The Project Gutenberg eBook of Opera nova amorosa, vol. 3 This ebook is for the use of anyone anywhere in the United States and most other parts of the world at no cost and with almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included with this ebook or online at www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you will have to check the laws of the country where you are located before using this eBook. Title: Opera nova amorosa, vol. 3 Author: Napolitano Notturno Release date: March 29, 2010 [eBook #31818] Language: Italian Credits: Produced by Carlo Traverso, Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images generously made available by the Bibliothèque nationale de France (BnF/Gallica) at http://gallica.bnf.fr) *** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK OPERA NOVA AMOROSA, VOL. 3 *** Produced by Carlo Traverso, Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images generously made available by the Bibliothèque nationale de France (BnF/Gallica) at http://gallica.bnf.fr) Comedia Nova Composta Per Nocturno Neapolitano. Libro Tertio. Interloquutori. Minerva nontio. Provida madonna. Scaltra Ruffa. Philotea messaggia. Belvico servo. Livida serva. Orio Il riccho. Avido servo parassito. Virido virtuoso. Numio servo. Donna A chaso. Fachin portator. Scalco dil pasto. ARGVMENTO, MINERVA, DICE. M Nobil Caterva di excellentia ornata, Per haver vostre menti a virtù, volte Vengomi, di este quatro insegne armata, Che a fortuna, amor, tempo, e morto, ho tolte Per che ogn'alma, qui stia, quiete, e rimota Senza tema d'alcun: con voglie sciolte, Prima, non pò fortuna, la sua Rota Voglier contra di voi: ch'io l'ho qui al braccio E al tutto, e d'ogni sua possanza, vota, D'amor, l'arco, gli strali, il foco, e 'l laccio, Eccogli quivi al fianco e il colpo intenso Suo, non temete hor, che gli è freddo giaccio Dil tempo, eccovi il corso: il qual dispenso In virtù, noscho qui: che a l'huom riserba Nome in vita, e dopoi, cellebre, e immenso Di morte poi, ecco la falce acerba Dila qual non spavite: che nel fondo Hor iace, ogni possanza sua, superba Questi, son quelli, che domano il mondo Quai n'harran forza in voi: se a tal dechoro Porgerete le orecchi, e il cor, iocondo, Anci nel fin, voi vincerete loro Qual io fo: che per vera experientia Vincesi con virtute il sacro choro, Io son Minerva: dea di la sientia, Ch'io vi apresento, una Comedia, nova Misteriosa e colma, di excellentia, I nella qual per modi assai, si prova, Quanto sagace sia, l'arte amorosa, E come agrada, spiace, noce, e giova, E fra l'altre, una Donna ingeniosa Vederete di nulla: in tempo corto, Farsi riccha, potente, alta, e famosa E fantesce, e famigli, a dritto, e a torto, E gioti Parassiti, e Ruffe astute, Far l'impacito, il saggio, il vivo, e il morto E dopo, quanto val, vie più virtute Che la Ricchezza: vederte aperto Per diverse, e potissime, dispute Et altri assai bei tratti, in stil, coperto Da maraviglia, e riso, intenderete Da far venir un huom di marmo, experto Hor mentre che a virtù, pronti, starete Sempre seconda, vi serà, la sorte Et io propitia: expettator: valete: Ch'io mi ritorno alla celeste corte Provida da se stessa dice Cusì. Poi che invidia fortuna, e ingorda morte Tolto m'ha in questa giovenil etade L'una, la facultà, l'altra, il consorte Et lassatomi sola, in povertade Senza amico, o parente: al tutto i' voglio Haver di me, poi che altri, n'ha pietade Castità, e fede, usar, a chi amo, soglio Morto, è chi amavo assai più che me stessa Senza il cui viver, mi distrugo, e doglio Ben ch'io non vo' per questo haver demessa Mia ioventute: anci sempre adoprarla Che vecchiezza in pocche hore, a noi si appressa Parmi che d'altro al mondo hor non si parla Se non di facultade, e di ricchezza Perciò, fin che poss'io, vo' seguitarla E s'io non son in cotal arte, avezza Bisogna entrar, senza timor, né affanno Che al ciel fin va, chi a quello il passo adrezza Ma chi son quelle dua, ch'insieme vanno Ragionandose in là: Scaltra parmi una E l'altra philotea, se non m'inganno Anci di queste, non mi par nissuna Sì pur, l'è Scaltra, Scaltra, la non ode L'è pur svegliata più di donna alcuna Per certo qualche affanno che le rode Costei, conta a quell'altra, che non sente Over qualche piacer, di che 'l cor gode Scaltra S madonna P ov'eri con la mente Ch'io t'ho chiamata un'hora S a te sol volta Ma tu sai da lontan, che mal si sente Lagrimando a Costei, con doglia molta Narravo tua sventura, e per ch'io t'amo Son venuta insensata, sorda, e stolta P Non ti achade doler, vien meco, andiamo Che già più dì disidero parlarte S E anch'io de udirti, e di parlarti, bramo P Donque da costei vogli, acombiatarte S Philotea vane, e fa seco mia scusa E quel ti ho detto, vogli ricordarte Ph Parto senza di te, tutta confusa S Pò far il Ciel, che tu non saprai dire Che m'hai parlato, essend'io in casa chiusa E che al presente: i' non posso venire Ch'io verrò poi doman Ph hor sia con dio Resta, non mi saprei mai dipartire P Scaltra, perché a te sola, il pensier mio fu oghor palese: hor vo' ch'intendi il tutto Per sapermi redir se, è buono, o rio Che havesti il cor, d'ogn'arte, ognhor, sì instruto Che mai non seminasti in me consiglio Ch'io non vi raccogliesse, ottimo, frutto Fo cunto che se' il padre, e ch'io sia il figlio Che se cosa dirò, che non riescha Corregier mi saprai con un sol ciglio Tua madonna già fui, tu mia fantescha Ben che ognhor te hebbi in luoco di sorella Per la bontà, che ognhor par che in te crescha Questa vita ch'io fo, misera, e fella Vo' lassar, per tenerme una megliore E per non esser più di me ribella Mai non mi vo' trovar in tanto errore Che quel dir, che ogni femina il suo pegio Seguita, hebba in me, forza, né vigore Duro, è d'alto cader, in basso, seggio Scaltra mia d'ogni ben sai ch'io ere in cima Hor più d'ogn'altra, al fondo esser mi veggio Mediante tua virtute in prima E il mio saper, sarò più che mai lieta, Che tanto è, pover un, quanto il si extima, Non son per haver mai l'anima quieta Ma questa, vita in tuto, adoprar tanto Ch'io giungeroe, a la desiata meta Tutto il giorno ambasciate ho d'ogni canto Non di persone vil, ma d'homin degni Da portarne alfin gloria, utile, e vanto, El bisogna mo, scaltra che t'ingegni A pensar quel che in ciò debbiamo fare E che a tuo modo, mi amaestri, e insegni. S Ti son stata madonna, ascoltare Ben che n'happristi apena pur, la boccha Ch'io intesi apien, di che volei trattare, Poi che ragion, e il proprio ben, ti toccha Seguita questa impresa, e lassa ogn'altra Che non si acquista haver, per fuso, e roccha Tu hai de gli amanti assai, credilo a scaltra, Ogni giorno ne ho diece a la mia porta E a tanto sei, che non si parla d'altra E pur poco, è che una messaggia accorta De un de' megliori, e primi, dil paese, Volea ti havesse, una sua, letra porta Credo che 'l sia passato più d'un mese Che ognhora, e letre, e messi, e priegi, ho habuto D'alme gentil, che di te sonno acese Gemme, oro, argento, e munili: in tributo Offerendosi darti: & io temea Dirtil: che non mi festi reo saluto, Quella gentil fantesca, philotea, Che era qui meco adesso: a ciò che intendi Vien per chi, per te vive, in pena rea, E perché sappi come ognuno, accendi, Ecco una letra qui: dil suo patrone In che vol che 'l suo caldo amor, comprendi Questo è bello gentil riccho, e gargione, Quel che vorrai di lui, tanto farrai, Ma bisogna proceder con ragione P Dammi la letra S l'haria persa mai No, no, l'è qui, to' leggi, che 'l si veda Quel che gli scrive: e il tuo parer, dirai P Che cosa, è questa, un bolletin ca seda Ben, l'è la fitation di la tua casa Che tu dei dar, tre lire, di moneda, Sarebbe questa mai qualche tua rasa S Certo madonna non, ch'io l'ho cangiata In fallo: che la me era in sen rimasa Eccola qui P so che l'è sigillata Et ha qui, pinto, dentro, un mordace angue Che gli haver mostra, o me, l'alma arabiata la letra Quel che per tua beltà, morendo langue Privo di cor, d'arbitrio, e d'intelletto, Questa ti manda, scritta, dil suo sangue, Che apena visto, il tuo divino, aspetto La dolcissima gratia, e il caro, riso, Me ti fei sviscerato, e humil, sugetto, Et son a tal, ch'io bramo esser occiso, Né curo più richezza, né thesoro, Non potendo fruir, il tuo bel viso Et ogni mio poter, argento, &, oro, Dedico a tua beltà, senza la quale Struggo, peno, tormento, languo, e moro Hor non trovando aiuto, al mio gran male Né possendo altro far, diterminai, Drizar questa al conspetto tuo, regale, A la qual, se benigna, e humil, serai, Per concluder mia, vita, o morte, presto Una sola risposta, donerai Letta Scaltra, costui fa sì, lo afflito, e mesto, Vistomi havendo una sol volta, apena, Che ciò parmi un inganno, manifesto, Forsi, è legato, in qualche aspra catena E non potendo haver, quel che disia Vien per meco sfochar l'ardente pena O per che ognuno volentier se invia A qualche praticha, amorosa, e nova, Per pascer, sua, volubil, fantasia S Madonna credi a me, ch'io 'l so, per prova Che quel che va, per ingannar altrui Nela fine ingannato, esser, si trova Ma tal consulto, hor vo' faccian, tra nui Se a quel che ai prima detto, conrispondi Che sarà il vinto, e il subgiugato, lui Prima, vo' che a la letra, non rispondi Per questa volta: e che tu faci il grave E anchor come tu 'l vedi, che ti abscondi Poi se 'l te scrive anchora: in stil soave Vo' che tu gli rispondi: e honestamente Che dil ioco d'amor, questa, è la chiave Pur concludendo, che non voi far niente De cosa che 'l ti chiggia: che a sto modo Terrai te in pregio, e gl'intrerà in la mente Ben ch'io credo che, gli habia fermo il chiodo A quel che ognhor vist'ho, d'amarti sempre E ad ogni stratio, star constante, e sodo P Scaltra, talhor un huomo, è di tal tempre Che vol alciarti al ciel: che in un momento Poi veder brama che 'l tuo cor, si stempre Ma sia quel che si voglia, alcun contento Non sia da me, se da lui non son prima Che solo, è l'amor mio, oro, & argento Non sia, chi belle parolette, exprima Con humidi occhi, e con pietoso aspetto Che di me, non d'altrui, fo cunto, e stima S Donque madonna, n'hai di me dilletto Donque nulla mi extimi P come nulla Anci t'ho sempre sculpta in mezo il petto Quando nomino me, come fanciulla Nel cor qual madre, ognhor ti pongo inanti Che tu sei 'l mio sepulcro, e la mia culla E che 'l sia 'l vero, voglio da qui avanti Che habi a star meco, e lassi ogni altra cosa Che farem nostra vita in gioia, e canti Iovene, e frescha, anchor come una rosa Schaltra tu sei: ove potremo insieme Con utii star, su la vita, amorosa Conoscho ben alcun, che per te, geme E tu non curi, e ciò te, è danno molto Che 'l si de' coglier, fin che rende il seme Tutte le crespe, e machie, c'hai sul volto Ti le traroe, con licor, lambicati Di questo, non ti haver affanno tolto Et altro che verzin, e sulimati Adopreroe, in frati rossa, e biancha Ne' unti, a capei lungi, e in anellati Poi cercha i vestimenti, mai non mancha A chi si adopra: che in ogni delitia Si trova quella, che, è più ardita, e francha Ma lassian questo andar, tua massaritia Farai da me portar, e dopo il fitto Pageren con danari, o co' amicitia E se tu hai altro debito, o altro scritto Qual suol haver, chi povertate, incalza Lassa la briga a me, sai quel ti ho ditto S Madonna i' son, senza camisa, e scalza Sol per voler pagar dilletto, il nolo Onde da freddo, in corpo: il cor, mi sbalza E questo guardacor, che ho indosso: solo È, mio: e, tutto il resto, è dil patrone Qual son i muri, il colmo l'aria: e il suolo Ma poi ch'io veggio ch'ai compassione Di me scaltra tua, misera, e tapina Son per te sempre, a torto, &, a ragione P Taci mo, chi, è colui che in qua camina Sarebbe 'l mai quel che ti diè la letra S Chi, Orio, no 'l cavalco stamatina Certo gli è quel P voi tu, ch'io me gli aretra S Sì, entra in casa: e lassa che una baglia Vo' dargli, da spezar un cor di pietra O Scaltra S signor O che fai S nulla che vaglia O Non ti degnasti, venir l'altro giorno Viemmi voglia di far teco battaglia S Da indi in qua, so' in tanto, affanno, e scorno Ch'io credo certo perderò il cervello Se 'l perduto d'altrui, non gli ritorno O Che cosa, è questa S i' ti dirò, uno anello Diemmi un per ch'io l'impegnasse al giudeo E il persi per la via: o destin fello: O Ad ogni modo questo è un caso reo Guarda, se alcun di questi, se gli aviene To', piglia, e a lui lo torna, o va a lo Ebreo S Parmi veder le stelle in Ciel serene Mirandoti le dita, e alcun di questi Con quel, per che val tropo, non conviene O Quanto potea valer, quel che perdesti S Egli mi disse, to', ch'el val tre scudi Fa che sopra il Iudeo, duo, ti ne presti O To', un, e duo, e tre, e quatro, chiudi Va, e fa, quel che ti piace, e se 'l ti achade più cosa alcuna, fa che in me concludi S Signor, per questa immensa tuo bontade O Odi, non mi formar belle parolle Che ognun tenuto, è ad aiutar, chi chade S I' ti volevo dir duo cose sole L'una, che gratie assai ti rifferischo L'altra, de adempir quel che tuo cor, vole O A questo ultimo dir, tutto indolcischo O me felice, se fusti la trama Dila tela gentil, che ardendo, ordischo S Possi la luce tua, vedermi, grama O Come la luce S sì, vedermi trista S'io no cerco far quel che 'l tuo cor brama O Per dio che dea grama la mia vista Che dicesti haver brama di vedere Ch'io meza havea di tosco l'alma mista S Non, dio mi guardi anci ti fo a sapere Che pria scemasse dil tuo ben, sintilla I' mi vorrei per te, morta, vedere O Hor quanto amo costei tu 'l sai, che in villa Hito ero, questo mane, e oltra mia voglia Tornato i' son, che 'l cor di lei sfavilla Né conosco altri, che d'affanno, e doglia Mi possi trar, se non te, scaltre fida In che ogni mio ben, pullula, e germoglia Tu sol sei quella vera scorta, e guida Che pò levarmi al Ciel, e a tuo comando Far che a un punto, per sempre pianga, e rida S Senza ch'io 'l dica, sai quel ch'io dimando O So il tuo voler, e di lei quello anchora E però scaltra, a te, mi racomando Duo notti son, ch'io n'ho dormito un'hora I' voglio ir a posar, scaltra ti prego Che mi vogli aiutar, prima ch'io mora S Al comandar, no al tuo pregar, mi piego E dimostrar ch'io t'amo, son disposta Che a iusta gratia mai non si fa niego Col pel parlar, che tanto poco, costa Farò che harrai da lei, quel che ti piace O haver presto de ciò, vorrei risposta S L'harrai O me ricomando S vane in pace Finisce il primo atto, Orio va a posar & Scaltra va, a provida & dapoi consulato insieme un pezo, Scaltra vien di casa fori sola col viso volto & provida cusì dicendo. Io t'ho intesa, non più, basta una volta Replica tante fiate una parola Come s'io fuse, smemorata e stolta Se sei legera e se 'l cervel ti vola Ponderosa son io, e non mi movo Che in quest'arte, tenuto ho sempre scola Ogni volta più instabile, la trovo E più superba: benché per usanza Sempre hebbe questo: e non me, è caso novo Crede costei col suo darmi speranza De inrichime: ch'io sia la rufiana Et viver ella in amorosa danza Com'ella, esser cred'io bona putana E pur volesso degli amanti, ch'io Saria tenuta diva, più che, humana E se 'l volto com'ella voless'io Farmi bello, e lisciar, persino i sassi Accenderei, d'amoroso disio Crede la stolta, far che al tutto i' lassi Ogni mia impresa: e ch'io vadi a star seco Per tenirmi la robba a un tratto, e i' passi Non bisogna a 'sta foggia venir meco Per ch'io son sì dottata in ciascun'arte Che al fin, io seria il fusto, & ella, il cieco In casa sua non voglio alcuna parte Portar dil mio: ma solo la persona Per exequir quel che mio cor comporte Del mio corpo esser voglio honesta, e bona Né haver la fede a belvico spezata Che dopo eterna infamia ne risuona Faci questo chi vol, che una fiata Pria con honor vo' sutta la camisa Che haverla con vergogna mai bagnata Dil resto, adoprerommi in ogni guisa In truffe, in rase, in futii, e in tradimenti Se ben restar dovesse al fin conquisa Pur che restino i spirti miei contenti Di qualche facultade: e che nel fine Belvico mio di me non si lamenti Credo che esser già den l'hore vicine Di trovar orio in casa, ecco che 'l viene Vo prepararmi, a dolci paroline Qual orio, anci gli è belvico mio bene Belvico mio gentil B io ti ringratio Fai proprio quello che a me si conviene D'alcuni giorni in qua, fai di me stratio Ma se me ti rivolgo un tratto intorno Ti ne darò per fin ch'io sarò satio Ti partisti sta mane al far dil giorno E infina ad hor, che già discende il sole Non t'hai degnato a casa far ritorno S Taci Belvico, ascolta tua due parole B Non mi romper la testa, che hora mai Son satio de tue baglie, zancie, e sole S Que ch'io ti voglio dir, anchor non sai E se 'l sapesti, saria la più cara Femina, che tu havesti anchora mai So che non mi vedendo, pena amara Tu senti al cor, & hai di me martello Send'io d'ogni beltade, al mondo, rara E non troppo è, che un gioven, vago, e bello Parlar mi fece, & io ripulsa i diedi Per non ti dar infamia, né flagello Ma se ho intelletto, hor voglio che tu vedi Che una a chi già fui serva, pel mio ingegno Se, è venuta a gettar sotto miei piedi Questa è bella gentil, e vol nel regno Intrar dile B putane dillo almanco S Ma de sì, e far tutto quel ch'io gl'insegno Tanti ella ha drieto, che han ferito il fianco E per ch'io l'alzo sopra ogn'altra in cima Chi si struge, chi langue, e chi ven manco Questa, è belvico sol, la causa, prima Ch'io me affatico, per acquistar tanto Che al fin de noi sia fatto qualche stima I' vo' darmi fra gli altri, questo vanto Che non ella, e suo amanti, spoglieri Con arte ma dil Ciel se 'l fusse un santo La briglia in man, un tratto ho di costei E de' suo amici, hor sia la volta questa Ch'io poterò far bene, i fatti miei E per mia virtù farti, manifesta To' questi quatro scudi, e doman torna Ch'io ti vo' por indosso ancho, una vesta B Scaltra per certo, tu mi fai le corna S Come le corna B sì gli fusi torti S Dhe per mio amor da novo, a dir, ritorna B Dico che vesti i nudi, e avivi, i morti Ch'io era nudo e morto S ben t'o inteso Belvico se in ciò pensi hai mille torti Che pria che haverti in un sol pelo offeso Me stessa ociderei B dio mai nol volia più presto, mi vedess'io in foco acceso Anima mia non pianger S che una folia Credi ch'io sia quando un va drettamente E che 'l sia improperato, e gli è gran doglia B Se non mi fusti sempre nella mente Non direi tal parole: benché certo Sia, che tu sei, qual fusti, ognhor prudente S Belvico mio, sacreto alcun coperto Mai non fu in me, che a te, fusse nascoso Né serà, fin che 'l tumul, me sia aperto B O parlar dolce, caro, & amoroso Basciami scaltra, e se teco mi adiro Talhor, io, so, ch'i' son di te, giloso S Anch'io dì, e notte, pur per te sospiro Dolce belvico mio, e non già dico Che habi per altra Donna, al cor martiro B Scaltra tu sai che gli è un, proverbio antico Che amar ben non si pò, se non si teme Io t'amo, e temo, e per te vo mendico Taci, che cosa, è quel S parmi un che geme B El non, è il ver, gli è vesper S sì a la fede B Voi tu restar, o voi che andiamo insieme S Come restar volgo in tal luoco il piede Che più che certa son, in men d'un'hora Guadagnar forsi: quel, che altri non crede B Donque scaltra men vado S va in bon'hora Odi, se qualche dì, senza me resti Guarda dil mio vassel, la salamora B Ah ah, sia maledetti, gli tuoi giesti Che con le tue parole, di dolcezza E di luxuria, i marmi accenderesti Non mi tener più, dolce mia vagezza Ch'io non so se heba ben, la porta chiusa Ch'io non vorrei restar, pien di grameza S Credo che per partir, trovi 'sta scusa E che pò torti B come che pò torme La granata, la scranna, e la gratusa S Hor vane B resta S so costui non dorme Ma in mille parti sempre, ha volto il core O quanto al mio voler, questo, è conforme So ch'io son stata qui, ben duo grosse hore Tal che mi par che troppo tardi il sia Che Orio di casa, esser de', uscito fore Io non so che mi far s'io vada, o stia Tornerò, indrieto, per non ira a fallo E in penneroli, qualche mia, bugia Scaltra non far, anci fin che se' in ballo Vogli ballar, e seguitar, la traccia A vele, a remi, a piede, &, a cavallo Ecco, apunto che 'l vien, bisogna audacia Usar, per far le sue bugie coperte E che in tutto, al voler mio, sotto giaccia O Scaltra S signor O queste non son le offerte T'ho expettata tutto oggi, e non so dove Venga, che tu mi pasci sol, di berte S Vengo hora in fretta a te, con buone nove Ne possuto ho più presto, dispacciarmi Che gran tempo, bisogno, a far gran prove Se tu sapesti come ho preso, l'armi E per te fatto qual guerier, in campo Cercheresti per idolo, adorarmi O Scaltra son tuo d'ognhora infin ch'io campo Ma non tener più il dolce parlar, quieto Scopri de mia salute, il chiaro lampo S Dimi Orio, per costui che ti vien drieto Si pò parlar O sì che gli è mio famiglio Sopra d'ogn'altro, tacito, e secreto S I' ti dirò, quel colorito giglio De chi sei preso, ito, è fuori esta mane Dil che da parte tua, gran dolor piglia O Sempre burli S non certo O vane, vane S Io so, che tu n'havesti, quasi, un grosso O Po', spiace a, tutti, le parole, strane Ma di' su presto, che omai più non posso S Dissi pria come, che per sua beltade A durissima morte, sei, percosso E che essendo tu pien, de humanitade Riccho, saggio, gentil, bello e modesto Dovesse haver, dil tuo penar, pietade Ella che 'l viver suo, sempre hebbe honesto Prima, scaciommi, & io pur lagrimando Gli faceva il tuo caso, manifesto Dicendo volto, sacro, e venerando Questo spirto gentil, che per te, langue Spinta da gran pietà, ti 'l ricomando Se, è ver che sei di nobile stirpe, e sangue E che qual dici, scaltra ami tua serva Agiuterai, chi per te, fassi, exangue E con altro parlar, che in me, si serva Con faticha, la si hebbe, a me, rimessa Che duro, è agiunger, fugitiva, e cerva A Patron, va in là, colui, da la promessa O Va non mi romper, matto bestiale Quella gratia dal ciel, che hor me, è concessa A So che tu voli, molto ben, senz'ale O Che cosa A a fin di ben, dico, il dicea O Non ti curar de mio ben, né mio male Seguita scaltra S infin quest'alma dea Tanto sarà, quanto saprò mostrarli Che liberalitade in te, si crea O Meravigliomi assai, che questo parli Non sai tu, che oltra il corpo, il cor, e l'alma Ch'io le ho dato: ancho l'haver, mio, vo' darli E per segno dil vero, apri la palma To' questi duo annelli, e 'sta catena Ch'io ne fo un dono a sua beltà magn'alma E fa scaltra gentil, d'ingegno, piena Ch'io parli sieco a fronte, un tratto, e poi Ovonque piace a te, mi guida, e mena S Odi farem cusì, oggi ambe doi For di casa, ir, debiamo, e tu per strada Fa che la incontri, e digli i casi tuoi Prima, di' che altri ch'ella, non ti agrada E con tremante dir, humile e, piano Di', ch'in tal duol, più non ti tengi, a bada Da l'altra parte, io poi con prego humano Gli sarò drieto sì, che al fin sia forza Che la ti porga la sua biancha mano O O quanto il tuo bel dir, lo ardor mi amorza Se non fusse te scaltra, i' sarei morto Che quanto in lei più penso più rinforza S Orio non più men vo, ch'el tempo, è corto Tu ad espettarla qui serai rimaso Et io gli harrò, questo presente, porto Fa che tu fingi, passar oltra, a caso Aciò non para, che noi siam, d'acordo Che ella de assai discorsi, ha, colmo il vaso O Hor vane scaltra S ascolta, i' ti aricordo Che non ti perdi a mezo dil camino Ma che tu tessi ben com'io ben, ordo O O ciel, se questa volta, il mio destino Come ch'io spero, mi serà propitio Potromi sopra ognun, chiamar divino Avido mio, tu ch'ai saldo iuditio Consigliami A patron questo si, è il punto D'alciarsi, o de ruinar, in precipitio O Che debio far A se a parlar seco giunto Serai, bisogna esser, sagace, e tristo O Aymè, mi sento già, mezo, deffunto A Quando il vago suo volto, haverai visto Che farai donque O resterò di sasso A Forsi anco polve O forte cosa o cristo Ma sia quel che si voglia affretta il passo Peggio qui, intravenir, non pò, che morte Se moro proprio per quel sei, ti lasso A Ti ringratio patron O grida ben forte Ch'io non te intendo A non voi tu ch'io grida O Nun quand'io treppo A pacientia, o sorte O Ascolta pazo, come scorta, fida Starai quivi, a veder, se la venisse Et io di, là come al thesoro, Mida Presto verrà, che presto venir disse A Va pur che ella faratti ben vedere A mezo dì, le stelle nel ciel fisse O ignorantazo, senza antivedere Lassa pur far a me, so ben star quieto Quando il bisogna, e far anco, il dovere Vivi pur se tu sai, contento, e lieto Ti farò riportar, cotal partita Che non fu mai trovata, in alphabeto O vedimo, s'egli ha tesa polita Questa reta: possendo a ognun si deve Torre, i dannari, la robba, e la vita Altra cosa, da me, non si riceve Però ch'el dado, il bichier, e le carte Fammi ogni gran delitto, parer leve Ma se ben miro, parmi, in quella parte Ivi apresso le mura, un vago volto Veder, più bel, di quel, che accese, Marte Sì che gli è quello, questa volta, stolta Orio divien: a sua tanta, beltade Ecco che 'l va, che pargli il spirto tolto Ella camina, e d'una voluntade Mi paion ambo, e questo sol voglio Per meglio pro mia falce, né lor biade Ir voglio per vederla, inanti, anch'io Provida ella, è che la sia mi glorio Per poter presto oprar, come disio P Scaltra S madonna. P quel che vien, parmi, orio S Quello, è P mo' perché va, sì lento, e pegro S Per che, è come ombra, senza il tuo aiuto rio Et, è venuto, come infermo, & egro E se una dolce tua parola, o un riso Non riceve da te mai non fia alegro O Quel che governa il mondo, e il paradiso Ti salvi, e guardi sacra e immortal, diva E faci me, da te, non mai, diviso P Tua signoria ben venga, e sempre viva L'alto nome di quella, e in chiara fama Eternamente, ognun, ne canti, e scriva O Madonna, i' son collui, che tanto, ti ama Che al tutto smenticato, è di se stesso E altri che te, dì, e notte, mai non chiama Tu sai ch'io t'ho mandato, più d'un messo Per discoprirti com'io peno, e moro Pel tuo bel volto, che ho nel petto, impresso L'anima, il cor, la facultà, e il thesoro Offerendoti, pur che chiaro il raggio Me sia, de tua beltà, che in terra adoro E s'io non son, cusì ellegante, e saggio Come a te si convien, in colpa, il sguardo Tuo, che mentre ch'io 'l miro, alma non haggio Tutto hor teco parlando, agiaccio, & ardo E se non mi soccorri, il debil corso Mio correr sento, al fin, qual, celler pardo P Tanto sai dolce dir, che un tigre, e un orso Aquieteresti, col pietoso stile E già m'hai tottalmente posto il morso E per che mi mandasti un don gentile Qual porto perch'io t'amo: anchor, tu voglio Che porti per mio amor, questo, manile O Prima col cor, poi con la man, il toglio Et son da gran letitia, fuor di senso Che tal diletto, in me sentir non soglio Et al bel volto tuo, d'amor, accenso Gratie rendo infinite, de un tal dono Qual fin sotterra, portar meco, i' penso O lieto dì, per cui felice, io sono O dolce tempo, o aventurato loco Cagion da terra, alciarmi, al sacro trono Altra gratia dal ciel, più non invoco Se non che degno, facimi, al tuo albergo Ch'io venga a star, e a parlar teco un poco P Signor, iusta dimanda, non postergo Con honestade ame, venir pò ognuno Perché il ben seguo, & il mal lasso atergo A casa mia, non vi vien huomo, alcuno Ma per che da ben sei, doman te invito Quando a te piace, satollo, o digiuno S Madonna se dei far, fa' il ben compito Fal venir a desinar P horsù, sia fatto O Io ti ringratio, & accetto, il partito P Orio signor, men vado, observa il patto O Vane, verrò, son servo de tua imago S O questo, è 'sta madonna, il nobil tratto O S'io fui contento, e mesto, hor lieto, e vago Trovomi sopra ognun che viva in terra Che de lieto, e gaudio, sol mi apago S Madonna il se suol dir, che in l'aspra guerra Si vede un cor magnalmo: in 'sta batalia Conosciuto il saper, che in te, si serra P Non fu bel tratto, per darli, la baglia E trarlo sotto: darli il manil prima E a mensa convitarlo, ala battaglia Chi alto, vol ir, comincia in la parte, ima E sì de grado, in grado, va scandendo Che ne la fin, poi si ritrova in cima Lassa pur far a me, s'io non atendo Fin su l'osso, a pelarlo, mio sia il danno S Madonna adhor, per saggia, i' ti comprendo P Horsù va dentro e bussa, tu sta' un anno Vedi ch'io son tutta straccha, e sudata L Chi, è quel P apri, che dia ti dia il mal anno S So che ho batuto più d'una fiata Qui finisce il secondo atto, Provida con Scaltra va in casa a far preparamenti per far honor a orio che de' andar a disinar seco & di là un poco manda scaltra per un servitio la qual vien fuori & provida dal balcon cusì gli dice. P Scaltra S madonna P presto che li è tardi S Più ch'io posso mi afretto, asassinarti Poltrona, falsa, e vil che 'l foco te ardi Quello che a me voi far, quel volio farti E cusì come al ciel, salir te credi Cusì voglio nel fin precipitarti Ma extender con misura, voglio, i piedi Né a furia correr, che mio seria il danno Ma volio che 'l sia tuo, qual proprio il chiedi Malvagia, trista rea, colma d'inganno Che mi promette far che 'l tutto io sia Poi mi fa come, le bugiarde, fanno Con carezze, e con basci, scaltra mia Dicendo, non pensar, ch'io faccia, cosa Che di consentimento tuo, non sia E poi sen va, la stolta, e viciosa Aprir in casa, alcuni novi, amanti Credendo a me, sia tal malitia ascosa E se almen fusser, qualche nobil, fanti I' non haverei certo, doglia, tanta Ma son poveri, e vil come furfanti Ma mi duol più di quel, che suona, e canta Dil qual, veggio sì accesa: esser costei Che l'alma, e il cor, nel pette, se le schianta Ma per suoni, o per canti, buoni, o rei Non pensi alcuna, acquistar mai, valore Se di la vita sua, non fa, de sei Ma so ben dove vien, questo fettore Quella serva che tolta ella ha, da novo Sola, è cagion, de tutto questo, errore Ma, a tutto, quand'io vo', rimedio, i' trovo Scaltra, è il mio nome, e scaltro, è 'l mio inteleto E ad ognun pur ch'io volio nozo e giovo Poi che la val a farsi, ogni dispetto E mostrar d'un sì un, no, e d'humil grave Mostrati anch'io se vaglio, i' ti prometto Questo, è quel, che gettando, le mie fave La trovai petto, a petto, e bocha, a bocha Con certi genti vil, povere e prave O insatiabil, sciagurata, e scioccha Nol voglio ad orio dir, per la mercede Non perder, dil servir mio, che a me tocha Anci voglio in più modi, fargli fede Come l' è saggia, sancta, casta, e pura Per poter d'ambo far, poi magior prede Io voglio tesser, fin che a la misura Sia questa tela mia: né esser mai stancha Che cusì fa, chi 'l proprio ben, procura Ciò ch'io voglio da loro, non mi mancha Et ho, qualchosa al mondo infin quest'hora Ben che con gran sudor, l'anima il fiancha B Eccola apunto, questa, è proprio, l'hora Bisogna far l'offeso, e il corociato Per farla de qualchosa, venir fora S Chi è quel, che vien in qua, che, è tuto armato Gli è il barisello no, gli è il capitano Anci s'io 'l miro ben, parmi un soldato Voglio andarmine in qua, cusì pian piano Ch'io non vorrei, pel fitto di la casa Che 'l mi occorresse, qualche, caso, strano B Non fugir scaltra S o fuss'io in cha rimasa Tien pur a mente, che questa, è la volta Ch'io purgerò in un punto, ogni mia rasa B Schaltra raffrena, il passo, aspetta, ascolta S Che deb'io far, costui vien via disteso Mi giungerà, gli è meglio ch'io mi volta Di' tu a me B sì S certo n'haveati inteso Che iva sopra pensier B anci fuggivi S Per che fuggiva B per che tu m'ha offeso S Non so pur chi tu sei B belvico, scrivi Questa parola: S o belvico ben mio Ove sì armato vai, dove derivi B Ben tuo, non son, né mai, fui tuo ben io Mi vedi, e senti, e ti fai, ciecha, e sorda Forsi un dì, de vedermi, harrai disio S Se visto, o udito, i' t'ho, che mi aricorda Che dire, alegra, non mi veda mai B Iura sopra di te, poltrona, lorda Hor, non mi vo' sdegnar, non so se 'l sai Venivo per trovarti, adesso, in fretta Per dirti quello, cha tu intenderai Vist'io che senza me, star ti dilletta E che con altri godi, & io sol stento Ratto hebbi un'altra, meglior vita, elletta Che tutto il giorno, andar fiachato, e lento Drieto gli asini, come un vil poltrone Me, è gran vergogna, e magior il tormento Tanto più, che per strada, le persone Che a exercitio sì misero, sia posto Mi guardan colme, de admiratione Dicendo sei pur sano e, ben, disposto Grande, grosso, gagliardo, ioven, frescho Et a tanta viltà, stai sotto posto E peggio, è anchor, che s'io vo' al letto, o al descho Trovomi sempre solo, come un cane Tal che insino a me stesso alfin, rincrescho E andando ognhor cusì, de ogg'in domane Dil ciel mostrommi il mon, un chiaro, lampo Da guadagnar, più nobilmente, il pane Dove conclusi, ridrizarmi, al campo E preso ho, già due page, in questa terra E in ciò penso di viver, fin ch'io campo Che un sol proverbio degno, in noi si serra Che vil: è chi si pone, a cosa vile E degno, è quel che vive, e mor in guerra Io per che fui di cor sempre gentile Voglio hor mostrarlo: e poi quando non fusse Gli è bel, farsi di rustico, civile Il disfrenato amarti, a tal m'indusse Che non pur d'huomo, fecemi animale Ma quasi a darmi morte, mi condusse E per mostrarti quando, come, e quale Sia il mio partire, scaltra i' son venuto Hor a prender da te, l'ultimo vale E tanto sento in petto, il duol accuto Di te cor mio, ch'io temo nel camino Morto non rimaner, senza il tuo aiuto E se in viaggio, o in campo, per destino Manco ricorderatti qualche fiata Dil tuo servitor Belvico, tapino S Ecco la chiave, la porta, è serata Aymè, donque gli è ver, che vuoi partire O me infelice, misera, e mal nata Fa quel che vuoi, che prima che adimpire Habbi questa tua scioccha fantasia Voglio aspramente, di tua mano morire Belvico mio gentil, anima mia Non vo' che parti, né serà mai vero Che altra donn'habbi, o che d'altr'homo i' sia Di te sol mi nutrico, in te sol spero Per te sol stento, & a te solo ho volto L'animo, il, cor, il spirito, e il pensiero Non ti aricordi ah, can, con lieto volto Quando che tu dicevi sopra ogn'altra T'amo, anci adoro, né serò mai sciolto Non ti aricordi, se dicevi scaltra Voltati un poco, mi voltava tutta Che a contentar non have person'altra Sempre m'havesti, o piaque a te, riduta E per far cosa che ti agrada e piaccia Non curava per te, restar, distrutta Non, è questo, il tenermi, nele braccia Non son questi, gli basci e le carezze E il dir voi tu ch'io resta, o voi ch'io facia Non son questi gli gaudi, e le dolcezze Ch'io expettava da te, né questo, è il merto Di le usate a te tante gentilezze Soffro, son per soffrir, & ho, sofferto Per te ogni cosa, e stretti ho sempre e denti Lassando tutto andar, col cor aperto Et hor in premio de mie affanni, e stenti Vuoi misera lassarmi, a tal partito E ch'io finischa, in lagrima e tormenti B Scaltra, non pianger, cusì ho stabilito E se altro far volesse, i' non potrei Che esser non vo' da ognun, mostrato, a dito S Quanto tocchasti B i fur duchati sei Et hogli spesi, come vedi in arme Con altratanti anchora, de gli miei Quel corsaletto, e quel che havevi, parme B Come quel, questo viemmi otto duchati E nol vede huom: che più non voglia darme Questi bracciali fini: e lavorati E questa spada e questa, piccha insieme Non men di esta armatura, enno extimati S Hor se ragion, e amor, punto, ti preme Belvico a viver, sian tuoi spirti accesi Non a quel che l'hom guida, a l'hore extreme To', piglia, ecco i dannari, habili resi Con qualche honesta, e lici a, tua scusa Che in acceptarli, i non ti fian contesi B Scaltra a ciò che tu intendi, qui, non, si usa Dargli adrieto i dannar: e poi huom tristo Tenuto, è chi la data fé, richusa S Belvico hor tu m'ha inteso, habbi provisto Che tu vadi, per niente, i' nol consento Che, è troppo duol, perder sì degno acquisto To' la borsa, i dannar, tra oro, e argento Diece duchati son Belvico vane E fa sì ch'el cor mio, resti contento B Scaltra, non vo' che credi, ch'io sia un cane Ch'io non t'ami: e che in me non habin forza tuoi dolci priegi, e tue parole humane Che non pur ciò farei, ma quella scorza Spoglierei con mia mano per tuo amore Che tanta humanità troppo mi sforza Ben che hor sento combattermi, nel core Duo gran guerrieri, l'uno, è il tropo amarte Scaltra mia dolce e l'altro, è poi l'honore Ma conviemmi gettar questo da parte Che amor mi astringe, mi comanda, e vole Ch'io debba in tutte cose, contentarte S O benigne, e dolcissime parole Dammi la mano belvico, mio bene Sempre, esser vo' tua serva, al'ombra, e al sole B Questo m'è, grato: ma sento al cor pene Ch'io non so dove tanti dannar, trovi Ch'io temo faci quel, che non conviene S Sempre s'io antico tuo parlar, rinovi Mai non ti feci torto, in cosa, alcuna Ben ch'io so, per scherzar, tal parlar movi Son da quell'hora in qua, che sai, digiuna Che dolcemente, tu mi salassasti A modo usato, la vena comuna B So ben che tu non vivi, agli miei pasti S Mo, veggio che mi vuoi far voltar carta B Ben, ti dispiace, quand'io toccho i tasti S So che 'l fai per che in sdegno, mi diparta A ciò ch'io senta in me, doppio, martello Ma i' n'ho pur troppo, ch'el cor me apre, e squarta B De chi, di me S di te, sì can ribello B O me mammina mia S lasiami stare Senza se mescredente, ingrato, e fello S'io ti volesse tal ingiuria, fare Tanti amorosi, harrei, giovani, e belli Ma honesta vo', qual soglio sempre, usare Quegli ducati, moneti, e marcelli Ch'io t'ho dati in più volte: con ingegno Gli ho guadagnati, & altre ioie, e annelli E se serai humil, fido, e benegno Tutto fia tuo: che solo mi affatico Per far che giungi a qualche richo segno Hor voglio ir, nota ben, quel ch'io ti dico Per che haver cercha, provida un familio Non voglio che tu mostri esser mio amico Ella si regge sol per mio consiglio Dirogli che un garzone, gli ho trovato Obediente, più che al padre, il figlio Dove fia forza haverti a lei guidato E tu con modi ingeniosi, e desti Mostreraiti, & assai più di l'usato E cusì converta, che nosco resti E a questo modo, tutti i suoi sacreti A noi doi soli, ci fiam manifesti Insieme viverem, contenti, e lieti Ambo tirando l'aqua, al molin, nostro E tendendo per noi, sempre, le reti L'util, l'honor, e il proprio ben, ti mostro Non si de' mai cessar: io che son donna Con fortuna qual sai dì, e notte, iostro A un punto, cangierai pensiero, e gonna E di tutto il suo haver, ti so dir questo Che tu sara' il messer, io la madonna B Ben, farò quel che vuoi: ma con quel cesto O vai, che tu ivi sì veloce, e leve S A comprar da mangiar che 'l tempo, è presto Orio venir a disnar nosco deve E per che m'hai tenuta, a parlar tanto Meglio, è tu vadi, che serai più breve B S'io son qual vedi, armato, tutto quanto E' conviemmi a la bancha, ir in persona Come vuoi, ch'io mi volga, in altro canto S E, non defferir più, che presto, è nona B Si, non, è anchora pur sonata terza Taci mo, ecco apunto, che la suona Dei pur veder al sol, se non sei guerza Tu sei come insensata, e scemiviva S Sì son la forcha B o, che baston di querza S O t'hai tornata in boccha, anchor, la piva B Che la voresti tu S sì che l'è cara B Cara, la ti fe già de morta, viva S Non più Belvico hor suso, i' prepara Andar a spender, to', prendi il camino B I' non so spender S se tu non sa, impara Compra prima, de cievali, un carlino E poi di calcinelli, e peveraci Con qualche altro menuto, pesciolino Erba bona, persuol, zuchar, spinaci Per far cosa che al gusto humano agrada E sopra tutto, prego, che ti spaci B Horsù men vo, poi che tu vuoi ch'io vada S Vane, ti expetto a casa, e dirò come I' ti ho trovato, a sorte, per la strada Per, che, l'altr'ieri, dissigli il tuo nome E che eri buon, da ben, fidato, e saggio Pronto al servir, più che fanciullo, al pomo B Hor resta S vane, e torna, in buon viaggio B O, t'ho pur fatto star, vecchia, ruffiana E buttar fuori, come aprile, e maggio Ma questo, è niente, provida putana Che vol ch'io vada sieco, per vassallo Vo' che soni altramente, la campana Lassa pur far a me, guiderò il ballo S'io gli entro in casa, in cotal forma, e modo Che correr senza spron farò il cavallo S Da l'un canto ho spiacer, dal'altro, godo Spiacer, perché riffonder mi bisogna Godo che dil mio amor, gli ha stretto, il nodo E poi chi 'l sa: forsi, che non menzogna Mi tol il mio: & spaciami per scioccha Se ben penso, me, è danno, e gran vergogna Gli è forsi un mese, e più che 'l non mi tocha Né mi move parola, e che 'l sia, credo Per che 'l dà, da mangiar, a un'altra bocca Gran cosa, che a me mai, venir, nol vedo Se non per tormi: e col dir sì mi aciega Che ogni cosa, nel fine, gli conciedo Io son ben stolta, ognuno a me si piega Offerendomi doni, argento, &, oro E il mal per me si acetta, e il ben si niega Avido egli è, qual dice scaltra, i' moro Se date non ho un bascio: e se mi 'l doni Tu me alci fin, sopra il celeste choro Ma chi, è che 'l che da sé, par che ragioni Che in qua vien, virido, è che provida ama Che maledetti siam suoi canti, e suoni Par che 'l sapesse ben, ordir, la trama A far fila amorosa, & ella sieco Adimpir senza me, sua ingorda brama Voglio andar verso lui, piangendo meco Con una rasa, s'io posso far starlo Ma certa son che 'l farà il sordo, e il cieco V Scaltra che vai facendo S i' piango, e parlo Fra me, di la mia sorte, e rea, sventurata Che 'l cor mi rode, come legno, tarlo V Certo, che sei mutata, di figura S Come mutata, i' moro, aymè meschina Se ad aiutarmi alcun, non pone cura V E che cosa hai S il patron ier matina Di la casa, mi tolse, il pegno, e tutto Ond'io rimasta, son, trista, e tapina V Che per questo ti struggi, e spargi, luto S Non debbo pianger ma donarmi morte Ch'io sparto, il sceme, & altri acolto a il frutto V Bisogna per te stessa ti conforte Scaltra mia dolce, a te mi ricomando Sai che sempre non si ha, propitia sorte S Va che 'l tuo fin sia tristo, e miserando Poltron, ingrato, vil, rozo, e ignorante Spero anchor, vederte ire, mendicando Ti par che 'l mio pensier, fusse distante Dal suo voler hor la parola, è verra Che viltà, se riceve, da un furfante Perché provida i mostra buona, ciera Né se gli pò parlar, ma non sia troppo Che i' farò parer notte, nanti, sera Chi, è quel che vien in qua, sì lento, e zopo Che par che caminando il chiegia aiuto O che 'l tema trovar, dannoso intoppo F Bon dì madona S tu sia 'l ben venuto F Dom sta ch'io ina dona, chai ga dis Porfida S al cesto pria t'ho conosciuto Non ti manda un armato F se in hom fis S E che, è di lui F a l'ho lassachg em piazza S Hai comprato buon pesce F com, bo bis M'ha comprat de i cegoli, e ina spinazza Piver, meli, ma zucha, e dol'incenso S O belvico insensato, o scaltra, pazza Per certo questa, è grande, se pen penso Cevali dissi, el mi manda cevole Guarda se a la ragion, risponde, il senso De tor spinaci, che mangiar, si sole E lui da spinazar lin, m'ha, mandato Cosa da far meravigliar il sole Zucharo, e peveraci, holli ordinato E tu zuche, con pevere, mi porti Caso, che al mondo mai, non fu nomato Mele, erba bona, che al cor dà conforti Ordinai mi mandasse, e lui mi manda Pomi da fanciullin, erbe da morti O che disnar gentil, o che vivanda Belvico m'hai chiarito, tottalmente Scaltra, per sempre, a te, si ricomanda Come faria, s'io non fusse, excellente Non pur in far di tal cose, un buon pasto Ma se possibil dir, fusse, de niente Più volte son di ciò, stata al contrasto Con osti, chochi, giotti, e tavarnari E il mio honor sopra ogn'altro è, ognor rimasto Hor basta, portator che voi dannari F So sta 'l pagachg me S mo dammi il panier E va, che ambo so dir sete, di rari Sia maladechg, quachg fanteschi, e masser Al mont sga trova, cha noi, e sno boni Sta dre 'l cul ai berto, leccha, i, taer Al ge ina ma, de sti vachi poltroni Cha noi sa nient, e suuol fa de ol dises Per descretio che intenda, li personi Ale u gra fachg, sa l'haues leidichg pes Cha l'haues lu quell'hum, crompat, cegoli Ma inotro la balorda havial cuor mes Che sti pvita, va sno con milli foli E quant ai la cosa chag va l'honor I al cuor a bressa, e a bergem, li paroli Tuo cha ta vegna ol cancher, in duol cuor Non portarif plu robba, a sta bagassa Sa credes cha la m' des, u ducathg d'or L Tu me n'hai fatto tre, con questa, lassa S Livida L ben S le chiavi de gli argenti L Guardate che le sonno, nella cassa Che viver mai volesse, in tanti stenti Mi faria prima femina, d'ognuno Che esser, notte, e dì, schiava, a tante genti Pur fin quest'hora, non e conosco, uno Che un sol quatrino, di presente, o manza Mi donasse: anci mi torria, ciascuno Ma se non fusse in me, ferma speranza Che numio mi vol ben, a un'altra guisa Dispenserei quel tempo, che mi avanza Ecco apunto che 'l vien, a la divisa Tutto vestito: o persona mia isnella Son da dolcezza, già, vinta, e conquisa Numio gentile N livida mia bella Dove ne vai L al tuo patron mi extendo N Con che subietto L con buona novella Dimi ello in chasa N sì L hor donque havendo Io fretta di tornare, l'ambassiata Farai sufficiente, e saggio, essendo Digli che mia madonna, è preparata A far quel che richiesse l'altro giorno E che 'sta sera vengi a l'hora, usata N Donque, bisogna, ch'io faccia, ritorno Mo me, livida mia, che tanto t'amo Non harrò teco mai alcun sogiorno L Più che non brami me, Numio te, bramo E se harrò questa sera, tempo, e loco Mostrerò qual di te, son presa, a l'amo Se quella vecchia, femina, da poco De scaltra, pur non c'interompe, voglio Che stiamo tutta questa notte, in gioco N Livida se mi trai, di tal, cordoglio Non sol di cor amarti, son disposto Ma scrivermeti sempre, schiavo in foglio L Tu lo vedrai, hor fa quel ch'io t'ho imposto N L'invidia i' me ne vo L numio va in pace Mai non fia 'l mio voler, dal tuo discosto O quanto che costui me agrada, e piace Gli volea gettar le braccia al collo Per dargli un bascio, ma fui poco audace O dio, quando serà il mio cor satollo Ch'io possa un tratto, uscir, di servitute E a costui mostrar quanto avampo, e bollo O E a tempo, e loco, haver le labia mute Che stolto, è quel che in riso, e in zancie, abonda E saggio, è chi honor ama, e sua salute Questa, è come tu sai, l'hora, ioconda Ch'io mi debbo trovar, con quella, a mensa Che pò saldar la piaga mia, proffonda Questo, è il dì, che, da sua beltade, imensa Debbo accoglier quel frutto, che ogni, amante Espetta di sua fé, verace, e intensa Questo, è quel punto, che a mie pene tante Darò fin: e a mia pace, tal principio Ch'io giungerò nel ciel, tra l'alme sante Avido, non ti far da me, mancipio Che se da gran letitia, ivi, non manco Farò più che in battaglia, non fe', scipio A Vedi tu già, come ch'io arosso, e imbianco Pos' tu creppar O che dici A i' dico molto Esser bisogna, a chi ama, ardito, e franco O Ecco le sacre mura, ove 'l bel volto Nobilmente si chiude, o Iove, aiuto Dami, che 'l cor mi manca, e vengo stolto A Tu non verrai patron, che sei venuto O Come hai tu detto A dico che non lice Pria lamentarti, se non sei battuto O Horsuso, o ch'io farò, tristo, o felice Avido, va guarda se l'uscio, è chiuso A Gli è chiuso O pulsa L chi, è che picha S Ben, sete voi signor, venite suso O amice Finito il terzo atto, Orio va dentro a disnar con Provida e dopoi disnato Avido famiglio de Orio vien fuori imbriaco cusì da se solo dicendo A Qual corpo è più dil mio contento al mondo Che con varie, oncioni, dila gola Fol pieno, gonfio, lustro, grasso, e tondo O vita mia felice, in gaudio, sola Haggio un patron, che più che lui mi ha caro Né mai mi dice torta, una parola Solco a mia posta il mar, tranquillo, e chiaro Di Cerere, e di Bacco, e altre vivande Mio danno, se di quel d'altrui, so' avaro La pigritia mi stringe in tutte bande Il letto a lungo sonno, mi diffida Quel che poi segue, alcun non mi dimanda La mia scorta, mia duce, e la mia guida È, adullation, inganni, e tradimenti E più questo uso, con chi più, si fida Hor che miei spirti, son satii, e contenti Tornar vo' a casa, e dormir tuto il giorno Lassando a chi vo' haver affanni, e stenti Horsù, col fiasco allato, al bel sogiorno De buon passo men vo, pasciuto, e pieno E surga quanto sa poi, danno e scorno Aymè mi sento quasi, venir meno Ecco scaltra che vien, vo' far l'amore Sieco: e dir come per lei, languo e peno S Avido anima mia A Scaltra mio core Eri pur hora in casa, e dove vieni S Vengo che esser vorria, de vita, fore A Sempre chi te ode, par che stenti, e peni Fa come facio me, che neva, o piova D'ogn'hora facio, i giorni miei, sereni S Se sapesti il dolor, che in me, si cova Tu crepperesti, amandomi, da doglia A Creppa pur te, e chi de' tuoi, si trova S Parmi, sei più di me, di mala voglia A Io son alegro, ma quand'un mi offende Tor con questa, i' vorrei, la vital spoglia S Mai non offessi alcun, e non se intende Offesa quando narrassi, il suo male Ma in altra parte, il tuo pensier si extende Avido resta, non disto altro vale Va pur là, tu stai fresco gli è pur vero Ch'el vin, fa pegio l'huom che uno animale Humil agnel fatto, è de luppo, fiero O, dio, come un huom presto, il cervel, perde Che non conosce il bianco, via dal nero Come una vaccha il muggia, che disperde Ti so dir per un tratto, che 'l sta, bene Gli è carco d'altro che di legna, verde Ecco virido apunto che in qua, viene Sia maledetto lui, non pur gli è orio De avido dir gli vo' quel che intraviene O Scaltra gentil S signor mio O che mormorio È, quel che spargi, di letitia, misto S È che imparando, esser viva, mi glorio O Harresti tu per forte, avido visto S Non io O ti giuro se'l mi vien appresso Farlo don tanto error, pentito, e tristo Io gli havea, ordinato, per expressa Che 'l non se dipartisce: e lui, pasciuto Hebbe il comandamenti mio, demesso Te par mo Scaltra, che 'l fusse il dovuto Un huom qual me lassar come un poltrone Non mai tal caso, anchor, me, è intravenuto S Orio di lamentarti, hai gran cagione Hor l'ho incontrato, somnolento, e fiaccho E parlò meco, e ognhor fuor di ragione Veder mi parve, quand'io 'l vidi, baccho Pur per la via di la limaca, andando Come quel che de vino, ha, colmo il saccho E certo meraviglia hebbi, pensando Che tu eri a casa solo: e che egli andasse Atorno senza te, cusì vagando O Horsù, lassiamo andar, se hora il trovasse Son sì sdegnato, che forza saria Che a colpi de baston, morte, i donasse Sai Schaltra, di che, è più la doglia, mia Che tolto un servo ha provida, da novo Che un giotto, e un rufian, mi par che 'l sia S Orio gli è un huom da ben, io 'l so che 'l provo Et io 'l conosco, e Belvico, il si chiama O Basia il vedrà, se in qualche fallo, il trovo Se 'l fia cagion di qualche nova, trama De messi, o d'ambasciate, i' ti prometto Di far la vita sua, misera, e grama S Perché non habbi, sopra lui, sospetto Advertisci Orio, Provida ama un altro Il qual va in casa, & vien, al suo diletto O E chi, è costui S hor sta basta, non dico altro Se non che virido, è suo proprio nome Dottor musico, giotto, acuto, e scaltro O Dimmi di sua statura, il che, e il come S Un tal grande ben fatto, ioven, bello Con pochissima barba, e nere, chiome O Tu dici il ver, per mia fede, gli è quello Che mai non stendo il piè, per questa strada Ch'io non m'incontri, in questo tristo: e fello S Ecco, apunto che 'l viene O o, la mia spada S Per men mal orio, ch'io mi parta, è buono Che a lui dispiaccio, e a me, lui manco, agrada O Dimi tu huom da ben, sai tu chi sono V Per che O per il malan che dio ti dia Asino da baston caval da sprono V Orio credo il cervel, volto, ti sia Che non ti havendo fatto alcun, oltraggio Dicimi in su la strada, vilania O Hor voglio far sì come fa, l'huom, saggio Che de qui, più non passi, i' ti protesto Che un giorno, mal per te sia tal viaggio V Certamente Orio non sapeva questo Che tu fussi signor, di questa terra O, in quanta degnità, sei giunto presto O Tu intendi quel che 'l mio parlar, disserra Lassa Provida star, e vivi, in pace Se tu non vuoi far tristo fin, in guerra V Non so quel che tu dichi: e me dispiace Che mi usi modo tal: ma per natura Tu havesti, de esser sempre, sì loquace O Hor basta, acciò che fai, poni ben cura Non ti dico altro: da qui inanti ognuno Si guardi, da la rea, disventurata Chassi, che 'l giorno da oggi, non sia bruno Ch'io farò che costui, di tal, impresa Bramerà mille volte, esser degiuno N Per dio patron, che havea l'alma sì accesa Di darli a sto poltron, ma dubitai Non far a l'honor vostro, alcuna, offesa V El non si debbe, Numio, voler mai Far degno un vil di nobile, risposta Né adegnar con la notte, i solar rai Crede questo ignorante, che a sua posta Debba Provida star: e ch'ella l'ami Ma ad altri, ella ha la voglia sua disposta Ella amica, è de gli apollinei rami Non di, mida o di, crasso onde li è forza Che l'uno apreci, e che l'altro disami Io fin che duro in questa fraggil scorza Suo vivo i' son, e se potrò morto, anco Che sua virtute, e gran beltà, mi sforza P Presto S sì ch'aver debbo l'ale al fianco Da volar: in 'sta casa maledetta Mille homini di ferro, verrian manco Eccola apunto qui camina in fretta Livida, presto, o che femina morta L Che c'è S l'è un'hora e più, che la ti expetta L Io son stata a cerchar, porta per porta De ciaschun speciai, sanita, pesta E ognun drieto mi fa, la boccha torta S Livida mia tu non intendi, questa Di provida sagace, e le une rasa Che avanti che hora, la me, è manifesta Per far venir, e nasconder, in casa Virido giotto, e che noi nol vediamo Via ci ha mandate, e sola, ella, è rimasa Che dubita che ad orio, nol dichiamo A me mi disse, scaltra, è tardi, hor vedi Costei non vien, e noi fuor ir, debiamo Vagli in contra correndo, hor movi i piedi E che, o trovar, o non, che la ne vegni E fra me dissim alhorm ch'io creda, credi Cusì, con questi soli, suoi, dissegni Hor questo, hor quello, mille amanti al giorno Muta: e se 'l dico, par che ella si sdegni Orio qual sai, per me gli ha il dosso adorno De aserichi, & aurati, vestimenti Et ella il fugge, & fagli offesa, e scorno Altri signori, de ioie, & de argenti L'hanno per me adobbata, e ben fornito In casa, de superbi adornamenti E a virido qual sai, che n'ha, la vita Per quella sola, di quel sono, e canto Gli ha data l'alma, e da ogni altro, è relita Ma ben so, che orio andrà cercando tanto Che se in casa de provida, lol trova Gli muterà il cantar, in grido, e in pianto L Scaltra S ben L trista me credo che piova S Non, gli è un poco de nebia, che vien giuso L Come nebia, anci, è neve, e di la nova S Andiamo a quella man, che ai L qui, fu il fuso E le scudelle, guarda st'altra anchora Che io non posso far ben, il pugno chiuso Tu sai, che mai non ho di requie, un'hora S Mo me, che notte, e dì vivo, in contese Hor di sotto, hor di sopra, hor dentro, hor fora L Sei ben sbattuta, che ai, qualche diffese S L'è che afflitto il mio volto ognor si mostra Quando mi vien, il mio fior d'ogni mese Taci mo, che rumor, è in casa nostra V Aymè son morto, ah, sassin, a 'sto modo O Non ti 'l diss'io, guarda, come entri in giostra V In chasa mia poltron O Dovei star sodo Se l'era casa tua, ti lo mostrava Truffador, iotto pien d'ingano, e frodo V O, dio una sol cosa, è che mi agrava Ch'io son nudo, senz'arme, horsù, pacientia Si dice chi vol far fatti, non brava L Non vo' più star, le vo' chieder, licentia In questa casa, è pegio star, che in campo Mai non v'è pace, amor, né obedientia Se in fin quest'altra settimana, i' scampo De tutto il mio vo' farmine un farsetto Et uscir fuor, di tanto ardente vampo Che chi me ne parlò, sia maledetto De in tanto labirinto avoluparme De faticha, de stimulo, e dispetto B Chi, è quella che va in là, livida, parme I' la voglio chiamar, ma non vorrei Che scaltra sieco, vedesse, parlarme Questo, è il tempo, da aprirle i pensier miei Debo non debbo, sì, no i vo' chiamarla Livida, o certo, è sorda costei I' sento da sua posta, che la parla Voglio ir inanti, e poi che l'è qui sola Se, è mesta, o lieta, voglio dimandarla Livida L ben B ascolta una parola L Che voi tu B che cosa hai che mormorando Veloce vai, come lo augel che vola L Belvico tu non sai l'atto, neffando Che in casa nostra, a virido orio ha fato Poco è B non io, per questo, i' ti dimando L Virido si ha, di la finestra, tratto Che orio gli corse drieto, e a che partito Fusse, non so: e se gli ha spiacer fatto E per saper se 'l povero, è ferito La patrona mi manda, e per ciò vado Col cor mesto, e col volto, impallidito Tuttavia come vedi, a mal mio grado Che al servir più mercede, i' non discerno Che non fu mai come hora, a sì vil, grado Tanti più, in casa, ove non v'è, governo I' nella qual mirando, i' mi credea haver il paradiso, & ho, lo inferno Sia benedetto quel patron, ch'io havea B Chi ere 'l L l'era un murador, che siolta Sieco senza travaglio, mi vivea Questa fatica havea che non, è molta Quando che 'l si poneva, a lavorare Gli porgeva le chiappe, qualche volta Ma quivi o son, dì, e notte, mai, cessare Non bisogna per campi strade, e schale Hor non dico altro, i' me ne voglio andare B Se vai per veder se virido ha, male Ti so dir che gli è san, rafrena il corso E driziamo ambo, al nostro albergo, l'ale E più forte dirotti, che gli ha corso Drieto orio: e se per forte il non fuggiva Con sua man gli tronchava, il vital corso L Che hai tu qui dentro B una raina viva Ova pizon, figa, formazo e starne Et una anguilla grossa, e non cativa Per ogi il pescie, e per doman la carne L Certo che hai speso ben, horsù da poi Che m'ai chiarito, i' vo' teco, trovarne B Livida, nui siam soli, qui ambe doi Ti vo' pregar, che tu vogli, degnarte Darmi qualche soccorso quando poi L Belvico hor non ho, il tempo, di parlarte Ma tien quando l'harrò, per cosa certa Che tutto soffrirò per contentarte B Livida gran mercè L tiemmi coperta B Non dubitar L di' pian che alcun non senta Belvico fischia non più, che l'è aperta N Ecco scaltra, che vien pensosa, e lenta Ruffiana, poltrona, avitiata Morrei, se non ti fesse mal contenta Questa, falsa ribalda, causa, stata Che quasi il mio patron, non hebe morte Vecchia, superba, misera, e mal nata Se la mi dice due parole torte Gli darò tante pugna, e chusì grave Ch'io farò forsi sue giornate, corte S Sia maledetto il patron di este chiavi Dapoi che esser convengo, sua fantescha Mai tanta servitute anchor, non havi Il diavol non volse, che tant'escha Non giunsi al foco, che 'l restasse extinto D'altro certo non par, che mi rincrescha Ma ponerollo in tanto labirinto Con tutti amici de provida, ch'io Farò ch'in breve, il resterà, sospinto Echo apunto il suo servo, numio, adio N Ben venga scaltra S che vai tu facendo N Vengo a te che mi manda il patron mio S Che vuoi tu N quelle chavi, che fuggendo Lu gli cascorno in casa S ecco che apunto Gele portava, dil suo mal dogliendo N Damile qui S non voglio N e per che cunto S Per ch'io vo' darle a lui, o un qualche segno Vo' che mi doni N guarda, ove son giunto S Numio non ti admira, né prender, segno Che madonna mi ha detto habile a dare A lui o a chi ti dona, un contrasegno N Da' qui, poi che tu 'l vuoi, ti 'l vo', donare Hor tuoi S aimè che m'ai posto sul volto N Gli è il segno matta, taci non gridare S Ah, poltron can, che ti fia 'l fiato, tolto A 'sto modo m'hai conza, hor ti aricorda Che a tuo costo serai, se tu sei stolto N Non vo' star a gridar, con 'sta balorda I' me ne voglio andar, resta poltrona Disutil, trista, dissoluta, e lorda S Questo tutto, è cagion, de mia, patrona Che consente che un vil famiglio, e un cane Strapaci sì vilmente, mia persona Che maledette sian quante, puttane Trovansi al mondo, e quelle che han piacere De farsele fantesche, o ruffiane Debbo parer proprio, un conza, caldere O d'un spaza camin sì m'ha 'l ben conza N Ecco qui il mio patron V numio N mesere V Hai tu N eccola qui V quant'ella N un'onza V Quell'altra poi N ecco quell'altra anchora L'una andò ben, l'altra fu quasi sconza V Chi, è quel che con quell'altro, ivi dimora N Gli è Orio, & il suo servo V a, quel insano Per mia fé questa, apunto, è proprio l'hora Numio N patron V non iochasti de mano Per che qual vederai, cogli ho parlato Farò il suo fal conoscer, 'sto villanno O Avido il drapesel, me l'hai, ben dato Manegoldo, pultron, va corri in fretta Che gli è in sul letto, vil, disgratiato A To', piglia questo, i' verrò, adesso, expetta Tu mi tratti a 'sto modo, basta, al fine Vederen chi de noi fia la civetta Questo, è virido pur, questo, è il confine Che non debbe passar: pò far il cielo Ch'io non porrò a tal cosa, sesto, o fine A quel ch'io vegio, il non mi stima un pelo Hor che gli è qui finirla al tutto, i' voglio E solgiermi da gli occhi, questo velo Virido pò far me, che habi anco, orgoglio A passar di qua via V orio in 'sta impresa Son fermo, e fisso, ognhor, più che in mar, scoglio Né pensi alcun, per ciancie, o per offesa Farmi mai cangiar stile: e ben faresti Haver tua rete, in altro loco, tesa O Oltra diserto, e vil, che non potresti Haver ferite, e bastonate, tante Quante che di ragion, meriteresti Non ti vergogni sozo, e reo furfante A volerti aguagliar a un ricco, e un degno Che essergli schiavo, tu non sei bastante Altro che frasche, ciancie, astutie, e ingegno Suoni, canti, e dottrina ci bisogna Che di questi, n'habiamo il capo pregno Stupisco, che non mori, da vergogna A equiparar con gemme, argento, & oro Il sterco, il fango, & una vil carogna V Ah, ah, non posso più, da riso, i' moro Anci, per che ove duolti, t'hai percosso Da parte tua, per gran pietade, i' ploro Sì come il stolto, a far proprio t'hai mosso Che volendo sputar da lunge, in alto Cadendo il sputo, gli ritorna adosso Far meco non potrei, peggior, salto Di questo: il qual m'insegna, & argumenta A mostrar che sei cera, & io son smalto Le gemme, e l'or, son io, che rapresenta La mia virtù: di valore, e splendore Che fa l'anima in terra, e in ciel, contenta Il sterco, e il fango, sei tu, che entro, e fore Ti mostra tutto: per tuo danno, e scorno Qual si vede al collo, sente, al fettore Non, è tua quella vesta, che tu ha, intorno Né quei pallaci, e possession, che tu hai Ma de chi rota sempre, notte, e giorno Hoggi tu l'ha, doman, tu non l'harrai E se vi fusse in te, virtù, veruna Non ti potria la sorte, offender, mai Sì che taci, e non dir più cosa, alcuna Né sprezar mio saper, ma tua ignorantia Che virtù vince 'l il ciel, morte, e fortuna O Per certo, è stata in me, pur gran, constantia Ad ascoltarti, non dicendo cosa Miser, che habbi in sé, punto, di substantia Ascondi il spini, e sol, mosti, la rosa E in fino qui, come mendico, e tristo Hai ricerchato il testo, e non, la chiosa Dimi un poco impacito, onde hai tu visto Che un huom vil, come te, povero, e nudo Facesse mai, d'un alto dono, acquisto Non hai pur dir possuto, in me, rinchiudo Tanto cibbo una volta, ch'io son satio Sì, ognhor ti copre, di miseria, 'l scudo Mai non havesti tanto ingegno, e spatio Di tempo: che potesti cangiar, stile Di povertà, di miseria, e di stratio Huomo, o fanciul, non v'è, sì abietto, e vile Che ti doni la strada, quando, passi Fatti pur quanto sai, feroce, o humile In fin, va dove vuoi, che insino i sassi De tue miserie, vitiose e, strane Cantando, e dil desnhor, che adrieto, lassi E val più quel che manza un sol mio cane Che quel che mai manzasti, o un de' mie' astori Che pur satio non fusti mai di pane Con gli primi che, sian, duchi, e signori Vado a paro, qual sai, e tu vuoi meco Parangonarti, o d'intelletto, fuori V Orio per che, ignorante, stolto, e cieco Sopra ogn'altro ti vegio: i' sto dubioso S'io debbo di virtù, disputar, teco Pur per ch'io son, dil tuo fallir doglioso Voglio veder di quel, la strada aprirti Per farti s'io potrò, da lui, retroso Prima questo per sempre, voglio, dirti Che n'habbi sì dal ver, l'alma, discosta Che tu lodi le ortiche, e sprezi i mirti Dicessi che 'l bel dir, giova, e non costa Però da saggio, qual vedi, mi reggio Che ogni parola, non de' haver, risposta Sì che dimi se sai, pur questo, è peggio Che d'una sola cosa, i' mi conforto Che quel che dici a me tutto in te, vegio La mia riccheza, e il mio thesor, qui, porto E son per che ho virtute, e riccho, e vivo Tu che sei senza: sei povero, e morto Dimi nudo d'ingegno, e senso privo Ove vedesti mai, che la richezza Un hom mortal facesse, eterno, e divo Curio che hebbe in thesor, l'alma, sì aveza Et altri assai, sprezior quel per virtude Che l'uno al fondo, e l'altra al ciel ne adreza Quanti son già molt'anni che, compiute Han lor giornate, e vivon più che prima Che le chiome, ha virtù, bionde, e canute Se loro, e non e virtù, si pone in cima Gli è il vulgo ignaro: che è come il fanciulo Che un pome, più, che tutto il mondo extima Guarda omero, caton, Plauto e catullo Mario, Mutio, Marcel, Claudio, Pompeo Demostene, Zenon, Plinio, e Tibullo Che ognun de lor, tenuto, è un scemideo Sol per virtù: però tuo grave errore Vogli conoscer, stolto, insano, e reo V Ecco provida apunto, che vien fore Di quella strada: ch'io li dia una voce A Patron, eccola qui O merti l'honore A Famil donque O ti 'l fo sì che 'l mi noce Ch'io non posso talhor tenirmi, in piede V Orio non più che la sen va, veloce O Donagli un grido A provida P chi chiede A Il mio patron, e virido, ti chiama I' vengo: hor che 'l ciel gratia mi concede Voglio loro sfochar, mia ardente brama V Orio, voi tu che ad hor, la si decida N Sì, ch'io voglio saper, qual de noi l'ama Ben venuta tu sia, provida, fida P Per trovarti orio, adesso, apunto andava Perché forza, è che un pezo teco, i' grida Dishonesta persona, ingrata, e prava Chi ti condusse, a farmi, un tanto insulto In casa mia, se alcun non ti oltraggiava Che hai tu da far, se in palese, o in occulto Far vo' una cosa: vo' ch'abbi di gratia Ch'io mi degna guardarti, rozo e inculto Che credi tu ch'io sia, una tua stratia Da piè: che mi usi tanta inhonestade Non posso udirti, sì mi se', in disgratia Credo che credi per ch'ai facultade Ch'io ti debba adorar, e correr dietro Non siamo giunti anchora, a quella etade Tu credevi per farti, obscuro e tetro Nel volto con minacie, e bravarie Far che 'l disegno mio fusse di vetro Orio, oh, oh, queste non son, le vie Che a voler adimpir le voglie tue Bisogna che conosci ben, le mie Non sian ad un taglier, giotti, ambe due Né guardar ch'io sia donna che dormendo Sempre una, è più svegliata, di le grue Che più tu assendi, ov'io son, non pertendo Anci vo' d'ogni gratia, che dismonti Che patir tanta offesa mai, no intendo Tu sai quanto signor, principi, e conti Vengono in casa mia né son discosti Dal mio voler, anci a quel, caldi, e pronti Non sia sì stolto alcun, che a me si accosti Per obtener da me, con modi rei Cosa alcuna: che alfin saran, discosti Ma con dolcezza, il proprio, i' porgerei Che crudeltà, e durezza, mi dispiace Che l'hano in odio sino, i sacri dei Guarda virido qui, che ascolta, e tace Come spirto gentil, modesto, e humano Questo, è quel che mi agrada, e che mi piace Questo è sol quel che tien mia vita in mano Questo, è solo collui, che pò guidarmi Ovonque piace a lui, per monte, e piano La più bella ricchezza, questa, parmi Che in gentilezza, virtute, e costumi Dolcemente, la notte e 'l dì trovarmi O O sian ringratiati, i sacri, numi Provida, hor pur tu m'ai chiarito apieno È questo il far per me, degli occhi, fiumi È questo il dir orio mio, fin che a meno Non mi venga esta frale, e mortal gonna Mai non resterò amarti, e senza freno È questo il dir, sol tu sei mia collonna Che hor senza causa, per un vil, mi scaci O quanto, è stolto: chi si fida, in donna V Orio tu ha inteso il tutto hor non più taci O Taci pur tu, poltron, ruffian, da poco P Virido vane, e non gridar con paci Ancho men vado A o questo, e sta il bel ioco Mio patrone O o imbriaco ti par bello Che altri, posseder deba, il proprio loco A Devriati tor la vita, tristo, e fello N So l'hai conzo patron V non ti 'l diss'io Ch'io 'l faria perder subito il cervello Per tua fé dimi 'l ver, non ti par ch'io Habbia con lei guidato ben, il ballo E l'un, e l'altro, vinto N sì per dio S Madonna, certo hai fatto, expresso, fallo P Come S in cangiar un richo per un povero P Dhe va, che 'l non saria suo buon vassallo Non ha far col piombo, or, nè col pin rovero Finito, è il quarto atto, & provida va in casa Scaltra, & dentro si conclude le noci, cioè Provida in virido, Scaltra in Belvico & livida in Numio, e Scaltra vien fuori per ir dal sarto, & in altri servitù, chusì da sé dicendo. S Et ho l'anima mia, di gaudio piena Che sol si acquista, in seguitar, tal arte Scorno affanno, faticha, biasmo, e pena Se col pensier mi volgo, in ogni parte Provida i' veggio, che con gran dissegno Come saputa, il viver suo comparte De honor, e facultade, a grado, degno Fin qui si trova, hor non bisogna dire Che alfin si vede, un pellegrin ingegno Parmi veder in qua, Orio venire Non so s'io i dicha, o taccia, esta novella Hor ge la voglio in ogni modo, aprire O Avido è quella scaltra A egli è ben quella O Dil tutto sieco i' vo' chiarirmi, adesso Perché me, è fatta provida, ribella Scaltra S signor O o' vai S quivi dapresso O Ben che ti par di tua madonna S o pegio Per te: di quel, da novo, hora, è successo O Come, di' su S che voi ch'io dica, i' vegio Il viver nostro, andar a tal partito Che d'hora in hor, si muta forma, e segio O Che voi dir S provida ha preso, marito O Marito S sì O e cui S virido ha tolto O Certo S certo O hor il bal donque, è finito Questo, è che mi mostrò sì obscuro il volto S Non a te, sol mostrol, ma a tutti quanti Quei che li haveano il cor, e il spirto volto Tutti amici, amorosi, e tutti, i amanti Che ella havea, li ha privati che altro stile Vol tener, come lice, da qui inanti Da una parte, mi duoli Orio gentile Per te, di questo: da l'altra mi piace Che la sia fuor, di exercitio, sì vile O Scaltra tu puoi pensar che 'l mi dispiace Ma di tal dispiacer, me ne contento Pur che ciò fusse, causa, di sua pace Che anchor, che ognhor l'havesse il spirto intento A mio danno, e vergogna, i' non vorei Intender mai, che la vivesse, in stento Se fatto altro l'havesse i' non potrei Restar de ognhor seguirla: ma no soglio Ir contra quel, che fanno, i sacri dei D'ogni affettion, per sempre, hor, mi dispoglio Che virido se, è ben nimico, mio Offender in tal cosa, mai, nol voglio Scaltra qual dei saper ho moglie, anch'io Che di bellezza, un amoroso raggio Spiega, che accende i sassi, da disio E se da provida era, il mio, viaggio Ogni giorno qual sai, Scaltra, il fu solo Per che la mi facea qualche, avantaggio S'io non fusse ito al radiante stuolo Non harrei preso sì veloce, corsa Che senza causa, non mi levo, a volo Ma lassian pur andar, la cosa, è occorsa Né a te, né a lei, mai no fui scaltra, avaro Che aperta ognhor qual sai, vi fu, mia borsa Non quei che ho speso, ma sei tanti, ho caro Conoscio d'haver, in donna, questo Che più d'ogn'altro, volontier imparo E se non occorrea tal caso presto Dilla mia facultade, in poco spatio Scaltra tien certo, ch'io facea dil resto Sì che per questo solo: la ringratio Che se lo haver traggea che mi mantene Saria stato altro, che amoroso stratio Hor sì come tal volto, l'intravene Di me, bisogno havesse, in qualche cosa Gli mostrerei, quant'io le volsi, bene E a te scaltra mia, fida, & amorosa Non mi voglio offerir, per che tu sai Che a tua, mia volia, mai non fu retrosa S Orio, ti refferisco gratie, assai S'io ti potrò servir, in qualche banda Al tuo comando sempre, mi haverai Hor su, convien che a te mi ricomanda Orio, che, è tarda l'hora, i' mi diparto O E dove vai S io vo, che la mi manda Dal calzolar, dal marcer, e dal sarto A tor pantoffe, scuffie, e vestimenti Per questo, non ti fuggo, né ti scarto Un'altra volta, su 'sti parlamenti Staremo: e forsi i' ti dirò parole Che tuoi spirti faran sempre, contenti Hor men vo, che mi par che smonti, il sole O Scaltra va in pace, io son al tuo comando S Resta dio 'l sa che assai partir, mi dole Certo, credea trovarlo, lagrimando Horsù non v'è più amor: chi udiva lui Mostrava esser di vita sempre, in bando Poltrona me, che sempre pegra, fui Ch'io dovea come provida, pelarlo Che era da farse richi, con costui Ma se sotto la rete, i' posso tirarlo Un'altra volta: i' saro tanto desta Che a la madre de urlando, i' sarò starlo O Avido che ti par A mi par la testa O Come la testa A i' non so quel ch'io dica Pensava da iersera, in quella agresta Che tu dicesti le vernaza antica E i' dissi la non val pur un quatrino Anchor che la sia forte, vostra amica O Che sto poltron, da la sera, al matino Parli mai d'altro, hor, anco, è buon segnale Quando un affanno, si converte, in vino S Ecco livida so, che la mette ale O come il foco dentro, la lavora Livida L scaltra S come stai tu L male S Come mal L non ho preso cibbo, ancora S Credea che fusti amalata, a la morte Ma tu stai ben: va pur, che l'è a, bon'hora Che hai tu qui L confetioni de ogni sorte Cedri, aranci, limon, peri, e maroni Zucharo, mele, spetie, dolce, e forte Et altre cose S questi en cibbi boni L Ben scaltra che ti par, pur giunto, è il giorno Che harremo un solo, e non tanti patroni S Mai sì alegri miei spirti, anco, non forno Che sequitando come sai, tal ballo, Non riceveva se non, danno, e scorno, E non v'è troppo, che Avido vassallo Come, imbriaco in mio dispregio, volse Con la padella, donarmi, un cavallo Livida poi pensar, mo, se 'l mi dolse E tanto più, che le mie cose havea, Hor buttai vintiun, che 'l non mi accolse, Guarda come son fatta sozza, e rea, Che 'l volto mio qual sai, n'haveal parecchio De natura era bella: e mi facea L Perché, ancor, non ti fai S perché quel spechio Che bella mi facea, perso ho, né trovo, Alcun, che non mi faci il volto vecchio L Che tempo haver poi S naqui de anno novo Dil quatrocento e trenta, e a punto, a punto, Vinti anni adesso haver, i' mi ritrovo, L Ti par scaltra, che sappi, ben far cunto Po tu se' gioveneta, ma devresti Farti bella, e tenerti, ornata, e in punto S Se quando mi fo bella mi, vedesti, Io pareriati la fada, Morgana, Ai squardi, a i risi, a le parole, e a i gesti E s'io volesse far la cortesana Haveria de gli primi, di la terra, Ma più tosto mi batti, la quartana L Tacerò scaltra, e tu le labbia serra Men vo, tu va, che 'l par che se mi chiame Come le trombe, gli soldati, in guerra Il tempo, la patrona, e poi la fame S Donque livida resta L scaltra vane Son una man, di queste vecchie grame Torte, grime, sdentate, lorde, e insane Che fan la nympha, e dal tempo, e faticha Gli gozzan gli ochi, e callose han le mane B Non so quel ch'io mi faccia, né mi dicha Tanto mi trovo alegro, che fortuna Fatta mi sia, più di l'usato, amicha Non temo più de adversitade, alcuna Poi che la robba harrò, tutta, di scaltra Potrò sguazzar, al sole, & a la luna E non pur quella harrò, ma anchor di l'altra Che in dotta mi darà, per lei, madonna O, felice mia vita, sopra ogn'altra Chi è quel che vien vestito in lunga gonna Cusì veloce in qua, parmi sia il sposo Voglio affrettami, non pur, gli è una donna Credea che fusse scaltra, che, ioiosa Era per ralegrarmi fiero, alquanto Che fatto i' son marito, de amoroso D Vendi tu quei capon B ma de sì D quanto B Tre carlin D ne voi dua B ma de no, Mia madonna non vol manco de tanto dagli D E come vendi l'un, 'sti caschavali B Qual volete D i' vo' questo B i' voglio un grosso D Credo che mi bertegi, o mi travalia Se 'l fusse almanca, più l'uno, e più grosso B Non so che D horsù voi tu un baioco B Certo madona mia, dar non vi 'l posso Togliete 'l mezo D mezo, è troppo poco Damil tutto, se vuoi B i' vi fo certa Che tal pretio n'harrete, in alcun loco D A tua posta B hor son stato pur imberta Un pezo, dolcemente qui, a contendere Con donna durlindana, over, fiusberta La si credea, ch'io gli volesse vendere Queste cose, e non sa che sian, da noce Che in vivande anco assai ci conven spendere S Belvico, belvico B ove vien, 'sta voce Ben sei tu, scaltra S sì, ti fai da sordo B Non certo i' non sentia, che iva veloce Tu carca, io carco, segno che d'acordo Fussemo sempre, in tutto, Scaltra cara Tu dil mio ben bramosa, io dil tuo ingordo Mai non mi fusti in cosa alcuna, avara Anci sopra d'ognuna, a tutte l'hore Ti trova liberal, splendida, e chiara Ma dapoi che per gratia, dil signore Insieme habian legato, il cor, e il piede Ti prego Scaltra, che mi faci honore S Belvico a me dir questo, non richiede Che sai che ogni mio effetto e, fantasia Fu pronta, a mantenerti amor e fede Ma lassian questo andar, la robba mia Ti la do tutta, ben che 'l mi vien detto Che sei uso a buttar, de fora via B Odi Scaltra mia bella, tien pur stretto Quel che tu hai, che s'io ne spando un gozo Chiamami tristo, e colmo, de diffetto E se a te par ch'io habbia ingegno mozzo Poni la robba, ove tu vuoi, te stessa Ch'io non vo' teco ognor, darmi di cozo Hor da poi che per mia, mi sei concessa Voria sposarti, e far quel che si deve S Belvico, oh, non si corre, sì impressa Come sai fin quel'hora, il tempo, è breve Il patron pria de far, gli effetti suoi E non il servo, che biasmo, riceve Vorrei saper dove sposar mi vuoi Belvico mio gentil, volto mio bello B Dove a te piace, in publico, o tra noi S Belvico a segno ben drizza il cervello Che più non si usa a por l'anello, in dito Da un tempo in qua, ma il dito, ne lo anello B Per dio che d'un gran dubio, m'ai chiarito S Tu mi berteggi, tal moglie, se ha visto Che in più modi aperto a l'ochio al marito B U, siamo a cha, che non se habbiano advisto Scaltra va inanti, che 'l patron non creda Che sian d'acordo, che li è, acuto e tristo S Sì, sì, meglio, è, sta qui, che 'l non ti veda B Con questa vechia, andar bisogna a pelo Fin che fatto ho, di la sua robba, preda Com'io la guardo, la vien foco, e gelo Mille fiate all'hora, e s'io la toccho La non sa poi, se la sia, in terra, o in cielo Se trovato n'havesse, questo, alocho Che la borsa mi tien sempre, inserrata Saria tenuto, un disertazo, e un fioccho Ma ad esto i' vo', de buoni panni ornati Haver questa persona, e de vivande Morbide, e buone, haverla, satiata Che la robba me abonda, in tutte bande, Non son belvico più, ma son felice Non son povero più non, ma richo, e grande Hor mi ne volio andar, star più non lice Ecco provida, Scaltra, e Livida, anco Scaltra parla, qualchosa, di me dice P Belvico B che vi piace P sei tu stanco B Madonna non P mo sei sì aflitto, e lasso, Son pur due hore, che sei fuori, almanco B I' ti dirò, scontrato ho quivi, al passo Orio, il qual con parlar, tristo e vilano, Come un poltron, m'a fatto, drieto, il chiasso P E che tal detto B po P di' suso B insano, Il m'ha detto, vil tristo, doloroso Giotto, giorgin, messetto, e ruffiano Et altre cose P e tu che gli hai risposo B Gli dissi come il dovea vergognarsi A usarmi tal parlar, ingiurioso P E lui che disse B il cominciò, a sdegnarsi Spiegando de viltà, magior volume Qual, chi vol de alcun mal suo, vendicarsi P Et tu B gli dissi che 'l non, è costume D'un signor, contrastar, con l'humil servo Che non si pone, il mar co un piciol fiume P E lui B me disse, rustico, e protervo Che se un tratto, ti havesse, in poter mio I' ti distruggerei, ogni osso, e nervo P E tu, e lui, e tu, & io B Mo, patrona, di me, ioco, ti cavi M'hai fatto star, hor su pacientia, a dio P Vien in qua B non voi tu che mi disgravi Di questa robba P sì che assai, la pesa, Come il caval da nolo, a casa andavi Belvico ascolta ben, habbimi intesa Se contra te, venir vedi Orio, intento A ciò che 'l perda teco, la contesa Tu vagli incontra con un argumento E fa il maestro, che non pur, confuso Tu l'haverai ma gli farai, spavento B Per dio l'e fatta P va donque, e pon giuso 'Ste cose, e vieni ch'io ti expetto quivi Movite, hor su, che stai guardar in suso B Men vado P va', fa che qui adesso arivi, B Non vo' far altro, che bever, un tratto P Io non so certo, de che cosa vivi Una sol volta al dì, per ordin fatto Mangia costui, dal mattino, a la sera Né più né men, questo, è un cativo patto S Horsù madonna, la parola, è vera Che ogni sposa lieta, e tu tanto pivi C'hai per natura, scherzar, volontiera P Donque star lieti, debbian, tutti nui Che sian da noce, e tutti, spose, e sposi Io per me, lieta qual son, mai, non fui S Livida donque, habbiamo i cor, ioiosi L Scaltra tu poi pensar, com'io mi trovo Se fur miei spirti in ciò, sempre disiosi P Scaltra S Madonna P quel Guardacor novo, E tu quella Camora, piglierai S Non so se 'l mi stia ben, se non mi 'l provo P Se gli è fatto a tuo dosso, o christo, mai Di te non vidi, la più, smemorata S Sì, sì, voi dite il ver P ben tu non sai Hor ognuna de voi, sia sì, adobbata Politamente, per 'sta sera, a cena, Che in un tempo ogni cosa, sia parata Ecco Belvico, il non si move, apena S Egli è perché, l'ha, in pugno, un sparevier, credo P Anci gli è, perché l'ha, la panza, piena S Non so, tal volta, molto presto, il vedo P E presto, e pegro, a l'homo, esser bisogna Secondo i luochi S è vero i' ti 'l concedo P Belvico c'hai tu in man, B una Cigogna Gli è l'argumento, che m'hai ordinato Col qual contra Orio vada, in sua vergogna E per haverlo vinto, e subiugato I' vado, e che 'l conoscha ch'io son quelo Che 'l m'hebbe iniustamente, ingiuriato P A dio mi segno, i' perderò il cervello Per tua fé dimmi, dove hai tu il pensiero B Che vuoi ch'io faccia, non el buono, e bello P Perché lui ti tenisse ardito, e fiero Dissi, con argumento, vagli incontra E tu contra gli vai, con un crestiero S Tal cosa spesse volte, a l'huomo, incontra, Et fa una cosa, e un'altra far, si extima Ben che tu sai madonna, il pro, e il contra, P Sì che stata esser de', questa, la prima, Ben che tra l'altre, colme, di tristitia Si potrebbe questa, por in cima, Hor vane, e porta via quella, sporcitia Che era Orio amalato, an fuor di senso Rustico, insano, e pieno, de stultitia B Più che servir dì, e notte, costei penso, Men si cura, e mi paga di reo, merto Ma, a tanta servitù, vo' por, compenso P Scaltra, odi, qui, de Belvico tuo, experto Mi ne fe' un giorno, un'altra, e sì matura Ch'io mi critti da sdegno, morir certo Poi scampò via, per fuggir la sciagura E i' dissi, non temer, d'esser, offeso, Vieni sopra di me, n'haver paura Costui che 'l mio parlar, torto, hebbe inteso Corse, e gettomi in terra, e poi di sopra Me si buttò, il poltron, lungo, e disteso Ti par che questa, sua matteria, scopra Perché sopra di me dissi il venisse Lui sopra di me corse, o che bell'opra S E gli è, madonna, che gli ha tanto, fisse Le voglie, in obedirvi ognhor, che errare Il teme: e però affar questo, il si misse, P Sì, sì, perché gli è tuo, tu 'l voi scusare S Non già, che sempre al ver, l'alma o, disposta P Taci chi, è quel che vien S Orio mi pare P Sì certo, i' non volea, hora sua posta Non potrò se 'l mi parla far di meno Ch'io non gli doni honestà, e humil, risposta, O Provida volto mio, chiaro, e sereno E come stai tu P bene O i' mi ralegro Che abbi il cor tuo, d'ogni contento pieno P Orio son certa che mai lento, o pegro Tu non fusti al mio ben: né mai non vidi Che mi mostrasti il bianco per il negro, E se con parole aspre, & alti gridi Talhor mi volsi a te, se pensi il fine Vedrai che iuste fur mie, voci, e stridi Che vedendomi giunta, a quel, confine Qual tanto disiai, lieta, mi parse, Coglier le rose, e non tocchar, le spine Iuste speranze mai, non furon, scarse Sperai robba, e marito, e in tempo curto Gli hebbi, e di sorte, assai da contentarse Vero, è che ardita ognor, substenni, l'urto Col mondo: senza quel d'altrui mai torre Che 'l non si assende per inganno, e furto, Sì che Orio mio gentil, t'habbi a disporre Di n'haver contra me, sdegnose, voglie, Che in questo caso, tu non poi mi opporre Trovar non potea in te, quel che 'l fin, scioglie, Prima perché sei riccho, e d'alto, sangue L'altra poi che 'l tuto, è perche tu hai molie Che se restar creduto havesse, exangue, Non t'haverei lassato, per huom vivo, Che, è ben di marmo, chi per te non langue Ben che Virido mio, lucido, e Divo, Ha in sé tal modo, tal virtute, e gratia, Che sopra ogn'altra più felice, vivo, Di che sempre mia lingua il ciel, ringratia, Che m'ha sortita, a sì honorato scanno Che dil prim'huom dil mondo, i' son in gratia O Provida mia, s'io ti ascoltasse, un anno, Non pareriami un punto, veramente Tanto i bei detti tuoi, gaudio mi danno Ben che sempre ti ho sculpta, ne la mente Hor perché riccha, e sposa, fatta sei, Smisurato piacer, l'alma mia sente P Non sian sol duo, congiunti, ma fian sei Virido, e me, Belvico, e Scaltra, e ancora Numio, e Livida, qual piaceno, ai Dei, Che son tre sponsalitii: che in bon'hora Son fatti: e sopra questi, alti aparati Questa sera si fa, che presto, è l'hora Suoni canti, i triomphi, feste, hornati Balli pasti, piaceri, pompe, iochi Scrime, salti, moresche, e momi usati S Madonna noi habiamo ire, in duo lochi, O Hai ben gran fretta Scaltra S mo li è tardi O Quel che già tu dicesti, hora rivochi Io t'ho per schuso, che per belvico, ardi Provida resta in pace, i' me ne vado P Orio vane, che 'l ciel sempre, ti guardi Scaltra che 'l sia contento, i' mi persuado Che a ciò sia giunta S ei più che te ne gode Che tu ti trovi a sì eminente, grado O O a drito, o a torto, o col vero, o con frode Costei s'è hal ciel levata, dal proffondo Hor su sol che ha governo, merta lode S E cusì a tempo, e loco, manco, e abondo V Scaltra lassiamo andar, questo contrasto A te, di cotal cosa, lasso, il pondo Ma dimi un poco l'ordin, di 'sto pasto In che maniera, e modo, il guiderai S Til dirò, perché cauto fu rimasto Prima piffari, e trombe, se vorrai Che a te sta questo: che agli spirti humani Dan gran conforto: e tu, gran lode, harrai Dapoi l'aqua, odoriffera, a le mani E tutta via in argenti, aurati, e belli, Per non parer, da rustici, e vilani E una salata minuta, de occelli, E dopo, vo', che 'l rosto, sia venuto Prima, a guacetto, giotti figatelli, Tordi, quaglie, occellin, conci a stranuto, Lepre, cunigli, cercene, e pizoni, Ranci, limon: rosto grosso, e minuto, Il lesso poi, faggian, starne, e paoni, Conci a l'inglese, & a la Catelana, E il rosto de vitello, con caponi, Zelatin diverse, a la Romana, E torte bianche, e verdi, con cupata, Da lecchar il taglier, o ver la piana Poi pere guaste, zucha, e codognata, Ranzato, rinci, e cedri, più perfetti Marzapan, pignochado, e morselata Poi l'ultima mestura, de confetti Pignol, mandole, nice, e fulignati, Anesi, curiandoli, e rancetti, Son questi i cibbi, i' ti gli ho disegnati Cusì di grosso, hor che ti par, sta bene V Sì per mia fé, che gli hai ben, ordinati S Vo' sia questa una di le prime, cene, Ch'io mai facesse: per ch'io vaglio in strate E poi tuto haggio, quel, che mi conviene Virido, voglio un punto, a ricordarte Che quel bel razzo di seta, a figure, Tu lo vogli mutar, da l'altra, parti V I' l'ho mutato: e il tassello, e le mure, Tutte, de ricchi panni, ho ricorperte Et ornate, di quadri, e di scolture, S Hai fatto come, le persone, experte, N Patron tardi, è O su donque scalco andiamo V Non fischiar Numio, le porte, e non aperte S Pur ch'io satisfi quel, che sol, tanto amo V Non tardar B messer non: mi par millanni Che 'l sia sera S ecco a punto quel ch'io bramo El lui, o non a il s'ha mutà de panni Cor mio, nol conoscea, come gallante Camina: sol riposo de' mie' affanni B Ecco Scaltra, vo' ardito, andarle inante S Belvico o vai B vo qui per un servitio S Vai tu lontano B non troppo distante S Ben mio gentil, senza diffetto, e vitio Basciami, sangue dolce, sempre i' voglio Amarti fin il giorno, dil iuditio, B Tu m'hai contaminato, ond'io mi dolio Che non sian per un'hora, nele piume Ch'io metteria quella partita in foglio S O parlar pien d'ingegno, e di costume, Me generi al cor riso, e agli ochi pianto E a un tratto, son conversa in foco, e in fiume Belvico questo anel, me, è stretto alquanto B Bagnat'il dito S me l'hai ben conclusa Oh, oh, oh, oh, mi vien da rider tanto Non sai quanto, è che più bagnar non si usa B Non per mia fé S mo 'sta recetta impara Che tra gli homin da ben solo, è deffusa B Hor me diparto, vane Scaltra cara Che presto anch'io verrò, star più non posso Che l'hora come vedi, si prepara, S Belvico quel da tre hai tu lo adosso B Non, ch'io l'ho lassà dentro, e sol per questo Da cha, per ir a torlo, mi son mosso S E non far nol voler cavar sì presto Lassalo ben gozzar B egli ha ordinato Che 'l si debba tor tutto, e por, in cesto S Belvico fa cusì, di' che sei stato, E che 'l tutto fatto hai: che l'hora, è tarda Non vedi già, che 'l sol, è tramontato B Son contento tornar, ma Scaltra, guarda Non palesar che tu m'habbi veduto S Va, me conosci, per falsa, o bugiarda, Odi, i suoni, esser de ciascun venuto Va inanti presto, ch'io ti verrò drieto O eterno dì, de eterno ben, compiuto Qual cor, è più dil mio contento, e lieto E, pur la gloria mia qui, manifesta, Il frutto hor pur d'ogni mio seme mieto Donque viver ansioso, adietro, resta Che in te non sia poter più, che mi aterri Viverò fino a morte, in gaudio, e in festa Poi chi riman adietro, l'uscio, serri Finis Sonetto. Amor, e il mio cor sieco, un giorno intenti Ch'io non gli udisse, trovai ragionando Dicceva il cor, dhe signor dolce, quando Saren mai noi dil expettar contenti Et ei, per mitigar, magior tormenti Rispondea con dir dolce, & venerando Andrai gran tempo pria, dubioso, errando Che intrar possi sicuro, ove argumenti E il cor, come dal corpo, mai distante Dicea, viver potrò, sì lungamente Maxime in doglie, e lagrime cotante E, Amor, sian pur tue voglie, in ciò contente Ch'io do per privilegio, ad ogni amante Che viver possi, il cor, dal corpo, absente Sonetto. Vado piangendo miei passati tempi Quai vanegiando nel fral secul persi Piango le rime mie, piango miei versi Sparsi fra calli, campi, theatri, e tempi E se a me mai non valser gli atru exempi Forsi che i miei ad altri non sian persi Donque voi per amor che ite dispersi In me spechiando vostro cor si adempi Vano, è nostro signor, che è cieco, e muto In pacito, bambin, nudo augelletto Da ognuno omai, per miser conosciuto E chi prova ne fa, vedrà lo effetto Che ogni saper si trova, in pel canuto Et in pueril età, poco intellecto Sonetto. Veggendoti esser sola, al secul nata Di beltà, di virtù, d'ingegno, & arte Mi disposi un bel don, natural, farte In exempio di tua fronte sacrata, Dove ogni mio saper, e forza ho oprata, In mandarti este rose, sol per darte A conoscer sei da equiperarte, A queste: a le quai tu se', apropriata, Vedi da mane un fior, bianco, o vermiglio Fresco e la sera poi languido e seccho Tutto guasta dil Tempo il fero artiglio Però pensa che sei Narciso, ad Ecco E mentre se' in età, prendi consiglio, Che spinto il tuo bel fior, riami un steccho Sonetto. Prima, lucer vedrassi phebo, il giorno La luna, con le stelle, a meza notte E, gli orsi e, i lupi, albergar, nelle grotte E di maggio, il terren di fiori adorni Iove sempre farà nel ciel soggiorno Pluto, nel centro: e se speranze rotte Harran gli desperati, e le più dotte Genti, harran lode, e le più ignare scorno Serà calda l'instate, e freddo, il verno Fermi i monti, il mar salso, e dolci, i fiumi Fragile il mondo, e il paradiso, eterno Morigerati sian, tutti, e costumi Et fia qui giuso il mondo unico, e terno Ch'io mai resti d'amar, tuoi sacri lumi Impresso in Milano per Magistro Gotardo da Ponte ad instantia. Do. Io. Iacobo & fratelli de Legnano Anno. D.M.ccccc.xyiii adi. xxiii. de Setember. Edizione del 1519 [Illustrazione: frontespizio] Impresso in Milano per Rocho & fratello da Valle che sta in corduxo apreso a la speciaria dal Moltone ad instantia d Miser Nicolo da Gorgonzola nel. M:ccccc:xviiij. adi. xx. de Zenaro. Nota del Trascrittore La trascrizione di quest'opera è stata effettuata sulla base dell'edizione pubblicata nel 1518. Si è cercato, pur modernizzando il testo per alcuni aspetti, riguardanti essenzialmente le convenzioni tipografiche dell'epoca, di mantenerlo il più possibile fedele all'originale. Minimi errori tipografici sono stati corretti senza annotazione. Si è fatto riferimento anche a un'altra edizione (1519), della quale al termine del testo è presentata l'illustrazione di copertina unitamente ai dati di pubblicazione. End of Project Gutenberg's Opera nova amorosa, vol. 3, by Nocturno Napolitano *** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK OPERA NOVA AMOROSA, VOL. 3 *** Updated editions will replace the previous one—the old editions will be renamed. Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright law means that no one owns a United States copyright in these works, so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United States without permission and without paying copyright royalties. Special rules, set forth in the General Terms of Use part of this license, apply to copying and distributing Project Gutenberg™ electronic works to protect the PROJECT GUTENBERG™ concept and trademark. Project Gutenberg is a registered trademark, and may not be used if you charge for an eBook, except by following the terms of the trademark license, including paying royalties for use of the Project Gutenberg trademark. If you do not charge anything for copies of this eBook, complying with the trademark license is very easy. You may use this eBook for nearly any purpose such as creation of derivative works, reports, performances and research. 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It exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations from people in all walks of life. Volunteers and financial support to provide volunteers with the assistance they need are critical to reaching Project Gutenberg™’s goals and ensuring that the Project Gutenberg™ collection will remain freely available for generations to come. In 2001, the Project Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure and permanent future for Project Gutenberg™ and future generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see Sections 3 and 4 and the Foundation information page at www.gutenberg.org. Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non-profit 501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal Revenue Service. The Foundation’s EIN or federal tax identification number is 64-6221541. Contributions to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by U.S. federal laws and your state’s laws. The Foundation’s business office is located at 809 North 1500 West, Salt Lake City, UT 84116, (801) 596-1887. Email contact links and up to date contact information can be found at the Foundation’s website and official page at www.gutenberg.org/contact Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation Project Gutenberg™ depends upon and cannot survive without widespread public support and donations to carry out its mission of increasing the number of public domain and licensed works that can be freely distributed in machine-readable form accessible by the widest array of equipment including outdated equipment. 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