The Project Gutenberg eBook of Elegìe Romane This ebook is for the use of anyone anywhere in the United States and most other parts of the world at no cost and with almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included with this ebook or online at www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you will have to check the laws of the country where you are located before using this eBook. Title: Elegìe Romane Author: Gabriele D'Annunzio Release date: January 7, 2019 [eBook #58648] Language: Italian Credits: Produced by Carlo Traverso, Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images generously made available by The Internet Archive) *** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK ELEGÌE ROMANE *** Produced by Carlo Traverso, Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images generously made available by The Internet Archive) GABRIELE D'ANNUNZIO ELEGÌE ROMANE [1887-1891] BOLOGNA DITTA NICOLA ZANICHELLI (CESARE E GIACOMO ZANICHELLI) MDCCCXCII L'EDITORE ADEMPIUTI I DOVERI ESERCITERÀ I DIRITTI SANCITI DALLE LEGGI AL POETA ENRICO NENCIONI QUESTO LIBRO È DEDICATO ELEGÌE ROMANE (1887-1891) Quid melius Roma? OVIDII EX PONTO L. P. Eine Welt zwar bist du, o Rom; doch ohne die Liebe wäre die Welt nicht die Welt, wäre denn Rom auch nicht Rom. GOETHE'S RÖMISCHE ELEGIEN: I. I. IL VESPRO Quando (al pensier, le vene mi tremano pur di dolcezza) io mi partii, com'ebro, da la sua casa amata, su per le vie che ancora fervean de l'estreme diurne opere, de' sonanti carri, de' rauchi gridi, tutta sentii dal cuore segreto l'anima alzarsi cupidamente, e in alto, sopra le anguste mura, fendere l'ignea zona che il vespro d'autunno per cieli umidi, tra nuvole vaste, accendea su Roma. Non era in me certezza de l'ora, de' luoghi. Un fallace sogno teneami? O tutte de la mia gioja consce eran le cose e in torno rendevano insolito lume? Io non sapea. Le cose tutte rendevan lume. Tutte le nubi ardeano immote: qual sangue da occisi mostri, rompea da' loro fianchi un vermiglio rivo. Lieta crescea la strage per l'erte de' cieli, sì come per infiammati boschi gesta d'immite arciero. Agile da le gote capaci il Tritone a que' fochi dava lo stel de l'acqua, che si spandea qual chioma. Tremula di baleni, accesa di porpora al sommo, libera in ciel, la grande casa dei Barberini parvemi quel palagio ch'eletto avrei agli amori nostri; e il desio mi finse quivi superbi amori: fulgidi amori e lussi mirabili ed ozii profondi; una più larga forza, una più calda vita. Sonvi — dicea la folle Chimera il cuor mio torcendo — sonvi più dolci frutti, altri ignorati beni! Datemi — il cuor dicea — voi datemi, occhi soavi, la mai goduta ebrezza, lo sconosciuto bene! Alta dal cuor balzavami l'anima. A sommo de l'erta, in su 'l quadrivio, argute risero le fontane. Freschi dal Quirinale co 'l vento mi giunsero effluvi; rosea m'apparve, al fondo, Santa Maria Maggiore SOGNO D'UN MATTINO DI PRIMAVERA Quando la tua sorella Aurora, già sazia di sogni, ebra di baci, tutta umida di rugiade, come cerbiatto ignaro d'insidie ne' vergini boschi, pronta a le soglie balza con lieto ardire, tu non il suo chiamare, o Ippolita, odi. Il mio petto ben del tuo dolce capo teneramente premi. Premi il mio petto, e dormi. Qual s'apre or ne l'intimo foco de la tua vita e sorge misteriosa imago, irradiando un riso che tenue sgorga e diffuso trepida per l'aureo fior de le membra tue? Rompe così ne' maggi da polle invisibili un'acqua viva, balzante spirito, in un rosajo: trémane tutta quanta la molle compage de' fiori; poi d'un fulgore liquido s'illumina. Or ne l'oblio sommersa, Ippolita, vedi tu strane plaghe, odi tu novelli carmi e novelli suoni? Odi il divin tuo nome passare ne gli inni? Procedi, splendida fra il duplice coro, a' fastigi ultimi? Quale favilla viva cui nutran le ceneri in grembo; quale balen che dorma entro la nube grave; quale adamante intatto che splenda con lume di stella su la ricchezza oscura de le terrestri vene; qual sole ascoso ad occhi mortali, che sperda su vani esseri, per gelido aer le sue virtudi; quale un pensier di nova beltà creatore su 'l mondo, che ancor segreto rida sotto la fronte al nume; tal per te sola, o donna, per te, per te sola da tempo celasi ne' vergini regni un divin potere. L'hanno in custodia i Saggi. A l'ombra d'un'arbore immensa, candidi ne la veste, placidi come iddii, vivono. Un'aria calda li nutre. Su l'erbe d'in torno rapidi i leopardi piegano i dorsi gai. Il mormorio de' fonti, il susurro de' rami, il sommesso fremito de le belve mescesi a le parole. Oh fecondati regni dal sacro abbraccio de' fiumi, beneficata specie dal providente cielo ove d'un'alleanza de gli astri, principio di vita sorge ch'effuso ne le solitudini crea da la sorda pietra, crea pure da l'arido loto, crea pur dal ferro spirti innumerabili! Ecco sentieri d'ombre, profondi, cui versan la luce fiori d'ardente vita, esseri non mortali; templi d'ignoti numi, a la gioja del dì bene aperti sopra colonne bianche qual pura neve, armoniosi, eterni, ove l'aquile fanno gran cerchi, ove sospira il caldo vento natìo del mare; chiostri di colli emerse da vasti golfi lunati, ove talor ne l'aria passan le forme dive, forme di tal corusca virtù penetrate che alcuna d'occhi mortali forza non le sostiene, simili a te nel riso, che incedon su 'l mare con lento passo e guardando a l'alto cantano dolci cori. Cantano: — Or chi da l'alto precipita a' campi del mare, rapido com'aquila, splendido come fuoco? Quella discende forse, che molto aspettano i Saggi, donna reina? O forse da le sue rosse case, contra i fraterni tèli, demente per novi desiri, anche apparì l'audace figlia d'Iperione? Non del titan la figlia; ma l'altra, ma l'altra s'appressa. Cose universe, udite! Ecco, l'Eletta viene. Viene l'Eletta. O cieli, che tutta accogliete l'immensa anima del Creato entro la vitrea sfera! voi, o correnti, o vene del mare, che l'isole intatte stringer godete in vostre adamantine trame! nuvole erranti, o voi lungh'esso il monte selvoso greggia che il vento guida, truce pastor, fischiando urne de' fiumi, aperte da vegli possenti a la Terra giovine! e voi, stromenti ampi de l'uragano, selve terrestri! e voi, profonde oceaniche selve, dove ogni tronco ha occhi vigili ne l'orrore! cose universe, udite! L'Eletta, ecco, viene che a noi reca per legge il solo ritmo del suo respiro. — Cantano. Tu non odi passare ne gli inni il tuo nome? Premi il mio petto e dormi. Splendemi in cuor l'aurora. VILLA D'ESTE Quale tremor giocondo la pace de gli alberi, o Muse, agita e a le richiuse urne apre il sen profondo? Chi, dentro gli àlvei muti svegliando gli spirti del canto, leva sì largo pianto d'organi e di liuti? Chi dentro i marmi sordi, immemori d'acqua corrente, mette novellamente fremito di ricordi? Chi tante mai canzoni, o Muse, trae su da tant'acque? Ella è, che pur vi piacque, Muse; è Vittoria Doni. Va pe 'l sentiere ombrato la donna magnifica; e in torno ecco, il divin soggiorno trema signoreggiato. Lodano tutti gli orti la dolce di lei signoria; e le fontane, in via, parlan de' tempi morti. Parlan, fra le non tocche verzure, le cento fontane: parlan soavi e piane, come feminee bocche, mentre su' lor fastigi, che il Sole di porpora veste, splendono (oh gloria d'Este!) l'Aquile e i Fiordiligi. SERA SU I COLLI D'ALBA Oh, su la terra albana, bontà de la pioggia recente! Grande è la sera; accoglie grandi respiri il cielo. Umido il ciel s'inarca su 'l piano a cui s'abbandona lento il declivio. Ride l'ultime nubi in fuga, l'ultime nubi, trame leggère che passa la luna èsile trascorrendo come una spola d'oro. Compie l'aerea spola un'opra silente. Nel folto celasi; risfavilla di tra le fila rare. Muta la segue in alto la donna pensosa, con occhi puri, che guardan oltre: — oltre la vita, in vano! Quale desío la tiene? Qual nuovo pensiero, qual sogno su dal pallor notturno de la sua fronte sale? Tenue Luna, o amante dolcissima d'Endimione; cielo di perla effuso, pallido men di lei; cielo che spandi al piano una neve impalpabile (come placidamente cade sopra le arboree cime!); tu, mar Tirreno, o letto remoto del Giorno (per l'aria fanno gli odor terrestri altro invisibil mare); Espero, e tu, o lungi ridente pupilla; e voi, larghi paschi ove grandeggiando sazio s'attarda il bue; torme d'olivi, e voi con braccia protese a la sera, bianche nel bianco lume, religïose; e voi tutte, apparenze de la divina Bellezza ne' puri occhi, non mi rapite l'anima sua; ma fate, s'io v'adorai, ma fate che l'anima sua forse stanca volgasi a me, piangendo, con infinito amore! VILLA MEDICI I. Tu non mi dai la pace, o Sole sereno, e l'oblio se i cari luoghi io cerchi vago de' raggi tuoi! Troppo soavi, ahi troppo soavi anche giungonmi al core questi che tu diffondi spiriti, o Primavera, questi onde tutta vive la dura pietra e si scalda umanamente e gode ne le profonde vene, onde gioiscon gli orti chiomati di verde novello, tremano le raccolte acque ne l'urne loro. Tremano con sommesse parole, ne l'ombra, e fan cupo specchio a tal ombra l'acque dentro il marmoreo vaso. Stanvi le querci sopra, che l'aura de' secoli avvolge: odono il suon, guardando placide a' cieli e a Roma. Chiusa ne' suoi recinti la villa medicea dorme: alzansi lenti i sogni da la sua gran verdura, come allor che su 'l primo tremar de le vergini stelle per i quieti rami cantano i rosignuoli. Oh pura in me, su 'l vespro, piovente dolcezza de' sogni! Muta, la lunga scala ella saliva meco. Tutta nel cor segreto io sentiami languire e tremare l'anima, al premer lieve de la diletta mano. Ma, come fummo al sommo, la bocca ansante m'offerse ella: feriva il sole quel pallor suo di neve. Alto d'amor susurro correa lungo i bòssoli foschi; dardi rompean la cava tènebra tutti d'oro, quasi che d'odorato peplo e di veli ondeggianti bella ivi errasse Cintia dietro vestigia note. II. Ben tale dea presente, cui nomano Luna i mortali, empie d'un amoroso spirito i cari luoghi. Ben questi elesse talami verdi e profondi la dea a gli amor suoi segreti, paga d'angusto impero. Piacquesi de' lavacri, che artefice umano compose, ella obliando i chiari fonti, gli azzurri fiumi: l'agile per le selve d'Etolia corrente Acheloo, truce figliuol di Teti, vago di Dejanira; l'Axïo da la riva lunata per ove muggendo candida l'ecatombe venne con passo grave; ed il Penèo sonoro che vide di Dafne le membra torcersi verdi e snelle, ripalpitare in rami; te, bel Cefiso, a cui la diva Afrodite bevente rise da tutto il volto, diede in balía la chioma; te, puro Eurota, largo d'allori e di freschi roseti e di freschissime acque, d'onde emergeano ignude vergini protendendo le belle braccia pugnaci verso la madre Sparta, a salutare il Sole. Erano a Delia cari tai fiumi; al grand'arco divino porsero i lidi immensa copia di cacciagioni; grati offerian riposi ne gli antri a le ninfe anelanti; murmuri avean di molle sonno persuasori. Ma ben li oblia la dea. Non ebbero quelli il tuo riso misterioso, o fonte, l'inestinguibil riso, tenue balen che l'acque tue pallide illumina a fiore (tal ride pur fra' pianti l'anima in occhi umani) onde in ardore treman a torno gli aperti narcissi, languidi reclinanti, presi di van desìo. Non ebber quelli, o fonte, non ebber le voci tue vaghe più che mel dolci, lene balsamo a' duoli umani. Qual su 'l polito ferro de l'aste purpurea s'imperla l'onda del sangue e brilla nitidamente al sole, tale su l'infiammata anima il confuso susurro frangesi in varianti numeri armoniosi. Ode la selva intenta, le vergini stelle da' cieli odono: a lor la fonte ride di conscio riso. III. Deh nel mattin recante gran fior di rugiade novelle, quando improvvisa apparve l'esule dea tra' rami, deh come tutte d'intimo ardor palpitarono l'acque poi che sentìan l'antica divinità redire! Fulsero i tronchi allora con lume di puri diaspri; ebbero allor le foglie de l'adamante i fuochi. Quivi il pastore biondo bellissimo Endimione Trivïa seco addusse; quivi prigion lui tiene. Sta l'alta maraviglia. Par sempre rifulgono i tronchi quivi in rigor di pietra simili a gemmei steli. Piegansi i rami, carchi di verdi cristalli politi; pendon tra ramo e ramo lunghi velari d'oro, poi che per entro questi misteri invisibile Aracne a le sottili attende opere de' telai. Tacciono i venti sopra: non fremito corre le cime; non, nel profondo incanto, giungon da l'Urbe voci. Nascere dal silenzio pajono tutte le cose come le salienti nubi dal mare; e immote (tali il giacente inconscio nel sogno ingannevoli forme vede, che a lui da l'imo genera il lento cuore) durano: soli i lauri con lieve tremito incessante dan tra la selva indizio de la nascosta vita. IV. Oh lauri, quanto un giorno a l'anima nostra soavi! Alta venia ridendo ella fra gli alti steli. L'ombra de' bei capegli oscura battea come un'ala su la sua fronte; i lunghi occhi parean più neri. Freschi salían di sotto il breve suo passo gli effluvi; molli pioveano albori da le vocali cime. L'Erme da l'ombra mute sorgendo in lor forma divina, vigili meditanti anime ne la pietra, lei riguardavan, come assorte in pensiero d'amore: sotto il lor piè quadrato, snelli fiorian gli acanti. Io per sentieri ignoti fra' lauri così la seguii trepidamente, e parve fosse d'in torno l'alba. Parvemi, lei seguendo fra' lauri, che dietro quell'orme ratto fuggisse il sangue mio dal profondo core quale un vapor da calice colmo, e di vene novelle tutto l'amato corpo anche cingesse, e mista l'anima mia per tale prodigio a la bella persona fulgida avesse gioja da la comune vita. Fulgida gioja, oh grande mia comunione d'amore onde in bei fior di luce vaghi nascean pensieri! Parvemi, lei seguendo, che simile in vista a la donna cui lungo il rivo scorse Dante tra' freschi maj (Deh bella Donna — ei fece — ch'a' raggi d'amore ti scaldi! — Volsesi la soletta in su 'l vermiglio a lui) ella in salir per l'erbe vestigia stellanti lasciasse, gemmee spandesse ai mirti da le sue man rugiade. — Ecco, la Notte ascende per l'umido cielo: viole trae ne l'aerea vesta, pallide rose trae. Leva col piè fulgori di stelle per gli archi profondi: treman le stelle, come polvere effusa d'oro. Vede l'innumerevole riso d'a torno in gran cerchi spandersi: gode al sommo ella seder regina. Voi salirete, o donna, così l'altura ove al sommo s'apre, fiammando forte, quella mia speme nuova. S'apre solinga in cima, qual rosa che imperlano dolci lacrime, che il più caldo sangue del petto irrora. Risplenderanvi sotto il piè nel cammino le stelle; racconteran le stelle la maraviglia ai cieli. Voi ne la gloria, voi nel riso d'amore salendo, giugnere udrete il canto: «Ella, ella sola è gioja. Entro le man sue reca più luce che non l'Ora prima; fatta ella tutta quanta è di sovrane cose.» ELEVAZIONE Su, Elegia, t'eleva! La notte è propizia ai dolenti, Piangi la donna nostra, canta le lodi sue. Giova, ne l'alta notte, con lacrime lei richiamare? Tutta nel verso vano l'anima mia si sface. Ben, forse, lei ne l'intimo petto l'angoscia martira: lei riguardante cieli strani il desio pur tiene. Lei, forse, tiene il grato ricordo, se vago la luna brivido le suscita ne la solitudine; più vivo ardor per me le comprende il pensiero, se a torno languidi favellano gli alberi in colloquii. Ahi, non indarno un tempo le cose parlavano amore! Ma di gioire urgeva brama più forte noi ebri di tal dolcezza cui gli astri effondean pe 'l raggiato etere, cui limpida piacqueci di bevere. Vino immateriale in coppa invisibile oh mira ebrietà che tutto l'essere penetrando fece rigati a noi di nuova delizia gli amplessi, rese infiniti i brevi nostri mortali amori! Forte il mio spirto ardendo occupò il suo cuore profondo come la fiamma alácre abita l'urna cava. Di quell'amante vita nudrivasi ardendo il mio spirto, come la fiamma a notte beve la pura oliva. I pensier suoi pensai: la gioja e il dolor suo nel pieno essere mio raccolsi; vidi per gli occhi suoi. L'anima, le segrete de l'anima voci, il divino ritmo del suo respiro, l'intimo di sue vene fremito, e le latenti sue cure, e gli inganni de' sogni, e l'improvvise angosce, tutto io conobbi in lei. Io, su lei chino, io tutti conobbi i concenti che solo odonsi nel silenzio dolce del sangue suo, quando gli innumerevoli palpiti in uno concordi fingono la tremante calma d'estivo mare. Io gli splendori ascosi de l'anima sua rivelai, come con aurea chiave i penetrali aprendo; e li diffusi in cerchi più vasti ove tutto m'immersi avidamente, i fianchi cinto di forza nuova. Tale, fra l'ignee chiome che spiega l'Aurora su 'l mondo, aquila uscente a volo da la nativa rupe: invermigliati i fiumi salutan con tuoni il prodigio, ridono le attonite fronti de l'alpe in giro: unica quella al sommo rossor batte l'ali possenti; tutte le aperte penne splendonle di baleni. II. SUL LAGO DI NEMI (VILLA CESARINI) Era un ritorno. Il sole spandea per i boschi ducali, precipitando, un fuoco torbido. Ma su l'acque, chiuse da quel gran cerchio di tronchi infiammati, un pallore cupo regnava. Raggio non le feriva alcuno. Chi nel divino grembo del lago adunava tant'ira? Livide, mute, l'acque minacciavano; come d'un lungo sguardo nemico seguivano il nostro passo; vincean d'un freddo fascino i nostri cuori. Una paura ignota ci strinse. Pensiero di morte illuminò d'un lampo l'anima sbigottita. Parvemi andar lungh'esso un lido letale, uno Stige; e de l'amata donna l'ombra condurre meco. Tutte di nostra vita lontana le imagini vaghe si dissolveano; ed ecco, tutto era morte in noi, tutto; ed il nostro amore, il nostro dolore, la nostra felicità non altro eran che morte cose. Oh visione aperta per sempre, a l'anima mia! Rapidamente l'acque s'oscuravano. Senza tremare, immote, opache, celando l'abisso, più minacciose l'acque parean volgere al malefizio i cieli. Le nubi piombavano sopra; stavano intenti i boschi sopra, nel grande orrore. Quasi era spento il fuoco per l'aria; ma ultima ardeva come una face in Nemi rossa la torre orsina. IL VIADOTTO Ella era meco. Forte stringeva il mio braccio ed ansava contro il gran vento, muta, pallida, a capo chino. Ahi, trascinato amore! Pareami sentire in su 'l braccio (ella stringea più forte) premere un peso immane. Ahi, trascinato amore, con triste menzogna, per tanto tempo, in sì dolci luoghi! Luoghi già tanto cari! Cupa, di sotto gli archi del ponte, muggiva in tempesta ampia di querci e d'elci la signoria dei Chigi; ma dal contrario colle, tra i mandorli scossi, ridea, quale da rupe un gregge pendulo, Aricia al sole. Pendula Aricia al sole ridea su la conca profonda: ombra mettean le nubi cerula ne la fuga. Era il Tirreno in vista, di lungi, una spada raggiante; eran, di lungi, i boschi isole tutte d'oro. Ma pe 'l mio cuor mutato, pe 'l duro cuor mio da le cose ruppero in van fantasmi, ahi, del goduto bene! Sorsero da le cose fantasmi bellissimi. Ed ella, auspice Sole, ed ella era pur bella in vano! Era pur bella, o Sole. Stringeva il mio braccio ed ansava, contro il gran vento, muta, pallida, a capo chino. Non a lei forse ignara parlavan le cose nel vento? «Ei più non t'ama, o donna misera! Ei più non t'ama!» VILLA CHIGI I. Sempre nelli occhi, sempre, avrò quella vista. Oh silente pallida ignuda selva, non obliata mai! Noi discendemmo piano, seguendo il famiglio, una scala umida, angusta, dove l'ombra parea di gelo. Ella era innanzi. A tratti, sostava. Mal certa su i gradi ripidi, contro il muro ella tenea la mano. Io la guardai. La mano bianchissima parvemi esangue, parvemi cosa morta. Morta la cara mano che tanti al capo sogni di gloria mi cinse, che tanti sparsemi di dolcezza brividi ne le vene! Soli restammo. Un fonte gemea roco a piè d'una loggia alto salìa l'antico feudo chigiano al cielo. Erano sparsi fumi pe 'l ciel come candidi velli. Entro correavi un riso tenue d'oro; e i nudi vertici de la selva parean vaporare in quell'oro; eran le felci al sommo èsili fiamme d'oro. Ella tacea, guardando. Ma, tutta nelli occhi, la grave anima dolorosa queste dicea parole. — Dunque nell'alta selva, che udisti cantar su 'l mio capo, seppellirai tu, senza pianto, il tuo grande amore? Intenderò io dunque nel dolce silenzio, che amammo, la verità crudele? Dunque per questo, o amico unico mio, per questo m'hai tu ricondotta ne' cari luoghi ove un giorno io parvi schiuder la primavera? — II. Oh primavera, tutta la selva correano i tuoi spirti, tutta prendean l'inerte selva da le radici, occultamente: rari aneliti uscieno; talvolta era come un ansare languido, oh primavera! Ella tacea, guardando. Udiva io l'interna sua voce; ma non risposi. Io tacqui. Io non risposi mai. Vano ogni sforzo. Un freddo suggel mi chiudeva la bocca; torbido, invincibile, contro di lei, da l'ime viscere mi sorgeva non so quale odio; moriva ogni pietà di lei nel saziato cuore. Muti, così, vagammo: così, l'uno a fianco dell'altra, simili ad ombre erranti sotto un fatal castigo. Era la carne stanca; le pàlpebre erano gravi; era nelli occhi quasi una caligine. Tutta la notte, ahi, lunga! (parca che non fosse mai l'alba), io con ardor, con ira folle cercato avea di ravvivar la fiamma ne' corpi commisti, ne' baci. Ella non più beveva l'anima mia ne' baci. Ella bevea soltanto le lacrime sue ne' miei baci. Lacrime di quelli occhi, pur vi sentii su 'l cuore ardermi fra 'l disgusto che a flutti salìa dal profondo, lacrime di que' dolci occhi ove il cielo io vidi! III. Or non vedeva il cielo nelli occhi di lei; ma dolore. Ella tacea pur sempre, pallida più del cielo. Tutte le forme alli occhi miei lassi apparían dubitose, inesistenti, come forme di sogni, strane. Alberi strani, in torno balzavan da terra a ghermire con mostruose braccia la delicata nube. Snella fuggìa la nube l'abbraccio terribile, dando al ghermitor selvaggio labili veli d'oro. Folti per ogni parte i muschi crescean nella grave umidità. Le querci erano di velluto. Tutti copriva i tronchi quel fresco velluto opulento; tutte le pietre in torno erano di velluto. Oh meraviglia! Un tempo mi parve il mirabile ammanto opra di carmi, ed ella spargere tal mistero. Dubio, da un ciel di perla, guardava il sole tra i rami; ella ridea con occhi limpidi all'Adorato. Mi vacillava il cuore: — La luce che illumina il bosco, misterïosa, piove dalli occhi suoi? dal sole? — Come nell'alba prima la luna d'agosto mancando, pallida, effonde un riso che non fu mai più lene: tremano in ciel due vaghi miracoli; un sogno la terra ultimo esala, incerta nello spirtale albore: ella così mi parve. Contorte al suo piè le radici eran di serpi un gregge obediente a lei. IV. Or chi guidava il nostro cammino? Forse un ricordo? E perchè mai varcammo la sconsolata altura? Era per quell'altura (udiva io salendo alenare la taciturna) un bosco ceduo. Tutti, ignudi, grigi, sottili, i fusti sorgevano in una eguaglianza, come di lance schiera ordinata in campo: o non più tosto, anima mia, come un lungo solenne ordine di cèrei spenti ne l'aer muto? Parvero a lei, per certo, così mentre ella passava. Ella pensò la morte. Lessi nel suo pallore. — Tu mi vedrai morire. Vuoi tu, vuoi tu dunque ch'io muoia? — lessi nelli occhi. — Pure, io non ti feci male. Pure, io non altro feci che amarti, che amarti; non altro feci che amarti sempre! Io non ti feci male. — Vano ogni sforzo. Un freddo suggel mi chiudeva la bocca. Un maleficio occulto dentro m'avea gelato. Ma trasalimmo entrambi, sostando: un tronco abbattuto attraversava il passo. Muti, sedemmo quivi. V. Sempre nelli occhi, sempre, avrò quella vista. Oh silente pallida ignuda selva non obliata mai! Erasi chiuso il cielo. Qualche alito, raro, destava per le caduche cime quasi un brivido. Cumuli di carbone qua e là nelli spiazzi, come alti roghi ove già fossero cenere i cadaveri, lenti fumigavano. Salivan nell'aria le spire lente ondeggiando; lente dileguavano; e su 'l composto suolo di foglie morte, su quella tomba d'autunni, l'ombre camminavano. Cenere, fumo ed ombra parean quivi segnar la gran legge. — Devono, come i corpi, come le foglie, come tutto, le pure cose dell'anima sfarsi, marcire; devono i sogni sciogliersi in putredine. Devi tu, uomo, sempre, di ciò che ti diede l'ebrezza assaporare torpido la nausea. Nulla dal fato è immune. Nel corpo e nell'anima, tutto tutto, morendo, devesi corrompere. — Or chi di noi soffriva più forte? Ella, ella mi amava; vivere al men sentiva, d'una tremenda vita, entro il cuor suo la fiamma: la fiamma anche pura e raggiante! Io non l'amava. Il cuore gonfio parea d'un tetro lezzo; non altro senso avea che d'un tedio infinito l'anima ottusa. Oh come, donna, t'invidiai! VI. Ma trasalimmo entrambi, udendo sonare una scure. Colpi iterati, sùbito, echeggiarono. Aspra nel gran silenzio ferìa l'invisibile scure: non il ferito tronco udíasi gemere. Ella, ella, a un tratto, come ferita, ruppe in singhiozzi; ruppe ella in disperate lacrime; ed io la vidi nel mio pensiero, quasi nel guizzo d'un lampo, io la vidi ùmile sanguinare, ùmile boccheggiare, stesa tra 'l sangue, e alzare le supplici mani dal rosso lago; e dicea con gli occhi: — Io non ti feci male. — Oh moribonda anima! Le stetti da presso impietrito. Anche una volta bere le sue lacrime io non poteva? Al meno sfiorarle i capelli una volta io non poteva? Al meno, prenderle i polsi; il viso bianco scoprirle, il giglio divino imperlato di pianto: chiederle al men con voce dolce: — Perchè piangete? — Ella piangea. Di lunge, i colpi echeggiavano; gli alti roghi, d'in torno, lenti fumigavano. IL VOTO Discendevamo il colle, la sera d'aprile occupando i colonnesi boschi umida argentea mentre ne l'ombra cantavano già gli usignuoli, noti aulivano fiori anche invisibili. Ella era muta; muto io era. Breve intervallo era tra noi, tra i nostri deboli corpi: breve; ma non quel colle, ma non quel lago, ma non il lontano mare, ma non la sera fulgida aveva abissi tanto profondi quanto l'abisso che muto tra noi era... Oh discesa lenta per l'infinito clivo mentre ne l'ombra cantavano già gli usignuoli, noti aulivano fiori anche invisibili! Candido arrise il cielo. Recò nel sovrano candore suon di campane l'Ave, giù da Castel Gandolfo. Ci soffermammo. Ed ella (il suo lieve gesto mi pesa ne la memoria) da la fronte dolente al petto stanco segnò la croce: — indizi d'interna preghiera a la sua bocca pallida salirono. Quale fu il vóto? Invase pur me, in quel lume, un fervore súbito; e pur fervido sorse il mio vóto al cielo. — Ave, Maria. Voi fate, o Madre misericorde, ch'ella non m'ami! Fate ch'ella non m'ami, o ch'ella muoia! Togliete il truce amore a l'anima sua, misericorde Madre, e a me il supplizio! IN UN MATTINO DI PRIMAVERA Era il mattino. Un grave sopore teneva la donna misera su 'l guanciale pallido men di lei. Fredda, composta, immota, parea profondata nel sonno ultimo, ne la pace ultima, su la bara. Alito non s'udiva. Parea che le labbra premute fossero da la Morte, tanto eran chiuse e pure. — Non ti destare, non ti destare — pregai nel segreto cuore — se vuoi ch'io t'ami! Sieno per sempre chiuse queste tue labbra; e ancora, ancora saranno divine. Ritroverò per queste labbra i sovrani baci. Ritroverò la mia più lenta carezza per questa fronte che amai, per queste gote che amai, per queste pàlpebre al fin su 'l tuo dolce insostenibile sguardo chiuse; e per queste chiuse labbra i sovrani baci! IL MERIGGIO Era un silenzio orrendo, lugùbre: il più cupo che in terra sia stato mai. Le tombe tutte pareano aperte, sotto quei cieli. Nulla viveva. Nessuna apparenza era terrestre, in quella luce infinita eguale. Entro la sua gran chiostra di boschi il lago raggiava sacro, aspettando la promessa vittima. Ben eri tu, o Sole, a mezzo dei cieli alto, quando io la promisi! Tutto era silenzio. III. LA SERA MISTICA (SUL TEVERE, ALL'ALBERO BELLO) Anima, non è questa la pia solitudine amica, l'alta che noi cercammo riva letèa d'oblio? Regna il Silenzio i luoghi. Nel vespro il Tevere splende: l'onda perenne ei reca de la sua pace al mare. Guardano il padre fiume le querci immote, ch'ei nutre, spiriti ne la dura còrtice meditanti; esseri paghi: bevono l'acqua con l'ime radici, godon raccorre i soffi tiepidi ne le chiome. Dicono a me le querci: — Noi molti vedemmo dolori, truci dolori umani, piangere lungo il fiume. Sorgere udimmo al cielo gridi ultimi di morituri. Ebri di morte, quelli chiesero ai gorghi oblìo. Anima stanca, vieni. Benefica è l'ombra. Ne l'ombra è la saggezza. Vieni. Solo ne l'ombra è pace. Vieni. A noi caro è l'uomo pensoso. Qui Claudio si piacque mescere ai grandi nostri pensieri i suoi. — Dicon le querci. A specchio del fiume rosseggia, tra 'l bosco memore, la deserta casa del Lorenese. Claudio, pittor sereno, voi forse udite? Anche forse abita il vostro dolce spirto la dolce casa? Forse lo sguardo esplora ne l'umido ciel le fuggenti nubi che in su le tele nobilitò la mano? O, testimone eterno, contempla il fiume che passa? Tacito passa il fiume, tacito come il Lete. Regna il silenzio. È questa la pia solitudine amica, l'alta che noi cercammo riva letèa d'oblìo? Suon di campane i vènti le recano, unica voce. Questa da te le giunge unica voce, o Roma. — Ave. La pace è in alto. Nel cuore de l'umile scende. Anima triste, prega. Dà la preghiera oblìo. — Alzan di lungi fiamma, come ardui cèrei, le torri. — Ave — risponde il vinto umiliato cuore. IN SAN PIETRO Per la profonda nave, che tanta ne' secoli accolse anima umana e tanta nube serrò d'aroma, svolgesi il grave coro da bocche invisibili. Un rombo l'organo a tratti caccia da la sua selva ascosa. Cupo ne l'ombra il rombo propagasi giù pe' sepolcri: pajon tremar da l'imo le portentose moli. Vegliano al sommo i magni pontefici benedicendo: stanno a le ferree porte gli angeli ed i leoni. Come solenne il canto! Da l'onda eguale una voce levasi, con un alto melodioso grido. Piange la voce, e al mondo rivela un divino dolore. Sgorgan le note, calde, quasi lacrime. Piange la voce, sola. Non ode nel gelido sasso il Palestrina? Sola piange la voce; e al mondo narra un divin dolore. Non ode il sepolto? Non balza l'anima sua raggiante su l'ideali cime, quasi colomba alzata a vol su pinnacoli d'oro? Piange la voce, sola, nel silenzio. IN SAN PIETRO L'absida è nel mistero raccolta. Un'ombra rossastra occupa il vano. Al fondo luce il metallo, enorme. Sorgono scintillando per l'ombra le quattro colonne che nel pagano bronzo torse il Bernini a spire. Sopra la croce il grande miracolo pende, che in terra offre a la faticosa anima umana un cielo. Lampade tutte d'oro in torno a la duplice scala ardono, dove il sesto Pio reclinato prega. Muti, il mistero e l'ombra s'addensano in velo di morte. L'ora si perde. Un passo va lontanando: tace. Ma di repente il Sole, fierissimo violatore, (oh trionfate nubi pe 'l ceruleo giugno!) fendendo l'ombra dal culmine, investe la fredda tomba ove Paol terzo, calvo e barbato, siede. Sotto il suo bacio, come un tempo nel letto del Borgia, rosea nel marmo vive Giulia Farnese ignuda. LE ERME (VILLA MEDICI) Erme custodi, o in terra solinghi iddii taciturni, vigili meditanti anime ne la pietra, voi custodite ancora l'antica memoria, voi siete memori ancora, ne la solitudine! Altri l'oblío già tiene. A quale di voi ella cinse ilare il collo, tra li acanti floridi? IL PETTINE (VILLA MEDICI: DAL BELVEDERE) Poi che su 'l Monte Mario si spengono i fuochi del Sole, vengon le nubi in torme lente dal Palatino. Mite le aduna il soffio de' vènti e le tragge a l'occaso, ove i cipressi in contro figgon le acute cime. Mordono allor le cime de' neri cipressi le nubi che scorron come in lungo pettine chiome d'oro. DAL MONTE PINCIO Sorge lavato il monte, fragrante di fresca verdura, trepido; e il ciel di maggio ride a la rotta nube. Pace ne l'aria viene dal bel lacrimevole riso, cui vaga pur d'altezza l'anima nostra attinge, cui balenando in cima le cupole attingono e gli alti alberi che gran serto fanno a' tuoi colli, o Roma. Mite risplendi, o Roma. Cerulea sotto l'azzurro, tutta ravvolta in velo tenue d'oro, giaci. Sopra correa la nube, con tuono lungo echeggiante; ecco, ed il ciel di maggio ride a la rotta nube. Tal, dopo sì gran guerra, dopo tanta notte funesta, dopo l'amaro tedio, dopo il lamento vile, (lungi per sempre, lungi, o sogni, da l'anima nostra; sogni, che troppo un giorno perseguitammo in vano!) l'anima, liberata di tutte procelle, respira; non il ricordo l'ange, non il desio l'acceca, più non la morde cura d'antichi amori o novelli, ansia non più l'affanna d'altri ignorati beni. L'Anima sta: tranquilla rispecchia la vita e raccoglie entro il suo vasto cerchio l'anima de le cose. IV. “FELICEM NIOBEN!„ Triste e pensoso, l'ombre cadendo, su 'l getico lido sta Publio Ovidio. Innanzi urla il feroce mare. Chino biancheggia il capo cui cinser gli Amori corone: pendon su lui la grande ira d'Augusto e il fato ferreo, che la lunga querela non odono. Il pianto inutilmente riga le tomitane arene. Inutilmente, ancora, da Cesare nume benigno l'esule attende un ramo de la pacata oliva. Già sopra sta l'inerte vecchiezza; la ruga senile ara già il volto. Attende egli la morte, e chiama. Flebile il carme sale per cieli immiti ove i dardi fischiano che di lungi scaglia il bracato Geta. — Niobe felice, se ben tante vide sciagure; che, fatta pietra, il senso perse del male. E voi, voi pur felici, cui le bocche chiamanti il fratello chiuse di novo cortice il pioppo. Io sono, io son colui che mai sarà confinato in un tronco, io son colui che in vano essere pietra vuole. — Cadono l'ombre, s'addensano gelide; il mare ulula; il vento reca strepito d'armi. Oh Roma, Roma! Oh su' colli piniferi aureo tepente vespero e ne' rigati orti da l'acque nove murmure che sopiva la cura e lungh'essi gli insigni portici riso de l'amica giovine! AVE, ROMA Esule anch'io, pensoso di te, di te sempre pensoso, Roma, non fra gli intonsi barbari Ovidio sono; nè mi colpì lo sdegno di Cesare, ma la funesta dea che la tua campagna orrida e sacra tiene. Mi visitò nel sonno la livida Febbre; e il mortale tossico, me misero! tutto il mio sangue tiene. Lugubre è il mio perire, se ben non sia questo il feroce Ponto e non la scitica freccia nel cuore io tema. Sotto sereni cieli più duro è l'esilio a tal cuore cui più nessuna cosa che amò rimane. Stanca è la carne e spira già l'anima, in questa incompresa pace. Oh lasciate un'Ombra verso la morte andare! Tutto è sereno. Il flutto è docile. Incurvasi il lido come una lira, dove sorgono emerocàli simili agli asfodeli che illustrano i clivi de l'Ade, candidi. Ma non questa pace il morente chiede. Chiede il silenzio immenso, eterno, che sta su l'immoto fascino del deserto onde tu sorgi, o Roma. Quale alto monte, quale oceano infinito, qual somma tenebra vince tanta solitudine? Quivi la morte sta. Ti vegga da lungi più grande d'ogni più grande cosa il morituro e — Ave — dica — o tu, Roma, tu dolce e tremenda! Ave, o Roma unica, o dell'anima nostra unica patria! VESTIGIA E tu ritorni, o Vita? Ritorni a me con un riso dubio, ed in mano fronde trascolorate rechi. E tu ritorni, o Amore? Obliquo ritorni, ed in mano rechi l'antica tazza, piena d'un falso vino. Dice la Vita: — Guardi tu in dietro gli antichi vestigi! Sonvi più dolci frutti, altri ignorati beni. Dice l'Amore: — Bevi. — Ripete egli antiche parole. — Ecco la nova ebrezza, lo sconosciuto bene. — L'Anima dice: — Vane lusinghe. Io chiudo un supremo sogno. Da me il mio sogno non uscirà già mai. — Pure, si volge; guarda gli antichi vestigi. Oh silente pallida ignuda selva non obliata mai! NELLA CERTOSA DI SAN MARTINO (IN NAPOLI) Vita, negli occhi miei, negli occhi di quella che a fianco m'era e credea sé tutta cinta de' miei pensieri, sé nel mio sogno, ed ebri ancora i miei sensi, e la mia anima con intatti vincoli trarre seco; negli occhi nostri, o Vita, le imagini tue dileguando come serenamente fluttuavano! Eran su l'alte mura i tralci (pendevano i neri grappoli da la canna come da un tirso d'oro) e pe' leggeri intrichi pampinei l'isole e i golfi s'intravedeano splendere: Puteoli cerula su 'l lunato azzurro, ove l'Ibi migrante agile tra le corna scese de' bianchi buoi, Baja voluttuosa, e il tumulo ingente che Enea diede a Miseno, e l'alta Cuma che udì gli ambigui carmi fatali, e il lido lacustre che l'orme sostenne d'Ercole dietro il gregge pingue di Gerione: plaghe da gli Immortali dilette, ove (come in profondi talami cui piacciansi premere amanti umani) gli incliti corpi ambrosii giacendo lasciarono impronte sacre, vestigi eterni de la Bellezza prima. Quella che al fianco m'era — Non senti — mi disse — la nostra felicità salire? Tutte le cose belle credo io aver nel cuore. — Mi disse languendo la donna tenera. Ne la bocca le rifioríano i baci. Io che provai? Mi stava su 'l cuore un affanno ignorato. Tutto pareami quivi solitudine, vacuità, tristezza, immobile tedio, nel muto lume, sotto i muti chiari lontani cieli. Poi, ne le vaste sale deserte, vedemmo le inani spoglie del re, le vesti, l'armi, i vessilli, i cocchi d'oro, il vascel vermiglio che tenne le pompe del terzo Carlo; e il tuo cupo rombo parvemi udire, o Fato. Parvemi; ma più forte salìa verso l'ardua loggia, ove tremammo, il rombo de la città che tutta quanta ferveva al sole, tutta quanta aperta in un riso, in un possente riso inestinguibile, illuminando i cieli che in lei tendevano l'arco, avida con rosee braccia abbracciando il mare. Mise la donna un grido, stringendosi a me, con un lungo brivido, come presa di vertigine. Poi, reclinata il volto bianchissimo, parvemi in atto di voluttà profonda bere la dolce luce. — Oh, tutti i sogni miei per questo! — dicea lenta, quasi ebra. — Infinito e pure intimo ne l'anima come un divin segreto da te rivelato a me sola! — Tacque; ed ancor la bocca parve bevesse luce. Io che provai? Mi stava su 'l cuore un affanno ignorato. L'anima ansando attese il rapimento in vano. Pur intendea confuse parole. — Quale ombra ti copre? Quale altro oscuro mondo occupa gli occhi tuoi? Quello che in te contempli ha forse orizzonti più vasti? Dentro, più lieti s'aprono spettacoli? Tu possederlo credi! Non è in tal possesso la gioja. Meglio è nel Tutto l'anima disperdere. Rompi il tuo cerchio al fine! Guardando la donna che t'ama, lascia il supremo sogno al cielo effondersi! — — Non uscirà già mai da me — io pensava — il mio sogno, poi che non basta il cielo, poi che non basta il mondo a contenerlo: vince d'altezza ogni cosa creata. Pur questa immensa forza non mi riempie il cuore! — E, reclinando il capo, non altro sentii che l'interna vacuità fra il rombo de la tua fuga, o Vita. Sotto raggiava il mare pacato nel fervido amplesso; e la Montagna in contro, armoniosa al giorno quale una forma escita di mano d'artefice puro, con incessante palpito da l'igneo grembo esprimea ne l'aria le sue multiformi chimere che lente il cielo sommo conquistavano. Come divino allora mi parve il silenzio del chiostro ove scendemmo. E un'Ombra muta scendea con noi. Alto quadrato eretto su belle colonne polite: era il tuo, Morte, candido vestibolo. NEL BOSCO (CAPODIMONTE) Segue i miei passi l'Ombra; mi segue dovunque: mi guarda. Occhi non ha sì dolci quella che a fianco viene. Ah, perché mai risorgi tu da l'oblio? Perché mai tu d'improvviso mi riprendi l'anima? Qui noi passammo forse, un giorno, in quest'ora? Gli illusi occhi, l'illusa anima veggono i cari luoghi. Simili a questi i luoghi che amammo, ove amammo la vita, ove la morte parveci una favola. Simili innanzi a noi s'aprivan sentieri profondi. Alta venìa ridendo ella fra gli alti steli. L'ombra de' bei capegli oscura battea come un'ala su la sua fronte; i lunghi occhi parean più neri. Freschi salìan di sotto il breve suo passo gli effluvi: molli pioveano albori da le vocali cime. — Ella, ella sola è gioja — cantava il mio cuor dietro l'orme labili. Il cuor cantava: — Ella, ella sola è gioja. Entro le man sue reca più luce che non l'Ora prima; fatta ella tutta quanta è di sovrane cose. NEL BOSCO (CAPODIMONTE) Ride l'autunno al novo amore. Dal ciel pluvioso ride un suo vago riso lacrimevole che, trepidando i rami nel lume, la tua pel velato aere imagine suscita, o primavera. Oh primavera, tutta la selva correano i tuoi spirti, quando io condussi l'Altra verso l'atroce scure! CONGEDO _Tu tamen i pro me, tu, cui licet, aspice Romam!_ OVIDII TRISTIUM L. P. Libro, tu Roma nostra vedrai. Ti manda a la grande Madre colui che molto l'ama, che sempre l'ama. Recale tu il dolente amore e il desío che distrugge l'esule, e il van rimpianto, ahi, del perduto bene. Io non tentai nel verso esprimere l'alta bellezza. Troppo ella è grande e troppo umile è il verso mio. Sol chiusi in te, o Libro, de l'anima mia qualche parte. Va senza gioja. Quasi cenere fredda rechi! Va, dunque. Roma nostra vedrai. La vedrai da' suoi colli, dal Quirinale fulgida al Gianicolo, da l'Aventino al Pincio più fulgida ancor ne l'estremo vespero, miracolo sommo, irraggiare i cieli. Tal la vedrai qual gli occhi la videro miei, quale sempre ne l'ansiosa notte l'anima mia la vede. Nulla è più grande e sacro. Ha in sè la luce d'un astro. Non i suoi cieli irraggia soli ma il mondo Roma. INDICE I. Il Vespro Pag. 7 Sogno d'un mattino di primavera » 13 Villa d'Este » 21 Sera su i colli d'Alba » 25 Villa Medici » 31 Elevazione » 45 II. Sul lago di Nemi (Villa Cesarini) » 53 Il Viadotto » 59 Villa Chigi » 63 Il Vóto » 81 In un mattino di primavera » 87 Il Meriggio » 91 III. La Sera Mistica (sul Tevere, all'Albero Bello) » 97 In San Pietro » 103 In San Pietro » 107 Le Erme (Villa Medici) » 111 Il Pettine (Villa Medici: dal Belvedere) » 115 Dal Monte Pincio » 119 IV. «Felicem Nioben!» » 125 Ave, Roma » 131 Vestigia » 137 Nella Certosa di San Martino » 141 Nel Bosco » 149 Nel Bosco » 153 Congedo » 157 Finito di stampare il dì 20 maggio MDCCCXCII nella tipografia di Nicola Zanichelli in Bologna. Nota del Trascrittore Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici. *** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK ELEGÌE ROMANE *** Updated editions will replace the previous one—the old editions will be renamed. Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright law means that no one owns a United States copyright in these works, so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United States without permission and without paying copyright royalties. Special rules, set forth in the General Terms of Use part of this license, apply to copying and distributing Project Gutenberg™ electronic works to protect the PROJECT GUTENBERG™ concept and trademark. Project Gutenberg is a registered trademark, and may not be used if you charge for an eBook, except by following the terms of the trademark license, including paying royalties for use of the Project Gutenberg trademark. If you do not charge anything for copies of this eBook, complying with the trademark license is very easy. You may use this eBook for nearly any purpose such as creation of derivative works, reports, performances and research. Project Gutenberg eBooks may be modified and printed and given away—you may do practically ANYTHING in the United States with eBooks not protected by U.S. copyright law. Redistribution is subject to the trademark license, especially commercial redistribution. START: FULL LICENSE THE FULL PROJECT GUTENBERG LICENSE PLEASE READ THIS BEFORE YOU DISTRIBUTE OR USE THIS WORK To protect the Project Gutenberg™ mission of promoting the free distribution of electronic works, by using or distributing this work (or any other work associated in any way with the phrase “Project Gutenberg”), you agree to comply with all the terms of the Full Project Gutenberg™ License available with this file or online at www.gutenberg.org/license. Section 1. General Terms of Use and Redistributing Project Gutenberg™ electronic works 1.A. By reading or using any part of this Project Gutenberg™ electronic work, you indicate that you have read, understand, agree to and accept all the terms of this license and intellectual property (trademark/copyright) agreement. If you do not agree to abide by all the terms of this agreement, you must cease using and return or destroy all copies of Project Gutenberg™ electronic works in your possession. If you paid a fee for obtaining a copy of or access to a Project Gutenberg™ electronic work and you do not agree to be bound by the terms of this agreement, you may obtain a refund from the person or entity to whom you paid the fee as set forth in paragraph 1.E.8. 1.B. “Project Gutenberg” is a registered trademark. It may only be used on or associated in any way with an electronic work by people who agree to be bound by the terms of this agreement. There are a few things that you can do with most Project Gutenberg™ electronic works even without complying with the full terms of this agreement. See paragraph 1.C below. There are a lot of things you can do with Project Gutenberg™ electronic works if you follow the terms of this agreement and help preserve free future access to Project Gutenberg™ electronic works. See paragraph 1.E below. 1.C. The Project Gutenberg Literary Archive Foundation (“the Foundation” or PGLAF), owns a compilation copyright in the collection of Project Gutenberg™ electronic works. Nearly all the individual works in the collection are in the public domain in the United States. If an individual work is unprotected by copyright law in the United States and you are located in the United States, we do not claim a right to prevent you from copying, distributing, performing, displaying or creating derivative works based on the work as long as all references to Project Gutenberg are removed. Of course, we hope that you will support the Project Gutenberg™ mission of promoting free access to electronic works by freely sharing Project Gutenberg™ works in compliance with the terms of this agreement for keeping the Project Gutenberg™ name associated with the work. You can easily comply with the terms of this agreement by keeping this work in the same format with its attached full Project Gutenberg™ License when you share it without charge with others. 1.D. The copyright laws of the place where you are located also govern what you can do with this work. Copyright laws in most countries are in a constant state of change. If you are outside the United States, check the laws of your country in addition to the terms of this agreement before downloading, copying, displaying, performing, distributing or creating derivative works based on this work or any other Project Gutenberg™ work. The Foundation makes no representations concerning the copyright status of any work in any country other than the United States. 1.E. Unless you have removed all references to Project Gutenberg: 1.E.1. The following sentence, with active links to, or other immediate access to, the full Project Gutenberg™ License must appear prominently whenever any copy of a Project Gutenberg™ work (any work on which the phrase “Project Gutenberg” appears, or with which the phrase “Project Gutenberg” is associated) is accessed, displayed, performed, viewed, copied or distributed: This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and most other parts of the world at no cost and with almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included with this eBook or online at www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you will have to check the laws of the country where you are located before using this eBook. 1.E.2. If an individual Project Gutenberg™ electronic work is derived from texts not protected by U.S. copyright law (does not contain a notice indicating that it is posted with permission of the copyright holder), the work can be copied and distributed to anyone in the United States without paying any fees or charges. If you are redistributing or providing access to a work with the phrase “Project Gutenberg” associated with or appearing on the work, you must comply either with the requirements of paragraphs 1.E.1 through 1.E.7 or obtain permission for the use of the work and the Project Gutenberg™ trademark as set forth in paragraphs 1.E.8 or 1.E.9. 1.E.3. If an individual Project Gutenberg™ electronic work is posted with the permission of the copyright holder, your use and distribution must comply with both paragraphs 1.E.1 through 1.E.7 and any additional terms imposed by the copyright holder. Additional terms will be linked to the Project Gutenberg™ License for all works posted with the permission of the copyright holder found at the beginning of this work. 1.E.4. Do not unlink or detach or remove the full Project Gutenberg™ License terms from this work, or any files containing a part of this work or any other work associated with Project Gutenberg™. 1.E.5. Do not copy, display, perform, distribute or redistribute this electronic work, or any part of this electronic work, without prominently displaying the sentence set forth in paragraph 1.E.1 with active links or immediate access to the full terms of the Project Gutenberg™ License. 1.E.6. You may convert to and distribute this work in any binary, compressed, marked up, nonproprietary or proprietary form, including any word processing or hypertext form. However, if you provide access to or distribute copies of a Project Gutenberg™ work in a format other than “Plain Vanilla ASCII” or other format used in the official version posted on the official Project Gutenberg™ website (www.gutenberg.org), you must, at no additional cost, fee or expense to the user, provide a copy, a means of exporting a copy, or a means of obtaining a copy upon request, of the work in its original “Plain Vanilla ASCII” or other form. Any alternate format must include the full Project Gutenberg™ License as specified in paragraph 1.E.1. 1.E.7. Do not charge a fee for access to, viewing, displaying, performing, copying or distributing any Project Gutenberg™ works unless you comply with paragraph 1.E.8 or 1.E.9. 1.E.8. You may charge a reasonable fee for copies of or providing access to or distributing Project Gutenberg™ electronic works provided that: • You pay a royalty fee of 20% of the gross profits you derive from the use of Project Gutenberg™ works calculated using the method you already use to calculate your applicable taxes. The fee is owed to the owner of the Project Gutenberg™ trademark, but he has agreed to donate royalties under this paragraph to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation. Royalty payments must be paid within 60 days following each date on which you prepare (or are legally required to prepare) your periodic tax returns. Royalty payments should be clearly marked as such and sent to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation at the address specified in Section 4, “Information about donations to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation.” • You provide a full refund of any money paid by a user who notifies you in writing (or by e-mail) within 30 days of receipt that s/he does not agree to the terms of the full Project Gutenberg™ License. You must require such a user to return or destroy all copies of the works possessed in a physical medium and discontinue all use of and all access to other copies of Project Gutenberg™ works. • You provide, in accordance with paragraph 1.F.3, a full refund of any money paid for a work or a replacement copy, if a defect in the electronic work is discovered and reported to you within 90 days of receipt of the work. • You comply with all other terms of this agreement for free distribution of Project Gutenberg™ works. 1.E.9. If you wish to charge a fee or distribute a Project Gutenberg™ electronic work or group of works on different terms than are set forth in this agreement, you must obtain permission in writing from the Project Gutenberg Literary Archive Foundation, the manager of the Project Gutenberg™ trademark. Contact the Foundation as set forth in Section 3 below. 1.F. 1.F.1. Project Gutenberg volunteers and employees expend considerable effort to identify, do copyright research on, transcribe and proofread works not protected by U.S. copyright law in creating the Project Gutenberg™ collection. Despite these efforts, Project Gutenberg™ electronic works, and the medium on which they may be stored, may contain “Defects,” such as, but not limited to, incomplete, inaccurate or corrupt data, transcription errors, a copyright or other intellectual property infringement, a defective or damaged disk or other medium, a computer virus, or computer codes that damage or cannot be read by your equipment. 1.F.2. LIMITED WARRANTY, DISCLAIMER OF DAMAGES - Except for the “Right of Replacement or Refund” described in paragraph 1.F.3, the Project Gutenberg Literary Archive Foundation, the owner of the Project Gutenberg™ trademark, and any other party distributing a Project Gutenberg™ electronic work under this agreement, disclaim all liability to you for damages, costs and expenses, including legal fees. YOU AGREE THAT YOU HAVE NO REMEDIES FOR NEGLIGENCE, STRICT LIABILITY, BREACH OF WARRANTY OR BREACH OF CONTRACT EXCEPT THOSE PROVIDED IN PARAGRAPH 1.F.3. YOU AGREE THAT THE FOUNDATION, THE TRADEMARK OWNER, AND ANY DISTRIBUTOR UNDER THIS AGREEMENT WILL NOT BE LIABLE TO YOU FOR ACTUAL, DIRECT, INDIRECT, CONSEQUENTIAL, PUNITIVE OR INCIDENTAL DAMAGES EVEN IF YOU GIVE NOTICE OF THE POSSIBILITY OF SUCH DAMAGE. 1.F.3. LIMITED RIGHT OF REPLACEMENT OR REFUND - If you discover a defect in this electronic work within 90 days of receiving it, you can receive a refund of the money (if any) you paid for it by sending a written explanation to the person you received the work from. If you received the work on a physical medium, you must return the medium with your written explanation. The person or entity that provided you with the defective work may elect to provide a replacement copy in lieu of a refund. If you received the work electronically, the person or entity providing it to you may choose to give you a second opportunity to receive the work electronically in lieu of a refund. If the second copy is also defective, you may demand a refund in writing without further opportunities to fix the problem. 1.F.4. Except for the limited right of replacement or refund set forth in paragraph 1.F.3, this work is provided to you ‘AS-IS’, WITH NO OTHER WARRANTIES OF ANY KIND, EXPRESS OR IMPLIED, INCLUDING BUT NOT LIMITED TO WARRANTIES OF MERCHANTABILITY OR FITNESS FOR ANY PURPOSE. 1.F.5. Some states do not allow disclaimers of certain implied warranties or the exclusion or limitation of certain types of damages. If any disclaimer or limitation set forth in this agreement violates the law of the state applicable to this agreement, the agreement shall be interpreted to make the maximum disclaimer or limitation permitted by the applicable state law. The invalidity or unenforceability of any provision of this agreement shall not void the remaining provisions. 1.F.6. INDEMNITY - You agree to indemnify and hold the Foundation, the trademark owner, any agent or employee of the Foundation, anyone providing copies of Project Gutenberg™ electronic works in accordance with this agreement, and any volunteers associated with the production, promotion and distribution of Project Gutenberg™ electronic works, harmless from all liability, costs and expenses, including legal fees, that arise directly or indirectly from any of the following which you do or cause to occur: (a) distribution of this or any Project Gutenberg™ work, (b) alteration, modification, or additions or deletions to any Project Gutenberg™ work, and (c) any Defect you cause. Section 2. Information about the Mission of Project Gutenberg™ Project Gutenberg™ is synonymous with the free distribution of electronic works in formats readable by the widest variety of computers including obsolete, old, middle-aged and new computers. It exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations from people in all walks of life. Volunteers and financial support to provide volunteers with the assistance they need are critical to reaching Project Gutenberg™’s goals and ensuring that the Project Gutenberg™ collection will remain freely available for generations to come. In 2001, the Project Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure and permanent future for Project Gutenberg™ and future generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see Sections 3 and 4 and the Foundation information page at www.gutenberg.org. Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non-profit 501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal Revenue Service. The Foundation’s EIN or federal tax identification number is 64-6221541. Contributions to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by U.S. federal laws and your state’s laws. The Foundation’s business office is located at 809 North 1500 West, Salt Lake City, UT 84116, (801) 596-1887. Email contact links and up to date contact information can be found at the Foundation’s website and official page at www.gutenberg.org/contact Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation Project Gutenberg™ depends upon and cannot survive without widespread public support and donations to carry out its mission of increasing the number of public domain and licensed works that can be freely distributed in machine-readable form accessible by the widest array of equipment including outdated equipment. Many small donations ($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt status with the IRS. The Foundation is committed to complying with the laws regulating charities and charitable donations in all 50 states of the United States. Compliance requirements are not uniform and it takes a considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up with these requirements. We do not solicit donations in locations where we have not received written confirmation of compliance. To SEND DONATIONS or determine the status of compliance for any particular state visit www.gutenberg.org/donate. While we cannot and do not solicit contributions from states where we have not met the solicitation requirements, we know of no prohibition against accepting unsolicited donations from donors in such states who approach us with offers to donate. International donations are gratefully accepted, but we cannot make any statements concerning tax treatment of donations received from outside the United States. U.S. laws alone swamp our small staff. Please check the Project Gutenberg web pages for current donation methods and addresses. Donations are accepted in a number of other ways including checks, online payments and credit card donations. To donate, please visit: www.gutenberg.org/donate. Section 5. General Information About Project Gutenberg™ electronic works Professor Michael S. Hart was the originator of the Project Gutenberg™ concept of a library of electronic works that could be freely shared with anyone. For forty years, he produced and distributed Project Gutenberg™ eBooks with only a loose network of volunteer support. Project Gutenberg™ eBooks are often created from several printed editions, all of which are confirmed as not protected by copyright in the U.S. unless a copyright notice is included. Thus, we do not necessarily keep eBooks in compliance with any particular paper edition. Most people start at our website which has the main PG search facility: www.gutenberg.org. This website includes information about Project Gutenberg™, including how to make donations to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to subscribe to our email newsletter to hear about new eBooks.