The Project Gutenberg eBook of La realtà: dramma in 3 atti

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Title: La realtà: dramma in 3 atti

Author: Gerolamo Rovetta

Release date: May 1, 2020 [eBook #61991]
Most recently updated: October 17, 2024

Language: Italian

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*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK LA REALTÀ: DRAMMA IN 3 ATTI ***

LA REALTÀ


GEROLAMO ROVETTA

LA REALTÀ

DRAMMA IN 3 ATTI

MILANO
Casa Editrice BALDINI & CASTOLDI
Galleria Vittorio Emanuele N. 17

1920


PROPRIETÀ LETTERARIA

UNIONE TIPOGRAFICA-MILANO


[9]

ALL'AMICO
ERNESTO DE-ANGELI
CORDIALMENTE

GEROLAMO ROVETTA

Milano, il 16 febbraio 1895


[10]

Questo dramma fu rappresentato per la prima volta al Teatro Alessandro Manzoni di Milano, la sera del 15 febbraio 1895, dalla compagnia diretta da Ermete Zacconi.

Le parti erano così distribuite;

Francesco Quarnarolo E. Zacconi
Il signor Marino L. Pilotto
Giordano Candia L. Zoncada
Romualdo Solaroli E. Sabatini
Carboni G. Serafini
Rissone G. Rissone
Borla A. Rissone
Scalfi A. Piacentini
Bonaldi U. Niccoli
Niccolini P. Tarra
Marchesi S. Ciarli
Sofia E. Varini
Anna Santer A. Moro-Pilotto
Don Guglielmo Nördel F. Nipoti

[11]

PERSONAGGI

La scena a Milano. — Epoca attuale.

[12]

NOTE (per la rappresentazione)

Francesco Quarnarolo, 45 anni circa.

Signor Marino, 40 anni.

Giordano Candia, 25-30 anni; vestito all'ultima moda, con affettazione. Redattore del periodico «La Conquista».

Romualdo Solaroli, deputato-avvocato, vestito signorilmente e seriamente; dai 35 ai 40 anni.

Carboni, antico operaio: direttore tecnico della Cooperativa; dai 50 ai 60 anni; vestito in carattere abbastanza bene, senza blusa.

Rissone, idem.: direttore amministrativo, idem.; dai 50 ai 60 anni; vestito c. s. senza blusa.

Borla, capo fabbrica: dai 40 ai 50 anni; porta la blusa sulla sottoveste.

Scalfi, capo proto, porta la blusa.

Bonaldi, direttore artistico: 30 anni; camiciotto lungo pulitissimo, elegante; pantaloni, scarpe elegantissime.

Niccolini, 50 anni: direttore della «Conquista» porta il pince-nez; veste bene, di nero.

Marchesi, 30 anni; redattore della «Conquista».

Sofia, vestita con semplicità, ma con eleganza; 23 anni circa.

Anna Santer, vestita pure con eleganza un po' maschile dai 27 ai 30 anni; cappellino da uomo con penna ritta, cravattone rosso.

Don Guglielmo Nördel, 70 anni; bel tipo di prete svizzero.

Nel I. e II. atto l'azione succede in autunno; nel III. in inverno.

[13]

ATTO PRIMO

Stanza da studio e da lavoro di Francesco Quarnarolo: tutto è messo assai caratteristicamente: bandiere delle varie associazioni operaie, ecc.: nel mezzo sopra un gran drappo lenzuolo bianco si legge stampato a grandi caratteri neri o rossi:

«Federazione delle Associazioni Operaie»

«Elezione del Presidente»
«Francesco Quarnarolo voti 11793»

“Eletto„

Nella parete di fondo, un uscio che mette in una sala grande, nella quale si vedrà un tavolo nel mezzo, pieno di giornali, con vari calamai e carte da scrivere, ecc.: è la sala di Redazione del periodico: «La Conquista» Qualche avviso di abbonamento sulle pareti di questa sala interna. Un altro uscio di fianco, dal quale si scende nella tipografia. Altro uscio c. s. che mette nelle stanze di abitazione. La comune alla sinistra dello spettatore. Un tavolo a destra: poi la scrivania del Quarnarolo. Un piccolo tavolino per scrivere, addossato alla parete: tutti gli altri mobili occorrenti, in carattere, ecc.

[14]

SCENA I.

Francesco, Solaroli, Carboni sul balcone, Sofia, Marchesi, Rissone, Bonaldi, Borla. Niccolini corregge delle bozze nella sala di Redazione.

FRANCESCO

(sul balcone, sventolando il fazzoletto saluta la folla).

SOLAROLI

(c. s. saluta la folla sbracciandosi con grande espansione).

FRANCESCO

(alla folla) Compagni!... Sempre con voi!... Sempre per i lavoratori!

FOLLA

(dalla strada) Evviva il nostro Presidente! Evviva Quarnarolo!

SOLAROLI

(alla folla) Sì! Evviva Francesco Quarnarolo! Per gli amici e pei nemici: (indicando e abbracciando Francesco) ecce homo!

FOLLA

(c. s.) Evviva Quarnarolo! Evviva Solaroli!

BONALDI

Evviva!

[15]

BORLA

Il nostro Presidente!

RISSONE

Il nostro Francesco!

SOFIA

(saltellando, tutta rossa, animata, allegra, batte le mani).

FRANCESCO

(viene nel mezzo della scena, seguito da Solaroli e da Carboni: è esaltato, commosso) Come mi amano! Come mi amano!

SOFIA

(di corsa gli si butta colle braccia al collo, quasi piangendo dalla gioia) Babbo!... Babbo!... Oh! babbo mio! mio!

FRANCESCO

(sempre più esaltato inebbriato) E come... come fa bene sentirsi amato così!

SOLAROLI

(sempre un po' declamatore) Questa è la gloria dei nuovi, dei moderni conquistatori. Non è il terrore, non è la morte che essi diffondono!... È la vita!... È l'amore!... l'amore universale!

FRANCESCO

Già... già... L'amore! l'armonia... la solidarietà... fra gli esseri! (sorridendo di compiacenza, gli occhi scintillanti) Quanto cammino in vent'anni! (come uno che sale con fatica) Su... su... su! [16] (stringendosi a Sofia quasi con un senso di timore) Ho bisogno di sentirti vicina!... E anche tu Carboni!... Anche tu Rissone! I fratelli!... I primi compagni del primo passo!... Eh!... Eh!... Siamo arrivati?... Di', Carboni, Rissone, siamo arrivati?... Vi ricordate il nostro incontro? Vent'anni fa?... Io ero solo (prende sotto il braccio affettuosamente Sofia e la bacia sui capelli con tenerezza) Tu eri bambina... bambina... bambina... (drizzandosi vibrato) Io! Sì! Io per il primo, ho detto al Carboni, ho detto al Rissone.... È vero?...

CARBONI

Tu!

RISSONE

(quasi insieme al Carboni) Tu! Verissimo!

BORLA

(c. s.) L'idea è tua!

SOLAROLI

(c. s.) E tuo è il cuore che l'ha fatta trionfare!

FRANCESCO

(più forte, imponendo, quasi, il silenzio) Ho detto: io ho un po' di danaro: voi avete un mestiere: la capacità: uniamoci per lavorare in comune, per dividere fra di noi il frutto del nostro lavoro, e chi, lungo la strada, si unirà a noi... sarà padrone come noi! Eravamo in tre, ed ora, eh?... Quanti siamo?... quattrocento?... cinquecento?...

[17]

CARBONI

Mille!

BORLA

E saremo tutti!

BONALDI

Tutto il mondo!

FRANCESCO

(ridendo commosso) Ah! Ah! Ah! Su... su.. su! Ci siamo! (mettendo le mani sulle spalle del Carboni e del Rissone e interrogandoli, sorridendo) Tu? e tu?... Non hai le vertigini? Io sì. Io ho bisogno di sentirmi sorretto, appoggiato, così! (si appoggia c. s.) Di sentirmi sicuro! (baciando Sofia con una grande risata piena di tenerezza) ed ho bisogno di sentirmi amato! Di stringerti al mio cuore come un pazzo!... qui!... qui!... Tutti!... (dopo aver abbracciato il Carboni e il Rissone) Anche tu, Borla! Anche tu, Bonaldi!... Marchesi! Vicino a me! Vicino a me! Sul mio cuore! Vicino a me tutti coloro che mi amano! (tutti si abbracciano, ecc. ecc.)

FOLLA

(dalla strada) Viva Quarnarolo! Viva Quarnarolo!

SOLAROLI

Senti! Senti! In quanti siamo ad amarti!

FRANCESCO

Evviva i miei compagni! Tutti i miei compagni! (cercando cogli occhi, fuori di sè) E Anna? Anna?... La signora Santer dov'è?

[18]

SOFIA

(indicando dal balcone) Eccola, Anna! Sul terrazzino delle scuole! (corre al balcone, non fuori, chiamandola e salutandola col fazzoletto) Anna! Anna! Anna!

FOLLA

(grida c. s.) Quarnarolo! Quarnarolo! Quarnarolo!

NICCOLINI

(dal fondo, forte) Fuori! Va fuori! Non farti pregare!

SOLAROLI

(pigliandolo sotto braccio, trascinandolo) Con me! Andiamo, con me.

RISSONE

Fuori! Fuori!

BORLA

Andiamo!

MARCHESI

Andiamo!

CARBONI

Andiamo!

BONALDI

Andiamo! (spingono Francesco sul balcone: grida e acclamazioni della folla. Restano sul balcone con Francesco: Solaroli, Borla, Rissone. Sofia, più indietro, saltando dall'allegrezza, si alza in punta di piedi per veder giù la folla in istrada. Intanto Scalfi sarà entrato in fretta dall'uscio interno della Redazione in cerca di bozze e di originale).

[19]

SCENA II.

Scalfi e detti.

SCALFI

(a Niccolini) Le bozze! Le bozze!... E dell'altro originale!

CARBONI

A mezzogiorno, festa a tutti i compagni! (a Scalfi) Anche ai tipografi!

SCALFI

(sempre in fretta) Non alla squadra della «Conquista.» Oggi si deve andare in macchina se tutto il fascicolo deve essere pronto per domani! (rivolgendosi ancora al Niccolini) Le bozze, le bozze, e dell'altro originale!

NICCOLINI

(in fretta) Prendi queste. Sono corrette! (chiamando) Bonaldi: il ritratto del Quarnarolo che deve andare col mio articolo?

BONALDI

È in stamperia!

SOFIA

È bellissimo!

SCALFI

(che ha preso le bozze) E l'originale? l'originale?

[20]

NICCOLINI

(chiamando) Marchesi!

SCALFI

(al Marchesi che corre in Redazione) Ancora roba!

MARCHESI

Giordano Candia ha mandato un articolo!

SCALFI

Fa presto!

MARCHESI

(cerca fra i manoscritti, poi) Eccolo!

NICCOLINI

Ma questo signor Giordano Candia, perchè non viene stamattina?

MARCHESI

Fino a mezzogiorno, sta sempre poco bene.

SCALFI

E se c'è da lavorare, sta poco bene anche dopo.

BONALDI

(con intenzione, a Sofia) Non se n'abbia a male, signorina Sofia!

SOFIA

Io? (con una gran risata, un po' forzata) E perchè?

FOLLA

(c. s.) Quarnarolo! Parla il Presidente! Evviva il nostro Presidente!

[21]

SOFIA

Il babbo! Il babbo! Ssst! Silenzio!

CARBONI

(chiamando) Niccolini! Niccolini!

TUTTI

(corrono attorno a Francesco, meno Scalfi che prende le bozze, l'originale, e v. v.)

FRANCESCO

(dal balcone: alla folla) Non al presidente!... Al vostro compagno di lavoro e di fede! Che importa di me?... dell'uomo?... È il cammino!... È la finalità dell'idea che vi deve commuovere! Non dobbiamo cadere nei vecchi errori! non vogliamo idolatrie!... Per il primo... vi dico: Se io stesso... fossi un giorno d'inciampo... alla vostra marcia... in avanti... passate sopra di me! Ma non vi fermate! Non vi fermate un istante!...

NICCOLINI

Benissimo!

FOLLA

(c. s. e quei d. d. meno Niccolini e Sofia: insieme) No! No! No! Sempre con Quarnarolo! Evviva Quarnarolo!

FRANCESCO

Ed ora, scioglietevi! Alle officine! Al lavoro! Non facciamo il giuoco di chi sta in agguato contro di noi!

[22]

SOLAROLI

Non offuscate la vittoria intelligente e cosciente del voto, col clamore volgare della piazza!

(Evviva ecc. Francesco, Solaroli ecc. salutano la folla: rientrano).

CARBONI

Benissimo.

BONALDI

Bravo.

FRANCESCO

Ed ora a voi! A voi! (c. s., esaltato, in fretta) Borla, Bonaldi, anche tu, Carboni! anche tu, Rissone! Correte: scendete giù in mezzo alla folla, ai compagni. Pregate, comandate, imponetevi. — A casa! A casa! Tutti a casa! (spingendoli fuori: Bonaldi, Rissone, Carboni, v. v. per la comune) Non bisogna dare pretesti! Bisogna impedire la repressione! le vendette!

SOLAROLI

Ci fossero soprusi, prepotenze, arbitri, mi sentiranno qui, e a Roma, alla Camera.

NICCOLINI

Coll'elezione di ieri, così unanime, e compatta, cominceranno a temerci.

MARCHESI

Basta leggere i loro giornali.

NICCOLINI

«L'Italia Liberale». Per ora morde soltanto col [23] ridicolo, ma è piena di bile. È tutta una mongolfiera la «Federazione»! è tutta una réclame al nostro editore, al nostro padrone, e al nostro stabilimento!

FRANCESCO

Nel numero d'oggi?

MARCHESI

Nel supplemento di ieri sera.

NICCOLINI

Oggi non è ancora uscita!

SOLAROLI

(guardando l'orologio) Uscirà a momenti!

FRANCESCO

E si risponde! Rispondete: dite forte, in pubblico, quello che noi siamo davvero: ed ora, è tempo. Dite che il periodico «La Conquista» non ha editore, non ha proprietario: che «La Conquista» come tutta la nostra grande officina intellettuale e materiale, non ha padroni, non ha speculatori, ma che tutto questo siamo noi, noi tutti insieme, noi che abbiamo dato pei primi, nel mondo del pubblicismo, l'esempio di una vera e grande cooperativa di lavoro, noi che da anni siamo associati con eguali diritti, e con eguali doveri. Presto: al lavoro! al lavoro! Abbiamo perduto troppo tempo (va ad accendere la macchinetta del caffè che ha sulla scrivania, poi, torna) E noi non abbiamo tempo da perdere.

[24]

SOLAROLI

E lo schema di statuto per il Patto Nazionale?

FRANCESCO

Appunto, oggi: approfittiamo della giornata di vacanza per discutere, coordinare, e, se si può, anche redigere! ho lavorato tutta notte: una tazza di caffè e avanti! Bisogna camminare, correre... Su, su, su! e arrivare! Oggi, oggi stesso... lo direte al Carboni, al Rissone, al Borla, a tutti.... (a Sofia). Anche a Giordano Candia. Bisogna scegliere i compagni da mandar subito a Torino, a Genova, a Napoli, per raccogliere nuovi aderenti alla Federazione, (al Solaroli) Per Roma, sei deputato, andrai tu, penserai tu! Sbrigatevi colla «Conquista». Rispondete forte, ma poche parole! Dopo chiamatemi, e chiamate i compagni! (spingendoli) Andate!... Andiamo! Presto! (quando Solaroli, Niccolini ecc. v. v., Francesco chiude l'uscio della Redazione. Sofia entra nelle stanze interne).

(Lunga pausa).

[25]

SCENA III.

Francesco solo, poi Sofia che torna vestita, per uscire.

FRANCESCO

(si pone alla scrivania e comincia a scrivere in fretta)

SOFIA

(mentre attraversa la scena, avviandosi verso la comune, Francesco si versa un'altra tazza di caffè colle mani tremanti. Sofia con dolce violenza gli porta via la tazza).

FRANCESCO

(guardandola) Mi fa male?

SOFIA

(prende la macchinetta, la scuote) È quasi vuota! (Gli tocca la fronte, gli stringe insieme tutte e due le mani col fare avvezzo d'un dottore, per sentire se scottano) Ti esalta. Ti eccita, e tu hai bisogno di calma.

FRANCESCO

(corre subito sul balcone, guardando fuori) La signora Santer era sul terrazzo?... Non c'è più?... No! Le dirai di venir qui, subito... ho da parlarle. (tirandosi vicina Sofia, e guardandola) E anche a te... ho da parlare. Tu non hai pregiudizii... [26] Tu sei libera, pura, immune da ogni ipocrisia, da ogni imposizione di scuole, di dogmi. Anche tu, sei una bella, una cara vittoria mia! (accarezzandola, ecc.) la più bella... la più cara!... (ridendo) Ah! Ah! Carboni voleva fare di te una sarta, o una modista: Rissone, una maestra comunale: io no. Io no! ed ho fatto della mia figliuola, uno spirito moderno... ed ho voluto... ho voluto renderti forte contro il male... e forte... forte contro il dolore. — Io ho sofferto, sai? — Ero giovane come te; ho molto sofferto!

SOFIA

(con l'incanto della tenerezza e della grazia infantile) Quando è morta la mamma?

FRANCESCO

(ha un fremito, un lampo negli occhi, si alza e poi) Sì... allora... allora!... (scotendosi di nuovo, esaltandosi) E da allora... pensa... pensa... pensa!... Quanto lavoro!... Quante battaglie!... Quanta strada percorsa! — Io non avevo talento, no; ma avevo cuore. Io non potevo, non sapevo, non volevo scrivere libri: volevo fare, ed ho fatto. Tutto ciò che gli altri avevano soltanto pensato, meditato, predicato, io l'ho messo in pratica: e perciò, ogni mio passo è stato una conquista vera, definitiva. Ed oggi... Ah! Ah! Guarda, guarda da quella finestra: le nostre officine sono vaste, lunghe come contrade. Ora non sono più un illuso, un sognatore, un pazzo. (Le indica il drappo e l'iscrizione) Ah! Ah! Ah! Oggi, dodicimila coscienze sono con me!

[27]

SOFIA

Non ti ho mai visto, così. Sei pallido. Hai l'occhio acceso. (Gli passa la mano sulla fronte con sollecitudine materna) Non lavorare più, stamattina! Accompagnami. Vieni con me!

FRANCESCO

Riposare?... È impossibile. Sì; ho la febbre, ma è una febbre che non fa male. È una febbre di gioia, di esaltazione; è una febbre di lavoro, di idee. È la febbre (piano, quasi all'orecchio, con infantile confidenza) del mio trionfo! Va! Va! E poi torna presto. Sono come i bambini, sai, quando sono contento non posso star solo. (si siede, poi chiamandola ancora) Sofia!

SOFIA

(correndo) Babbo... (si ferma, lo guarda, sorride) Non mi dimentico, no!

FRANCESCO

Che cosa?

SOFIA

(con malizia carina) Di dire... alla signora Santer di venir qui!

FRANCESCO

(ridendo) Sentiamo, la tua opinione, la mia piccola e cara arca di scienza, la tua opinione sulla signora Anna.

SOFIA

(c. s.) Come direttrice delle Scuole Operaie?

[28]

FRANCESCO

No.

SOFIA

Come presidentessa della Lega Femminile?

FRANCESCO

Rispondimi questo soltanto: Vuoi bene, vuoi proprio bene alla signora Anna?

SOFIA

Moltissimo. — Tu, però, gliene vuoi ancora più di me.

FRANCESCO

Hai capito?...

SOFIA

Ho studiato filosofia, qualche cosa ho pur da capire!

[29]

SCENA IV.

Marino e DETTI.

MARINO

(che ha udite le ultime parole) No, no, signorina. Per tutto questo soltanto... potrebbe anche... non capir niente!

SOFIA

Marino? Addio, signor Marino! Si ferma?

MARINO

(stringendole la mano) Se ho la speranza di rivederla, certo.

SOFIA

Torno subito. (via).

MARINO

(la segue collo sguardo, poi sospira: rivolgendosi a Francesco) Lei pensa e lavora per la felicità universale!... Se io avessi una figliuola come quella lì, non lavorerei che per darle una dote... e non penserei che a trovarle un galantuomo per marito. — Non ho altro lavoro: ho bisogno di guadagnar qui la mia giornata: quattro lire soltanto. (dopo un momento mettendosi il cappello) Scusi: ho freddo.

FRANCESCO

In tipografia vi daranno da lavorare.

[30]

MARINO

Nossignore. Anche qui c'è il suo bel giorno dello Statuto: oggi si fa festa per lei, il che, a sentire lo Scalfi, il proto, e Rissone, l'amministratore, dovrebbe significare digiuno per me.

FRANCESCO

Prendete da copiare. (prepara la prima parte del Patto Nazionale).

MARINO

(prende il tavolino, o scrivania, che sta appoggiato alla parete e lo porta un po' innanzi: avvicina una seggiola al tavolino, mette sul tavolino il proprio cappello, poi va da Francesco a prendere il manoscritto).

FRANCESCO

Intanto questo: poi tornate (sempre scrivendo c. s.)

MARINO

(prende il manoscritto, e tornando al suo tavolino legge a mezza voce l'intestazione, quasi cantarellando) «Federazione delle Associazioni Operaie: Patto Nazionale».

FRANCESCO

Meditate bene quello scritto. Anche voi dovreste diventare dei nostri.

MARINO

Io?... dei vostri?... No. Siete tutti fratelli, ed io mi vanto di essere figlio unico! (copiando un primo brano c. s.) «La grande famiglia di chi [31] lavora e spera non conosce confini nè di regioni nè di paesi: (si mette il cappello). Mi copro, se permette.

FRANCESCO

(che è intento a scrivere e non gli aveva badato) No! No! qui, aspetto gente, andate a casa vostra, mi porterete il lavoro fra un'ora o due...

MARINO

Le dirò, casa mia l'ho soltanto qualche volta, la sera, quando non mi è riuscito di nascondermi in un caffè. — Preferisco dormir male e mangiar bene: la gola è un vecchio peccato che mi è tanto più caro, perchè è il solo che mi sia rimasto fedele, (copiando) «Nel nostro paese stesso è d'uopo ch'essa si fonda, si conosca, cooperi agli intenti comuni.» (forte) Se verrà gente, me ne andrò.

FRANCESCO

(osservandolo) Eppure... avete talento... avete studiato... Perchè non cercate di fare qualche cosa di meglio del correttore di bozze, o del copista?

MARINO

Non ho nessuno e non me ne importa niente di nessuno. Forse... faccio un'eccezione per voi. Ma non vantatevene: ho detto forse!

FRANCESCO

Se non v'importa di nessuno, per voi stesso dovreste cercare di stare meglio.

[32]

MARINO

Il meglio è nemico del bene: io, così, sto benissimo. (a Francesco che lo osserva, alzandosi) Sicuro: quattro lire, col mio appetito buono e delicato mi bastano in punto e non avanzo un soldo, e così non dovendone, e non avanzandone, vivo tranquillo senza il tormento dei debiti e senza le angosce dei crediti. Questo è il mio studio. In quanto al mio talento... in quanto al mio talento lo adopero per godere, per gustare quello degli altri che sono stati prodighi del loro. — E scelgo i genî che sono morti, per essere sicuro di non sbagliarmi.

FRANCESCO

(lo guarda sempre c. s.: gli fa cenno di no, colla mano).

MARINO

Non mi credete? — Invece del copista, del correttore, che cosa dovrei fare? — Dovrei fare dell'arte, della letteratura, nella snervante irrequietezza dello spirito nostro, vagheggiante ideali che ancora ci sfuggono, fantasmi, perpetuamente inafferrabili? (con un'alzata di spalle) No! E poi, io sono orgoglioso, superbo. Io fo l'amanuense per vivere: non sarò mai un piccolo industriante di arte o di letteratura che si affanna raccattando dei ferravecchi per sbarcare il lunario! (irritandosi di più perchè Francesco continua a fissarlo e a negare) E nemmeno voglio fare il mestiere... della politica, perchè... perchè [33] sono indipendente: il solo padrone di me stesso. Sissignore!... — Voi siete democratico, socialista? — io sono aristocratico. — Voi amate la piazza?... — Io la detesto. — Voi ci tenete alla popolarità? — io me ne infischio, e non farò mai le capriole dinanzi ad una folla di despoti cretini, che non mi vale nè per l'ingegno, nè per il carattere e nemmeno, il novantanove per cento, per l'onestà! (avanzandosi) Sissignore. Lo dico a voi; questo è per voi. Per voi che mi osservate e mi scrutate per strapparmi un segreto sotto i miei panni laceri e sudici.

FRANCESCO

No. Io, soltanto, mi domando il perchè di questa vostra amarezza, di questo odio che avete nell'anima; e non certo per farvi del male.

MARINO

So, so. Anzi; voi vorreste che io venissi qui a fare la parte del riabilitato, la dimostrazione pratica delle vostre teorie: — «l'ambiente fa l'uomo, e occorrendo lo rimette a nuovo.» (Francesco gli stende la mano: pausa: Marino non la stringe) — Dite la verità: credete che io mi nasconda perchè abbia rubato, ammazzato? Fors'anche dubitereste che io fossi una spia, se non aveste veduto, realmente, che quando non lavoro non si mangia?... (si guardano fissi) Sono io che stendo a voi la mano. (eseguisce) E senza nessun interesse. Voi vorreste indagare nella mia anima e scoprire il perchè del mio odio?... Io no. Io non cercherò mai nel vostro passato, la [34] ragione vera, prima, il perchè... del vostro amor del prossimo.

FRANCESCO

Nel mio passato, non trovereste altro che un gran dolore, e le ingiustizie sofferte. (Francesco e Marino si stringono ancora la mano dopo essersi ancora fissati a lungo: Francesco si siede, e si rimette a scrivere).

MARINO

(torna al suo posto) Se mai, un giorno, le potrà giovare... le racconterò... le dirò... Adesso no: sarebbe inutile. Il ricordare, per me, non è un divertimento, e forse, neanche per lei. (si siede, legge, copiando c. s.) «L'umanità non deve dare spettacolo di una eterna battaglia, nella quale il debole è schiacciato, ma deve ispirarsi al concetto dell'armonia, della solidarietà fra tutti gli esseri.»

[35]

SCENA V.

Anna e DETTI.

ANNA

(entrando, di corsa, senza vedere Marino) Eccomi, Francesco! (vedendo Marino: correggendosi) Mi ha fatto chiamare, signor Francesco?

FRANCESCO

(vedendo che Marino fa per andarsene) Marino?

MARINO

(ritornando) Vado a bere il caffè e a leggere i giornali. Con permesso. (va via).

FRANCESCO

(Francesco ed Anna si guardano sorridendo) Ormai, non è più un segreto per nessuno!

ANNA

Che importa? Sono tua. Che tutto il mondo lo sappia; sono orgogliosa di te. Adesso, vedendo quella folla che delirava, che ti acclamava, oh, come, come avrei voluto gridare: è mio, è mio! Io lo amo più di tutti, io lo adoro più di tutti. Io, più di tutti, so quanto è buono, quanto è degno di essere amato, adorato... (Francesco le accenna verso l'uscio della Redazione) Non t'ho detto che non m'importa? E poi non sono libera? Non sono vedova? Non ho nessuno che mi possa comandare. Tu solo. Tu! Tu! Tu sì!

[36]

FRANCESCO

E Sofia? sai?... Anche Sofia se n'è accorta. Che cosa ti ha detto?

ANNA

Che avevi da parlarmi; che mi chiamavi... e poi sorridendo mi ha dato un gran bacio: così! (eseguisce: Francesco indica ancora ridendo verso la Redazione. Anna alza le spalle, sorridendo anch'essa, poi legge i voti) Undicimila settecento novantatre... Avevo ragione io. La signora Canzi diceva che erano soltanto undicimila cinquecento! Io mi sono tanto arrabbiata che avrà finito certo... per capir tutto anche lei!

FRANCESCO

(affettuoso, contento) Ma tu... sei ancora più esaltata di me. Gli applausi, le grida, ti hanno dato un po' alla testa.

ANNA

Che folla!... era tutta la piazza gremita!

FRANCESCO

Mi vedi attraverso al bene che mi vuoi e ti sembro chissà che cosa! È un bel passo in avanti, questo, sì. Migliaia di lavoratori si sono stretti in una Federazione maravigliosa e mi hanno eletto a loro capo: ma io, in tutto ciò, non devo scorgere altro che un maggior cumulo di doveri. (sforzandosi per calmarsi) Ragioniamo, ragioniamo un po' io e te... (premendosi colla mano la fronte per concentrarsi, per calmarsi, ecc.) ragioniamo freddamente. Fino a ieri, cos'ero [37] io?... Un cooperatore, un organizzatore, un propagandista, tutto ciò che vuoi; ma serbavo assoluta l'indipendenza della mia vita intima.

ANNA

(vivamente) E oggi? E oggi?...

FRANCESCO

Da oggi, io non mi appartengo più; io sono degli altri, di quella folla che mi ha eletto, acclamato: la vita pubblica, le responsabilità di un posto di combattimento e di direzione, come quello che io ho accettato, impongono delle... delle limitazioni, delle restrizioni.

ANNA

(c. s.) Restrizioni?

FRANCESCO

La mia casa, ogni mia parola, ogni mio atto, possono, anzi, devono, essere controllati, sindacati; i nostri rapporti potrebbero essere giudicati, perdona la brutalità, una tresca volgare. Ora questo, no.

ANNA

(con un grido) No?

FRANCESCO

Tu, tu sola sai tutto. C'è una donna... alla quale la vecchia legge stupida e feroce serba il diritto (con ironia e amarezza) di essere mia moglie.

ANNA

Io ti amo! Ti amo! Separarci? Oggi?... Oggi? Non ti ho mai amato tanto! Ma io sfido la calunnia, il disprezzo, sfido tutto!

[38]

FRANCESCO

Allora, ti domando la forza, l'audacia, la superiorità di vincere un nuovo pregiudizio, di imporre un nuovo esempio.

ANNA

Tutto ciò che vuoi.

FRANCESCO

Ti senti... saresti pronta a sostituire ai vincoli consueti degli altri, i vincoli soli del cuore, e ad essere mia moglie di fatto? Mia moglie al cospetto della mia coscienza, di mia figlia, del mondo? (va a cercare fra le sue carte ecc. poi legge ad Anna) «L'amore solo deve unire le vite e i destini; l'amore, fiero di sè, libero di sè, che dietro sè non lascia catene quando migra dai cuori». Anna, associamo in una le nostre due esistenze: entra libera, sicura nella mia casa, per dividere con me il mio lavoro ed il mio pane, diventa per la ragione inviolabile del nostro diritto e della nostra volontà, la compagna unica, amata, rispettata, difesa, la degna compagna della mia vita.

ANNA

Tanto grande sei!.. Tanto in alto sei!... Io non so rispondere, io non so che amarti. Fa di me ciò che vuoi; io sono tua. Questo solo ti domando: Voglio essere tua.

FRANCESCO

(abbracciandola) Sempre! Sempre! Sempre!

[39]

SCENA VI.

Sofia e DETTI; poi Solaroli sull'uscio della Redazione.

SOFIA

(corre dentro, levandosi il cappellino: vedendo Francesco e Anna abbracciati si ferma con un piccolo grido) Ah!

ANNA

(vivamente si scioglie da Francesco).

FRANCESCO

(trattenendo Anna) Sofia, tu sai che io amo la signora Santer e che la signora Santer mi ama. Ebbene, essa diviene da oggi, senza rossori, senza falsi pudori, senza ipocrisia, in faccia al mondo, in faccia a tutti diviene la... la... (cerca la parola, intimidito dallo sguardo fisso, calmo di Sofia) diviene da oggi... la tua buona mamma!

SOFIA

(con un sorriso pieno di tristezza) Mamma?... Mamma no. Mi hai sempre insegnato ad essere sincera: perchè hai voluto dire in questo momento una parola che non è vera? Perchè hai detto mamma? (fra Anna e Francesco, abbracciandoli) Amica: sarà la mia amica più intima, più cara, questo sì, te lo prometto, col cuore. (sempre c. s.) E sarò tanto, tanto contenta. Ma la mamma... no. È morta la povera mamma. La mia mamma che non ho mai veduta... l'ho [40] figurata a modo mio, la penso a modo mio: voglio poterla pensar sempre così. Perdonami, babbo! Tu non mi hai lasciato credere in ciò che è falso e non credo: non è un pregiudizio, no!... No! (guardando cogli occhi fissi e indicando con un gran rimpianto verso il cielo) Non sarà là... no! Non è là... ma qui... (colla mano sul cuore) Qui... sì... sì... qui, sempre! (si sforza, sorride, abbracciando i due mentre dice all'uno e all'altra) Vorrò tanto bene a te e a te. (balbettando) Ma la mamma... (scoppiando in lacrime) Non parliamo della mamma!

(Sofia, Francesco e Anna sono tutti e tre diversamente commossi: pausa).

SOLAROLI

(apre l'uscio della Redazione. Si vedono dentro, seduti, Niccolini e Marchesi; Scalfi ritto in piedi aspetta le bozze — Solaroli, chiamando) Francesco! Vieni a leggere la risposta all'«Italia Liberale»! (Francesco entra con Solaroli. Chiudono l'uscio ecc.).

[41]

SCENA VII.

Sofia e Anna.

SOFIA

(si volta, guarda Anna, vede che si asciuga gli occhi, si avvicina balbettando) Sei buona... Tanto buona (di colpo, abbracciandola) Fatti sposare dal babbo; Anna, Anna! Fatti sposare dal babbo!

ANNA

Tu... tu Sofia, dunque, non approvi tuo padre, e condanni... e ci condanni...

SOFIA

No! No! Io non condanno il babbo; non condanno te. Avrete ragione. Ma io sono una donna... Anzi, non sono ancora che una ragazza; io ragiono soltanto col cuore. Io ho degli altri sentimenti, dei bisogni dell'anima mia, delle aspirazioni che non posso capire, che non posso esprimere, che si confondono... e mi confondono. Io non giudico il babbo, io lo amo, lo ammiro; io non giudico te, ti voglio bene; ti stimo tanto: solo ti dico questo: ti prego, ti supplico, fatti sposare dal babbo, come aveva sposato la mia povera mamma!... Sarò... mi sentirò... (premendosi la faccia, la fronte) Non so esprimermi... non so... Mi sentirò più tranquilla... e poi... allora sì, allora sì!... Sei tanto bella! Allora forse potrò illudermi, e dirò mamma anche a te!

[42]

SCENA VIII.

Giordano Candia e DETTE.

GIORDANO

(entra dalla comune avviandosi verso la Redazione: sta leggendo l'«Italia Liberale». Vedendo Anna nasconde il giornale).

ANNA

(sforzandosi per vincere la propria commozione) È in ritardo, signor Giordano.

SOFIA

(c. s.) Ci sono già tutti in Redazione!

GIORDANO

(spia dall'uscio che apre appena e richiude) Tanto meglio! Così non hanno bisogno di me (guarda, studia, l'una e l'altra, capisce che sono commosse) Scenderò in tipografia. (Sofia gli fa dei cenni indicando Anna: Giordano crede indovinare e risponde con altri cenni) Quello Scalfi è inesausto nelle scorrezioni. È una sofferenza atroce, immane. — Se ne va, signora Santer?

ANNA

Alle scuole, — sì. — È tardi! (v. v.)

GIORDANO

(prima accompagna Anna fino all'uscio, camminando elegantemente, — poi a Sofia) Insistevi inutilmente co' tuoi cenni. Certo, non avrei parlato. Non hai visto che ho nascosto subito il giornale?

[43]

SOFIA

Il giornale?

GIORDANO

L'«Italia Liberale».

SOFIA

Perchè?

GIORDANO

Per evitare il discorso dello sfratto.

SOFIA

Lo sfratto? (vivamente, con un grido) Del babbo?

GIORDANO

Che c'entra tuo padre! Lo sfratto della signora Santer, che è svizzera.

SOFIA

Lo sfratto, ad Anna?

GIORDANO

Ma sì. Non sapevi?...

SOFIA

Dov'è questo giornale?

GIORDANO

Eravate... in lacrime!

SOFIA

Dov'è questo giornale? — Sorridi? — Sei così indifferente?

GIORDANO

Non impressionarti: non spaventarti, subito. Io la credo una minaccia, un desiderio. Del resto, poi, io non ho mai avuto nessun entusiasmo per la [44] signora Santer. Il suo non è amore: è una superfetazione morbosa della vanità.

SOFIA

Dovresti essere addolorato per me... se mi volessi bene! (irritata) Dammi questo giornale!

GIORDANO

(sorridendo affettuosamente, con sincerità, dandole il giornale) Tu non mi dici altro che cattiverie: tu mi strapazzi sempre senza pietà: questa mattina non mi hai domandato nemmeno come sto. Resterei, se non ti volessi molto bene? (le indica un brano del giornale col dito mignolo) Lì.

SOFIA

(legge) «Una prima misura». (guarda Giordano come per domandare se è quello l'articolo).

GIORDANO

Sì.

SOFIA

(c. s.) «Siamo in grado di assicurare che dal Ministero degli Interni furono emanate istruzioni precise ed energiche sulla necesità di reprimere l'azione di un gruppo di sobillatori che pomposamente hanno preso il nome di — Federazione delle Associazioni Operaie — cui devonsi molti dei recenti conflitti fra capitale e lavoro.»

GIORDANO

Il giornale è conservatore, ma non nella grammatica.

[45]

SOFIA

(fa un moto di dispetto: continuando) «E poichè alla cosidetta Federazione fanno capo anche gli elementi più irrequieti e pettegoli della così detta Lega Femminile, si adotterà una prima misura, intimando di lasciare il nostro paese, nelle ventiquattro ore, a certa signora Anna Santer di nazionalità svizzera, nota per la sua ingombrante invadenza in tutte le pubbliche riunioni, ed intimamente legata a qualcuno fra i pezzi grossi della setta...» Dio! Dio! Il papà! Bisogna avvertirlo subito! (mentre si volta verso la Redazione per chiamare Francesco, vede Don Guglielmo Nördel che è già entrato).

[46]

SCENA IX.

Don Guglielmo e DETTI.

DON GUGLIELMO

(saluta sempre sorridendo affabilmente ma sempre con simpatica e dignitosa affabilità).

GIORDANO

(con fare ironico, sprezzante) Chi cerca il monsignore?

DON GUGLIELMO

No: non sono un monsignore: non sono nient'altro che un povero prete di montagna, di Montairolo nella Svizzera: il paese della signora Anna; la vedova del signor Santer.

GIORDANO

(c. s., sprezzantemente) Va bene: cosa vuole?

DON GUGLIELMO

Di tanto in tanto faccio una scappatina a Milano. — Oh, per poche ore! — e questa volta, appunto, avevo ricevuto incarico dai parenti della signora Santer... da sua zia in particolare, che le ha sempre fatto da madre — oh, una santa donna! — avevo ricevuto incarico d'informarmi della signora Anna e di sapere, di vedere come sta, e portarle i saluti e le notizie... della sua famiglia.

GIORDANO

La signora Santer non c'è. A cercarla vada alle scuole, o a casa sua.

[47]

DON GUGLIELMO

(che non sa frenare un lampo di contentezza) Ah!... Non abita qui? Ero già stato a cercarla alla scuola e mi avevano dato questo indirizzo. Invece... non abita qui?

GIORDANO

(c. s.) Le ho risposto di no: non ha capito?

SOFIA

(con deferenza e con premura) Abita vicino alle scuole: due case dopo: al numero 7.

DON GUGLIELMO

(sorridendo) Ecco, ecco, ecco! Allora... si sono sbagliati!... E dalle scuole, per venir qui, gira e rigira in tutto questo grande stabilimento, avevo perduto la strada. Un operaio mi ha detto di salire la scala... sono salito... fuori non c'era nessuno... e sono entrato: domando scusa.

GIORDANO

Oh, si figuri! Ma adesso che il reverendo sa...

DON GUGLIELMO

Adesso, pregherò la... signorina non è vero? Pregherò la signorina di dire lei alla signora Anna, che sono stato spiacentissimo di non averla trovata; che io oggi devo partire subito; ma tornerò, tornerò presto. Mi farà questo favore, signorina... (aspettando e invitandola a dire il nome).

SOFIA

Sofia: Sofia Quarnarolo.

DON GUGLIELMO

Ah, bene, bene! E lei sarebbe dunque la...

[48]

SOFIA

La figlia del signor Quarnarolo.

DON GUGLIELMO

Allora, senza saperlo, io sono entrato in casa sua, e in casa del suo signor padre; — perchè abitano insieme?

SOFIA

Sì.

DON GUGLIELMO

Bene, bene, bene.

GIORDANO

E adesso che ormai ella sa che la signora Santer sta al numero sette e che il signor Quarnarolo abita qui, con sua figlia, vuol favorire...

SOFIA

(interrompendolo, poi a Don Guglielmo, sempre con premura e deferenza) Vorrebbe favorirmi il suo nome, perchè possa dirlo anche alla signora Anna?

DON GUGLIELMO

Già, già; coi miei saluti, e, in modo particolare, coi saluti di sua zia e della sua famiglia. Don Guglielmo Nördel. — Si rammenta? — Don Guglielmo Nördel. (saluta Giordano, saluta Sofia che lo accompagna fino all'uscio).

GIORDANO

(a mezza voce, credendo di non essere inteso) Tanti saluti a casa, e mi ricordi nelle sue orazioni.

[49]

DON GUGLIELMO

(voltandosi) Sissignore; sarà fatto: è il mio dovere di buon cristiano, di buon cattolico... e di prete! (via).

SOFIA

(è rimasta come colpita: avvicinandosi di nuovo a Giordano) I parenti di Anna?... (pensando a Don Guglielmo) Che abbia letto, che abbia saputo dello sfratto?... Che sia venuto per questo?

GIORDANO

Certo; per sapere, per curiosare; (ridendo) per salvare l'anima della signora Santer!

[50]

SCENA X.

Francesco, Solaroli, Marchesi, Niccolini: parlano tutti insieme: in fine Marino e DETTI.

FRANCESCO

È un'infamia! lasciatemi dire: lasciatemi gridare. È un'infamia! Hai sentito Sofia? (a Giordano) Hai letto l'«Italia Liberale»?

SOFIA

È vero poi? Sarà vero?

MARCHESI

È una insinuazione.

NICCOLINI

Hanno lanciato la bomba: se va, va!

SOLAROLI

Ci penso io; ci penso io. Vado io dal Prefetto.

FRANCESCO

È una vigliaccheria! Una vigliaccheria! Contro una donna!

MARCHESI

Tutte le armi sono buone, in certi casi.

NICCOLINI

Specialmente le cattive.

SOLAROLI

Perchè gridare, arrabbiarsi? Ci vuol altro; siamo avvezzi a ben altro!

FRANCESCO

È l'insulto; è la volgarità che m'irrìta.

[51]

NICCOLINI

(a Sofia) La signora Anna, sa di questa notizia?

SOFIA

No, no; non credo.

FRANCESCO

Dov'è andata?

SOFIA

Alle scuole.

MARCHESI

(a Francesco) Dovresti prevenirla.

FRANCESCO

(a Sofia) Va; non lasciarla sola. Impedisci che possa leggere o che le venga riportata quella malvagità!... Anche tu, Giordano: va, va; — andate. (tornando: agli altri) Anna è una donna forte, coraggiosa... soltanto... la prima impressione... potrebbe rimanere colpita... (al Solaroli) E devi dire che è mia moglie; mia moglie in faccia ai miei compagni. L'ho annunziato a mia figlia: lo annunzierò a tutto il mondo!

SOLAROLI

Soltanto... la forma del nostro matrimonio non è riconosciuta in prefettura.

NICCOLINI

(a Francesco) Adesso, calma e non occupartene. Adesso non pensarci!...

SOLAROLI

(indicandogli la scrivania) Fa, fa, quello che hai da fare. E fa presto.

[52]

MARCHESI

(avviandosi verso la Redazione) La seduta resta fissata per le due?

SOLAROLI

Per le due. (a Francesco, battendogli sulla spalla con aria di protezione) Faremo tacere anche l'«Italia Liberale».

FRANCESCO

(va alla sua scrivania: mentre Niccolini e Marchesi si vestono in Redazione per uscire, entra Marino e si siede al suo tavolino. Marchesi v. v. dall'uscio interno della Redazione).

NICCOLINI

(col cappello in testa, sull'uscio della Redazione, a Francesco) Ricordati anche la tua lettera di accettazione!

FRANCESCO

Sì!

NICCOLINI

Ciao!

FRANCESCO

Ciao! (Niccolini chiude l'uscio della Redazione, ecc. Via).

[53]

SCENA XI.

Marino, Francesco: grida dalla strada.

FRANCESCO

(sedendosi, cerca fra le sue carte nella scrivania, poi torna a scrivere).

MARINO

(copiando, ripete a mezza voce) «Ciascuno deve dare secondo le sue facoltà... e ricevere secondo i suoi bisogni...» (mettendosi il cappello) Con permesso! (copiando) «deve dare... secondo le sue facoltà...»

VOCI

(dalla strada, di molti strilloni, che passano correndo in fretta, vendendo l'«Italia Liberale») L'«Italia Liberale!» L'«Italia Liberale!» Grandi notizie! (una voce forte e una volta sola) Lo sfratto della signora Santer!... (tutti c. s). L'«Italia Liberale!»

FRANCESCO

(corre verso l'uscio, per uscire, alzando le mani con minaccia).

MARINO

Cosa fate?... Signor Francesco!

FRANCESCO

(si sforza per vincersi; dà un'alzata di spalle sdegnosa e torna a sedersi alla scrivania: pausa).

[54]

MARINO

(leva il cappello che mette sul tavolino; si avvicina a Francesco) Sapete?... È ora di stare in guardia. Non è la signora Santer, siete voi che si vuol colpire.

FRANCESCO

(quasi con un senso di previsione paurosa) Oggi?...

MARINO

Oggi; appunto. Il cacciatore non tira all'allodola, finchè saltella giù, terra terra, ma quando spicca il volo, quando s'innalza in mezzo alla luce, in faccia al sole. Allora, spara il colpo, e se l'allodola è a tiro, l'ammazza.

FRANCESCO

(ha un fremito fissando Marino).

MARINO

Ero un ragazzo, facevo ancora il Liceo: per ischerzo, per ignoranza, perchè istigato da... da una femmina - la prima - ho messo... (sforzandosi: forte) ho falsificato la firma di un mio compagno di scuola e di ozio sotto una cambiale di cento lire. La sera stessa mi sono buttato alle ginocchia di mia madre; la sera stessa la cambiale fu ritirata, pagata, stracciata. Statemi a sentire, signor Quarnarolo. Dieci anni dopo, ciò che voi oggi fate per le vostre riforme sociali, io lo facevo per quelle istituzioni in cui avevo fede; cioè, mettevo tutto me stesso, il mio sangue, il mio ingegno, la mia vita, il mio coraggio in una causa che mi pareva giusta, in una causa che mi pareva vera, che mi pareva santa!

[55]

VOCE

(di un solo strillone, fermo sotto alla finestra — vicino alla scrivania di Francesco — che ripete colla solita cantilena monotona) L'«Italia Liberale!».

MARINO

Il mio giornale, ero giornalista, avevo un giornale mio, il mio giornale si fa potente, temuto, terribile. Ci sono le elezioni politiche; mi portano candidato. Anch'io avevo spiccato il volo ed ero in alto, in mezzo alla luce, in faccia al sole, e allora... allora hanno tirato il colpo. Scoppia una polemica fiera, atroce, che appassiona, che mette sossopra tutta una città; devo avere un duello, un seguito di duelli... (ridendo) — Ah! Ah! Ah! — Io rispondevo a quelle iene, a quelle pecore, con ruggiti da leone! Quand'ecco, non si sa come, una voce vaga, ricorda, poi, a mano a mano più insistente, precisa il fatto! I padrini avversari, rifiutano una partita d'onore: si accordano coi miei per un giurì... (c. s.) — Ah! Ah! Ah! Quando quattro canaglie onorate si trovano d'accordo per ammazzare un uomo, ne trovano una quinta e formano un giurì d'onore! — La cambiale c'era, la firma falsa c'era; tutto vero, tranne la mia inesperienza, i miei diciassette anni, la mia innocenza morale! Il giornalista, potente, temuto, incorruttibile, è un falsario. Devo abbandonare tutto, anche il mio giornale, ritirarmi, sparire. (si alza, si allontana, poi si avvicina di nuovo a Francesco).

VOCE

(c. s.) L'«Italia Liberale!» Grandi notizie!

[56]

MARINO

E voi, approfittate della mia esperienza: o terra terra, o in alto subito, alto tanto da esser fuori di tiro!

FRANCESCO

(colpito: assai turbato) Ma... io non ho firmato cambiali false... (correggendosi) nemmeno... nemmeno da ragazzo.

MARINO

(sorride amaramente) Non è sempre delle colpe commesse che si deve render conto...

VOCE

(c. s.) L'«Italia Liberale!».

MARINO

... E voi, badate: come tutti i sognatori, siete uscito troppo dalla... realtà... dall'umile realtà della vita. E guai se è la realtà che vi afferra, e vi tira giù. Forse comincia ora: collo sfratto alla signora Santer, alla vostra... compagna, (tornando al suo tavolino) Ferdinando Lassalle, l'autore di Forza e diritto, ha finito di farsi ammazzare in un duello, cavallerescamente, per una... romantica, che aveva i capelli rossi. (seduto al tavolino) E non dimenticate che la realtà della vita per se stessa è codina... sta sempre indietro di un secolo! (mettendosi il cappello) Scusate, con permesso.

FRANCESCO

(si guarda attorno, paurosamente: trasalisce ogni volta sente il grido dello strillone).

(c. s.) L'«Italia Liberale!» Grandi Notizie!

FINE DELL'ATTO PRIMO.

[57]

ATTO SECONDO

In casa di Francesco Quarnarolo: salotto interno. La comune in fondo, con anticamera. Pure in fondo, un uscio dal quale si vedrà un altro uscio che mette nella camera di Sofia.

SCENA I.

Marino solo, poi Anna, in fine Sofia.

MARINO

(si avvicina a un uscio, quello della camera di Sofia, poi a un altro uscio di fianco: chiamando) Signorina Sofia! Signorina Sofia!

ANNA

(venendo dalla sua camera: è assai turbata) Sofia sarà nella sua camera.

MARINO

Non ha risposto; non importa. Pregherò lei di dire al signor Francesco che ho veduto il Solaroli e Giordano Candia; vengono subito.

ANNA

(crolla il capo; lo guarda sospirando).

MARINO

(si avvia, poi torna) Se il signor Francesco mi cerca, sono di là. Il Carboni mi ha dato un monte [58] di bozze da correggere: per due giorni sono a posto. Poi, mi dedico al canto.

ANNA

(lo guarda maravigliata)

MARINO

Copio musica. Un maestro russo mi ha dato tutta la sua musica da copiare. Sarò a posto per un'altra settimana; e bene.

ANNA

Guadagna di più?

MARINO

No, di meno: ma ho il vantaggio di non capire ciò che devo copiare. (si avvia).

ANNA

(quando Marino sta per uscire: con dolore) Dica, ma dica lei! non è una grande ingiustizia?

MARINO

Veramente, l'opuscolo «Di chi sarà il domani» è incriminabile dieci volte. Il signor Francesco ha commessa una... diremo, una generosa ingenuità dichiarandosene il solo responsabile. Le leggi ci sono: bisogna bene applicarle, almeno contro gl'ingenui.

ANNA

Ma io!... io!... Che cosa ho fatto io, per avere sempre sospesa sul capo la minaccia di uno sfratto? — E il far chiudere le nostre scuole — le mie scuole! — non è stata un'ingiustizia, un arbitrio?

[59]

MARINO

A vero dire, le scuole annesse alla «Lega Femminile» sono sempre state fuor della legge: niente denunce alle autorità scolastiche, niente approvazione di programmi...

ANNA

(interrompendolo) Sa che cosa inventano persino? Che il provveditore ha fatto chiudere le scuole perchè io — la direttrice —, convivo col Quarnarolo. In istrada sono molti che mi voltano le spalle; che fingono di non vedermi per non salutarmi. Sto sempre in casa; ho vergogna a uscire, ho vergogna a farmi vedere. Io, che non ho fatto altro che del bene a tutta questa gente!... E Francesco; il mio Francesco così buono; così generoso!... Ed erano i nostri amici. (piange).

MARINO

L'amicizia è femmina, signora Santer; è debole, è incostante... (guardandola e crollando il capo) il che non vuol dire che anche l'amore resista sempre a certe scosse!

[60]

SCENA II.

Sofia e DETTI.

SOFIA

(con cappellino nero: mantellina o paltò, pur nero, che si leverà subito appena entrata: è vivace, allegra) Marino!... Marino!... Cercava di me?

MARINO

Tutti i pretesti per vederla, sono buoni. Volevo dicesse al signor Quarnarolo che ho parlato coll'onorevole Solaroli, e col chiaro letterato Giordano Candia.

SOFIA

(scherzando, minacciandolo col dito) Marino!... signor Marino! Non bisogna essere cattivo! quel chiaro letterato! (si volta, vede Anna che piange, corre ad abbracciarla) Anna!... Anna!... Ancora?!... Non è così che mi avevi promesso. Mi avevi promesso di disprezzarla, di dimenticarla tutta quella gente cattiva. È un bene averli conosciuti, averli scoperti, i cattivi. Non è vero, signor Marino?

MARINO

Certo! (la guarda ammirandola, poi a poco a poco, la segue coi cenni del capo, sempre più intenerito).

[61]

SOFIA

(ad Anna) Sono le burrasche della vita. (ridendo) Temporali con tuoni e fulmini!.... Ma passano presto e il cielo ritorna più azzurro e il sole più sfolgoreggiante. Sono le nostre battaglie. (con ardore). E si vincono sempre. E tu lo hai visto il mio babbo a vincere, a trionfare; adesso lo vedi a combattere, e poi lo vedrai a vincere un'altra volta. Non è vero, signor Marino?

MARINO

(c. s.) Certo... Certo...

SOFIA

Io, che sono sempre stata con lui, ormai ci sono avvezza. Ne ho viste tante e tante!... (ridendo) Ma non ho mai avuto paura. Quando ero bambina e c'erano guai, mi raccomandavo alla mamma: pregavo la mamma di aiutare il papà. (scrollando il capo con tristezza) Una... superstizione... (con un gran sospiro) Adesso, invece, ci sei tu: tocca a te, prego te! Sii forte con lui, per lui. (alzandosi, vivamente) Tante cattiverie, tante infamie, mi fanno sentire ancora di più, la superbia, l'orgoglio di essere sua figlia, di essere la figlia di Francesco Quarnarolo. Sai? Guardo in faccia tutta quella gente: la guardo fissa — così — perchè capiscono tutti che sono io, io, — io, sì, — proprio io, la Sofia Quarnarolo!

[62]

ANNA

(le si butta fra le braccia) Perdonami. Sarò come te; imparerò da te. (suono del campanello di dentro: Anna guarda verso un uscio interno) Nessuno viene ad aprire? (suono del campanello c. s.).

SOFIA

Vado io!

MARINO

(la trattiene colla mano. — via dal fondo).

[63]

SCENA III.

Anna, Sofia, poi subito Marino, indi D. Guglielmo Nördel.

MARINO

(ad Anna, stupito) Un vecchio: un prete...

ANNA

(guarda Sofia).

SOFIA

(ad Anna) Ha detto che sarebbe tornato...

MARINO

(ad Anna) Cerca di lei.

DON GUGLIELMO

(aprendo l'uscio ed entrando piano piano, sempre sorridendo) Don Guglielmo Nördel, signora Santer.

ANNA

(inchinandosi, umilmente) Lei?... Lei, Don Guglielmo?

DON GUGLIELMO

Ero stato un'altra volta a cercarla; non gliel'ha detto (salutando Sofia affabilmente) la signorina Quarnarolo?... Oggi, però, sono venuto soltanto... per parlare di affari... per nient'altro.

MARINO

(si avvia per uscire da una porta di fianco).

[64]

SOFIA

(si avvia per entrare nella sua camera, poi in fondo si ferma guardando Anna con inquietudine) Devo avvertire anche il babbo?

DON GUGLIELMO

(sempre sorridendo c. s.) Per me, come desidera. La mia visita sarà brevissima; due parole soltanto per affari, come ho già detto; affari che riguardano particolarmente la signora Santer. (Marino va via. Sofia va via inchinandosi, salutata pure da un inchino e da un sorriso affabile di D. Guglielmo. Marino e Sofia chiudono rispettivamente i loro usci. D. Guglielmo prende da un vecchio portafoglio un foglio di carta grande ripiegato) Una proposta da parte della sua famiglia. (sempre sorridendo: sempre affabilmente) Per questo sono stato mandato, sono venuto: soltanto per questo. Non abbia alcun timore, signora Anna. L'altra volta, che sono stato a Milano a cercarla, allora sì! Allora avevo un altro scopo, un'altra missione... oggi so bene a chi parlo: so bene dove sono e in casa di chi sono.

ANNA

(lo guarda come per rivoltarsi; poi non ha il coraggio di fissarlo: abbassa il capo).

DON GUGLIELMO

No, no, no, le ripeto; non abbia alcun timore. So stare al mio posto. Il suo vecchio parroco, il suo vecchio maestro, ormai non ha più voce in capitolo: io rappresento l'uomo d'affari della sua famiglia.

[65]

ANNA

(dopo aver guardato la carta che Don Guglielmo le ha spiegato dinanzi) La vendita di Montairolo?

DON GUGLIELMO

La sua famiglia — quella di una volta — desidererebbe, ed in ciò crede interpretare anche un suo naturale desiderio, desidererebbe, d'ora innanzi, evitare qualunque rapporto, anche d'interessi. Sarei dunque incaricato di proporre alla signora Anna la vendita dei fondi, ora amministrati in comune, e della sua parte, appunto, della casa di Montairolo.

ANNA

(vivamente) Dove sono nata? Dove...

DON GUGLIELMO

Per noi, poveri montanari, il pensiero di poter morire dove si è nati, è un grande desiderio e un grande conforto. Ma lei, ormai, è diventata cittadina e non avrà certo simili ubbie; pensi, invece, ch'ella conclude un ottimo affare. Non ha che da leggere attentamente questa convenzione di compra e vendita: se crede, può farla leggere, consigliarsi... ad altre persone. Quando avrà bene riflettuto, la pregherei di mandare la sua risposta al notaio Alghisi, in via Meravigli 57; — e se l'ho incomodata, le fo le mie scuse (per partire).

ANNA

Torna subito a Montairolo?

[66]

DON GUGLIELMO

Subito! Subito! (animandosi) Non vedo l'ora di arrampicarmi lassù! Lei è giovane; elegante; ma io?... In questa sua bella Milano io perdo la tramontana. Il rumore m'assorda; il non conoscere nessuna, di tante facce, mi confonde; mi prende la smania del ritorno, come un ragazzo, come se ci fosse il pericolo di perdere la strada!

ANNA

(lo guarda, lo fissa commossa e vinta da quei ricordi).

DON GUGLIELMO

Si ricorda, signora Annetta? Scusi; io ero abituato a chiamarla così! Si ricorda la strada di Montairolo?... Dritta, dritta in mezzo ai boschi di abeti? Tutti noi del paese, abbiamo fatto una soscrizione: abbiamo messe le sue brave panche, i suoi bravi sedili, lungo tutta la strada e nel bosco. — Adesso c'è la neve. Noi, lassù, abbiamo la neve, e dalla finestra della mia stanzetta... — Con quella stufa grande, grande?... Che riscalda tanto bene? — Dalla finestra della mia stanzetta non vedo che neve, altro che neve, tutta neve. Ma di là il Cielo mi par più vicino, per la montagna alta e per la pace del cuore e della coscienza. (commosso a sua volta, la saluta colla mano e poi si avvia p. p.)

ANNA

(con uno strazio nella voce) La zia?!... Come sta la zia?

[67]

DON GUGLIELMO

(voltandosi: severamente) La signora Giulia?... Che Iddio le perdoni un giorno, anche tutto il male che lei ha fatto a quella povera donna!

ANNA

(come ribellandosi) Se io ho lasciata la zia, se io sono venuta a Milano, lei sa il perchè: Mio cognato che si era innamorato di me, che mi opprimeva, mi angustiava, colle sue proteste d'amore, colle sue proteste di matrimonio.

DON GUGLIELMO

Suo cognato Luigi non è più a Montairolo. È andato a stabilirsi a Francoforte. (scrollando il capo) Quel povero disgraziato non è stato per lei altro che il pretesto. (fissandola) Lei, signora Anna, aveva conosciuto il signor Quarnarolo, allora in auge, a Lugano. — Allora, lei non sapeva che la moglie del signor Quarnarolo vivesse...

ANNA

(fa cenno di no vivamente).

DON GUGLIELMO

Voglio crederlo; credo. No, no; non sapeva tutto questo, lei, quando si è abbandonata ad una passione cieca, fatale, che oggi la fa scacciare dalle scuole, e domani sfrattare dall'Italia! Sì! Una passione cieca, fatale, colpevole, per la quale sua zia sta per morire di vergogna e di crepacuore; per la quale ha dato e dà pubblico scandalo legandosi a questo... signore che, spudoratamente, [68] valendosi di dottrine false, scellerate, convive nella stessa casa colla figlia e coll'amante! Un uomo che ha ingannato lei, che ha ingannato tutti; che cela nel suo passato cose turpi, e che l'ha buttata tanto in basso, quanto l'aveva collocata in alto il suo povero marito!

ANNA

(scoppia in un dirotto pianto).

DON GUGLIELMO

(pausa: Don Guglielmo prende una lettera dal suo portafoglio) «Se ne sei ancor degna» vi ha scritto sopra la signora Giulia, sua Zia, Forse avrei dovuto riportarla con me questa lettera. Se qualcuno mi domanderà perchè gliel'ho data, risponderò: — L'ho vista piangere e ho tornato a sperare. (Si avvicina ad Anna; torna a sorridere) Se mi volesse mandare o volesse portarmi una buona parola, per sua zia — la povera signora Giulia, — aspetterò, fino all'ora della partenza, presso il notaio Alghisi (va via).

[69]

SCENA IV.

Anna sola.

ANNA

(legge la lettera) «So che sei infelice, che soffri, e per ciò sei di nuovo degna del mio perdono... — Vieni! Vieni! Sono sola! Non lasciarmi morir sola... — Ho bisogno di perdonarti prima di morire...»

[70]

SCENA V.

Anna, Francesco.

ANNA

(nasconde in fretta la lettera).

FRANCESCO

(si ferma sull'uscio: sorride) Il prete? M'ha detto Sofia, che il prete è tornato!... Cos'è venuto a fare? (ridendo) A benedire la casa del diavolo? (vedendo Anna commossa: serio) Che cosa ti ha detto?

ANNA

Vorrebbero che io vendessi la mia parte di Montairolo. (fa per dargli la convenzione).

FRANCESCO

È roba tua. Fai tu.

ANNA

(vivamente) E Don Guglielmo m'ha detto... che mia zia... sta poco bene!

FRANCESCO

(accarezzandole i capelli: affettuosamente) Scrivi anche alla zia, se vuoi; fa tutto ciò che vuoi, ma non parlarmi di quella gente. Sono i miei nemici: i soli che temo, perchè sono i nemici del mio cuore.

ANNA

No; non dire così!

[71]

FRANCESCO

(battendo le mani con un'altra risata per metterla di buon umore) Su! Su! Allegra!... Ti voglio allegra, se no, lo sai, divento triste anch'io; mi assalgono mille dubbi, mille incertezze, mille paure, ed io, ed io che sono il gran generale nel momento più serio della battaglia, ho bisogno di tutto il mio coraggio. E ne ho. Perchè ci vuole un certo coraggio anche per ischiacciare la testa dei serpenti. Strisciano, ma i loro morsi sono avvelenati. Animo, Anna: due bottiglie di Marsala, e i bicchieri; subito! (voltandosi per guardar Anna che prende la roba nella credenza) Verranno Solaroli, Giordano Candia, Niccolini, Carboni... Scalfi.

ANNA

(maravigliata) Tutta questa gente?

FRANCESCO

Stasera avremo alla «Federazione» un'adunanza importantissima: mi si vuol affidare anche la gestione finanziaria. Dovrò parlare a lungo: dovrò accennare certamente alla furia di persecuzioni, di calunnie, di vituperi che mi si è scatenata addosso. E quello che dovrò dire e fare in argomento, desidero che mi sia consigliato dai miei amici. (va verso il fondo — chiama) Signor Marino!

MARINO

(di dentro) Comanda?

FRANCESCO

Favorisca avvertirmi, appena vede in Redazione Giordano Candia o il Niccolini.

[72]

ANNA

E il Solaroli ti ha parlato del processo?

FRANCESCO

Mi potrebbero toccare tre mesetti, (ride) Ma sarò assolto. Non è per la detenzione che mi seccherebbe. Ci vuol altro! (Anna gli passa vicino mentre porta le due bottiglie di Marsala ecc.) Ma tre mesi, tre lunghi mesi senza... (la bacia sulla bocca con grandissima passione) Senza Anna!... (ride). E quel prete?

ANNA

(vivamente) È stato il mio maestro da ragazza; e, ti ripeto, è venuto a dirmi che mia zia è ammalata, molto ammalata.

FRANCESCO

(dopo averla fissata, a lungo: colle lagrime nella voce) Non lasciarmi! non abbandonarmi!... Anna! Quel prete, che cosa ti ha detto?

ANNA

Niente!... Niente di ciò che tu immagini. M'ha detto che mia zia è ammalata... E capirai... ci penso; molto.

FRANCESCO

È ammalata; Non andrai via!... Non andrai a vederla! Non ti lascierebbero tornar più! Ed io, per essere forte, ho bisogno di te. Sofia... (sorridendo) Non glielo dire, sai: Sofia non mi basta più. Ho bisogno di te: quando mi capita sott'occhio, in uno di quei giornalacci, una nuova infamia, di primo colpo, ne resto come accasciato, sgomentato: poi, penso al tuo amore e ne [73] rido, e mi sento come sono, forte, puro, superbo di me stesso!

ANNA

Ti amo!... Si!.... E ho vergogna, ho rimorso di non essere sempre coraggiosa come vorrei, come dovrei esserlo! Mi credevo più forte, più degna di te; invece, certe volte, ho ancora debolezze, pregiudizii. Ma poi, quando sono vicino a te... (chinando il capo sul petto di Francesco) divento rossa, se ci penso!

FRANCESCO

Dimmi tutto! dimmi tutto!

ANNA

Io non avevo visto che la luce, il trionfo tuo, e non ero preparata a queste lotte. Ma... sono tua... e mi abituerò.

FRANCESCO

Ecco, una buona parola: una parola che fa bene.

ANNA

Ti confesso, però, la notizia che mia zia è tanto ammalata e che non la posso vedere... è un gran dolore!

FRANCESCO

Scrivi a questo vostro... Don Guglielmo di tenerti informata; e se sei sicura di tornare, se vuoi andare a vederla...

ANNA

(con gioia, abbracciandolo) Posso farlo? Sei buono! Come sei buono! Pensa, la zia Giulia non è soltanto una zia per me, è una madre, una vera madre, tanto buona, tanto affettuosa...

[74]

FRANCESCO

(con un sorriso triste) Non me ne hai mai parlato... così!

ANNA

(abbassa il capo).

FRANCESCO

Sono geloso; geloso ed egoista. Ti vorrei tutta per me... come Sofia. (triste c. s.) Come Sofia?... Me ne sono accorto: Sofia è innamorata; e Giordano Candia, presto, me la porterà via! È la vita!... Ma non è bella la vita. No, no; non è bella la vita! (pausa) Sai?... Dopo avermi accusato di essere uno sfruttatore, una canaglia, di essere stato perfino un confidente — una spia! — sai che cosa sono andati a scovare nel luridume di Vienna e di Parigi? — Mia moglie! — E cercano d'imbrattarmi anche col fango di quella donna.

ANNA

Dio, Dio, che orrore, che ribrezzo!

FRANCESCO

E Sofia? E che dolore e che disperazione per Sofia, il giorno in cui venisse a scoprire la verità. Anche per Sofia, ho bisogno di te. Troverò subito una casa in campagna, qualche posto vicino a Milano, per te e per Sofia. Tu starai in guardia. Vedrai prima i giornali; la terrai d'occhio con chi parla, ed io verrò fuori tutte le sere e tutti i giorni in cui potrò essere libero. (apre l'uscio della camera di Sofia: chiama) Sofia!

ANNA

(c. s.) Sofia!

[75]

SCENA VI.

Sofia e DETTI; poi la voce di Marino, poi Giordano Candia.

SOFIA

Che vuoi?

FRANCESCO

Dicevo adesso con Anna, che sentirei il bisogno di un po' di calma, di riposo, e le facevo appunto la proposta di andare a Stresa o a Pallanza, dove si potrebbe godere ancora di un altro buon mese di sole.

SOFIA

(resta colpita).

FRANCESCO

(ride) Ah! Ah! Ah! Non ti piace il mio progetto? Nemmeno se mi riuscisse, qualche volta, di condur fuori con me, in campagna, anche Giordano Candia?

SOFIA

(sorride) Allora, come vuoi: andiamo pure a Pallanza.

FRANCESCO

(abbracciando Sofia con passione e quasi con un sentimento di timore) Vorrai sempre bene anche a me?... Di'? Di'? Di'? Tesoro, cara, vorrai sempre bene anche a me?

[76]

MARINO

(d. d.) È venuto adesso il signor Candia! È in Redazione.

FRANCESCO

Volete dirgli di venir qui, cogli altri? Grazie, signor Marino, (a Sofia e ad Anna) Io scendo in tipografia a cercare il Borla e lo Scalfi.

ANNA

(fermandolo) Dunque?... vado da Don Guglielmo?

FRANCESCO

(stupito) A far che?

ANNA

Per la lettera, da portare alla zia?

FRANCESCO

Non potresti mandarla questa lettera? Del resto, fa come vuoi!... (v. v. per l'uscio della tipografia).

SOFIA

(va a spiare all'altro uscio, aspettando Giordano).

ANNA

(scrivendo in fretta la lettera per sua zia). Troverò un brum, qui vicino?

SOFIA

Sì, ci sono sempre.

GIORDANO

(entra; è fermato da Sofia sull'uscio) Lei, signorina Sofia?

SOFIA

(rapidamente) Si va a Pallanza. Potrai venire anche tu; il babbo sa tutto.

[77]

GIORDANO

(irritato) Perchè glielo hai detto?

ANNA

(si alza, si veste in fretta per uscire, vede nello specchio la cravatta rossa; se la leva — prende il cappello di Sofia) Prendo il tuo cappello (prendendo il paltò c. s.) e anche questo: la zia Giulia sta male: non voglio farmi vedere vestita di rosso. (via).

GIORDANO

Che cos'hai detto a tuo padre?

SOFIA

Io?... Niente. Il babbo ha capito tutto da sè. Perchè negare?

GIORDANO

Si può non negare... e non confermare. Si tace, facendo un atto di stupore.

SOFIA

(fissandolo) Comincio a trovare strano il tuo contegno, molto strano! E comincio a non capirti più. Dovevo rispondere a mio padre: che era vero ieri, ma che oggi... non vuoi più saperne di me?

GIORDANO

È soltanto nell'interesse di tuo padre, che io ti consiglierei, al caso, il maggior riserbo.

SOFIA

Per mio padre?

GIORDANO

Tuo padre... nell'ora presente, ha bisogno di chi possa difenderlo apertamente, spassionatamente [78] e sopratutto liberamente, senza apparenti legami di affetti domestici, di interessi personali. — Intendi?

SOFIA

(lo fissa: non capisce bene).

GIORDANO

Quell'uomo di buona fede, si pasce, si addormenta nelle più fallaci illusioni.

SOFIA

Mio padre?

GIORDANO

La guerra palese ed occulta di questi giorni lo ha scosso, non soltanto in seno alla «Federazione» ma ancora nell'animo dei suoi amici.

SOFIA

(con impeto) Ma che?... I nostri amici, i suoi compagni, si lascieranno influenzare dalle polemiche, dalle violenze dei giornali? E quali giornali? Quelli dei nostri nemici!

GIORDANO

Intendimi bene. Vi sono accuse, che non si scrivono, che non si stampano impunemente, ma che girano, di bocca in bocca: e queste accuse non è prudente sdegnarle; bisogna distruggerle con prove luminose e che tuo padre potrà addurre indubbiamente. Intendi?

SOFIA

Accuse? Prove?... Quali? No! No! No! Non ho capito? Spiegati!

[79]

GIORDANO

(le impone silenzio) Ssst.

SOFIA

(con disperazione) Ricordati!... È mio padre!... E deve essere il tuo!

GIORDANO

(allontanandosi) Vengono.

[80]

SCENA VII.

Niccolini, Rissone, Bonaldi e DETTI, poi Carboni, Marchesi, Scalfi; poi di dentro la voce di Francesco.

SOFIA

(a Niccolini con grande espansione, per renderselo amico) Il babbo, il mio babbo, torna subito: è qui subito.

NICCOLINI

(freddamente) Va benissimo: aspetteremo.

SOFIA

(corre dal Rissone, gli stringe forte la mano c. s. fissandolo bene in faccia).

RISSONE

(ricambia la stretta di mano senza guardare in viso Sofia. In questo punto entra Carboni).

SOFIA

(correndo dal Carboni, abbracciandolo, piano) Sei il mio amico, tu? Il mio amico, sempre?... sempre?...

CARBONI

Sì. Ed io ho sempre la stessa sicurezza nell'onestà di tuo padre!

FRANCESCO

(d. d. ridendo allegramente) Ah! Ah! Ah! Precisamente! Quattro chiacchiere per intenderci e un buon bicchiere di Marsala!

SCALFI

(imponendosi) E ricordatevi! È il momento di parlar chiaro!

[81]

SCENA VIII.

Francesco seguito dal Borla e DETTI.

FRANCESCO

(entrando) To'! Ecco lo Scalfi! Cerca, cerca, ed eri qui! Son due giorni che non ti posso trovare. Ci siamo tutti?

NICCOLINI

Manca soltanto il Solaroli.

FRANCESCO

All'occorrenza (ride) ne faremo a meno anche dell'onorevole. (a Sofia) Va giù, in tipografia, dal signor Marino; e che nessuno venga a disturbarci.

SOFIA

(va fin presso l'uscio, guardando tutti con un'espressione di timore; poi Giordano, c. s. con preghiera).

GIORDANO

(voltandosi per vincere l'imbarazzo: a Bonaldi) Dammi una sigaretta.

FRANCESCO

(voltandosi, vedendo Sofia) Hai capito? fa presto.

SOFIA

(corre via con uno schianto nel cuore).

[82]

FRANCESCO

(colla bottiglia in una mano e il cavatappi nell'altra) Dunque, sentite.

NICCOLINI

Aspettiamo Solaroli.

TUTTI

Sì, sì, aspettiamo Solaroli.

FRANCESCO

(sturando la bottiglia) Aspettiamolo pure, e intanto... (si sente lo schiocco del turacciolo) Alla nostra salute! (ride e versa il marsala nei bicchieri).

[83]

SCENA IX.

Solaroli e DETTI.

SOLAROLI

Sono in ritardo?

GIORDANO

Come il solito!

RISSONE

Sempre così!

SCALFI

(a Francesco) Ci siamo tutti: avanti! E sbrighiamola!

FRANCESCO

Eh, che furia (parlando, porge il bicchiere pieno all'uno e all'altro) Questa sera, dunque, avremo a votare la proposta, fatta nell'ultima adunanza: il mese scorso; cioè affidare — a me — esclusivamente, anche la gestione finanziaria. (ride) È un nuovo onore, ma anche una nuova e grave responsabilità. Ora io domando a voi quello che, con tutta la bufera che mi si è scatenata addosso, io sia in dovere e in diritto di fare (porge il bicchiere a Giordano).

GIORDANO

(elegantemente, colla sigaretta fra le dita, indicando la gola) Grazie: mi sarebbe... fatale.

FRANCESCO

(continuando, sempre sicuro, sempre sereno) A questo mondo un uomo pubblico, di fronte alle [84] insinuazioni, alle accuse, alle calunnie, ha due vie aperte: o non curarsene, e rispondere continuando a fare e a lavorare; o raccoglierle, distruggerle e vendicarsi. Quale delle due, devo prendere? Ditemelo voi, perchè io, stasera, nell'assumere la presidenza, voglio poter fare ai soci un'esplicita dichiarazione: — ho messo il mio nome nelle mani dei miei amici, dei miei compagni: essi mi hanno consigliato di fare... questo e questo, ed io senz'altro lo farò. — (sorridendo c. s.) Va bene? (pausa — silenzio — quelli che hanno in mano il bicchiere, lo posano sul tavolo ecc.) Come? — Dunque... io devo difendermi?... A voi pare che io debba scolparmi?... — No; non ne ho bisogno. Non mi degno di difendermi. Fatelo voi, se credete di farlo. Voi che mi avete veduto ora per ora, giorno per giorno, a lavorare, a lottare, a vincere! Voi... dovete farlo nel vostro cuore e nella vostra coscienza! (Silenzio. — Si ode lo scricchiare del cerino di Giordano che accende la sigaretta).

SOLAROLI

(si alza, guarda in giro tutti i compagni, poi si avvicina con solennità a Francesco stendendogli la mano) Noi tutti siamo con te: vogliamo aiutarti e siamo convinti della tua innocenza.

FRANCESCO

(impallidisce: guarda tutti stupito: allontana la mano di Solaroli) Sarete... con me?... Volete aiutarmi?... e tutti voi... (a Carboni) Anche [85] tu! (a Rissone) Anche tu! sentite di dovermi assicurare — assicurare me — che mi credete un uomo onesto?

SCALFI

(aggressivo, rozzo) Ma... se siamo convinti noi, questo non basta!

SOLAROLI

(irritato, allo Scalfi) Parlo io.

NICCOLINI

Non basta per i nostri avversari.

BONALDI

Non basta per i nostri nemici.

CARBONI

Ecco; questo è: per noi basta, ma per gli altri, no!

SCALFI

(c. s.) Per gli altri, occorrono prove chiare, lampanti.

RISSONE

Per sbatterle in faccia ai tuoi diffamatori!

SOLAROLI

Lasciatemi parlare!

FRANCESCO

(prorompendo) Ma che parlare! Ma che vuoi dire? ma che potete dire tutti quanti? Le prove? Le prove?... quali prove? Le prove che non sono vere tutte le infamie che mi si scagliano contro per colpire in me solo, tutti voi insieme? (ridendo amaramente) Volete la prova che non [86] sono uno sfruttatore? un impostore? una canaglia? — C'è stato un giornale che ha insinuato, persino, che io ho fatto... il confidente: ebbene... anche di questo, anche di questo volete la prova che non è vero? Tu, Rissone! (vedendo Carboni, correndo ad afferrarlo, a scuoterlo forte per il petto) Tu, tu, anche tu, vuoi la prova che non ho fatto la spia?!

CARBONI

(in fretta lo abbraccia, poi si allontana asciugandosi gli occhi e si mette in disparte).

NICCOLINI

Così non si discute; così non si ragiona.

SCALFI

(c. s.) E ne sapremo meno di prima.

SOLAROLI

Un po' di calma; un po' di calma: sedetevi: parliamo uno alla volta. (obbligando Francesco a sedersi) Anche tu, Francesco, non esagerare, non gridare, non riscaldarti. Da bravo!

FRANCESCO

Ma Dio! Dio santo! (balbettando) So... sono colpi che ammazzano. So... sono cose...

SOLAROLI

(pigliando la parola al volo) Che esigono una discussione calma, esauriente. Noi vogliamo entrare questa sera nella sala della «Federazione» e poter dire serenamente: — Compagni, sulla nostra coscienza e per la grande idea che rappresentiamo, Francesco Quarnarolo, è degno di [87] essere il nostro capo. Francesco Quarnarolo, è la personificazione, il simbolo quasi, più alto e più degno, dell'opera nostra!

FRANCESCO

E... non puoi dirlo?... (fissando tutti gli altri) E non potete dirlo, questo? (silenzio).

NICCOLINI

(a bassa voce) No.

SCALFI

(forte, aggressivo) No!

SOLAROLI

(prontissimo) No; finchè tu non ci avrai dato una risposta...

GIORDANO

(con forza, passando vicino a Francesco, stendendogli la mano) ... che dissiperà, ne sono certo, qualunque dubbio, dall'animo dei nostri amici. (getta via con impeto la sigaretta. — Tutti si siedono, con naturalezza: l'atteggiamento di tutti diventa quello serio, grave di giudici).

FRANCESCO

(si lascia cadere sopra una seggiola; si guarda in giro come trasognato) È... un processo?...

CARBONI

(dal fondo) Per difenderti! Per poterti proclamare innocente, in faccia a tutto il mondo!

SOLAROLI

È forse... È l'ora più amara, più dolorosa delle nostra vita in comune, ma ci è imposta.

[88]

NICCOLINI

«Se io stesso, un giorno, fossi d'inciampo alla vostra marcia in avanti, passate sopra di me, ma non vi fermate un istante». — Sono parole tue: fra le più belle; fra le più generose.

FRANCESCO

(colle lagrime: supplichevole) Presto, presto, presto: tutto ciò che avete da domandarmi — presto. (pausa).

SOLAROLI

(lentamente: con molta gravità) Qual'è, veramente, il dramma che hai avuto nella tua vita: fra te e tua moglie.

FRANCESCO

(scatta in piedi indicando verso la camera di Sofia: a bassa voce) Sofia!

GIORDANO

(pronto, si alza, corre, apre e richiude il primo uscio) Non c'è! Non c'è nessuno! È andata giù! (richiude anche il secondo uscio).

FRANCESCO

Volete... sapere?...

SOLAROLI

È necessario.

CARBONI

Per te.

SCALFI

(c. s.) E per noi!

[89]

FRANCESCO

A... a Torino... era figlia della padrona dove... dove ero in pensione.

SOLAROLI

Tua moglie?

FRANCESCO

Sì. Lei. Voleva andare... sul teatro... studiare il canto... Invece, ad un tratto, muore sua madre.

SOLAROLI

La madre di tua moglie?

FRANCESCO

Sì... sua madre. Rimasta sola e senza niente...

SOLAROLI

Tua moglie era povera?

FRANCESCO

Niente, niente; e le lezioni, i maestri costavano assai: io... ne ero innamorato, pazzamente innamorato; e anche lei... pareva. Allora, l'ho persuasa a rinunciare al teatro, e ci siamo sposati. Io lavoravo tutto il giorno: trovavo da scrivere... anche la sera... la notte...

SOLAROLI

Che impiego avevi a Torino?

FRANCESCO

Vice Cancelliere di Tribunale.

SCALFI

(violento) Di Tribunale? Questo non l'hai mai detto!

[90]

FRANCESCO

No. Non ho mai... mai... parlato... (si batte sul cuore come per indicare di non averne mai parlato per il dolore ecc. — riprendendo) Lavoravo, guadagnavo, si viveva bene... quando è nata (indica verso l'uscio di Sofia con un singulto di pianto) ero ancora pazzamente innamorato di Emma. E anche lei... pareva. Un giorno mi riesce, lavorando in fretta, in fretta, di guadagnare una mezz'ora... di poter correre a casa un po' più presto. Corro dalla mia bambina, poi domando alla donna: — la signora Emma, dov'è? — La donna mi dà una lettera: (si alza) era fuggita col suo amante. Cioè, no, no, no! Era corsa dietro al suo amante... a Parigi, eccitata, esaltata, presa ancora dalla febbre del teatro. Il cuore no! Il cuore no! Il cuore non lo aveva mai avuto, mai! Nè per me, nè per sua madre, nè per sua figlia, nè per il suo amante! La vanità e il lusso e i piaceri e la celebrità... Invece... (ride) Ah! Ah! Ah! rotolò giù, giù, giù... dal teatro al caffè, da Parigi a Londra, a Vienna, giù, giù, giù, dal caffè alla strada!

SCALFI

Ma tu, quando non hai più trovato tua moglie che cosa hai fatto?

FRANCESCO

(con un grido) Io?... Partire! Raggiungerla! ammazzare lei! Ammazzare il suo amante!... (ride) Ah! Ah! Poterlo fare! E mia figlia? Mia [91] figlia, con una madre per il mondo e suo padre in galera?... E tutto ciò che io chiedevo, esigevo, perchè mi fosse resa giustizia, per tutelare il mio nome, il mio onore, per vendicarmi, tutto mi è stato negato, — tutto. — L'amante di mia moglie era un uomo ricco, potente, e io solo e povero, mi sono fracassata la testa inutilmente contro i privilegi, le impunità, le complicità di questo mondo vecchio, ipocrita, ciarlatano, che ci sta ancora sul collo. Prima vinto, disperato; poi è venuta la ribellione: ho preso mia figlia, sono venuto a Milano: come ho lavorato, come ho combattuto, come ho trionfato, lo sapete.

SCALFI

E il denaro?

FRANCESCO

Il danaro?

SCALFI

Il danaro che hai messo in comune col Carboni, e col Rissone, come lo hai avuto?

FRANCESCO

Colla vendita dei miei mobili, della mia roba; di tutto.

SOLAROLI

(a Scalfi) Basta; finiamola. Tocca a me parlare, interrogare. — Non c'è stato più nessun rapporto fra te e tua moglie?

FRANCESCO

No. Non me ne sono più curato: non ne ho più saputo niente.

[92]

NICCOLINI

Hai saputo peraltro, lo hai detto adesso, che è stata a Parigi, a Londra, a Vienna...

FRANCESCO

Da altri, l'ho saputo: da altre persone.

SCALFI

Quello che ti portava le notizie, non ti ha portato, una volta, anche del danaro? diecimila lire da parte di tua moglie?

FRANCESCO

(gli salta addosso, tenta di afferrarlo per il collo) Canaglia! Canaglia! Canaglia! (tutti si mettono in mezzo per dividerli, dando ragione a Francesco).

RISSONE

(a Scalfi) Non sei tu!

CARBONI

(c. s.) Non toccava a te!

NICCOLINI

(c. s.) È Solaroli che parla!

SOLAROLI

(c. s.) Imprudente!

GIORDANO

Vada fuori!

FRANCESCO

(mentre lo tengono fermo e gli altri vogliono cacciar fuori Scalfi, Francesco continua a gridare) Io lo ammazzo! Lo ammazzo! Lo ammazzo!

[93]

GIORDANO

(continua a raccomandare il silenzio perchè non sentano gli operai: perchè non senta Sofia. — Ottiene per un momento che parlino più piano, poi tutti scoppiano di nuovo, più forte).

SCALFI

(mentre è spinto fuori, continua a gridare) Non era per le rivendicazioni sociali!... Era per sfogare la tua vendetta di marito! Ci hai sporcati tutti con quel tuo danaro! Ci hai imposto la tua amante che non potevi sposare! Impostore! Dà le tue dimissioni! Vattene! (lo cacciano fuori).

SOLAROLI

(imponendosi a Francesco, mentre tutti si saranno voltati). E ora finiamola: bisogna rispondere: questo danaro lo hai ricevuto sì o no?

FRANCESCO

Sì!... lei me lo ha mandato!... per nostra figlia.

SOLAROLI

Che cosa ne hai fatto?

FRANCESCO

Gliel'ho rimandato, ricacciato indietro subito, sul momento, per Dio!

NICCOLINI

Avrai una prova?

BORLA

Una ricevuta?

MARCHESI

Una lettera?

[94]

CARBONI

Qualche cosa avrai?

FRANCESCO

No! No! No! (pausa) Ma come pensare? Come prevedere? Sono vent'anni! E poi vedendo quel danaro... ero diventato come pazzo!... Il danaro?... (con ribrezzo) Il danaro di quella donna? Ma che prove! che ricevute! Ho scacciato quell'uomo! L'ho scacciato! E adesso?... Sono vent'anni! Dove trovarlo? Sono vent'anni! Ma è vero! è vero! è vero! Ma non capite, non vedete, non sentite che è vero? Non sentite che sono un galantuomo? Carboni! parlo con te! Rispondimi! Guardami in faccia! Guardami in faccia!

CARBONI

Io sì! Io sì.... ma tutti gli altri! (va via, con uno scoppio di lacrime).

SOLAROLI

Te l'ho detto prima: fossimo convinti noi, non basta!

FRANCESCO

Fossimo? Non lo siete più?... — E voi che prove avete contro di me?... Quali? Quali? Che prove avete per credermi tanto abietto, tanto miserabile? Sentite nel cuore che io sono innocente, ma vi manca il coraggio di difendermi, perchè siete dei... codardi!

TUTTI

(meno Giordano) Basta! Di' pure! non raccogliamo! Puoi dire quello che vuoi!... Finiamola!

[95]

FRANCESCO

Si; sì! Codardi! Andate! Andatevene! Fuori!

TUTTI

(c. s.) Non una prova! Niente!

FRANCESCO

(con una grande sghignazzata) Sì! Codardi! Buffoni! Io... che vi ho dato vent'anni della mia vita; la mia intelligenza, il mio cuore, il mio danaro! Sì! Sì! Anche il mio danaro! (ride c. s.) Ah! Ah! Anche tu, Solaroli, che mi fai il processo!... Me lo fanno anche quegli altri, il processo! E per te, e per voi, e per tutti! Buffoni! Codardi!

GIORDANO

(resta l'ultimo: si vedono ancora gli altri nell'anticamera).

FRANCESCO

(in fondo; fermandolo, abbracciandolo) Tu no! tu no! tu no!... tu... (guarda verso la camera di Sofia: nella massima disperazione) tu sei buono, generoso, tu sei convinto della mia innocenza!

GIORDANO

(ritraendosi: con asprezza) Sì, ma ti si impone l'obbligo di dare le tue dimissioni: e devi trovarla una prova! (via dal fondo: Tutti via).

FRANCESCO

Anche... anche tu?! (colpito) E Sofia?... E Sofia! Sofia! (corre a chiamarla come un pazzo, alla finestra, a tutti gli usci) Sofia! Sofia! Sofia!

[96]

SCENA X.

Sofia e DETTO.

SOFIA

(correndo precipitosamente, dalla sua camera) Babbo! Babbo! Papà!

FRANCESCO

(abbracciandola: scoppiando in lacrime) Oh, vigliacchi! Vigliacchi! Vigliacchi!

FINE DELL'ATTO SECONDO.

[97]

ATTO TERZO

Quartierino ammobigliato in un sobborgo di Milano. — Salottino. — Un caminetto: una parigina.

SCENA I.

Sofia, Marino, poi voce d. d.

Sofia, sdraiata in una poltrona, guarda Marino che spazza la stanza, che mette del carbone nella parigina.

(a Marino) Com'è buono! E com'è bravo! Io, invece... non so far niente. — Non è vero, signor Marino? Non valeva la pena di studiar tanto, — e non saper far niente!

MARINO

Vorrebbe un bel complimento?... Io sono ancora dello stampo antico; non fo la corte alle signore, (mostrando la granata, ecc.) con questi arnesi fra le mani.

SOFIA

Ci dà tanto del suo tempo! E il suo tempo, per lei, è lavoro.

MARINO

(con involontaria passione) Il tempo che dò a lei ed al signor Francesco, è quello, invece, che mi [98] godo io. È un riposo; un vero sollievo. Sapesse come lavoro e come pianto volentieri il mio Meyerbeer, il mio maestro russo, per far presto a venir qui, per... (frenandosi: cambiando) Per favore, signorina: accenda la lucerna. Io chiuderò la finestra. (mettendosi il cappello) Permette?... Tira un ventaccio di neve! (mentre Marino chiude le persiane della finestra, Sofia fa per accendere la lucerna: non le riesce: restano al buio).

MARINO

(ridendo) Come ieri sera! Doveva girar la vite dall'altra parte!

SOFIA

(con un impeto di collera) Se le dico!... Non so far niente! Niente! (si butta sopra la poltrona: piange).

MARINO

(accendendo subito la lucerna) Sono meccanismi indiavolati. E poi, in queste case d'affitto... ammobigliate... (vede che Sofia piange, le corre vicino) Coraggio! Per suo padre!... Se torna...

SOFIA

Mi lasci piangere! Mi lasci piangere!

MARINO

(la guarda, sospira con profonda mestizia, si leva il cappello che pone sopra una sedia o sul tavolino).

SOFIA

(di colpo, corre presse Marino, gli prende le mani, se le preme sul cuore con grande passione) [99] Voglio saper tutto! Mio padre mi nasconde qualche cosa!... Voglio saper tutto!

MARINO

(scrollando il capo) Non basta quanto sa? Suo padre, obbligato a dimettersi da Presidente della Federazione e anche da Direttore della Cooperativa dei Lavoratori...

SOFIA

(interrompendolo) Appunto: ma io, ancora, non ne so il vero perchè. — Perchè i suoi amici lo hanno abbandonato per un sentimento di opportunismo, di pusillanimità, di vigliaccheria? — Sì, anche questo, può essere, sarà, ma non è tutto. Se mio padre fosse stato sacrificato all'utile del suo partito, privatamente lo avrebbero circondato di maggior affetto, di maggiore stima.

MARINO

Affetto? Stima? — Anch'io ho provato l'affetto e la stima dei partiti. I partiti? Peggio dei coccodrilli. Mangiano i loro uomini e non li piangono nemmeno nel digerirli. I partiti giovani sono come i ragazzi: cattivi e violenti; i vecchi, come i vecchi: egoisti e paurosi.

SOFIA

Il Carboni, il Rissone, il Niccolini, verrebbero qui da noi, come prima, tutte le sere: e in queste sere, specialmente. Non è per colpa loro, che mio padre deve scontare una pena di tre mesi?

MARINO

Il signor Francesco, ha scritto alla signora Santer?

[100]

SOFIA

Che io, da sabato, resterò sola per tre mesi? Sì; l'ha avvertita subito, appena è venuto il mandato di cattura. Oh, la mamma!... la mia vera mamma, non ci avrebbe lasciati soli in questi giorni!... — Anna ha la zia che sta male? — E il mio povero babbo?

MARINO

(per cambiare discorso) Dov'è andato il signor Francesco?

SOFIA

Tutte le lettera di Montairolo o arrivano la mattina colla prima corsa, o la sera coll'ultima. Il babbo, colla scusa di fare una passeggiata, va fin verso Milano, fin dentro la porta per aspettare il postino.

MARINO

Lei... non va fuori?

SOFIA

Ho da pensare a qualche cosa, per il desinare...

MARINO

No; no; al loro pranzo, oggi, ci penso io! Tornerò dopo le sette, va bene?... E farò io da cuoco. Ho da portarle un regalo del mio russo. — Venga fuori con me, andremo incontro a suo padre.

SOFIA

Non posso; aspetto Giordano Candia. — No, signor Marino. Fra me, e il chiaro letterato, — fi-ni-to — ... [101] e nel cuore non mi è rimasta che un'interrogazione: — come ha potuto incominciare?

MARINO

È un po' che non vede il signor Candia?

SOFIA

Sì.

MARINO

Allora, aspetti a rispondere, di rivederlo.

SOFIA

Non voglio più voler bene. A mio padre soltanto e a lei.

MARINO

(scrolla il capo assai mestamente, le prende una mano, l'accarezza, la bacia con devozione, sospira profondamente: pausa) Tempo fa, quando suo padre era su, su, vicino alla gloria, e cominciavano appunto i primi attacchi, io, mi ricordo, gli ho fatto... la predica. « — Voi avete perduta di vista la verità pratica della vita!» Ed io?... (ride con amarezza) Quanto l'avevo perduta di vista io, più di lui! Lui, almeno, suo padre, era trascinato lontano da una generosa, da un'alta idealità, che rifatti gli uomini può essere la realtà del domani... Io... — Io?... — Invece di reagire, di lottare, salire di nuovo, impormi, vendicarmi, io mi sono immiserito nella ignavia, inacidito nell'astio, sono diventato secco di dentro, non ci ho sentito più che lo stomaco vuoto, e non ho pensato che ci potevano [102] essere al mondo creature elette da aiutare, da difendere... la cui felicità poteva diventare la mia.

VOCE

(d. d.: si sente fischiettare un'arietta allegra che sale e si avvicina).

SOFIA

Il ragazzo del portinaio.

MARINO

(va fuori a vedere).

[103]

SCENA II.

Sofia, Marino di nuovo, poi d. d. Giordano.

SOFIA

(a bassa voce, battendosi sul cuore, con dispetto) Stupida! Stupida!

MARINO

(rientrando) Giordano Candia. Dico al ragazzo di farlo salire?

SOFIA

Sì; grazie, signor Marino.

MARINO

(va fuori: si sente il ragazzo del portinaio fischiettare c. s. allontanandosi. — Marino prende un cestino, va via serio, con un po' di broncio).

GIORDANO

(d. d.) Oh, Marino! Non ci si vede più?

MARINO

(d. d. con asprezza) Poco male.

[104]

SCENA III.

Sofia e Giordano.

GIORDANO

Mi sono alzato apposta, perchè mi hai scritto che avevi bisogno di me, che volevi parlarmi.

SOFIA

(lo fissa, seria, grave).

GIORDANO

Del resto, passo la mia vita fra le amarezze del chinino.

SOFIA

(a mano a mano, con crescente eccitazione) Mi dirai tu, ciò che non mi è stato possibile sapere, nè da mio padre, nè dal signor Marino: la ragione occulta, la vera, per la quale, tutti voi cominciando dal Carboni, e dal Rissone, avete voltato le spalle a mio padre!

GIORDANO

(come per iscusarsi) A me?

SOFIA

A te! A te! A te! — Lo domando a te, perchè tu hai il dovere di dirmelo; per giustificarti. Perchè tu... a me pure hai voltato le spalle. Cosa c'è? Parla chiaro e fa presto. Per evitarti altre noie, ti ho fissato quest'ora in cui mio padre non c'è. Ma fa presto: tu hai tardato a venire; mio padre potrebbe tornare da un momento all'altro.

[105]

GIORDANO

Io non ho alcuna difficoltà ad incontrarmi con lui.

SOFIA

Difficoltà! Non hai nessuna difficoltà?! (fissa Giordano: poi con un impeto) Cosa c'è? Cosa c'è? Cos'hai con mio padre? Cos'hai con me? Contro di me?

GIORDANO

Voltate le spalle? — Voltate le spalle a tuo padre... questo no. Il suo torto è stato uno solo: io già te ne avevo accennato: — ti ricordi? — Egli doveva reagire contro la guerra che gli fu mossa dai nostri avversari. Invece ha sdegnato di ribattere le accuse, di smascherare i calunniatori, e perciò, e non per altro! ha perduto forse momentaneamente, di efficacia, come capo del nostro partito... — Nostro?... — dirò più precisamente «del suo partito» del loro, perchè io ho in animo ormai, di dichiararmi... indipendente. Nessuno, ti ripeto, ha pensato di sconfessarlo, di abbandonarlo. — Io... men che meno. — Tuo padre non ne sa niente ancora, ma io, io stesso, ho fatto la proposta che «tenuto calcolo delle benemerenze di Francesco Quarnarolo verso la Cooperativa dei Lavoratori, gli fosse offerto un compenso di buona uscita; compenso che, nella seduta di ieri sera, venne fissato alla quasi unanimità di voti, meno uno, quello del Carboni — in due anni del suo stipendio di direttore, cioè, in diecimila lire.

[106]

SOFIA

Del denaro?... (cambiando: vivamente) Sarà, sarà come tu dici: i compagni di mio padre non lo avranno abbandonato; ma tu, però, hai abbandonato me. — Perchè?

GIORDANO

Cioè, prima sono stato assente, poi...

SOFIA

Prima assente, poi ammalato, ma in tutto questo tempo, quante volte mi hai scritto?... Ed io aspettavo le lettere tue! Le sognavo!... Perchè hai detto tu di volermi bene, e hai lasciato che io te ne volessi tanto, tanto, tanto! Sei stato ammalato? Per questo non mi hai scritto (abbandonandosi ad un'ultima speranza) Vuoi che ti creda? Dimmi, vuoi che ti creda? Io ti credo ancora. Era un pretesto; ho mentito con me stessa, quando ti ho scritto di venire. Sapere da te la verità?... Se c'è, se c'è qualche cosa, da te, capivo, sentivo che lo avrei saputo meno che dagli altri. Perchè tu sei buono: — lasciami credere, lasciami credere che sei buono!... Io volevo vederti!... qualunque pretesto!... Ma io volevo vederti. Volevo parlarti. Era una speranza... l'ultima. (lo fissa) La più sciocca delle speranze! La più stupida, la più vile!... — Va via! va via! va via! prima che torni mio padre!

GIORDANO

Appunto per il grande affetto e per la grande [107] stima che ho di te, ho riflettuto, ho dovuto riflettere, alle nostre condizioni.

SOFIA

Io non ti ho mai domandato niente.

GIORDANO

Ci sono doveri che, date le circostanze, ad un onest'uomo s'impongono da sè.

SOFIA

(ridendo) Ah! Ah! Ah! E date le circostanze, come può essere comodo anche il far l'uomo onesto!

GIORDANO

Nelle regioni delle idee e del sentimento, io sono libero di me stesso; ma tu sapevi, e sai perchè mai te ne ho fatto mistero, che io non posso disporre di altrettanta indipendenza... nelle materialità della vita. (volgarmente: gridando) Io dipendo da mio padre e da mia madre, per la santissima ragione che io, di mio, non ho un soldo! (cortese: calmo) Sarà una banalità, ma è giocoforza il soggiacervi.

SOFIA

Questa tua gente, questa tua famiglia... che roba è?

GIORDANO

Che roba è?

SOFIA

A mio padre è arrivato il mandato di cattura: i tre mesi, — sai? — per quel vostro opuscolo «Di chi sarà il domani». Questa tua gente, questa tua famiglia, che roba è? — Se è gente [108] di cuore, tu dirai la verità: e come io ero, quando non riflettevi alle nostre condizioni e come sono, io, oggi che ci rifletti. Non so quale consiglio ti daranno; ma se è gente di cuore, gente onesta, il consiglio di abbandonarmi, oggi, di voltarmi le spalle, oggi, proprio oggi, no, no e no.

GIORDANO

(prende un pacchetto di lettere dalle tasche del soprabito: le pone sul tavolo).

SOFIA

Le mie lettere? (ride) Ah! Ah! Ah!... Ecco, perchè sei venuto: per finirla. Fuori il dente... fuori il dolore.

GIORDANO

Io non mi difenderò, e non difenderò la mia famiglia, se crede impormi la sua volontà. Mi giudicherai un giorno più serenamente. Tanto più che tu sai, benissimo, ciò che mi sarebbe troppo facile e troppo doloroso risponderti in questo momento.

SOFIA

Puoi dire, ormai, tutto ciò che vuoi: ho la fortuna... di non capirti nemmeno più.

GIORDANO

Io, lealmente, ti avevo confidato le condizioni mie, e quelle della mia famiglia. Perchè, tu, non hai fatto altrettanto?

SOFIA

Io?... (scrollando il capo) Se... se non ti capisco più, ti ripeto!

[109]

GIORDANO

(vivamente) Sì! — Perchè non hai avuto confidenza in me?

SOFIA

(che è vicina all'uscio: con molta calma) Sento mio padre sulla scala. Diamoci la mano, e addio! (con ironia) Lei!... Oh, lei è un uomo, che farà molta strada!

GIORDANO

(violentissimo: con voce sorda) Non dovevi ingannarmi come gli altri, non dovevi fingere anche con me, il culto e l'adorazione! Dovevi dirmi francamente che tua madre era viva! Dovevi dirmi la disgrazia tua e di tuo padre, e perchè tuo padre non poteva sposare Anna Santer! (si avvia per uscire: Sofia lo afferra, lo ferma).

SOFIA

No! No! No! Non vai via! Non vai via! Non vai via! La mamma? La mamma? La mamma?

GIORDANO

(la respinge).

SOFIA

(fa due o tre passi, barcollando, senza cadere. Giordano fa per andarsene, entra Francesco: Sofia a Francesco) La mamma?... La mamma?

[110]

SCENA IV.

Francesco e DETTI

FRANCESCO

(agguanta Giordano: lo porta quasi di peso: lo butta verso l'uscio: continua a fissarlo, muto).

GIORDANO

Dovevate dire la verità, su voi, su vostra moglie: se non fossi stato ingannato, non avrei ingannato nessuno! (via).

[111]

SCENA V.

Francesco e Sofia.

SOFIA

(abbraccia Francesco: Francesco e Sofia si guardano: si fissano: lunga pausa).

FRANCESCO

Che cosa ti ha detto quell'uomo? Che tua madre vive? — E ti ha detto anche come ha vissuto? Come vive? — Te ne supplico: è la prima grazia che io ti domando: lasciami tacere. (Sofia comprende, lo abbraccia) Questo soltanto ti dirò: fui accusato di aver ricevuto del danaro da... da quella donna. Io, dopo vent'anni, non ho potuto dare le prove materiali di averlo rifiutato, ricacciato, respinto!... Ecco perchè sono abbandonato, disprezzato.

SOFIA

(abbraccia Francesco: poi cade piangendo sopra una sedia) La mamma! La mamma! Non l'ho più! Non l'ho più!

FRANCESCO

(le prende una mano, l'accarezza, singhiozzando) La tua mamma... la tua povera mamma, la tua mamma vera, è quella che tu hai sempre amato, quella che sognavi sempre, quella che ti sei fatta, che ti sei creata tu stessa, tu sola, nella tua fantasia e nel tuo cuore. La tua mamma è [112] in alto... è là!... non ne hai mai avuto altra!... (baciandole la mano, i capelli, quasi con divozione) Quella e nessun'altra è la mamma vera... la mamma del tuo cuore così buono, della tua anima così bella! (fa per abbracciarla).

SOFIA

(alzandosi, vivamente) No! No! No! Non cercare, non tentare d'ingannarmi, di illudermi! Non puoi farlo! Non devi farlo! Mi hai allevata, educata, guidata colla ragione e vorresti ora consolarmi, acquietarmi, addormentarmi colle ubbie dell'al di là? — Quell'uomo... (alludendo a Giordano) Quello... quello là... ha detto giusto. Non dovevi mentire, non dovevi nascondermi nulla. Mia madre non c'era più per me? lo dovevo sapere anch'io. Perchè... la... la... la mamma? (torna a fissarlo. — Francesco accenna di no col capo) La mamma non l'ho più! La mamma non l'ho più! (si butta fra le braccia di Francesco: piangono: pausa) No, sai; non dirmi niente. Voglio ignorare, voglio ignorare. Ma di', di', di', papà... quando si ha tutto perduto... perchè non si può morire?... Perchè non si può morire?... (guarda Francesco, gli accarezza la fronte, lo bacia affettuosamente, come per compensarlo del dolore che gli ha dato) Anna... ha scritto, non è vero? Viene?

FRANCESCO

(con timida inquietudine) Ha scritto... a te.

[113]

SOFIA

A me?... Verrà. (legge, poi con voce cupa) Sua zia... si è ancora aggravata. Mi offre tutto ciò che mi può occorrere; molto danaro: mi domanda come può farmelo avere, senza che tu lo sappia.

FRANCESCO

(le strappa la lettera di mano, la legge: diventa stranamente pallido: la ripone in tasca).

SOFIA

(prende le lettere di Giordano) Sono le lettere mie, che mi ha restituite Giordano Candia! (le butta nella parigina ad una ad una, nervosamente) Sai?... Anche Giordano Candia vuole offrirti del denaro; molto danaro: diecimila lire!

FRANCESCO

(si avvicina, fissandola).

SOFIA

Lui e gli altri, insieme. La colletta di tutti i nostri amici: di tutti, no; Carboni non ci ha voluto entrare.

FRANCESCO

(violentissimo) L'unico! L'unico!... Il solo che ancora mi crede un galantuomo! Quel danaro, sai, Sofia! quel danaro, quelle diecimila lire, il danaro infame di quella donna... tutti credono che io lo abbia impiegato come primo fondo nella Società, e ora me lo buttano in faccia!... (con una risata) Ah! Ah! Ah!... Eppure, sai, — Sofia! — dobbiamo accettare tutt'e due. Accettare: tu l'elemosina; io, lo schiaffo!

[114]

SOFIA

No! No! No! — Mai! Mai!

FRANCESCO

Bisogna accettare, tu l'elemosina, io lo schiaffo. O non si vive! Ohi! O non si campa! O non si mangia! Tutto per gli altri! Sono stato di una prodigalità pazza! Contavo, calcolavo sul mio stipendio; per un anno, per due!... Resterò in debito coi miei soci! e non ne posso avere!... non posso più aver niente!

SOFIA

Lavorare! Si lavora!

FRANCESCO

Sai dove vado io, sabato?... Vado dentro: in prigione; per tre mesi. — Per gli altri!... Sempre per gli altri!

SOFIA

Lavorerò, io; io sola. Lavorerò... Ma quel danaro no: ma quel danaro no! no! no!

FRANCESCO

E io? E io? E io? Quando avrò scontato i miei tre mesi, che cosa farò? Come lavorerò? Dovrò chiedere aiuto ai miei compagni che mi hanno rinnegato, o ai miei nemici che mi hanno coperto di fango?... Anche gli scrupoli sono un pregiudizio! — Bisogna accettare (con una risata) tu l'elemosina, ed io lo schiaffo. — Bisogna vivere; bisogna vivere...

SOFIA

(lo ferma, interrompendolo) Perchè? (si fissano: lunga pausa).

[115]

SCENA VI.

Marino e DETTI.

Marino ha un mazzo di fiori, piuttosto grande, infilato nel soprabito: due bottiglie di sciampagna, una per saccoccia e il canestrino in una mano; si ferma sull'uscio.

MARINO

Oh, oh; bravo signor Francesco; nel salir le scale ho sentito ridere (Francesco e Sofia si guardano, ridono insieme. Marino allegramente a Francesco, credendo aver indovinato) Quando torna la signora Anna?

FRANCESCO

(con un fremito) Domani!

MARINO

(con intenzione, a Sofia) Il chiaro letterato l'ha persuasa?

SOFIA

(vivamente) Sì. Non ho più alcun dubbio.

MARINO

(scrollando il capo, vincendo la propria mestizia) Meglio, meglio così; sono contento anch'io. Ma... faccia presto, signorina, ad apparecchiare la tavola. (mentre continua a parlare, mette le bottiglie sulla credenza, prende dal canestrino una terrina con del rosbiffe, prende i carboni [116] accesi della parigina che mette sul caminetto sotto la terrina, per riscaldare il rosbiffe. — Francesco e Sofia si guardano, si comprendono: hanno un fremito, ecc.) Sono già in ritardo col mio Meyerbeer: a pranzo gli fo da maestro di lingua italiana. Oh, è una conversazione piacevolissima: vuole del vino, maestro? — e il russo mi risponde: — io voglio del vino, voi volete del vino, noi vogliamo del vino. — Volete ancora galantina? — io non voglio galantina, voi non volete galantina, noi non vogliamo galantina: — e così via, per tutto il pranzo. (Francesco e Sofia, ridono forte, sforzatamente, poi si guardano, il loro riso resta strozzato: Sofia ha finito di apparecchiare la tavola, Marino ha messa la terrina sul fuoco, ecc.; ha messo in un piatto, in mezzo alla tavola, le fette di presciutto, di galantina, ecc.) A tavola, signor Francesco! A tavola, signorina Sofia!

FRANCESCO e SOFIA

(si siedono macchinalmente l'uno in faccia all'altra; quando Marino si volta e li guarda, fingono di mangiare ecc.).

MARINO

(mette sulla tavola le due bottiglie ecc.) È il regalo del mio Meyerbeer: è sciampagna secco, squisito. Ha ragione il russo: lo sciampagna è il migliore vino da pasto: io, ormai, l'altro vino non lo posso più soffrire. (dopo aver sturata [117] la bottiglia, versando) È digestivo ed esilarante! (ridono: Marino sincero: Francesco e Sofia c. s.).

MARINO

(versandosi da bere) Signor Francesco... dunque (alzando il bicchiere) A chi deve arrivare: al bel giorno di domani.

FRANCESCO e SOFIA

(si guardano: insieme) Al bel giorno di domani!

MARINO

(a Sofia) A ciò che più desidera, signorina Sofia. (c. s.) Al bel giorno di domani!

SOFIA

(versa lo sciampagna a Francesco: riempie anche il proprio bicchiere; bevono, ancora guardandosi, mentre Marino continua c. s.).

MARINO

Ecco, signorina Sofia: quando avranno finito di mangiare il presciutto, il rosbiffe sarà caldo: non ha che da portarlo in tavola. E adesso, io corro dal mio russo, voi correte dal vostro russo, noi corriamo dal nostro russo! (Marino riempie la parigina di carbone, versandolo dalla cesta: al rumore, Francesco e Sofia si fissano.)

MARINO

(c. s.) Ed ora, buon appetito, e buona notte. A domani!

FRANCESCO

(stringendogli la mano) Grazie, signor Marino.

SOFIA

(c. s.) Grazie signor Marino!

[118]

MARINO

(prende il mazzetto di fiori che avea messo sulla credenza: lo porta in un bicchiere dinanzi a Sofia) Con questo freddo e con questa neve, i fiori sembrano più belli... e fanno allegria! (fa per andarsene).

FRANCESCO

(richiamandolo) Marino! (lo guarda, indica senza poter parlare che beve ancora alla sua salute: Sofia fa altrettanto).

MARINO

Allora... io ne bevo un altro sorso, voi ne bevete un altro sorso, noi ne beviamo un altro sorso. A domani! (saluta e va via — lunga pausa).

[119]

SCENA ULTIMA

Francesco, Sofia, Voce, di dentro.

Francesco e Sofia si fissano; i loro visi, le loro espressioni, i loro movimenti rivelano anche lo stordimento cupo dello sciampagna.

SOFIA

(si alza, versa ancora da bere a Francesco, con un atto quasi tragico: dopo bevuto con voce più cupa:) Tu puoi chiudere la porta della scala.

FRANCESCO

(c. s.; si alza fissandola: chiude la porta della scala. Si sente lo sbattere dell'uscio, il rumore della chiave e dei catenacci. Intanto mentre Francesco segue l'azione, Sofia si alza, va a chiudere la serranda del caminetto. Poi, quando è presso la parigina, Francesco sulla porta, si volta, si fissano. Francesco resta immobile, mentre Sofia camminando lentamente, guarda se le finestre, se tutti gli usci sono ben chiusi. Francesco porta la lucerna sulla credenza. Sofia riunisce tutta la roba rimasta sulla tavola e la copre colla tovaglia: prende i fiori di Marino, si avvolge in uno sciallo: a Francesco).

SOFIA

Abbassa un po' il lume.

[120]

FRANCESCO

(eseguisce).

SOFIA

(si sdraia distesa sopra una poltrona) Adesso... cerchiamo di dormire...

FRANCESCO

(si lascia cadere sopra una sedia: lunga pausa).

VOCE

(di dentro: si sente per le scale, e si avvicina come se venisse per battere alla porta, il ragazzo del portinaio che fischietta forte l'arietta allegra, la stessa della II scena).

FRANCESCO

(scattando in piedi) Sofia! Sofia!... Perdonami, Sofia!

(Il fischio del ragazzo si perde in lontananza: non si ode più).

SOFIA

Adesso... cerchiamo di dormire... cerchiamo di dormire.

FRANCESCO

(a bassa voce, singhiozzando, mentre cala la tela) Perdonami... Perdonami... Perdonami!

FINE DEL DRAMMA.


Opere di Gerolamo Rovetta

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Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.

Copertina elaborata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.