al levarsi della tela, la scena è vuota. Poco dopo dall’uscio a vetri di fondo, che dà sul giardino, entrano, di ritorno dal passeggio PALMA e SALVO MANFRONI seguiti dal CAMERIERE, a cui il Manfroni dà il cappello e il soprabito. Il cameriere va via subito per la comune; mentre gli altri due seguitano il discorso già incominciato, scendendo dall’automobile in giardino.

SALVO

(mentre il cameriere gli toglie il soprabito) Sì, sì... Ma c’è sempre modo, credi (il cameriere va via), c’è sempre modo di dare agli altri una stima di sè, che li accresca ai loro stessi occhi...

PALMA

(subito, mentre si sfila i guanti) E li renda insoffribilmente presuntuosi!

SALVO

No, cara, e che nello stesso tempo, al contrario, riesca di vantaggio anche a noi.

PALMA

Ma io noto ormai tante cose!

SALVO

Tu non noti niente. Sta’ bene attenta. Egli [64] (allude al marito) ti parla. Tu senti che sono parole, dette così per dire...

PALMA

Ma sì, sciocche, senza nessuna realtà!

SALVO

Bene. Nell’accoglierle, tu mostra che l’abbiano...

PALMA

Ma come? Se non ne hanno!

SALVO

Oh bella! Ma dandogliela tu, mettendocela dentro tu, una realtà, quella che ti conviene, ma come se invece — capisci? — ce l’avesse messa lui, che sarà felicissimo, credi, di vedere le sue parole «consistere» in qualche modo. Tu te lo farai così, a poco a poco, a modo tuo; ma lasciandogli l’illusione ch’egli sia invece sempre a modo suo. Mi sono spiegato?

PALMA

Non è facile!

SALVO

Eh, lo so. Non ti sto mica dicendo che è facile. Ma credi a me, che bisogna far così nella vita.

PALMA

Ci vuole una pazienza!

SALVO

Ah sì, cara. Sopra tutto, pazienza. (Poi, pianissimo) E non con tuo marito soltanto, qua dentro.

[65]

PALMA

(lo guarda un po’, poi domanda): Vuoi dire con Gina?

SALVO

Mi pare che abbia un musino di volpe quella signorina!

PALMA

Le si è scoperto adesso, da che ha finito di servire nell’altra casa.

SALVO

Ti sei accorta anche tu del cambiamento?

PALMA

È sempre inappuntabile; bada!

SALVO

Ma è rimasta molto amica di là...

PALMA

Eppure sa, Dio mio...

SALVO

Zitta. Eccola!

Entra dal secondo uscio di fondo la SIGNORINA CEI, che s’accosta a Palma, per liberarla del cappello e della mantiglia.

SIGNORINA CEI

Vuole, signora marchesa...?

SALVO

Oh, buona sera, signorina.

[66]

SIGNORINA CEI

Buona sera, signor senatore.

PALMA

No, grazie, Gina. Vado io di là un momento. (A Salvo) Con permesso.

SALVO

Fai, fai. Ma credo che più tardi ti toccherà uscir di nuovo, per tua suocera.

PALMA

Dio, che seccatura! Ancora?

SALVO

Le ha ripreso la febbre.

SIGNORINA CEI

Sì, signora! Ha mandato ad avvertirlo.

SALVO

(con premura, alla signorina Cei) Ma niente di grave!

SIGNORINA CEI

Al solito...

SALVO

(a Palma) Bisogna che tu vada...

PALMA

Sopra tutto, pazienza.

Palma, via per il secondo uscio di fondo. Salvo è presso la tavola ottagonale, prende una rivista illustrata, la sfoglia, in piedi.

[67]

SALVO

Cara signorina, io vorrei stare un po’ alla sua scuola.

SIGNORINA CEI

Lei, signor senatore? Ma che dice!

SALVO

(senza guardarla, seguitando a sfogliar la rivista) Ammiro i suoi occhi.

SIGNORINA CEI

Ah sì? Non credo poi che siano così belli....

SALVO

Sono belli. Ma oltre che per questo, li ammiro perchè sono dotti.

SIGNORINA CEI

Dotti?

SALVO

Dotti vuol dire attenti. Ma attenti senza parere.

SIGNORINA CEI

I miei occhi le sembrano attenti?

SALVO

No. Appunto. Non sembrano affatto. Ma sono attenti. E io vorrei, le dico, imparare da essi.

SIGNORINA CEI

Imparare che cosa?

[68]

SALVO

Ecco: a domandar così, per esempio, fingendo di non capir che cosa, mentre lei ha capito benissimo.

SIGNORINA CEI

(quasi sfidandolo) Ah, dunque l’arte di far le viste di non capire?

SALVO

(non risponde lì per lì, come se fosse intento a leggere nella rivista; ma poi nega col dito, e dopo una breve pausa, soggiunge): Questa è un’arte più facile. Basta simular l’ignoranza. Ce n’è un’altra più difficile: quella di non far le viste di capire, quando gli altri si siano accorti che noi invece abbiamo capito benissimo (per attenuare ciò che ha detto, fingendo di non dargli importanza) oh, una cosa del resto, che già capiscono tutti....

SIGNORINA CEI

Sì? E allora!

SALVO

Ah, s’inganna. Ci vuole allora una naturalezza, che è assai più difficile a simulare di quella finta ignoranza, che nessuno ci chiede e che ci farebbe apparir sciocchi.

SIGNORINA CEI

Sarà. Forse però può non essere un’arte, signor senatore.

SALVO

No? E che, dunque?

[69]

SIGNORINA CEI

Mah! Una necessità penosa....

SALVO

Eh, cara signorina, forse s’impara bene, solo quando sia una necessità!

Entrano a questo punto, in abito da sera, FLAVIO GUALDI e VENIERO BONGIANI, dalla comune.

FLAVIO

Ah, eccolo qua!

SALVO

Sono già qua da un pezzo.

La signorina Cei, via per il secondo uscio di fondo.

VENIERO

Illustre senatore, le mie più vive congratulazioni.

SALVO

Grazie, caro Bongiani.

FLAVIO

(a Salvo) Scusa, corrispondente o effettivo?

SALVO

(come uno che non ne possa più) Ma sì, effettivo, effettivo!

VENIERO

D’un’accademia straniera, e poi di quella! I socii corrispondenti saran parecchi; gli effettivi, uno o due. Ma mi levi un dubbio, senatore....

[70]

SALVO

(c. s.) No no, Bongiani, per carità, non me ne parli!

VENIERO

No, scusi; a proposito di codesta nuova onorificenza....

FLAVIO

Ecco, già; si discuteva al circolo, se era proprio necessario che tu attribuissi il merito....

VENIERO

In parte....

FLAVIO

In parte, s’intende! il merito della tua scoperta scientifica a Bernardo Agliani.

VENIERO

Se la scoperta, dicevano, è totalmente sua! (Tutto questo discorso sarà fatto con leggerezza, senza dar quasi importanza alla cosa).

SALVO

È chiaro che i vostri amici del circolo non hanno mai veduto, neppur da lontano, il mio libro.

VENIERO

Ah, questo è positivo!

FLAVIO

Perchè nel tuo libro è detto....?

SALVO

Ragazzi miei, appunto perchè nell’introduzione di esso mi son fatto scrupolo d’attribuire a Bernardo [71] Agliani qualche merito, tutti ora dicono che avrei potuto farne a meno. Se non l’avessi fatto....

VENIERO

Avrebbero detto il contrario?

FLAVIO

Gl’incompetenti!

SALVO

No, i competenti, anzi! pur sapendo bene che nelle carte di Bernardo Agliani non c’è nulla che lasci neppur lontanamente balenar l’idea della scoperta, e che egli poneva lì, per altri fini, certi suoi problemi di fisica.... Ma lasciamo andare! (Cambiando tono, come se il discorso si facesse soltanto ora serio e interessante) Dite, dite: la scissione, dunque, è proprio avvenuta?

FLAVIO

Ma che! Una pagliacciata!

VENIERO

Si risolverà per tutti quanti in una doppia spesa, d’ora in poi!

FLAVIO

Siamo andati a iscriverci socii anche del nuovo circolo!

SALVO

Ah sì? (ride).

VENIERO

In massa! Un’invasione!

[72]

FLAVIO

E questa sera si farà l’inaugurazione!

VENIERO

Lei senatore, verrà con noi?

SALVO

Voi siete matti!

FLAVIO

Ah no! Verrai con noi!

VENIERO

L’abbiamo promesso!

FLAVIO

Figurati se puoi mancare!

SALVO

Io, cari miei, me ne resto qua (siede, o meglio, si sdraja beatamente sull’ampia poltrona di cuojo presso la tavola ottagonale) qua, come ogni sera!

FLAVIO

Che! che! Ti strapperemo a viva forza!

SALVO

Mi strapperete? Se sapeste a qual prezzo me la sono guadagnata questa poltrona!

FLAVIO

Ma via! Per una sera!

[73]

SALVO

Non mi par l’ora, ogni sera, che Giovanni, dopo cena, venga a girar la chiavetta della luce e mi lasci, quasi al bujo...

VENIERO

No, senta: lei non ci farà questo tradimento!

FLAVIO

Del resto, non ci sarà neanche Palma stasera...

Rientra dal secondo uscio di fondo PALMA.

PALMA

Parlate di me?

VENIERO

Buona sera; marchesa.

PALMA

Buona sera, Bongiani. Che cos’è?

VENIERO

Persuadetelo voi per carità a venir con noi all’inaugurazione del nuovo circolo!

PALMA

Ah, si farà poi stasera?

FLAVIO

(a Salvo) Vedrai che ti persuaderà lei!

SALVO

Non mi persuaderà nessuno!

[74]

FLAVIO

Perchè, Palma, a te toccherà d’andar di nuovo dalla mamma.

PALMA

Ma è proprio necessario?

SALVO

No, no, tu andrai, tu andrai...

FLAVIO

Ci son passato adesso e le ho promesso che saresti andata. Non c’è mica bisogno che ti trattenga a lungo.

SALVO

Ecco. Un’oretta! E io t’aspetterò qua, senza rinunziare alla mia delizia consueta!

FLAVIO

Mi fai rabbia, senti!

VENIERO

Ma vedrai che verrà!

SALVO

Non verrò!

PALMA

Ma sì! Lasciatelo stare!

VENIERO

Non possiamo! Non possiamo!

[75]

FLAVIO

Capisci che non ci faranno entrare, se ci presentiamo senza di lui?

SALVO

E voi non andate!

PALMA

Un bell’egoismo, dico! Mi toccherà prima andar là...

FLAVIO

Oh Dio mio, una visitina...

PALMA

No, scusa. Se non debbo trovar qui, al ritorno, neanche lui, tanto vale allora che mi trattenga tutta la serata. Mentre voi andate a divertirvi!

SALVO

Stai sicura, cara, stai sicura che mi lascerai qua, e mi ritroverai qua.

A questo punto, MARTINO LORI dalla comune, domanda:

LORI

Permesso?

Tutti hanno un gesto e un moto di fastidio.

FLAVIO

(piano, sbuffando) Oh Dio!

E la conversazione cade subito, mentre il Lori si fa avanti, con esitazione, tra la freddezza generale.

[76]

LORI

Buona sera. Disturbo?

PALMA

No, per nulla.

SALVO

Vieni, vieni avanti... Non mi alzo...

LORI

(appressandosi a Flavio, che ha tratto in disparte Veniero per parlare con lui) Buona sera, Flavio...

FLAVIO

(voltandosi appena) Ah, scusi. Buona sera.

VENIERO

Caro commendatore... (gli stringe la mano)

PALMA

(A Lori) Vieni a sedere...

SALVO

Qua, qua accanto a me, Martino.

FLAVIO

(piano a Veniero) Ma sì, è una fortuna! Vedrai che adesso verrà con noi! (E s’avviano tutti e due per il secondo uscio a sinistra)

SALVO

Dove andate adesso voialtri?

[77]

FLAVIO

Qua al bigliardo un momento.

PALMA

Saremo subito a cena.

FLAVIO

Vieni, vieni anche tu, Palma, senti...

PALMA

Che cos’è?

FLAVIO

Dobbiamo dirti una cosa... Vieni...

PALMA

Con permesso...

Flavio, Veniero e Palma, via per il secondo uscio a sinistra.

SALVO

(con un sospiro di stanchezza, rimanendo sdrajato sulla poltrona) Ebbene, mio caro vecchio amico?

LORI

(impicciato, mortificato, angosciato, dice per non parere, con un risolino): Eccoci qua... (Poi): Stavate a dire forse qualche cosa che non debbo sapere?

SALVO

No, no, niente. Hanno stasera l’inaugurazione d’un nuovo circolo, e complottano contro di me, [78] che mi son messo a riposo. Come te. Tu, dal Consiglio di Stato; io da tutte le noje mondane, amico mio.

LORI

Anche da queste?

SALVO

Da tutte, da tutte...

LORI

(con rincrescimento sincero e affettuoso) È male, per te. Tu che potresti avere ciò che vuoi...

SALVO

Ah, grazie tante, caro amico. Ne ho già fino alla gola. Per aver qualche cosa, devi dare, dare, dare. Se ti fai il conto poi di quello che hai dato e di quello che hai avuto...

LORI

Certo, sì. Ma appunto per questo io credo, che non si debba calcolare per se stesso il valore di quel poco che s’ottiene...

SALVO

E come vorresti calcolarlo?

LORI

In rapporto a ciò che s’è dato.

SALVO

E non dico questo io? Tira le somme, è un fallimento!

[79]

LORI

No, scusa. Per modo, io dico, che a quel poco che si ottiene il valore per noi venga da quanto abbiamo dato. Guaj se per me almeno non fosse così!

SALVO

(seccato da questo richiamo a sè che fa il Lori) Ah, ho capito. Tu parli d’altro adesso.

LORI

È un dare e avere anche questo.

SALVO

Un padre dà sempre tutto!

LORI

E più poco di così... (Vorrebbe aggiungere: «non avrei potuto ottenere» ma il Salvo non gliene lascia il tempo)

SALVO

(interrompendo, con sgarbo, per cangiar discorso) Di’ un po’, di’ un po’, hai liquidato, spero, il massimo della pensione?

LORI

(ferito) Che... che intendi dire?

SALVO

(con indifferenza) Niente. Domando.

LORI

(c. s. e frenando appena l’ansia e l’angoscia che prorompono a mano a mano con foga incalzante, [80] quanto più Salvo Manfroni cerca d’arrestarle con le sue domande e le sue risposte in diverso tono) Tu non facesti mai pesare su me, finora, il tuo grado, la tua dignità...

SALVO

Ma che dici?

LORI

Mi hai trattato sempre con la massima confidenza...

SALVO

Certo...

LORI

Con cordialità.

SALVO

Ma sì...

LORI

Fino a darmi e a farti dare del tu, quando questo poteva impacciarmi, perchè trattando con te io ho veduto sempre nell’amico il superiore.

SALVO

Ma, santo Dio, che discorso mi stai facendo?

LORI

No, no... Lasciami dire! Io soffoco dall’angoscia...

SALVO

Ma perchè?

[81]

LORI

Mi domandi perchè? È il modo di trattarmi questo?

SALVO

Ma io sto parlando con te...

LORI

Non dico tu; tutti, qua... Capisco che a lui la moglie è venuta più dalle tue mani che dalle mie...

SALVO

Ma questo, scusa...

LORI

Lo so; dalle mie mani non se la sarebbe presa. C’è troppa disparità di condizione; anche di carattere, d’educazione...

SALVO

Dovevi prevederlo!

LORI

Ma sì, ma sì, è naturale, non può aver piacere di vedermi. Mi respinge!

SALVO

Ma no...

LORI

Se proprio non mi respinge, m’allontana col suo tratto.

SALVO

Scusa, scusa, dovresti capire...

[82]

LORI

Che i miei modi, forse sono stati troppo semplici, prima; e che ora sono forse troppo circospetti?

SALVO

(non potendone più) Ma è tutto un modo di agire, il tuo, abbi pazienza, anche di fronte a me...

LORI

(stupito) Il mio?

SALVO

Parliamoci chiaro, amico mio! Certe situazioni s’accettano o non s’accettano, fin da principio. Quando si sono accettate, bisogna sapersi rassegnare; risparmiarsi inutili dispiaceri e risparmiarli anche agli altri.

LORI

Ma se mi sono astenuto e m’astengo quanto più posso dal venire...

SALVO

E ti sembra necessario?

LORI

(c. s.) Che cosa? Venire?

SALVO

Certe volte, con codesta faccia che fai, mi sembra che provi gusto a sconcertarmi. Venire! Nessuno t’ha detto finora di non venire. Vieni, ma con un’aria, con un tono più conveniente, ormai, [83] che renda anche agli altri più agevole il trattare con te...

LORI

Ma mi sembra che io...

SALVO

Tu l’hai presa male fin dal primo principio, te l’ho già detto... e non ci vedo più rimedio ormai! Sarebbe, credi, un gran sollievo per tutti, anche per te, se tu trovassi qualche altro modo... Dico capisci, per il rispetto di te stesso, che preme anche a me di salvare; e non da ora, tu lo sai!

LORI

Sono rimasto solo... Avevo almeno prima il conforto dell’amicizia, di cui per tanti anni tu, venendo ogni giorno a casa mia, avrei voluto onorarmi...

SALVO

Ma mi sembra naturale, scusa, dopo tutto quello che ho fatto, che ora io venga qua!

LORI

Sì, ma... almeno, dico, per l’apparenza... È troppo, via, che anche di fronte a un estraneo io debba essere accolto così...

SALVO

Bongiani è un amico intimo. Caro mio, bisogna valutar bene le cause, per rendersi conto degli effetti. E tu non puoi, perchè non ti vedi. Ti vedo io, e t’assicuro che provochi questa reazione. Capisco, capisco che a chi non sappia nulla, debba o possa apparir troppo. Ma Bongiani sa, ciò che [84] sanno tutti; ciò che, santo Dio, sai anche tu... E perciò ti dico di smettere, di cambiare, come sono cambiate le condizioni...

LORI

E come potrei cambiare?

Entra dal primo uscio a sinistra la SIGNORINA CEI.

SIGNORINA CEI

Ecco, vanno già a tavola, signor senatore.

Dal secondo uscio a destra, vengono fuori PALMA, FLAVIO e VENIERO.

FLAVIO

Subito, subito, Salvo! Bisogna far presto!

SALVO

Eccomi, sì, vengo. (E s’avvia verso l’uscio con Flavio e Bongiani)

PALMA

(a Lori) Se vuoi passar di là anche tu... (indica l’uscio della sala da pranzo)

LORI

No, rimango qua...

PALMA

Tu ceni sempre tardi, al solito?

LORI

Sì, tardi...

[85]

FLAVIO

(entrando con Salvo e Veniero nella sala da pranzo) Su, Palma!

PALMA

Eccomi... Rimane qua lei, Gina?

SIGNORINA CEI

Rimango io, sì...

Palma, via con gli altri per il primo uscio a sinistra. Durante la scena seguente si sentiranno a tratti le voci confuse, le risa, l’acciottolìo dei piatti, ecc. dei quattro di là a cena.

LORI

Ma non s’incomodi per me, se ha da fare...

SIGNORINA CEI

No, non ho niente da fare...

LORI

Mi trattengo ancora un poco, perchè vorrei parlare con Palma.

SIGNORINA CEI

(come per proporre un soggetto di conversazione aliena) Ha saputo, commendatore, della nuova onorificenza al signor senatore?

LORI

(sovvenendosi e rammaricandosi della propria dimenticanza) Ah, già! Ho letto la notizia nei giornali... E mi son dimenticato...

[86]

SIGNORINA CEI

(piano, come a spegner subito quel rammarico) Lei dovrebbe custodire più gelosamente un certo fascio d’appunti, che sono nella sua scrivania...

LORI

(di scatto, voltandosi, con uno stupore tra iroso e atterrito) Come lo sa?

SIGNORINA CEI

(fredda, placida) Si ricorda quel giorno che venni a trovarla al Consiglio di Stato per domandarle quando sarei potuta venire a ritirare gli ori della sua signora, da lei messi da parte, perchè li portassi qua?

LORI

Sì, ebbene?

SIGNORINA CEI

Lei mi diede la chiave del cassetto della sua scrivania.

LORI

Ah, già! Ma lei allora...?

SIGNORINA CEI

Mi perdoni. Non seppi vincere la curiosità...

LORI

Ma quelli sono gli appunti, il primo abbozzo dell’opera dell’Agliani... Ci avrà capito ben poco...

SIGNORINA CEI

Ho capito tutto, signor commendatore.

[87]

LORI

Ma no... Formule, calcoli...

SIGNORINA CEI

Lessi la nota scritta di suo pugno: «A Silvia perchè di là mi perdoni».

LORI

(con sgomento del segreto scoperto e di tutte le conseguenze disastrose, che possono derivarne per il Manfroni) Ah, quella nota... Provai il bisogno di scusarmi con mia moglie...

SIGNORINA CEI

(subito) D’aver lasciato compiere un delitto?

LORI

(con ansia di correre al riparo e, nello stesso tempo di scusarsi) No! Io ho taciuto... (taglia subito la scusa per se, per aggiungere imperioso): e così voglio che taccia anche lei! (e immediatamente, attenuando, con aria e tono di preghiera) me lo prometta, me lo prometta, signorina!

SIGNORINA CEI

Lei è troppo generoso, signor Lori.

LORI

(incalzando nella preghiera, agitatissimo) No, no! Mi prometta che tacerà, glielo chiedo in nome di ciò che ha più di sacro!

SIGNORINA CEI

(per calmarlo, guardando verso l’uscio della sala da pranzo, inquieta) Glielo prometto. Ma non si faccia scorgere...

[88]

LORI

Ho taciuto, perchè, a parlare, mi sarebbe parso di commettere anch’io a mia volta un delitto contro chi ripagava il male fatto a un morto, già del resto glorioso, col bene che faceva a mia figlia! (Con orgasmo): Avrei dovuto distruggere quegli appunti!

SIGNORINA CEI

Non lo faccia! Non lo faccia! Salvo Manfroni non sa certamente che lei li possiede.

LORI

Li trovai dopo, dopo che egli, morta mia moglie e contro la volontà di lei, s’era prese e portate via con sè tutte le carte del padre.

SIGNORINA CEI

Ah, quelle sì, egli le avrà distrutte!

LORI

Per carità, per carità, entri nel mio sentimento...

SIGNORINA CEI

Sì, signor Lori. Ma egli abusa odiosamente della sua gratitudine, perchè non sa il male che potrebbe venirgli da lei...

LORI

No, nessun male!

SIGNORINA CEI

Eh, lo so, che lei non glielo farebbe! Ma dico che lui e gli altri qua non lo tratterebbero più così, se sapessero che lei possiede quegli appunti...

[89]

LORI

Io li distruggerò!

SIGNORINA CEI

Non lo faccia!

LORI

Creda che glieli avrei io stesso consegnati, se non avessi temuto...

SIGNORINA CEI

Di mortificarlo?

LORI

Eh, più! Lei non sa che cosa è stata per me la scoperta di quegli appunti... non solo perchè ha offeso in me, offuscato tutt’a un tratto la stima, l’ammirazione infinita che avevo per lui; no, no, non per questo soltanto. Lui, in fondo... non lo scuso, no... ma... via, penso che ebbe la debolezza di non saper resistere alla trista tentazione di profittare di tutto quel bene che si trovò ad avere in mano...

SIGNORINA CEI

Ma no, che dice! Ha commesso un’azione...

LORI

Orribile, sì! Ma lo vede? Non ne gode... È così annojato di tutto...

SIGNORINA CEI

Oh, non lo vedo affatto! Almeno qua....

LORI

Ma sì, è così amaro, da tanti anni... Io l’ho conosciuto ben altro! È divenuto sempre più acre... [90] E poi, scusi, non si può dire neppure che si dia vanto...

SIGNORINA CEI

Ostentazione...

LORI

No, no. Per me, la cosa più grave è un’altra. Dico, per ciò che riguarda me; la ragione per cui ho taciuto, pur sentendo che il mio silenzio si faceva complice della frode, davanti a mia moglie morta, così gelosa dell’opera e del nome del padre.

SIGNORINA CEI

Ecco! Non avrebbe dovuto farlo per lei!

LORI

Ma è appunto questo il sentimento, in cui la ho pregata di entrare, per spiegarsi tutto: la mia condotta, i miei modi... Io accetto, veda, accetto come un castigo, come un castigo meritato, il non dover godere di questa vita, di questa fortuna di mia figlia. Mi sono tratto indietro, quanto più ho potuto. Ho caro, quasi, di non essere invitato a parteciparne...

SIGNORINA CEI

Ah, è dunque per questo?

LORI

Sì. Mi parrebbe, veda, di divenir più complice, se ne partecipassi...

SIGNORINA CEI

Sì, capisco.

[91]

LORI

Ho la scusa, in questo castigo e nel trattamento che m’è usato — l’unica scusa — o meglio, l’unico mezzo che mi sia dato per pagare il gravissimo debito verso la memoria della mia compagna. Veda, è questo!

SIGNORINA CEI

Già; ma questo può spiegare perchè lei sia così... così tollerante. Ma non scusa mica loro!

LORI

Sì, è vero. E difatti a me premerebbe, che sapessero salvare un po’ meglio le apparenze, per non suscitare... ecco, in lei per esempio, codesto sdegno...

SIGNORINA CEI

Ma è indignazione, altro che sdegno! Tanto più che sarebbe loro così facile...

LORI

Già, sì... E questo, questo ho detto... sì, sì, a lui, poco fa. Glie l’ho detto! E lo ripeterò ora anche a mia figlia, non dubiti. (Di nuovo, con aria e tono di preghiera): Ma lei, signorina...

SIGNORINA CEI

(subito troncando) Zitto! Si levano di tavola!

Rientra in iscena PALMA, la quale, tenendo i due battenti dell’uscio a vetri, parla rivolta verso l’interno.

PALMA

Sì, subito. Tu dunque resti?

[92]

LA VOCE DI SALVO

Sì, resto! resto!

VOCI DI FLAVIO E DI VENIERO

(insieme e confuse) No, no! Viene con noi! Viene con noi!

LA VOCE DI SALVO

(dominando le altre due) Nient’affatto! Ti dico che resto!

PALMA

E allora sta bene! (Lascia i due battenti e avviandosi di fretta verso il secondo uscio di fondo, dice alla signorina Cei): Vuol venire di qua un momento, Gina?

Via Palma e la signorina Cei per il secondo uscio di fondo. Lori si alza. Rientrano dalla sala da pranzo, conversando tra loro, SALVO, FLAVIO e VENIERO.

SALVO

Ma sì, certo, ci vuole ogni tanto qualcuno che metta un po’ di confusione nell’ordine della gente savia...

VENIERO

Ma no, perchè confusione?

SALVO

Anche confusione, per far vedere che in tutto quell’ordine c’è polvere di vecchiaja! Ma badate che la polvere che leverete, non impedisca anche a voi di veder poi qual ordine nuovo sia da rimettere!

[93]

FLAVIO

Ecco! Benissimo!

SALVO

Caro Bongiani, e quanto alla polvere, non vi illudete: ricadrà sempre, e presto, su codesto vostro ordine nuovo; perchè è del mondo, che è vecchio, questa polvere, (queste parole, quasi cantarellate). E voi vi sciupereste i polmoni a furia di soffiarci su. La solleverete per un po’; tornerà a posarsi su tutte le cose, inevitabilmente. (Accostandosi al Lori e ponendogli una mano sulla spalla) Sei ancora qua?

VENIERO

Ma capirà che con codesta filosofia...

SALVO

No, basta, amico mio. Non ci guastiamo la digestione...

FLAVIO

E allora, andiamo via! Se proprio non vuoi guastartela, scusa... (ammicca furtivamente al Lori, per significare «rimanendo qua, te la guasteresti di sicuro»).

VENIERO

Già! già! Il meglio che le convenga fare, ormai...

SALVO

(come se non udisse, rivolto al Lori) Ma Palma, sai, deve uscire a momenti...

LORI

Tu vai con lei?

[94]

SALVO

Io no!

VENIERO

Verrà con noi, lui; è ormai stabilito!

FLAVIO

Andiamo, su! andiamo!

SALVO

Aspettate, perdio! (A Lori) Tu vuoi parlarle?

LORI

Vorrei dirle una cosa...

SALVO

Ma non avrà tempo, credo...

LORI

Oh, non sarà un lungo discorso...

SALVO

(voltandosi agli altri due) Eh, quasi quasi, allora...

FLAVIO

Ma sì! Andiamo! andiamo! andiamo!

VENIERO

Garantito che si divertirà!

SALVO

Quanto a questo poi! (A Lori) Oh, fammi il piacere di dire a Palma ch’io vado con loro.

[95]

Saluti reciproci, con molta freddezza; e Salvo, Flavio e Veniero escono per la comune. Lori resta un momento come indeciso, e poi siede sulla poltrona di cuojo, su cui ogni sera è solito sedere, dopo cena, Salvo Manfroni. Momento d’attesa. Poco dopo, dall’uscio della sala da pranzo entra il CAMERIERE e smorza il lampadario, lasciando solo accesi i tre lumi a fusto. La luce bisogna che risulti di molto attenuata sulla scena. Il cameriere si ritira subito. Entra alla fine col cappello in capo e una mantella addosso, PALMA dal secondo uscio di fondo.

PALMA

(dirigendosi alla poltrona e sporgendo di sulla spalliera le mani per cingerle al mento di chi sta seduto, dice piano, teneramente) Papà...

LORI

(subito, con slancio, commosso di riconoscenza) Figlia mia!

PALMA

(nello stupore di non trovar lì Salvo Manfroni non riuscendo a frenare un grido, tra di ribrezzo e di paura, ritraendosi) Ah!... Tu? E come?

LORI

(allibito nella certezza che quell’appellativo non era rivolto a lui) Io... Ma dunque, sei arrivata anche a chiamarlo così, da sola a solo?

PALMA

(esasperata e spinta dallo sdegno per il suo stesso errore a un’estrema risolutezza): Oh, finiamola! Io lo chiamo così, perchè debbo chiamarlo così!

LORI

Perchè t’ha fatto lui da padre?

[96]

PALMA

Ma no! via! Finiamo una buona volta questa commedia! Io ne sono stufa!

LORI

Commedia? Che dici?

PALMA

Commedia! Commedia! Ne sono stufa, ti dico! Tu sai bene che mio padre è lui, e che io non debbo chiamare così altri che lui!

LORI

(come colpito in testa, non raccapezzandosi) Lui... tuo padre?... Che... che dici?

PALMA

Vuoi fingere ancora di non saperlo?

LORI

(afferrandola per le braccia, ancora smarrito, ma già con la violenza di ciò che comincia a presentire) Che dici? Che dici? Chi te l’ha detto? lui?

PALMA

(svincolandosi) Ma sì, lui, lasciami, basta!

LORI

T’ha detto che tu sei sua figlia?

PALMA

(ferma, recisa) E che tu sai tutto!

LORI

(trasecolato) Io?

[97]

PALMA

(restando alla voce di lui e guardandolo così trasecolato) Ma come?

LORI

T’ha detto che io so? (Di fronte allo smarrimento di lei, quasi vanendo e aggrappandosi alle sue stesse esclamazioni per sorreggersi) Oh Dio... Oh Dio!... Ah che cosa!... (Tornando a prenderle un braccio) Come t’ha detto? dimmi come t’ha detto!

PALMA

(intendendo il senso riposto della domanda, che si riferisce alla madre) Che vuoi che m’abbia detto?

LORI

Voglio saperlo! voglio saperlo!

PALMA

(con rammarico quasi pauroso, e pur quasi cercando di non cedere ancora all’evidenza) Ma dunque non sai davvero?

LORI

Non so nulla! Ti disse che tua madre...? Parla! Parla!

PALMA

Ma io non so... M’accennò...

LORI

Che lei... di’? di’?

PALMA

Ma non so nulla io...

[98]

LORI

Ti disse che fu la sua amante?

PALMA

Ma no...

LORI

No? Come no? Se ti disse che sei sua figlia! Vero o non vero questo, se potè dirtelo, è certo che lei... Oh Dio... oh Dio... Possibile? Possibile?... Lei!... Non è possibile! No! Egli ha mentito... ha mentito... ha mentito... perchè... perchè non... non è possibile... che lei... (Come a un baleno) Ah Dio! Ma allora?... No, no... Dio! Ah Dio... tranne che non fosse stato allora! Ah... E come?... e come potè poi?... No, non è possibile!... Lei?... Lei?... Lei?... (Dirà questi tre «lei» con tre diversi toni, pieni dell’orrore, di tre diverse visioni; e alla fine cascherà, come schiantato, a sedere, rompendo in un pianto convulso)

PALMA

(commossa, accostandogli) Perdonami... perdonami... Io non sapevo... Credevo... M’assicurò che a te era noto tutto... Ma tu stesso, per quello che sei stato per me... per ciò che hai lasciato fare...

LORI

(balzando a queste ultime parole, come per un lampo di speranza) Ah, ma dunque forse per questo? Te l’avrà detto forse perchè ho lasciato fare a lui da padre? (E resta a spiar Palma, che col suo atteggiamento lo disillude) No? Ti disse che sei proprio sua figlia? (Per un bisogno istintivo d’offenderla subito) E tu dunque ti sei gloriata del [99] disonore di tua madre? Perchè vuol dire che lei fu la sua amante! E allora... allora per questo m’avete trattato così?

PALMA

Ma abbiamo creduto che tu sapessi!

LORI

Questo? io? potevo saper questo e sopportare d’esser trattato così? e che lui... Ah Dio... fu certo allora... Sì, sì... Dovette essere allora... Sì... L’insegnamento... Voleva riprender l’insegnamento... Diceva che non potevo avere opinioni, io, perchè non avevo nervi... Ecco perchè tutto quell’inferno del primo anno! S’innamorò subito, s’innamorò subito, venuta da Perugia alla morte del padre, si innamorò subito del suo giovane deputato... Eh, perciò tutta accesa, quando venne con lui da me al Ministero, per farsi presentare e raccomandare da lui. Era stato allievo del padre; era ora il deputato... S’innamorò subito di lui — e sposò me! Ma già! Ma ecco... ecco perchè lui, quando fu Ministro, prese me... E io abbagliato, abbagliato da due glorie, da quella del padre, dal prestigio di lui, mio capo supremo, mio padrone, non vidi nulla! non vidi nulla!... E poi vennero fuori quelle carte del padre... — per questo! per questo! — Ma lei s’era già pentita! S’era già pentita! Quando tu nascesti, s’era già pentita! Era mia! era mia! Fu mia da allora, fu mia, mia, mia soltanto, dalla tua nascita alla sua morte, per tre anni, mia, come nessuna donna fu mai d’un uomo! Per questo io sono rimasto così! Non m’accorsi di nulla prima; non era possibile che me n’accorgessi più, dopo! Lo cancellò lei, lei con tutto quel suo amore, ogni vestigio del tradimento. E fu tanto, tanto quel suo [100] amore, che m’ha impedito di scoprirlo anche dopo la sua morte... (Ripigliandosi) Ma come... come hai potuto credere tu che io lo sapessi? Tu m’hai pur veduto, m’hai pur veduto fin da bambina andare ogni giorno alla fossa di lei!

PALMA

Sì... ma... per ciò appunto... io...

LORI

Che cosa?

PALMA

Io non t’ho nascosto...

LORI

Ah, già... il tuo sdegno... Ah Dio, tutti... Ah, dunque per questo?... Il vostro disprezzo... Credevate che io sapessi e mi stèssi zitto? Ma perchè — dimmi un po’ — perchè mi sarei stato zitto, sapendo che tu non eri mia figlia? perchè avrei finto di non accorgermi del vostro disprezzo? Lo vedo, ora, lo vedo, voi mi avete disprezzato. Ma se io sapevo che tu non eri mia figlia, non potevo fingere per un riguardo a te, al tuo avvenire! E allora? Per che cosa? (Pianissimo, accennando più volte a sè con le mani, quasi non osando, non che dire, ma neppur pensare l’orribile sospetto) Per... per me?... per... avvantaggiarmi nella carriera? Mi avete creduto capace di questo? fino al punto d’andar lì ogni giorno a rappresentar quella commedia? (Casca a sedere con le mani sul volto. Poi, balzando in piedi) Ma che essere vile sono io dunque stato per voi?

PALMA

No... non questo... non vile...

[101]

LORI

Vile! vile! Ma come! Più vile di così?

PALMA

Ma no, abbiamo creduto che ti volessi ostinare...

LORI

Già... eh sì... tante volte me l’avete detto, che m’ostinavo, che esageravo... Ma sì! Mi avete parlato sempre chiaro, voi! E io perciò non comprendevo... Debbo darvi il merito della vostra franchezza... Me l’avete dimostrato in tutti i modi, il vostro disprezzo!... (Smarrendosi, come alienato all’improvviso da tutto) E dove sono stato io?... Come sono stato?... Oh Dio! Ma allora non sono stato mai nella vita, io... Non m’ha tradito nessuno! Non m’ha ingannato nessuno! Io, io non ho visto... ma sì... sì... tante cose... Oh Dio! ma sì... adesso, adesso mi vengono tutte a mente... (Riafferrato dal dolore, dopo lo sbalordimento, commovendosi di tenerezza per sè stesso così crudelmente offeso) E io l’ho pianta, l’ho pianta sedici anni, io, quella donna! (scoppia di nuovo a piangere).

PALMA

(provandosi a confortarlo) Via... via... su... pensa che...

LORI

Mi muore adesso, mi muore adesso, uccisa dal suo tradimento! Capisci che adesso non ho più nulla, io, che regga in me? Dove sono ora? Che sto a far qui? Tu non sei mia figlia... Io lo so ora. Tu lo sapevi da un pezzo, e me lo facevi intendere [102] da un pezzo con tutti gli altri, ch’era inutile che seguitassi venir qui...

PALMA

No... Io volevo...

LORI

Ma sfido! Hai ora tuo marito e lui — tuo padre — che puoi averlo qua, ora, apertamente. Perciò egli m’ha detto... Ma sì... me l’ha detto poco fa di non star più a venire. E tu lo chiami forse papà, ora, anche davanti a tutti, è vero?

PALMA

No... no...

LORI

Non per me, certo... non per un riguardo a me... Ah Dio, più che cieco, più che cieco... Non sono stato mai nulla, non sono più nulla, non ho più nulla, neanche quella morta, più nulla! (Di nuovo sbalordito, come smemorato) In una illusione ho vissuto senza nessun sostegno! perchè voi tutti me li avete sempre tolti, tolti, perchè vi parevano inutili, e mi lasciavate con scherno, con disprezzo appoggiare a quella morta per la rappresentazione esagerata della mia commedia. Ah, che cosa! (Con scatto di rabbia) Ma almeno dirmelo, allora!

PALMA

Ma scusa...

LORI

Me lo avete forse detto?

[103]

PALMA

No, apertamente, mai...

LORI

È possibile anche questo, che voi me l’abbiate detto apertamente, e che io non l’abbia capito. Avete creduto che non ci fosse nulla da nascondermi, poichè io sapevo tutto...

PALMA

Capirai che se minimamente fosse nato il dubbio che tu non sapessi...

LORI

Che io non fossi quel miserabile...

PALMA

Ma no... non dirlo più!

LORI

Ma come fece lui a dirtelo, che tu eri sua figlia? Com’ebbe quest’impudenza d’offendere in te tua madre?

PALMA

Ma me lo disse, quando non mi poteva più offendere, poichè tu gli avevi lasciato il modo di dimostrarmelo, che era mio padre.

LORI

Eh già... io... sì... gli resi anche facile la via. E ora... e ora, basta, eh? ora sono licenziato?

PALMA

Ma no! Perchè? Ora cambia tutto...

[104]

LORI

Che cambia?

PALMA

Se tu non sapevi...

LORI

Diventi mia figlia, perchè non sapevo?

PALMA

No, ma cambia, è già cambiato il mio sentimento per te!

LORI

Ma non sai tu che io ora... ora, io, io... sì! posso far cose, io... io...

PALMA

Che cosa?

LORI

Cose... cose che io stesso non so... Io sono come... come tutto vuotato... Non ho più nulla in me... E andando via di qua, quello che... quello che può nascere in me, io non lo so... Io... io...

PALMA

Ma siedi... siedi, siedi qui... Tu tremi tutto... Siedi. (Lo fa sedere sulla poltrona; gli s’inginocchia davanti, pietosa, premurosa) Io posso esser per te quella che non sono stata finora...

LORI

(voltandosi con scatto ferino) E lui?

PALMA

Che vorresti più fare ora contro di lui?

[105]

LORI

Perchè m’ha pagato?

PALMA

No!

LORI

Sì. Pagato la moglie; pagato la figlia...

PALMA

No... no...

LORI

Come no? La mia devozione... Era come il sole per me!

PALMA

Io dico dopo tanti anni...

LORI

(d’un tratto sorpreso da una visione lontana che lo fa fremere tutto) Che cosa sto vedendo... Senti. Morta. Io ero come un insensato. Morta in tre giorni, per causa sua, per aver voluto portar te, piccina di tre anni, a un circo equestre... D’inverno, prese freddo all’uscita, e in tre giorni... quand’era già mia, tutta mia, e non voleva più ch’egli ci venisse in casa, e se la prendeva con me, che non avevo il coraggio d’impedirglielo... — ma tu capisci: era stato il mio superiore — mi... mi morì allora! Io rimasi... non so, come sono adesso... vuoto. Ebbene, lui mi cacciò via dalla camera mortuaria, mi forzò a recarmi da te che volevi la tua mamma. Mi disse che sarebbe rimasto [106] lui, a vegliare. Mi lasciai mandar via; ma poi, nella notte, ricomparvi come un’ombra nella camera. Lui era lì, con la faccia affondata nella sponda del letto, su cui giaceva lei tra i quattro ceri. Mi parve dapprima che, vinto dal sonno, avesse reclinato la testa inavvertitamente; poi, osservando meglio, m’accorsi che il suo corpo era scosso a tratti, come da singhiozzi soffocati. (Si volta a guardar la figlia, sbalordito ora di questa tracotanza del Manfroni) La piangeva, la piangeva, là, sotto i miei occhi... E io non capii, tanto ero ormai sicuro dell’amore di quella morta là, e di lui. Il pianto, che finora non aveva potuto rompermi dal cuore, assalì furiosamente anche me, allora, vedendo pianger lui. Ma di scatto egli allora si levò, e com’io, convulso, gli tendevo le mani per abbracciarlo, mi respinse, mi respinse con rabbia, a spintoni nel petto; e io ricaddi nel mio stordimento e pensai che fosse l’orgasmo del rimorso, e che non potesse vedermi piangere, perchè il mio pianto lo accusava della sciagura che mi aveva cagionato. Ah, ma quel pianto me lo paga! me lo paga, ora! (Si alza, furente, per andarsene. Palma lo trattiene. Le battute seguenti si succederanno con la massima concitazione).

PALMA

Ora?

LORI

Io lo so ora!

PALMA

Ma è assurdo, che dopo tanto tempo, scusa... Dove vai?

[107]

LORI

(come un pazzo) Non lo so...

PALMA

Che pensi di fare?

LORI

(cercando di svincolarsi) Non lo so.

PALMA

Rimani ancora qua.

LORI

No... no...

PALMA

Sì, a parlare ancora qua con me...

LORI

Con te? E perchè più?

PALMA

Ma sì, posso esser per te quella che tu mi credevi...

LORI

Per paura?

PALMA

No!

LORI

Per pietà?

[108]

PALMA

No!

LORI

Nulla tu per me, nulla io per te, più nulla. (Si svincola e la respinge da sè) E se sapessi come lo sento adesso, tutt’a un tratto, che sono tanti anni, di questo nulla!

TELA

[109]

ATTO TERZO

[110]

SCENA

Ampio scrittojo in casa di Salvo Manfroni, addobbato con austera magnificenza. La comune è a sinistra.

La stessa sera del secondo atto. Poche ore dopo.

[111]

È in iscena, al levarsi della tela, MARTINO LORI. Ha una faccia da morto; gli occhi fissi e come insensati. Attende, chi sa da quanto tempo, nel silenzio della casa. A mano a mano il volto gli s’atteggia a seconda dei varii sentimenti che gli tumultuano dentro. Di tratto in tratto si scuote e mormora tra sè parole inintelligibili, accompagnate da qualche rapido gesto. Gli avviene anche d’abbandonarsi inconsciamente a qualche distrazione, che può apparire strana per quanto naturalissima, come ad esempio, d’andare a osservar davvicino qualche oggetto sulla scrivania che gli abbia quasi puerilmente svegliato la curiosità del solo senso visivo. Ma, arrivato lì davanti, s’arresta, svanito, non sapendo più perchè si sia alzato; e, ripreso dal suo interno farneticare, si rimette senza voce a parlar con se stesso; se non che quell’oggetto tutt’a un tratto torna ad avvistarglisi, e allora egli, senza quasi saperlo, lo prende in mano, lo guarda ma come se non riuscisse a vederlo e con esso in mano seguita a gestire il suo pensiero tormentoso; poi posa l’oggetto e ritorna al suo posto.

Entra dalla comune il vecchio CAMERIERE di Salvo Manfroni.

CAMERIERE

Eh, tarda ancora, signor commendatore. Io non so, di solito le altre sere a quest’ora è qui da un pezzo a scrivere o a leggere. È quasi mezzanotte.

LORI

Ma sì... mi... mi rammento: è andato... dove?... Me l’ha detto... Che anzi, già, prima d’uscire... (Ricorda che il Manfroni gli disse di annunziare a Palma che andava col Gualdi e col Bongiani; ma stima inutile seguitare) A un’inaugurazione... [112] Con suo (sta per dire «genero» e accenna un ghigno che è come un singulto) Sì sì... e con quell’altro... il conte Bongiani.

CAMERIERE

A un’inaugurazione?

LORI

Mi pare d’un circolo, sì. Non voleva, e poi... quello lì (ha proprio la tentazione di dire «suo genero»; dice soltanto): Suo... (e guarda il cameriere; poi apre di nuovo la bocca al ghigno, come se, vedendolo così vecchio, gli nascesse un pensiero che lo agghiaccia, e alza un dito verso di lui) Voi è un pezzo che siete qua con lui?...

CAMERIERE

Col signor senatore? Eh!

LORI

Da quando era deputato?

CAMERIERE

Sono a momenti venticinque anni.

LORI

(con un sorriso orribile, ammiccando) La avrete allora veduta qui, m’immagino!

CAMERIERE

(stordito) Come dice?

LORI

Eh, avventure! avventure del giovane deputato...

[113]

CAMERIERE

(come per evadere, sulle generali) Donne?

LORI

Chi sa quante!

CAMERIERE

Eh, ai suoi tempi...

LORI

Signorette maritate di fresco... E quando fu ministro poi, giovani mogli d’impiegati... (notando che il cameriere si turba, aggiunge subito furbescamente): Fui suo capo di gabinetto, e lo so... Posti di fiducia! Non s’ottengono, caro mio, se non a costo di passare sotto certe forche... (fa le corna, pallido e ridente, e gliele mostra. Il cameriere lo guarda sbigottito. Pausa).

CAMERIERE

(sospirando) Cose antiche, signor commendatore!

LORI

Ah! Abbiamo già i capelli bianchi... Acqua passata!... Ormai! (pausa) (Il Cameriere torna a guardarlo più che mai sbigottito e costernato. Ma egli è assorto, come se vedesse innanzi a sè sua moglie, giovine, là in quello scrittojo, e parla quasi tra sè): Era bella... Che occhi, quando parlava! S’accendeva tutta. (Con voce brillante e spiccata, e gesto d’evidenza) Lucida, precisa... (Poi con amore, come se carezzasse una lontana e riposta grazia di lei). E voleva dominare, con l’intelligenza. Ma una donna, quando è bella... Le si [114] guardano gli occhi, la bocca... come è fatta... E si sorride a quelle labbra che parlano, senza badare a ciò che dicono. Se n’accorgeva subito, lei, e se ne stizziva; ma, poi — donna — sorrideva di quello stesso sorriso di chi le guardava le labbra... Ciò che voleva dire rispondere al bacio che quegli occhi le davano... E allora... (Resta un po’ assorto; poi tentenna il capo e domanda) — Ma io solo? (Voltandosi d’improvviso, trasfigurato, verso il cameriere) Chi sa quante volte se la sarà stretta qua, lui, così, e baciata, eh?

CAMERIERE

(basito addirittura) Signor commendatore...

LORI

Eh via! Cose vecchie... Si sanno!

SALVO MANFRONI a questo punto si presenta col cappello in capo sulla soglia della comune.

CAMERIERE

(riscotendosi) Ah, ecco il signor senatore...

SALVO

Come, tu qua, Martino? Che cos’è (costernato) È accaduto qualche cosa?

LORI

No. Debbo parlarti.

[115]

SALVO

(riferendosi alla scena del second’atto, con fastidio) Ancora? E a quest’ora?

LORI

No. Precisare, ormai. Due parole.

Intanto il cameriere avrà tolto il soprabito, il cappello e il bastone a Salvo Manfroni e alla fine della battuta del Lori si sarà ritirato.

SALVO

(appressandosi con la mano tesa) Dunque?

LORI

(scartando la mano con un gesto secco) Niente mano.

SALVO

(restando) Che significa?

LORI

Ecco. Aspetta. Quando ci saremo intesi, te la darò di nuovo.

SALVO

Ma che cos’è?

LORI

Niente! Niente! Per grazia di Dio, non c’è bisogno di spiegazioni. Il fatto è certo e innegabile; tanto che tu e tutti eravate sicuri ch’io lo sapessi; dunque, non si discute.

SALVO

Ma che dici, scusa?

[116]

LORI

Sono venuto a darti, semplicemente, due notizie e a levarmi una curiosità.

SALVO

(vedendolo muovere e parlare così) Io non ti riconosco più!

LORI

Eh sfido! Sono un altro, da tre ore!

SALVO

Ma che è accaduto?

LORI

Niente. Tutto rovesciato; sottosopra. Sì. Il mondo che ti si ripresenta tutt’a un tratto nuovo, come non ti eri mai neppur sognato di poterlo vedere. Apro gli occhi adesso!

SALVO

Hai parlato con Palma?

LORI

(fa cenno di sì col capo ripetutamente, poi) Sbalordisci! Non sa-pe-vo nul-la!

SALVO

(con costernazione, restando) Non... non sapevi?

LORI

Nulla. Nè che mia moglie fosse stata la tua amante, nè che Palma fosse tua figlia...

[117]

SALVO

Te l’ha detto lei?

LORI

Lei. Che glie l’avevi detto tu, ch’era tua figlia; e che io lo sapevo.

SALVO

E non è vero?

LORI

(semplice, in naturalissimo tono assertivo) Non è vero! Non sapevo nulla! (Allo stupore del Manfroni): Ma sì! È incredibile! Non sapevo nulla! Da tre ore mi dico: Ma come? Meglio di così te lo dovevano far capire? Te l’hanno cantato in tutti i toni; dimostrato apertamente, sempre, in tutti i modi! Com’hai potuto credere che un deputato che non ti conosceva, diventando ministro, prendesse te, umile segretario di ministero, e solo perchè avevi sposato la figlia d’un suo maestro, ti mettesse a capo del suo gabinetto? e poi, morta la moglie, s’affezionasse tanto alla tua bambina, e te la crescesse come sua, e le trovasse marito, costituendole una vistosissima dote? Credetti all’onestà di quella donna, capisci? che morì troppo presto! Ma anche se fosse vissuta a lungo, non mi sarei accorto di niente lo stesso, perchè — ma sì, che vuoi! è incredibile — per me, era onesta! E credevo nella tua amicizia, come nella luce del sole, in questa gran luce che m’era entrata in casa e m’illuminava, m’accecava... Credetti nella tua venerazione per il tuo maestro, non ostante che poi ebbi la prova che, altro che venerazione, la tua!

[118]

SALVO

(turbandosi vivamente) Che vuoi dire?

LORI

Questa è l’altra notizia che ti darò. Aspetta! Ti devo dire tutto! Quand’ebbi quest’altra prova, fu peggio.

SALVO

(c. s.) Prova? Che prova?

LORI

La prova, la prova che complicò tutto; perchè mi fece trovare d’improvviso la mia ingenuità come in un covo di spine, di spine che la punsero da tutte le parti, a sangue, poverina, e la fecero tanto soffrire! Ma coraggiosamente — ah! — lei le strappò, sì, le raccolse, e se ne fece un cilizio per imparar a capire, a capir diversamente. Ma sempre come può capire l’ingenuità, beninteso! (Squillo del campanello del telefono sulla scrivania). Ah, senti! Ti chiamano al telefono.

SALVO

Loro? (fa per prendere il ricevitore dell’apparecchio)

LORI

(trattenendogli il braccio) No. Aspetta. Di’ che vengano qua.

SALVO

Qua? Ma sei pazzo? Perchè?

LORI

Perchè voglio che vengano! (Nuovo squillo).

[119]

SALVO

A quest’ora?

LORI

Con l’automobile faranno in due minuti.

SALVO

Ma che vuoi che vengano a fare qua? (Nuovo squillo).

LORI

Senti che premura? È lei. Ti vuol dire della spiegazione avuta con me. (Nuovo squillo). Di’ pronto. Su.

SALVO

Ma no! Se prima non mi dici...

LORI

Voglio che c’intendiamo bene, tutti e quattro.

SALVO

Ma su che? Se siamo già intesi!

LORI

No. Per l’avvenire. Dobbiamo stabilire tante cose.

SALVO

Lo faremo domani, se mai!

LORI

Ora! ora! (Nuovo squillo).

SALVO

(parlando all’apparecchio) Pronto. (Pausa) Sì, Palma...

[120]

LORI

Di’ che ci sono io.

SALVO

(c. s.) So... so... (pausa) Come? (pausa). Sì, senti... è qua da me.

LORI

Di’ che vengano subito, subito.

SALVO

(c. s.) Ma sì, purtroppo... Senti... (pausa) Che? (pausa) Sì, sì... Ma è bene che tu venga qua (pausa) Ma sì, subito (pausa). Ma per parlare (pausa). Con Flavio, sì. Come?

LORI

Non vuol venire?

SALVO

(al Lori) No, dice che non sa se l’automobile... (tronca per rispondere al telefono) Sì, sì. Va bene. T’aspetto, allora. Fate presto. (Posa il ricevitore sull’apparecchio). Su che cosa vuoi che c’intendiamo bene tutt’e quattro?

LORI

Intendiamoci prima tra noi due. Voglio sapere quando fu!

SALVO

Ma lascia!

LORI

No. Rispondi. Subito dopo il mio matrimonio? [121] (Salvo scrolla le spalle) Rispondi. Perchè già v’eravate accordati, fin dal suo arrivo da Perugia?

SALVO

Ma no! Io non ci pensai neppure, allora!

LORI

Ma forse ci pensò lei?

SALVO

No, no! (Attenuando) Almeno io non so. Non credo.

LORI

E allora fu quando cominciò a tempestare, che voleva riprendere la sua carriera di maestra?

SALVO

(per troncare) Ma sì! ma sì!

LORI

Che un giorno non la trovai più a casa?

SALVO

Che vai ripensando più adesso?

LORI

Voleva fare come la madre. Andarsene. Venirsene con te. Eh, ma tu avevi la tua carriera politica...

SALVO

Smetti, ti prego!

LORI

E persuadesti la pecorella a ritornare all’ovile!

[122]

SALVO

Non so che gusto provi...

LORI

Ma mi brucia adesso a me! mi brucia adesso!

SALVO

Capisco, capisco... Ma pensa che è finito da tanto tempo! È morta...

LORI

(con scatto goffo e atroce, per l’insorgere d’un bisogno di vendetta) Oh! t’odiò, t’odiò, quando ritornò a me! S’accorse che a te era più cara la tua ambizione, e t’odiò!

SALVO

Ma sì, lo so bene...

LORI

E odiò in sè anche il frutto del tuo amore. Non voleva esser madre, non voleva, lo so. Fu la mia amante, più che la madre di quella lì. E io, io che pur ne ero felice, ne soffrivo. Per la bambina che credevo mia, nata da quella nostra riconciliazione.

SALVO

Basta, basta ora, ti prego!

LORI

Basta? Ah no, caro. Per me comincia adesso!

SALVO

Che comincia?

[123]

LORI

Ora lo vedrai. Mi ci son voluti diciannove anni per comprendere! Ora che tutto era finito, voi dite, così, pulitamente, come usa fra gente per bene...

SALVO

Ma scusa...

LORI

Oh lo so, gente che sa fare a modo le cose... — ora che non c’è più niente da fare, è vero? morta da sedici anni la moglie; maritata la figliuola, — basta, eh? là c’è la porta, tanti saluti. Ah no! Ora viene la mia volta. Ho capito tutto. Vagliato tutto.

SALVO

Ma non vedi che tu farnetichi?

LORI

No. Lucidissimo. Ho pensato, pensato. E vedo tutto. Parlo così, mi muovo così, perchè non posso farne a meno. Sono come un cavallo scappato. Mi frustano tutte le cose, che mi sono all’improvviso uscite dall’ombra da tutte le parti. Ma so ormai dove andrò a parare. Guardatene! (Lo afferra per un braccio) Prima di tutto; sei convinto ora, che non sono quel miserabile che m’avete creduto e rappresentato agli occhi di tutti?

SALVO

Ma sì! E per ciò non vedo...

LORI

Che cosa io possa fare? Nulla, è vero? Avrei dovuto saperlo prima, ed essere un miserabile della [124] più vile specie per profittarne. Non l’ho saputo; e dunque, tu pensi, dopo diciannove anni... Sbagli, caro mio!

SALVO

Vorresti profittarne adesso?

LORI

No! Sbagli, perchè, se l’avessi saputo subito, a tempo, non ne avrei mai profittato, io! T’avrei ucciso!

SALVO

Non penserai d’uccidermi adesso...

LORI

Eh, lo so, ora non posso più! non... (S’interrompe, per un’idea che gli balena e lo agita d’improvviso) Ma aspetta! Tu dici, profittarne adesso? E... e come potrei... come potrei più, adesso?

SALVO

(esitante) Ma... non so, io... io potrei fare ancora qualche cosa per te...

LORI

(lo guarda prima terribilmente, poi, quasi saltandogli alla gola, lo fa cadere su una poltrona; gualcendogli l’abito addosso) Tu? Meriteresti di essere ucciso ora, per questo che hai detto! (Ritraendosi inorridito, ripreso dall’idea che gli è balenata) No! Su, su... Rassettati, rassettati... C’è, c’è forse il modo... c’è, c’è ancora il modo di profittarne...

Entrano a questo punto dalla comune PALMA e FLAVIO GUALDI, ansiosi e sgomenti.

[125]

LORI

(scorgendoli) Ah, eccoli!

PALMA

Che cos’è? che cos’è?

LORI

Niente, niente, Palma! S’è chiarito, s’è chiarito, s’è chiarito tutto! Ha dovuto riconoscere, richiamato da me a fatti, a dati precisi, che s’era ingannato. Non è vero che tu sei sua figlia! Sei mia figlia! mia figlia! (A Salvo): Dillo, dichiaralo forte, qua, a tutti e due! È vero, è vero, che hai dovuto convenirne?

SALVO

Sì, è vero.

Momento di silenzio.

LORI

È vero! (A Flavio): Hai inteso, tu?

FLAVIO

(a bassa voce, aprendo appena le braccia) Ho inteso...

LORI

No! Dico che per il rispetto che tu mi devi d’ora in poi, come al padre di tua moglie, che sono io! sono io!

FLAVIO

(c. s.) Sì, va bene...

[126]

LORI

E perchè non debba arrischiarti più d’ora in poi d’accogliermi come un intruso, come uno che non abbia saputo mai rappresentar le sue parti in commedia. Sfido! Me le avete fatte rappresentare a mia insaputa, tutte: quella del marito gabbato e contento; quella dell’amico; del vedovo; del padre; del suocero. E le ho rappresentate male! Sfido! Non sapevo di rappresentarle! Ma ora che lo so, ora che lo so; vedrete! (Trapassa così, senz’avvertirlo, trascinato dalla foga della passione, a palesar la commedia che sta rappresentando dal sopraggiungere di Palma e di Flavio)

PALMA

(avvertendolo, con stupore): Come!

FLAVIO

(c. s. rivolto a Salvo, che si tiene in disparte): Che dice?

LORI

(ripigliandosi) Che dico? (Si volta verso Palma) Dico... dico che tua madre... purtroppo, sì... resta, resta il tradimento... ma che quest’altra infamia, no! quest’altra infamia non è vera! non è vera!

Lungo silenzio, Salvo Manfroni e Flavio restano a capo chino.

Palma è come interdetta, sospesa a un ansioso sgomento. Il Lori guarda prima quei due; poi Palma. Nota quel suo atteggiamento e se ne compenetra; provando anche lui, subito, quasi sgomento di quella sua reiterata asserzione di fronte a lei così sospesa, e della commedia che s’ostina a rappresentare. Non per tanto, quasi a sfida del suo stesso sentimento, ripete, accostandosi a lei amorosamente, con un tono diverso, quasi infuso d’ironia per l’effimera soddisfazione che s’è presa:

[127]

LORI

Non è vero! Quantunque a te, eh! di’ la verità, forse non ti fa piacere!

PALMA

Ma sì... sì...

LORI

(spiandola negli occhi, non volendo crederlo) Sì?

PALMA

Sì.

LORI

Che sia io tuo padre?

PALMA

Ma sì.

LORI

Io, e non lui?

PALMA

Ti dico sì...

LORI

Quantunque io sia un pover’uomo, che tu, fino a poco fa, hai disprezzato?

PALMA

Ma sì, per questo, anzi!

LORI

Uno che tutti, sempre disprezzeranno, perchè [128] non posso più far credere a nessuno, io, che non sapevo, capisci? Se lo dico, faccio ridere!

PALMA

Ma ci credo io! E ci ho creduto subito, appena tu me l’hai detto! E tanto più ci credo ora, se tu mi dici che non è vero quanto lui (accenna al Manfroni) aveva supposto!

LORI

(commosso, rabbrividendo, quasi atterrito dal vuoto che tocca) Vedi? vedi? È spaventoso! Basta sapere una cosa, e cangia, cangia subito tutto! Io ero così, come te, fino a poche ore fa! Mi credevo tuo padre; e tu mi disprezzavi, perchè sapevi di non esser mia figlia! Ora, invece, che tu cominci a credermi tuo padre, e ti volti a me cangiata, io non posso, non posso riaccoglierti tra le braccia, perchè so, so che non sei mia figlia, e che sto facendo la commedia davanti a lui, davanti a tuo marito e a te!

PALMA

(di nuovo, con stupore) La commedia?

FLAVIO

(c. s.) Ah, ma dunque...

LORI

(nervosamente, aspro, quasi cattivo, per reagire alla sua commozione e difendersene) La commedia! E l’ho fatta bene, no? Tanto bene, che per un momento ci avete creduto! (Accenna un riso amaro) Ah! ah! E anch’io, ecco qua, senza volerlo (si passa le dita sugli occhi e poi le mostra) [129] fino alle lagrime! (Accostandosi a Flavio) No! Tranquillo, caro, tranquillo!

FLAVIO

Dunque... non è vero?...

LORI

Non è vero! Ho tentato; ma non posso. Mi stomaca. Mi fa piangere...

SALVO

E dunque basta, via...

LORI

(voltandosi di scatto) Non ti va? Eppure dovrebbe seguitare, almeno questa commedia; poichè il dramma passò nella mia vita senza che me n’accorgessi; e non posso più farlo! Ma stai tranquillo anche tu. Non posso far più neanche la commedia. Lo so! Se non la svelavo io, domani andavi a casa loro, a dire che avevi dovuto far le viste di riconoscere davanti a loro l’inganno, per pietà del mio stato; e li avresti persuasi a far le viste di crederci anche loro...

SALVO

Ma no! Perchè t’immagini questo?

LORI

(con forza) Non sono mica un imbecille!

SALVO

Ma chi te lo dice?

LORI

Oh! Vi foste contentati di credermi soltanto [130] un miserabile! Nossignori! Anche un imbecille! Ma io ho potuto essere un imbecille, finchè ho creduto a cose sante e pure: all’onestà! all’amicizia! Ora no, più! E se, per vendicarmi, mi potessi sobbarcare a essere ancora, agli occhi di tutti quel miserabile che m’avete fatto credere, non potrei esser più umile, timido, schivo, quel pover’uomo che andava a fare quella buffonata ogni giorno, là, al camposanto! Lo capite, questo? È chiaro! E dunque... e dunque, io... io... (si guarda smarrito intorno, come se cercasse e non trovasse più via di scampo, e accenna un lieve e vano annaspare delle mani; poi, recandosele al volto) oh Dio, come... come farò più a vivere io?

SALVO

Ma no! Ma perchè fai così?

PALMA

Se tutto è passato, finito!

LORI

Ma appunto per questo! Perchè tutto è finito, non posso più vivere! Se è finito! se non posso più distruggerlo quello che sono stato per gli altri! È qua — in questo mio corpo — in questi miei occhi che guardavano senza vedere chi ero per tutti; in questa mano che porgevo, senza sapere che apparteneva a uno, di cui tutti ridevano o avevano schifo! Come faccio più ora a guardare la gente? a porgere questa mano? Ne ho io, ora, schifo e raccapriccio! Di me stesso, sì, quale ora mi vedo e mi tocco: — uno che non sono io, che non sono stato mai io — e da cui non mi par l’ora di fuggire! non mi par l’ora! (accenna così dicendo, [131] smarritamente, di volersene andare) non mi par l’ora!

SALVO

(parandoglisi davanti per impedirglielo) Ma che vorresti fare?

LORI

(lo guarda, come trasognato — poi, sovvenendosi): Ah, sì: oltre a questa, un’altra cosa. Me ne scordavo. L’unica che possa fare contro te. E la faccio, non perchè me n’importi; la faccio per provarti che non sono un imbecille. Mi vendico, sì, a freddo, mi vendico nell’unico modo che mi sia possibile ormai: facendo a te ciò che tu hai fatto a me: lasciarti vivo, ma come tu hai lasciato vivere me, senza più la stima di nessuno, dimostrando che il miserabile sei tu, tu! (Voltandosi a Palma e a Flavio) È lui, questo che tu ti sei gloriata d’avere per padre, un miserabile, non solo per quello che ha fatto a me, ma anche, sai? perchè è un ladro!

SALVO

(facendoglisi sopra, minaccioso) Che?

LORI

(subito, fermo, tenendogli testa) Un ladro! Un ladro! (Voltandosi agli altri due) È un ladro, perchè ha rubato a Bernardo Agliani!

SALVO

(rompendo a ridere sonoramente) Ah! ah! ah!

LORI

(lo guarda un pezzo, poi si volta a Palma e a Flavio, e dice): Ride. Ho la prova a casa!

[132]

SALVO

L’hanno data a intendere anche a te? Te l’hanno fabbricata a Perugia, codesta prova?

LORI

No, caro. È di mano dello stesso Agliani.

SALVO

Ma se le ho io qua (indica la scrivania) le carte dell’Agliani!

LORI

Eh, tutte no!

SALVO

Tutte! tutte!

LORI

Tutte, no.

SALVO

(smarrendosi di fronte alla reiterata affermazione) Tranne che... tranne che tu non ne abbia delle altre, che io ignoro...

LORI

Ti smarrisci...

SALVO

No!

LORI

Ti sei fatto pallido. E ora arrossisci!

[133]

SALVO

Ma perchè non vorrei che l’Agliani, in altri appunti posteriori...

LORI

No: sono anteriori: i primi! Il primo abbozzo di quella copia che hai tu.

SALVO

Ma se nelle carte che ho qua dell’Agliani non c’è nulla che...

LORI

Non saranno tutte!

SALVO

Tutte! tutte!

LORI

Fin dove ti sarà convenuto di conservarle! Le altre, le avrai distrutte!

SALVO

Questa è una calunnia!

LORI

Te lo posso provare.

SALVO

Che cosa? Potrai provarmi, se mai, che forse all’Agliani, in seguito, sorse da quei suoi problemi l’idea anche a lui...

LORI

Ecco, benissimo. Ma non anche a lui; a lui soltanto, e tu te l’appropriasti. (Voltandosi [134] a Palma e a Flavio) Ho gli appunti a casa: un fascio così!

SALVO

Sta bene! E provamelo, se qua, nelle carte che ho qua, (batte furiosamente sulla scrivania) non c’è neppure il più lontano cenno di quell’idea! Provamelo!

LORI

Ah, ora non neghi più, mi sfidi!

SALVO

(con sprezzo) Ma che vuoi che sfidi, uno come te? Chi vuoi che presti fede a te e non a me, se io affermo che non ho conosciuto — com’è vero — codesti nuovi appunti dell’Agliani, ed esibisco le carte che ho qua di lui.

LORI

Eh, già! Se non ci fosse il tuo libro...

SALVO

(smarrendosi di nuovo) Il mio libro?

LORI

A cui si deve prestar fede! A me, no; ma al tuo libro, sì. La prova è lì!

SALVO

(c. s.) Nel mio libro?

LORI

(rivolgendosi agli altri due) Ma come volete che uno, ignaro come me, potesse capire qualche cosa in tutte quelle formule, in tutti quei calcoli? L’evidenza [135] del furto m’è saltata chiara davanti agli occhi, senza cercarla, confrontando quegli appunti col suo libro.

SALVO

Non ti degno di risposta!

LORI

E l’ho scoperto da un pezzo, io, sai? e mi sono stato zitto per lei (indica Palma), per il bene che facevi a mia figlia, perchè ignoravo l’altro tuo delitto, di cui questo forse è soltanto la conseguenza accidentale. Perchè non hai avuto mai nessuna vera passione tu; e codeste carte dell’Agliani ti servirono soltanto, dapprima, per nascondere la tresca; per darti il pretesto di stare a casa mia, vicino a lei! Vuoi che pubblichi, se non hai nulla da temere, quegli appunti che ho in casa, così come sono? Sarei venuto a darteli...

SALVO

(subito) Dàmmeli, e li pubblicherò io stesso, riconoscendo innanzi a tutti...

LORI

Che cosa? La tua appropriazione indebita?

SALVO

(con forza) Questa non c’è! E non la crederà mai nessuno!

LORI

Eh già... Tra te e me... (Voltandosi verso Palma e notando il suo atteggiamento, tra sdegnato e avvilito) Ma guarda! Mi basta che lo creda lei — se [136] glielo dico io — uno che per lei ha taciuto — uno che non parlerà più, domani! Che vuoi che m’importi del tuo libro!... di chi l’ha scritto!... di te!... (Afferra per le braccia Palma, spiandola negli occhi) Tu mi credi?

PALMA

Sì!

LORI

Credi a me e non a lui?

PALMA

Sì! sì!

LORI

E mi basta questo! Non pubblico niente! non faccio niente! Ero venuto qui per fare non so quante cose, contro te, contro tutti... Mi son cadute di mano tutte le armi... Che armi? Non ne ho!... Neanche uno spillo!... E poi perchè? È piccolo, è meschino e brutto quello che ho fatto... Ne provo onta io stesso, ora... (Rivolgendosi ancora una volta a Palma) Tu mi credi?

PALMA

Sì! sì! (pausa)

LORI

Mi basta questo. Addio.

PALMA

(commosso, accorrendo a lui, abbracciandolo per trattenerlo) Ah no! no! Saprò impedirtelo io! Per vivere! per vivere ti deve bastare!

[137]

LORI

No... no...

PALMA

(incalzando) Come no? sì! Se ora tu hai tutta la mia stima, il mio affetto! (Invita con la mano Flavio ad accostarsi a farsi attorno, premuroso) Tutto il rispetto...

FLAVIO

(eseguendo) Sì, sì, certo...

LORI

(cupo, quasi duro) Io posso ormai, senza inganno, riaccostarmi solo a chi, dopo la colpa, si pentì e mi compensò con tanto amore. L’unica cosa viva e vera, ch’io m’abbia avuto, dopo il delitto. Tutto il resto è stato inganno. Chi più m’ingannò, m’ingannò meno. Non potrei, non potrei, senza ribrezzo per me e per voi, riaccostarmi alla vostra vita.

PALMA

Ma no! Perchè ribrezzo? Nessun ribrezzo! Quello che tu hai detto, scusa, l’inganno suo (indica Salvo Manfroni), l’inganno suo sul mio conto...

LORI

Ma non è vero!

PALMA

Eppure io l’ho creduto subito, entrando qua con lui (indica Flavio). Ebbene, così lo crederanno anche gli altri! E sarò io, sarò io la prima a farlo [138] credere, a farlo credere a tutti, perchè tutti abbiano per te rispetto, considerazione...

LORI

Tu? Ma non puoi mica dire...

PALMA

Non c’è bisogno di dire! Mi vedranno con te, accanto, intorno a te, come nessuno finora m’ha veduta! E d’accordo tutti, qua, d’ora in poi...

LORI

(per tentare ancora una difesa contro questa carità di lei, che lo investe, lo frastorna, e quasi lo fa mancare a sè stesso) Ma... ma non posso crederlo io!

PALMA

(incalzando sempre più) Anche tu! anche tu! lo crederai anche tu, per forza!

LORI

(c. s.) Io?... come?...

PALMA

Ma perchè è vero, vedi! è vero ora il mio affetto per te! Non è mica un inganno! Il mio affetto, la mia stima, sono una realtà, in cui tu puoi vivere, e che s’imporrà a tutti e anche a te!

FLAVIO

È giusto! è giusto! Sarà così.

[139]

LORI

(stremato, sfinito, come stroncato dalla commozione, si piega sul braccio di Palma; poi, c. s., rialzando la faccia smorta e quasi balbettando): La... la commedia, allora?

PALMA

No! Nessuna commedia! Il mio affetto vero, ti dico!

FLAVIO

Sì, certo... Sarà così...

LORI

(a Flavio) Tutto per bene?...

PALMA

(affettuosa, abbracciandolo, quasi sostenendolo) Su, su! sarai tanto stanco... Andiamo, andiamo... T’accompagneremo noi a casa...

FLAVIO

Sì, è già molto tardi...

PALMA

C’è giù l’automobile, faremo presto...

LORI

A casa... in automobile... Eh sì... tutto per bene... tutto per bene... (S’avvia con Palma, quasi rimbecillito, seguito da Flavio. A un certo punto si ferma, si volta, guarda Salvo Manfroni, e dice a Palma, indicandoglielo): E... e lui?

[140]

PALMA

(spiandolo, sospesa) Che dici?

LORI

Eh, salutiamo anche lui, allora... (Gli fa un saluto con le mani, accennando anche un inchino, poi, rivolgendosi a Palma): Tutto per bene...

TELA

Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.

Copertina elaborata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.