Title: Lumìe di Sicilia: Commedia in un atto
Author: Luigi Pirandello
Release date: March 17, 2021 [eBook #64845]
Most recently updated: October 18, 2024
Language: Italian
Credits: Barbara Magni
LUMÌE DI SICILIA
DI
Luigi Pirandello
COMMEDIA IN UN ATTO
GINN AND COMPANY
BOSTON — NEW YORK — CHICAGO — LONDON
ATLANTA — DALLAS — COLUMBUS — SAN FRANCISCO
1916
Oggi — In una città dell'Italia settentrionale
La scena rappresenta una camera di passaggio, con scarsa mobilia: un tavolino, alcune sedie. L'angolo a sinistra (dell'attore) è nascosto da una cortina. Usci laterali, a destra e a sinistra. In fondo, l'uscio comune, a vetri, aperto, dà in una stanza al buio, attraverso la quale si scorge una bussola che immette in un salone splendidamente illuminato. S'intravede in questo salone, attraverso i vetri della bussola, una suntuosa mensa apparecchiata.
È notte. La camera, al buio. Qualcuno ronfa dietro la cortina.
(Poco dopo levata la tela, Ferdinando entra per l'uscio a destra con un lume in mano. È in maniche di camicia, ma non ha che da indossar la marsina per esser pronto a servire in tavola. Lo segue Micuccio Bonavino, campagnuolo all'aspetto, col bavero del pastrano ruvido rialzato fin su gli orecchi, un sudicio sacchetto in una mano, nell'altra una vecchia valigetta e l'astuccio d'uno strumento musicale, che egli quasi non può più reggere, dal freddo e dalla stanchezza. Appena la camera si rischiara, cessa il ronfo dietro la cortina, donde Dorina domanda:)
DORINA
Chi è?
FERDINANDO
(posando il lume sul tavolino) Ehi, Dorina, su! Vedi che c'è qui il signor Bonvicino.
MICUCCIO
(scotendo la testa per far saltare dalla punta del naso una gocciolina, corregge) Bonavino, veramente.
FERDINANDO
Bonavino, Bonavino.
DORINA
(dalla cortina, in uno sbadiglio) E chi è?
FERDINANDO
Parente della signora. (a Micuccio) Come sarebbe di lei la signora, scusi? Cugina forse?
MICUCCIO
(imbarazzato, esitante) Ecco, veramente no: non c'è parentela. Sono.... sono Micuccio Bonavino; lei lo sa.
DORINA
(incuriosita, sebbene ancor mezzo assonnata, uscendo fuori della cortina) Parente della signora?
FERDINANDO
(stizzito) Ma che! No. Lasciami sentire. (a Micuccio) Compaesano? Perchè mi avete allora domandato se c'era “zia” Marta? (a Dorina) Capisci? Ho creduto parente, nipote. Io non posso ricevervi, caro mio.
MICUCCIO
Non potete ricevermi? Se vengo apposta dal paese!
FERDINANDO
Apposta, perchè?
MICUCCIO
Per trovarla!
FERDINANDO
Ma non si viene a trovare a quest'ora. Non c'è!
MICUCCIO
Se il treno arriva adesso, che posso farci io? Potevo dire al treno: cammina più presto? (congiunge le mani ed esclama sorridendo, come per persuadere a una certa indulgenza) Treno è! Arriva quando deve arrivare. Sono in viaggio da due giorni....
DORINA
(squadrandolo) E vi si vede, oh!
MICUCCIO
Sì, eh? Molto? Come sono?
DORINA
Brutto, caro. Non v'offendete.
FERDINANDO
Io non posso ricevervi. Ritornate domattina e la troverete. Adesso la signora è a teatro.
MICUCCIO
Ma che tornare! Dove volete che vada io adesso, di notte, forestiere? Se non c'è, l'aspetto. Oh, bella! Non posso aspettarla qua?
FERDINANDO
Vi dico che, senza permesso....
MICUCCIO
Ma che permesso! Voi non mi conoscete....
FERDINANDO
Appunto perchè non vi conosco.... Non voglio mica prendermi una sgridata per voi!
MICUCCIO
(sorridendo con aria di sufficienza gli fa cenno di no, col dito) State tranquillo.
DORINA
(a Ferdinando) Ma sì, avrà proprio testa da badare a lui, questa sera. (a Micuccio) Vedete, caro? (gli indica il salone in fondo, illuminato) Abbiamo festa!
MICUCCIO
Ah sì? Che festa?
DORINA
La serata (sbadiglia) d'onore.
FERDINANDO
E finiremo, se Dio vuole, all'alba!
MICUCCIO
Va bene, non importa. Io sono sicuro che appena Teresina mi vede....
FERDINANDO
(a Dorina) Capisci? La chiama Teresina — lui — senz'altro. Mi ha domandato se stava qui “Teresina la cantante.”
MICUCCIO
E che cos'è? non è cantante? Se si chiama così.... Volete insegnarmelo a me, lei?
DORINA
Ma dunque la conoscete proprio bene?...
MICUCCIO
Bene? Cresciuti insieme!
FERDINANDO
Che facciamo?
DORINA
E lascialo aspettare!
MICUCCIO
(risentito) Ma aspetto, sicuro.... Che vuol dire? Mica son venuto per....
FERDINANDO
Sedete pur là. Io me ne lavo le mani. Devo apparecchiare. (s'avvia al salone in fondo)
MICUCCIO
È bella, questa!... Come se io fossi.... Forse perchè mi vede così.... Se lo dicessi a Teresina, quando torna dal teatro.... (ha come un dubbio, e si guarda intorno) Questa casa di chi è?
DORINA
(osservandolo e pigliandoselo a godere) Nostra — finchè ci stiamo.
MICUCCIO
E dunque.... va bene! (allunga di nuovo lo sguardo fino al salone) È grande la casa?
DORINA
Così così.
MICUCCIO
Quello è un salone?
DORINA
Pel ricevimento. Questa notte ci si cena.
MICUCCIO
Ah! E che tavolata!... che luminaria!
DORINA
Bello, eh?
MICUCCIO
(si stropiccia le mani, contentone) Dunque è vero!
DORINA
Che cosa?
MICUCCIO
Eh.... si vede.... stanno bene....
DORINA
Di salute?
MICUCCIO
No.... dico.... (stropiccia le dita)
DORINA
Ma sapete chi è Sina Marnis?
MICUCCIO
Sina? Ah.... già già.... ora.... Me l'ha scritto zia Marta.... Teresina.... Sicuro.... Tere-sina: Sina....
DORINA
Ma aspettate.... ora che ci penso.... voi (chiama Ferdinando dal salone) Ps! Vieni, Ferdinando.... Sai chi è? Quello a cui scrive sempre, lei, la madre....
MICUCCIO
Non sa scrivere, poverina....
DORINA
Sì, sì, Bonavino. Ma.... Domenico — voi vi chiamate Domenico?
MICUCCIO
Domenico o Micuccio, è la stessa cosa. Noi diciamo Micuccio.
DORINA
Che siete stato malato, è vero? ultimamente....
MICUCCIO
Terribile, sì. Per morire. Morto! Proprio morto.
DORINA
E la signora Marta vi mandò un vaglia, è vero? Siamo andate insieme alla Posta.
MICUCCIO
Un vaglia, un vaglia. E per questo vengo! L'ho qua, il denaro.
DORINA
Glielo riportate?
MICUCCIO
(si turba) Denari — niente! Non se ne deve parlare. Ma prima.... Staranno ancora molto a venire?
DORINA
(guarda l'orologio) Eh, ci vorrà ancora.... Questa sera poi, figuriamoci....
FERDINANDO
(ripassando, dal salone all'uscio laterale a sinistra, con stoviglie, applaudendo e gridando) Bene! Bravo! Bis! bis! bis!
MICUCCIO
(sorridendo) Gran voce, eh?
FERDINANDO
(riavviandosi) Eh sì.... anche la voce....
MICUCCIO
(si stropiccia le mani) Me ne posso vantare! Opera mia!
DORINA
La voce?
MICUCCIO
Io gliel'ho scoperta!
DORINA
Ah sì? (a Ferdinando) Senti? Gliel'ha scoperta lui — la voce.
MICUCCIO
Sono musicante, io.
FERDINANDO
Ah! musicante? Bravo! Che sonate? La tromba?
MICUCCIO
(nega prima col dito, seriamente; poi dice) Che tromba! L'ottavino. Sono della banda, io. La banda comunale del mio paese.
DORINA
Come si chiama? Aspettate: me lo ricordo....
MICUCCIO
Palma Montechiaro — come si deve chiamare?
FERDINANDO
E dunque la voce gliel'avete scoperta voi?
DORINA
Su, su, diteci come avete fatto, figliuolo! Sta' a sentire, Ferdinando.
MICUCCIO
(alzando le spalle) Come ho fatto?... Cantava....
DORINA
E voi subito, musicante.... — eh?
MICUCCIO
No.... subito, no; anzi....
FERDINANDO
Vi c'è voluto del tempo?
MICUCCIO
Lei cantava sempre.... anche per dispetto....
DORINA
Sì?
MICUCCIO
Eh già, per.... per non pensare a tante cose.... perchè....
FERDINANDO
Perchè?
MICUCCIO
Dispiaceri.... contrarietà, poveretta.... allora! Le era morto il padre.... io, sì, le.... le aiutavo, lei e la madre, zia Marta.... Mia madre però non voleva.... e.... insomma....
DORINA
Le volevate bene, dunque?
MICUCCIO
Io? a Teresina? Mi fate ridere! Mia madre pretendeva che la abbandonassi perchè non ci aveva nulla, orfana di padre.... mentre io, bene o male, il posticino ce l'avevo, nella banda....
FERDINANDO
Ma.... niente, niente, allora — fidanzati?
MICUCCIO
Non volevano i miei parenti, allora! E apposta cantava per dispetto Teresina....
DORINA
Ah! guarda.... guarda.... E allora voi?
MICUCCIO
Il cielo! Proprio posso dirlo: ispirazione dal cielo! Nessuno ci aveva mai badato; neanche io. Tutt'a un tratto.... una mattina....
FERDINANDO
Quando si dice la fortuna!
MICUCCIO
Non me lo scordo più.... Era una mattina d'aprile.... Lei cantava presso la finestra.... sui tetti.... Stava in soffitta, allora!
FERDINANDO
Capisci?
DORINA
E zitto!
MICUCCIO
Che male c'è? Di quest'erba si fa il fascio....
DORINA
Ma si sa! Dunque? Cantava?
MICUCCIO
Cento mila volte l'avevo sentita, cantata da lei, quell'arietta nostra paesana....
DORINA
Arietta?
MICUCCIO
Sì. Tutto passa.... — intitolata così.
FERDINANDO
Eh! Tutto passa....
MICUCCIO
(recitando)
Tuttu passa nni stu munnu;
Ogni cosa affaccia, e mori.
Ma la spina di lu cori,
Beni miu, nun passa cchiu....
E che musica! Divina.... appassionata.... Basta. Non ci avevo mai fatto caso. Ma quella mattina.... In paradiso!... un angelo, un angelo mi pareva che cantasse!... Zitto, zitto, senza prevenire nè lei nè la madre, il dopo pranzo condussi su nella soffitta il maestro della banda, che è mio amico.... — uh, amicone, per questo: Saro Malaviti.... tanto buono, poveretto.... — La sente.... — lui è bravo, un maestro bravo.... che lì a Palma lo dicono tutti.... — dice: “Ma questa è una voce di Dio!” Figuratevi che allegrezza! Presi a nolo un pianoforte, che per arrivare lassù, in soffitta.... basta! comprai le carte da musica, e subito il maestro cominciò a darle lezione.... ma così.... contentandosi di qualche regaluccio che potevo fargli di tanto in tanto.... Che ero io? Quel che sono adesso: un poveraccio.... Il pianoforte costava, le carte costavano.... e poi Teresina doveva nutrirsi bene....
FERDINANDO
Eh, si sa!
DORINA
Per aver forza di cantare....
MICUCCIO
Carne, ogni giorno! me ne posso vantare!
FERDINANDO
Perbacco!
DORINA
E così?
MICUCCIO
Cominciò a imparare. E si vide fin d'allora.... Stava lassù.... in cielo si può dire.... — e si sentiva per tutto il paese — la gran voce.... — La gente.... così, sotto, nella strada, a sentire.... E che anima! Ardeva.... ardeva proprio.... E quando finiva di cantare, m'afferrava per le braccia.... così (afferra Ferdinando) — e mi scrollava.... — Pareva una matta.... Perchè lei già lo sapeva; vedeva che cosa sarebbe diventata.... Il maestro poi ce lo diceva. E lei non sapeva come dimostrarmi la sua gratitudine. — Zia Marta, invece, poveretta....
DORINA
Non voleva?
MICUCCIO
Non che non volesse — non ci credeva, ecco. Ne aveva viste tante, povera vecchia, in vita sua, che non avrebbe voluto neppure che a Teresina passasse per il capo di sollevarsi dallo stato, a cui essa da tanto tempo s'era rassegnata. Aveva paura, ecco. E poi sapeva quel che costava a me.... e che i miei parenti.... Ma io la ruppi con tutti, con mio padre, con mia madre, quando venne a Palma un certo maestro di fuori.... che teneva concerti.... uno.... — adesso non ricordo più come si chiama — ma nominato assai.... basta! — quando questo maestro sentì Teresina e disse che sarebbe stato un peccato, un vero peccato non farle proseguire gli studi in una città, in un gran Conservatorio.... — la ruppi con tutti; vendetti il podere che m'aveva lasciato, morendo, un mio zio sacerdote, e mandai Teresina a Napoli.
FERDINANDO
Voi?
MICUCCIO
Io, io.
DORINA
(a Ferdinando) Coi suoi denari, non capisci?
MICUCCIO
Quattr'anni la mantenni lì, agli studi. Non l'ho più riveduta, da allora.
DORINA
Mai?
MICUCCIO
Mai. Perchè.... perchè poi si mise a cantare nei teatri, capite? di qua e di là.... Preso il volo, da Napoli a Roma, da Roma a Milano.... poi in Ispagna.... poi in Russia.... poi qua di nuovo....
FERDINANDO
Furori!
MICUCCIO
Eh, lo so! Ce li ho tutti lì, nella valigia, i giornali.... E qui poi ci ho le lettere (cava dalla tasca in petto della giacca un mazzetto di lettere).... sue e della madre.... Ecco qua: queste sono parole sue, quando mi mandò il denaro, che stava per morire: “Caro Micuccio, non ho tempo di scriverti. Ti confermo quanto ti dice la mamma. Curati, rimettiti presto e vogliami bene.” “Teresina.”
FERDINANDO
E.... vi mandò assai?
DORINA
Mille lire — no?
MICUCCIO
Mille, già.
FERDINANDO
E il vostro podere, scusate — quello che vendeste — quanto costava?
MICUCCIO
Ma che poteva costare? Poco.... Un pezzettino di terra....
FERDINANDO
(ammiccando a Dorina) Ah....
MICUCCIO
Ma l'ho qua, io, il danaro. Non voglio niente, io. Quel poco che ho fatto, l'ho fatto per lei. Eravamo rimasti d'accordo d'aspettare due, tre anni, perchè lei si facesse strada.... Zia Marta me l'ha sempre ripetuto nelle sue lettere. Dico la verità, ecco: il danaro non me l'aspettavo. Ero stato tant'anni; potevo stare ancora.... Ma se Teresina me l'ha mandato, è segno che ne ha d'avanzo; la strada se l'è fatta....
FERDINANDO
Eh, altro! E che strada, caro voi!
MICUCCIO
Dunque è tempo....
DORINA
Di sposare?
MICUCCIO
Io sono qua.
FERDINANDO
Siete venuto per sposare Sina Marnis?
DORINA
Sta' zitto! Se c'è la promessa! Non capisci niente. Sicuro! Per sposare!
MICUCCIO
Io non dico niente: — dico: — Sono qua. Ho piantato tutto e tutti, lì al paese: la famiglia, la banda, ogni cosa. Ho litigato coi miei parenti per via di queste mille lire, che arrivarono senza ch'io lo sapessi, quand'ero più morto che vivo. Ho dovuto strapparle dalle mani a mia madre, che se le voleva tenere. Ah, nossignori — denari, niente! Micuccio Bonavino, denari — niente! Dovunque sia, anche in capo al mondo, io — per me — non posso perire. L'arte, ce l'ho. Ci ho là l'ottavino, e....
DORINA
Ah si? Vi siete portato anche l'ottavino?
MICUCCIO
Sicuro che me lo sono portato! Io e lui facciamo una cosa sola....
FERDINANDO
Lei canta, e lui suona. — Capisci?
MICUCCIO
Che non posso sonare nell'orchestra, forse?
FERDINANDO
Ma sicuro! Perchè no?
DORINA
E.... sonerete bene, m'immagino!
MICUCCIO
Così.... — suono da dieci anni....
FERDINANDO
Se ci faceste sentire qualche cosa? (va a prendere l'astuccio dello strumento)
DORINA
Sì, sì, bravo! bravo! Fateci sentire qualche cosa!
MICUCCIO
Ma no! Che volete sentire.... a quest'ora....
DORINA
Qualche cosina, via! Siate buono!
FERDINANDO
Un pezzettino....
MICUCCIO
Ma no!... Ma che!...
FERDINANDO
Non vi fate pregare! (apre l'astuccio; ne cava lo strumento) Ecco qua!
DORINA
Su, via! Per sentire....
MICUCCIO
Ma non è possibile.... così.... io solo....
DORINA
Non importa! Su! provatevi!
FERDINANDO
Altrimenti, ohe, suono io!
MICUCCIO
Per me, se volete.... Vi suono l'arietta che cantava Teresina, in soffitta, quel giorno?
FERDINANDO E DORINA
Sì! Sì! Bravo! bravo!
FERDINANDO
Tutto passa?
MICUCCIO
Tutto passa.
(Micuccio siede e si mette a sonare con grande serietà — Ferdinando e Dorina fanno sforzi per non ridere — Sopravvengono ad ascoltare l'altro cameriere in marsina, il cuoco, il guattero, a cui i due primi fan cenni di star seri e zitti, a sentire — La sonata di Micuccio è interrotta a un tratto da un forte squillo del campanello)
FERDINANDO
Oh! Ecco la signora!
DORINA
(all'altro cameriere) Su su, andate voi ad aprire! (al cuoco e al guattero) E voi, subito, sbrigatevi! Ha detto che vuole andare in tavola appena rientra.
(via l'altro cameriere e il cuoco e il guattero)
FERDINANDO
La mia marsina.... Dove l'ho messa?
DORINA
Di là! (indica dietro la tenda, e s'avvia di corsa)
(Micuccio si alza, con lo strumento in mano, smarrito — Ferdinando va a prender la marsina, se la reca in dosso, di furia; poi, vedendo che Micuccio sta per andare anche lui dietro a Dorina, lo arresta sgarbatamente)
FERDINANDO
Voi rimanete qua! Devo prima avvertire la signora.
(Ferdinando, via — Micuccio resta confuso, oppresso da un angoscioso presentimento)
LA VOCE DI ZIA MARTA
(dall'interno) Di là, Dorina! in sala! in sala!
(Ferdinando, Dorina e l'altro rientrano dall'uscio a destra e attraversano la scena, diretti al salone in fondo, reggendo magnifiche ceste di fiori, corone, ecc. — Micuccio sporge il capo a guardar nel salone, e vi intravede tanti signori in marsina che parlano tra loro confusamente — Dorina rientra in gran fretta in iscena, diretta all'uscio a destre)
MICUCCIO
(toccandole il braccio) Chi sono?
DORINA
(senza fermarsi) Gli invitati! (via)
(Micuccio guarda di nuovo — La vista gli si annebbia — È tanto lo stupore, tanta la commozione, che non s'accorge egli stesso che gli occhi gli si sono riempiti di lagrime — Li chiude, e si restringe in sè, quasi per resistere allo strazio che gli cagiona una squillante risata: — Sina Marnis ride così, di là — Dorina rientra con altre due ceste di fiori)
DORINA
(senza fermarsi, diretta al salone) O che piangete?
MICUCCIO
Io?.... No.... Tutta quella gente....
(Entra dall'uscio a destra zia Marta col cappello in capo, oppressa, povera vecchia, da una ricca, splendida mantiglia di velluto — Appena vede Micuccio dà un grido subito represso)
MARTA
Come! Micuccio.... tu qua?
MICUCCIO
(scoprendo il volto e restando, quasi impaurito, a contemplarla) Zia Marta.... Oh Dio.... così?... voi?
MARTA
Che.... che mi vedi?
MICUCCIO
Coi cappello? voi?
MARTA
Ah.... (tentenna il capo e alza una mano — Poi, sconvolta) Ma come mai? Senza avvertire! Che è stato?
MICUCCIO
Sono.... sono venuto....
MARTA
Giusto questa sera! Oh Dio, Dio.... Aspetta.... Come si fa? come si fa? Vedi quanta gente, figliuolo mio? È la festa di Teresina....
MICUCCIO
Lo so.
MARTA
La sua serata, capisci? Aspetta.... aspetta un po' qua....
MICUCCIO
Se voi.... se voi credete che me ne debba andare....
MARTA
No: aspetta un po', ti dico.... (s'avvia per il salone)
MICUCCIO
Io però non saprei.... in questo paese....
(Zia Marta si volta, fa cenno con la mano guantata d'attendere, ed entra nel salone, ove si fa a un tratto un gran silenzio — Si odono chiare, distinte, queste parole di Sina Marnis: “Un momento, signori!” — Di nuovo Micuccio si nasconde la faccia tra le mani — Ma Sina non viene — Torna invece poco dopo zia Marta, senza cappello, senza guanti, senza mantiglia, meno imbarazzata)
MARTA
Eccomi qua.... eccomi qua....
MICUCCIO
E.... e Teresina?
MARTA
L'ho avvisata.... gliel'ho detto.... Ora, appena.... appena può, un momento.... si farà vedere.... Noi, intanto, ce ne stiamo un po' qua, eh?... sei contento?
MICUCCIO
Per me....
MARTA
Io starò con te....
MICUCCIO
Ma no.... se.... se volete.... se dovete andare di là....
MARTA
No no.... Adesso di là si fa cena, capisci?... Ammiratori.... l'impresario.... La carriera, capisci? Ce ne staremo qua noi due. Dorina ci apparecchierà subito subito questo tavolino.... e.... e ceneremo insieme, io e tu, qui — eh? come ti pare? noi due soli — eh? Ci ricorderemo de' bei tempi....
(Rientra Dorina dall'uscio a sinistra, con una tovaglia e l'occorrente per apparecchiare)
MARTA
Su, su, Dorina.... Qua, lesta.... Per me e per questo mio caro figliuolo. Caro il mio Micuccio! Non mi par vero di trovarmi con te.
DORINA
Ecco — intanto, seggano.
MARTA
(sedendo) Sì sì.... Qua, così, appartati.... noi due soli.... Lì, capirai.... tanti signori.... Lei, poverina, non può farne a meno.... La carriera.... come si fa? Li hai veduti i giornali? Cose grandi, figlio mio! Io — come sopra mare.... Non mi par vero che me ne possa stare sola con te, stasera. (si stropiccia le mani e sorride, guardandolo con occhi inteneriti)
MICUCCIO
(cupo, con voce angosciata) E.... verrà, vi ha detto? Dico.... dico per.... vederla, almeno....
MARTA
Ma certo che verrà! Appena avrà un momentino di largo — non te l'ho detto? Ma anche lei, figurati che piacere avrebbe di starsene qua con noi.... con te, dopo tanto tempo.... Quanti anni sono? Tanti, tanti.... Ah, figlio mio, mi paiono un'eternità.... Quante e quante cose ho visto.... cose che.... che non mi paiono vere, se ci penso.... Chi me l'avesse detto, quando.... quando stavamo là, a Palma.... quando venivi tu, lassù nella nostra soffitta.... coi nidi delle rondinelle nella travatura, ti ricordi? che ci svolavano per casa.... e i miei bei vasi di basilico su la finestra.... E donna Annuzza, donna Annuzza? la vicinella nostra?
MICUCCIO
Eh.... (fa con due dita il segno della benedizione, per significare, Morta!)
MARTA
Morta? Eh, me l'immaginavo.... Vecchierella fin d'allora.... più di me.... Povera donna Annuzza.... col suo spicchietto d'aglio.... ti ricordi? veniva con questa scusa.... uno spicchietto d'aglio.... giusto quando stavamo a mandar giù un bocconcino.... e.... Poveretta! E chi sa quanti altri morti, eh? a Palma.... Mah! almeno, morti, riposano là, nel nostro camposanto, coi loro parenti.... Mentre io.... chi sa dove lascerò io queste mie ossa.... Basta.... su, su.... non ci pensiamo! (viene Dorina col primo servito e s'accosta a Micuccio perchè si serva) Oh, brava Dorina....
MICUCCIO
(guarda Dorina, poi zia Marta, confuso, impacciato; alza le mani per servirsi, vede che sono sudice dal viaggio e le riabbassa più che mai confuso)
MARTA
Qua, qua, Dorina! Faccio io.... Lo servo io.... (eseguisce) Così.... va bene, eh?
MICUCCIO
Oh, sì.... grazie....
MARTA
(che si è servita) Ecco qua....
MICUCCIO
(strizzando un occhio e facendo con una mano un gesto espressivo su la guancia) Uhm.... Roba.... roba buona....
MARTA
La serata.... capisci? Su, mangiamo! Ma, prima.... (si fa il segno della croce) Qua posso farmela, davanti a te....
MICUCCIO
(si fa anche lui il segno della croce)
MARTA
Bravo, figliuolo! Anche tu.... Bravo, il mio Micuccio, sempre lo stesso, poverino! Credi che.... quando mi tocca lì.... senza potermi fare la croce.... mi pare che non mi possa andar giù.... Mangia, mangia!
MICUCCIO
Eh, ho una fame, io! Non.... non mangio da due giorni....
MARTA
Come! In viaggio....
MICUCCIO
M'ero portato da mangiare.... Ce l'ho lì, nella valigia. Ma....
MARTA
Ma?
MICUCCIO
Mi.... mi sono vergognato.... Mi.... mi pareva poco....
MARTA
Oh, che sciocco!... Su, su.... mangia, povero Micuccio mio.... Sicuro che devi aver fame! Due giorni.... E bevi.... su, bevi.... (gli versa da bere)
MICUCCIO
Grazie.... Ora bevo....
(Di tratto in tratto, ogni qualvolta i due camerieri, entrando nella sala in fondo o uscendo coi serviti, schiudono la bussola, viene di là come un'ondata di parole confuse e scoppii di risa. Micuccio alza il capo dal piatto, turbato, e guarda gli occhi dolenti e affettuosi di zia Marta, quasi per leggervi una spiegazione)
MICUCCIO
Ridono....
MARTA
Già.... Bevi.... bevi.... Ah, il buon vino nostro, Micuccio! Quanto lo desidero, sapessi! quello di Michelà che stava sotto di noi.... Che ne è di Michelà? che ne è?
MICUCCIO
Michelà? Sta bene, sta bene....
MARTA
E sua figlia Luzza?
MICUCCIO
Ha sposato.... Ha già due figliuoli....
MARTA
Sì? davvero? Veniva su a trovarci, ti ricordi? sempre allegra! Oh la Luzza.... guarda.... guarda.... ha sposato.... Chi ha sposato?
MICUCCIO
Totò Licasi, quello del dazio, sapete?
MARTA
Ah sì? Buono.... E donna Mariangela, dunque — nonna! già nonna.... Beata lei! Due figliuoli, hai detto?
MICUCCIO
Due.... già.... (si turba, a un'altra ondata di rumori dal salone)
MARTA
Non bevi?
MICUCCIO
Sì.... ora....
MARTA
Non ci badare.... Si sa, ridono.... Sono in tanti.... Caro mio, è la vita, che vuoi? la carriera.... C'è l'impresario....
DORINA
(si ripresenta con un nuovo servito)
MARTA
Ecco, Dorina.... Qua, Micuccio, il piatto.... Anche questo ti piacerà.... (facendogli la porzione) Dimmi tu....
MICUCCIO
Fate voi, fate voi....
MARTA
(c. s.) Ecco, così.... (si serve anche lei; Dorina via)
MICUCCIO
Come avete imparato bene voi! Mi fate restare propriamente allocchito!
MARTA
Per forza, figlio mio....
MICUCCIO
Quando v'ho vista con quella mantiglia di velluto.... col cappello in capo....
MARTA
Per forza!
MICUCCIO
Lo so.... eh! dovete fare la vostra comparsa! Ma se vi vedessero vestita così a Palma, zia Marta....
MARTA
(nascondendosi la faccia con le mani) Oh Dio mio, non mi ci far pensare! Ci credi che.... se ci penso.... una vergogna! una vergogna mi prende.... Mi guardo; dico “Io, così?” e mi pare che sia per finta.... come di carnevale.... Ma come si fa? Per forza!
MICUCCIO
Eh già.... sicuro.... una volta che.... Ma, dunque, proprio.... — eh già, si vede — proprio grandezze?... La.... la pagano bene, eh?
MARTA
Ah, sì.... bene....
MICUCCIO
Quanto per sera?
MARTA
Secondo. Secondo le.... le stagioni.... i.... i teatri, capisci? Ma, sai, figlio mio? costa, ah, costa, costa pur tanto questa vita.... Non c'è denari che bastino! Tanto, tanto costa, se sapessi! Se.... se ne vanno come vengono.... Abiti, gioie.... spese d'ogni genere.... (s'interrompe a un forte strepito di voci nel salone in fondo)
VOCI
Dove? dove? dove? Lo vogliamo sapere! Dove?
VOCE DI SINA
Un momento! Vi dico, un momento!
MARTA
Eccola! È lei.... Viene....
SINA
(tutta frusciante di seta, parata splendidamente di gemme, nudo il seno, nude le spalle, le braccia, si presenta frettolosa e pare che la cameretta d'un tratto s'illumini violentemente)
MICUCCIO
(che aveva steso la mano al bicchiere resta col volto in fiamme, gli occhi sbarrati, la bocca aperta, abbarbagliato e istupidito, a mirare, come innanzi a un'apparizione di sogno; balbetta:) Teresina....
SINA
Micuccio? Dove sei? Ah, eccolo qua.... Oh, come va? Stai bene, ora? Bravo, bravo.... Sei stato malato, eh? Senti, ci rivedremo fra poco.... Tanto, qui hai con te la mamma.... Siamo intesi, eh? Tra poco.... (scappa di nuovo)
MICUCCIO
(rimane trasecolato, mentre nel salone scoppiano altre grida alla ricomparsa di Sina)
MARTA
(dopo una lunga pausa, domanda timorosa, per rompere lo attonimento in cui egli è caduto) Non mangi più?
MICUCCIO
(la guarda sbalordito, senza comprendere)
MARTA
Mangia.... (gl'indica il piatto)
MICUCCIO
(si porta due dita al colletto affumicato e spiegazzato e se lo tira, provandosi a trarre un lungo respiro) Mangiare? (agita più volte le dita presso il mento, come se salutasse, per significare: non mi va più, non posso. Sta ancora un pezzo silenzioso, avvilito, assorto nella visione testè avuta, poi mormora:) Come s'è fatta.... Non.... non mi è parsa vera.... Tutta.... tutta.... così.... (accenna, senza sdegno ma con stupore, alla nudità di Sina).... Un sogno.... La voce.... gli occhi.... Non è.... non è più lei.... Teresina.... (accorgendosi che zia Marta scote mestamente il capo e che ha sospeso anche lei di mangiare, come aspettando) Che!... Neanche.... neanche a pensarci.... Tutto finito.... chi sa da quanto!... E io, sciocco.... io, stupido.... Me lo avevano detto al paese.... e io.... mi sono rotte le ossa a.... a venire.... Trentasei ore di ferrovia.... per.... per fare.... Per questo, il cameriere e quella là.... Dorina.... che risate! Io, con.... (accosta più volte tra loro gl'indici delle due mani, e sorride malinconicamente, scotendo il capo) Ma che potevo credere? Ero venuto per.... perchè lei, Teresina, me.... me lo aveva promesso.... Ma forse.... eh sì!... come avrebbe potuto lei stessa allora supporre che un giorno sarebbe divenuta così? Mentre io.... là.... sono rimasto.... col mio ottavino.... nella piazza del paese.... Lei.... lei tanta via.... Ma che! Neanche a pensarci più.... (si volta, brusco, a guardare zia Marta) Se ho fatto qualche cosa per lei, nessuno qua ora, zia Marta, deve sospettare che io, con questa mia venuta, voglia... voglia accampare (si turba sempre più, si leva in piedi) Anzi, aspettate! (si caccia una mano nella tasca in petto della giacca e ne trae il portafogli) Ero venuto anche per questo: per restituirvi questo denaro che mi avete mandato. Vuol esser pagamento? restituzione? Che c'entrava! Vedo che Teresina è divenuta una.... una regina! vedo che.... niente! neanche a pensarci più! Ma questo denaro, no! non mi meritavo questo da lei.... Che c'entra! È finita, e non se ne parla più...; ma denari, niente! denari, a me, niente! Mi dispiace solo che non sono tutti....
MARTA
(tremante, afflitta, con le lagrime agli occhi) Che dici, che dici, figliuolo mio?
MICUCCIO
(facendole segno di star zitta) Non li ho spesi io: li hanno spesi i miei parenti, durante la malattia, senza ch'io lo sapessi. Ma vanno per quei pochi quattrinucci che spesi io allora per lei.... vi ricordate? Non ci fa nulla.... Non ci pensiamo più. Qua c'è il resto. E io me ne vado.
MARTA
Ma come! Così d'un colpo? Aspetta almeno che lo dica a Teresina. Non hai sentito che voleva rivederti? Vado a dirglielo....
MICUCCIO
(trattenendola a sedere) No, è inutile. Sentite?
(Giunge dal salone il suono del pianoforte e un coro salace e sguaiato d'operetta intonato, tra le risa, da tutti i commensali)
MICUCCIO
Lasciatela star lì.... Lì sta bene, al suo posto.... Io, poveretto.... L'ho veduta; m'è bastato.... O piuttosto.... andate pure voi di là.... Sentite come si ride? Io non voglio che si rida di me.... Me ne vado....
MARTA
(interpretando nel peggior senso quella risoluzione improvvisa di Micuccio, cioè come un atto di sdegno, un moto di gelosia, dice tra le lagrime) Ma io.... io non posso più mica farle la guardia, figliuolo mio....
MICUCCIO
(leggendole a un tratto negli occhi il sospetto ch'egli non ha ancora avuto, le grida, rabbuiandosi volto) Perchè?
MARTA
(si smarrisce, si nasconde la faccia tra le mani, ma non riesce a frenar l'impeto delle lagrime irrompenti, e dice, soffocata dai singhiozzi) Sì, sì, vattene, figlio mio, vattene.... Non è più per te, hai ragione.... Se mi aveste dato ascolto....
MICUCCIO
(prorompendo, chino su lei, e strappandole a forza una mano dal volto) Dunque.... Ah, lei dunque, lei.... lei non è più degna di me!
(Il coro e il suono del pianoforte seguitano nel salone)
MARTA
(accenna, angosciata, piangente, di sì, di sì col capo, poi alza le mani giunte in preghiera, con atto così supplice e accorato che l'ira di Micuccio cade subito) Per carità, per carità, per pietà di me. Micuccio mio!
MICUCCIO
Basta, basta.... Me ne vado lo stesso.... Anzi, tanto più, ora.... Che sciocco, zia Marta: non lo avevo capito! Per questo.... tutta.... tutta nuda.... Non piangete.... Tanto, che ci fa? Fortuna.... fortuna.... (così dicendo, riprende la valigetta e il sacchetto e si avvia per uscire: ma gli viene in mente che lì, dentro il sacchetto, ci sono le belle lumìe che egli aveva portate a Teresina dal paese) Oh, guardate, zia Marta.... Guardate qua.... (scioglie la bocca al sacchetto e, facendo riparo d'un braccio, versa su la tavola i freschi frutti fragranti)
MARTA
Le lumìe! le nostre belle lumìe!
MICUCCIO
Gliele avevo portate.... (ne afferra una) E se mi mettessi a tirarle su le teste di tutti quei galantuomini là?
MARTA
(di nuovo supplice) Per carità!
MICUCCIO
(ridendo acre e mettendosi in tasca il sacchetto vuoto) No, niente; non temete. Le lascio a voi sola, zia Marta. E dire che ci ho anche pagato il dazio.... Basta. A voi sola, badate bene. A lei dite così: “Buona fortuna!” da parte mia.
(Via — Séguita di là il suono e il coro — Zia Marta resta a pianger, sola, innanzi alla tavola, con la faccia coperta dalle mani — Lunga pausa — finchè Sina Marnis non pensa di fare un'altra breve comparsa nella cameretta)
SINA
(sorpresa, vedendo la madre che piange) E andato via?
MARTA
(accenna di sì col capo, senza guardarla)
SINA
(fissa gli occhi nel vuoto, assorta, poi sospira) Poveretto....
MARTA
Guarda.... ti.... ti aveva portato le lumìe....
SINA
(rallegrandosi) Oh belle! Guarda.... quante! Che odore! belle! belle! (stringe un braccio alla vita e ne prende con l'altra mano quante più può portarne, chiamando forte verso i commensali del salone, che accorrono) Didì! Didì! Rosì! Gegè! Cornelli! Tarini! Didì!
MARTA
(levandosi e protestando vivamente) No! Di là, no! Non voglio! Di là, no!
SINA
(scrollando le spalle, ridendo e offrendo i frutti ai convitati) Lasciami fare! Qua, Didì! Lumìe di Sicilia! A voi, Rosì, qua, lumìe di Sicilia! Lumìe di Sicilia!
TELA
Nota del Trascrittore
Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.
Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.